Il tardivo versamento dei tributi per fatto imputabile alla pubblica amministrazione: se la P.A. non onora un suo debito verso il contribuente ricorre il giusto motivo per non pagare le tasse?

con la crisi economica e l’aumento dei ritardi nelle tempistiche di pagamento, sta diventando sempre più difficile onorare le scadenze tributarie nei termini previsti: il tardivo versamento dei tributi per fatto imputabile alla P.A., o ai clienti, giustifica l’esimente della ‘forza maggiore’ per l’omesso o ritardato versamento?

 

Mancato pagamento di crediti da parte dei clienti o della P.A.

L’articolo 6, comma 5, del D.lgs. 472/1997, prevede espressamente che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”. Nell’ambito del diritto tributario, un’ipotesi di forza maggiore, ex art. 6, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1998, può ricorrere, ad esempio, in caso di calamità naturali (terremoti, alluvione, eccetera) o fatti imprevedibili ed inevitabili di terzi (scioperi, furti ed altro) che in uguale misura possono impedire al contribuente l’adempimento di precisi obblighi di legge.

Anche il mancato pagamento di crediti da parte dei clienti o della PA1 può determinare giusto motivo di ritardo nel pagamento delle imposte. L’operato del contribuente, in tal caso, non è punibile e, giustamente lo stesso può invocare a propria giustificazione, l’esimente in questione.

Il mancato pagamento di fatture scadute prova l’effettivo verificarsi di un evento, oggettivamente riconducibile al concetto di forza maggiore.

Il fatto che l’imprenditore non riesca a riscuotere i propri crediti dai clienti e che la P.A. o i privati non paghino il corrispettivo dei servizi erogati dall’imprenditore è una causa di forza maggiore che impedisce a quest’ultimo il versamento del tributo alla scadenza. Dunque, il ritardo nel versamento (i.e. Iva) non costituisce, in questi casi, evasione fiscale e non può essere punito con le sanzioni. Ciò in quanto non dipende dalla volontà e responsabilità del contribuente bensì dall’impossibilità oggettiva per quest’ultimo di onorare i propri impegni fiscali a causa dell’assenza di introiti e del conseguente aumento dei costi subìto per le fatture non pagate (CTP Campobasso sent. n. 179 del 10.12.2013; CTP Catania sent. n. 121 del 14.02.2013). Secondo un preciso orientamento2 giurisprudenziale ricorre l’esimente della forza maggiore nel caso di tardivo versamento delle imposte (i.e. degli acconti IRES) da parte di un contribuente che opera esclusivamente nei confronti dello Stato, qualora si verifichi un cronico ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione, tenuto conto che il mancato pagamento di fatture scadute costituisce evento oggettivamente riconducibile al concetto di forza maggiore. L’impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni tributarie, per fatto imputabile alla PA, è da ritenersi causa esimente all’applicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative connesse al mancato versamento delle imposte in considerazione del difetto del requisito della colpevolezza prevista dall’art. 6, c. 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997.

Diverso orientamento

Secondo diversa scelta ermeneutica il contribuente deve fornire la prova della imprevedibilità e insuperabilità della carenza di liquidazione e deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per cercare di adempiere al proprio obbligo fiscale. In mancanza di ciò, la violazione non può ricadere nell’esimente della forza maggiore.

Mentre ai fini della configurabilità del reato tributario è necessario che la violazione sia stata commessa con dolo, le violazioni amministrative sono punibili anche in presenza di colpa, per cui, ai fini della responsabilità, è sufficiente che si possa rimproverare all’agente di avere tenuto un comportamento quanto meno negligente o imprudente. Pertanto, sussiste violazione colposa (quindi punibile)ogniqualvolta la stessa sia conseguenza di insufficiente attenzione o di inadeguata organizzazione, rispetto ai doveri imposti dalla legge fiscale (negligenza), ovvero di atteggiamenti o decisioni avventate, assunte, cioè, senza le cautele consigliate dalle circostanze, nei comportamenti intesi ad adempiere gli obblighi tributari(imprudenza).

La forza maggiore si estrinseca in una imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non correlata in alcun modo alla condotta della gestione dell’imprenditore.

Il soggetto passivo, che intenda giovarsi dell’esimente riconducibile alla forza maggiore, deve dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.

Gli elementi dell’imprevedibile indisponibilità delle risorse finanziarie necessarie per fare fronte agli adempimenti fiscali e della mancata correlazione di tale indisponibilità con la condotta escludono che si possa valorizzare esclusivamente l’inadempienza della Pubblica amministrazione in ordine al pagamento delle prestazioni ricevute dall’impresa, comportamento, peraltro , senza dubbio deprecabile. Il mancato pagamento dei crediti da parte del cliente “Pubblica amministrazione” non è di per sé sufficiente a giustificare un corrispondente ritardo nel versamento delle imposte

Occorre la dimostrazione in ordine alla “imprevedibilità” dell’evento, relativamente alle azioni intraprese dall’imprenditore per consentirgli di adempiere all’obbligo fiscale.

È evidente, infatti, che, proprio il concetto di forza maggiore, richiede la prova che l’evento sia stato determinato da circostanze “anormali e imprevedibili”, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di “tutte” le precauzioni del caso da parte del contribuente

 

Occorre dimostrare azioni di “gestione” per cercare di reperire comunque le risorse necessarie per l’adempimento fiscale (i.e.ricorso all’indebitamento, cessione dei crediti…) e, quindi, la diligenza eventualmente dimostrata nell’assolvimento dell’obbligo.

E’ onere del debitore fornire la prova che non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie; pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidita’, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

La forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta del debitore, si’ da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria.

Va pertanto escluso che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto debitore possano integrare una causa di forza maggiore.

Integra la causa di forza maggiore solo l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà, di porre in essere il comportamento omesso.

Ne consegue che il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore.

La mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità. L’inadempimento tributario può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili al debitore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono alla sua possibilità di controllo.

5 giugno 2015

Ignazio Buscema

1 In caso di omessi o tardivi versamenti delle imposte che dipendono dal ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, il contribuente può impugnare gli atti impositivi innanzi al giudice tributario, chiedendo l’annullamento delle sanzioni irrogate, in quanto nessun addebito di responsabilità può essergli mosso per non aver rispettato i termini previsti dalla legge. È quanto emerge dalla sentenza n. 126/06/13 pubblicata il 16 aprile 2013 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio .L ’elemento soggettivo della colpevolezza va escluso nel caso di specie, perché l’omesso versamento era stato causato dalla “mancata o assai tardiva” riscossione di crediti vantanti nei confronti della Regione Campania in relazione all’attività di depurazione e smaltimento di acque reflue, servizio di pubblica utilità non sospendibile.( sentenza n. 163/6/2012,del 20 giugno 2012 della Commissione tributaria regionale del Lazio)

2CTR Lombardia, Sez. XLIV, 25 novembre 2014, n. 6126; CTR Lazio sentenza n. 158/29/12 del 20 giugno 2012 e 12-07-2011 n.540 sez. 14. Tra le cause di forza maggiore rientra anche la mancanza temporanea di liquidità dovuta alle obiettive difficoltà economiche (CTR Lazio sezione XIV , sentenza n. 54072011 e CTP Lecce sentenza n. 352/2010). Lo stato di salute del contribuente può dar luogo a una causa di forza maggiore, poichè impedisce il regolare svolgimento di una attività lavorativa e può determinare difficoltà economiche e di liquidità (CTP di Milano sezione XXI, sentenza n. 31372008). Lasentenza n. 352/1/2010 della CTP Lecce ha cancellato le maggiori somme per sanzioni ed interessi iscritte a ruolo a carico di un’azienda operante nel settore TAC (Tessile, Abbigliamento e Calzaturiero) che per forza maggiore non ha provveduto a versare le imposte dovute richiamando l’art. 6 c. 5 del D. Lgs. 472/97. I giudici tributari hanno ritenuto, infatti, che il mancato versamento delle imposte a causa di un’imprevista crisi economia a largo spettro e, di conseguenze, del proprio cliente principale configuri quell’ipotesi di forza maggiore intesa “… quale forza esterna che determina, in modo inevitabile, a compiere un atto non dovuto che, nella fattispecie, consisteva nel versamento delle imposte”.La causa di forza maggiore viene identificata nella grave crisi economico-finanziaria che ha colpito l’intero settore del TAC e più in particolare la clientela del contribuente e che ha portato alla sospensione delle attività produttive (CTP Lecce 23-07-2010 n.352 sez. I). La legge richiede quindi non solo che il soggetto abbia agito con coscienza e volontà, ovvero essendo pienamente capace e rendendosi conto dell’azione che compie, ma anche che egli sia colpevole, ovvero che gli si possa rimproverare un comportamento doloso o, quantomeno, negligente. Nella concreta fattispecie la ricorrente ha ampiamente dimostrato che l’omesso pagamento del tributo è stato provocato dai ripetuti ritardati pagamenti delle somme ad essa dovute non solo dal Comune ma anche da altri soggetti privati che agivano quali appaltatori del Comune predetto. Ha altresì dimostrato la propria assenza di colpa, ovvero di avere fatto uso della ordinaria diligenza per rimuovere l’ostacolo frapposto all’esatto adempimento delle obbligazioni. Risulta invero dalla documentazione prodotta che la ricorrente in più occasioni ebbe a sollecitare i pagamenti che le erano dovuti, si premurò di scontare le fatture in banca con evidenti notevoli perdite economiche, dovette richiedere un mutuo alla banca, dovette contrarre debiti verso i fornitori ed i propri dipendenti per somme ingenti e richiedere dilazioni di pagamento alla stessa A.F. per le annualità precedenti. È di tutta evidenza, a questo punto che la ricorrente ha ampiamente fornito la prova di avere usato tutta la ordinaria diligenza possibile per rimuovere l’ostacolo frapposto all’esatto adempimento della obbligazione tributaria, anche mediante reperimento di altre fonti finanziarie, sì che deve necessariamente escludersi che nel suo comportamento sia ravvisabile la colpa. Deve pertanto essere annullata la opposta cartella limitatamente alle sanzioni ed agli interessi (CTP Campobasso 10-12-2013 n. 179).