Il regime fiscale delle nuove iniziative imprenditoriali: obbligo di passaggio al nuovo regime forfetario

i soggetti che avevano aderito al regime delle nuove iniziative produttive devono passare al regime forfettario in vigore dall’1 gennaio 2015, in quanto la proroga per il regime dei minimi prevista dal Decreto Milleproroghe vale solo per i contribuenti che iniziano una nuova attività nell’anno 2015

Con una risposta al question time n. 5-05703, di giovedì 4 giugno 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che coloro che avevano aderito al regime delle nuove iniziative produttive (art. 13, legge n. 388/2000 con aliquota 10%) e alla data dell’1 gennaio 2015 non avevano ancora terminato il triennio agevolativo, non possono proseguire nel regime dei minimi ex art. 27 D.L. 98/2011, fino al completamento del triennio. Tali soggetti sono tenuti a scegliere se transitare nel nuovo regime forfetario previsto dalla legge di Stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n.190) oppure optare, in alternativa, per il regime ordinario.

Le nuove iniziative imprenditoriali

L’art. 13, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge Finanziaria per il 2001), recante «Regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo» aveva introdotto un regime sostitutivo a livello di Irpef per soggetti che, a partire dall’1 gennaio 2001 iniziavano attività di impresa o di lavoro autonomo in forma individuale. Questo regime poteva essere utilizzato in alternativa a quelli convenzionali nel primo triennio di attività, e poteva portare a notevoli risparmi impositivi, che variavano in relazione alle diverse posizioni soggettive dell’utilizzatore.

Le nuove disposizioni avevano trovato i primi chiarimenti ministeriali attraverso le circolari n. 1/E e n. 8/E, rispettivamente, del 3 e 26 gennaio 2001, dell’Agenzia delle Entrate.

I soggetti che potevano utilizzare il regime sostitutivo delle nuove iniziative

Per poter usufruire del regime fiscale agevolato delle nuove iniziative erano necessari i seguenti requisiti.

1) Che il contribuente non avesse esercitato negli ultimi tre anni, attività artistica o professionale o attività d’impresa neppure in forma associata o familiare. Veniva, invece, espressamente ammessa l’agevolazione per gli ex tirocinanti di studi che intraprendevano l’attività professionale. Era stato chiarito, inoltre, dall’Agenzia delle Entrate, che il regime sostitutivo era di fatto utilizzabile anche da quei praticanti che, dalla fine del tirocinio al conseguimento dell’abilitazione, intrattenevano per un periodo con uno studio professionale un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Da rilevare che l’agevolazione risultava utilizzabile anche per quei soggetti che, anteriormente all’utilizzo del nuovo regime avevano di fatto aperto una partita Iva senza però esercitare la relativa attività.

2) Che la nuova attività non fosse una mera prosecuzione di un’attività di lavoro dipendente o autonomo svolto dallo stesso soggetto. Non erano agevolabili, come indicato dalla circolare n. 1/2001 dell’Agenzia delle Entrate, i soggetti che tentavano in qualche modo di dissimulare la nuova attività esercitando di fatto la stessa attività preesistente in una diversa veste giuridica. In altri termini, non era ammesso che uno studio professionale cercasse di utilizzare l’agevolazione chiudendo la partita Iva con codice attività 7412/C (Servizi in materia di contabilità e consulenza fiscale forniti da altri soggetti) sostituendo la stessa con una diversa partita Iva utilizzando, ad esempio, il codice attività 72300 (Elaborazione elettronica dei dati). Da rilevare, inoltre, come l’inibizione valeva anche per chi, nel triennio antecedente l’inizio della nuova attività, era stato socio in società di persone o collaboratore in imprese familiari.

3) Che non venisse superato, nel primo e secondo anno di attività di lavoro autonomo o di impresa di servizi, un ammontare di compensi (nel lavoro autonomo) o di ricavi (nell’attività d’impresa) dei vecchi 60 milioni di lire che, di fatto, per l’articolazione del sistema agevolativo potevano arrivare a 90 milioni nel terzo anno di attività. Gli ammontari dei ricavi ammissibili venivano raddoppiati per le imprese che operavano nel settore della produzione di beni.

4) Che nel caso di prosecuzione di attività d’impresa svolta da altro soggetto, i ricavi conseguiti da quest’ultimo nel periodo d’imposta anteriore a quello di acquisizione non avessero superato i 60 milioni o i 120 delle vecchie lire per imprese che non operavano nel campo dei servizi. Sempre attraverso la circolare n. 8/E, l’Agenzia delle Entrate, aveva chiarito che nessuna limitazione era, invece, prevista per rilevare uno studio professionale. In pratica, quindi, era consentito all’acquirente rilevare uno studio professionale (o parte di esso) che nell’ultimo anno di attività avesse conseguito compensi superiori ai 60 milioni delle vecchie lire e beneficiare del regime sostitutivo (a patto ovviamente che il nuovo studio non superasse a sua volta i limiti previsti).

5) Che dovevano essere adempiuti regolarmente, durante il periodo di agevolazione, gli obblighi previdenziali, assicurativi ed amministrativi.

In cosa consisteva l’agevolazione

I soggetti che utilizzavano il regime sostitutivo, dovevano normalmente determinare la base imponibile del reddito d’impresa minore (ai sensi dell’ art. 66 del D.P.R. 917/86 ) o di lavoro autonomo (ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. 917/86 ) sulla quale veniva applicata un’imposta sostitutiva con aliquota del 10 per cento. La base imponibile dell’imposta sostitutiva, calcolata con i metodi ordinari, era in ogni caso valida ai fini dei calcoli relativi ai contributi previdenziali, nonché, fatte le dovute rettifiche, per il calcolo dell’Irap. Inoltre, come chiarito nella circolare n. 8/E del 2001 dell’Agenzia delle Entrate, nel determinare la sussistenza della condizione di familiare fiscalmente a carico (cioè, ai sensi dell’art. 12, c. 3, del D.P.R. 917/86), occorreva considerare anche il reddito d’impresa o di lavoro autonomo agevolato di cui il familiare fosse eventualmente titolare. Da segnalare, tuttavia, come il Ministero delle Finanze aveva chiarito che l’ammontare del reddito d’impresa o di lavoro autonomo che costituiva base imponibile dell’imposta sostitutiva, non concorreva alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef.

Ciò comportava che le detrazioni d’imposta di tipo soggettivo di cui agli artt. 12 e 15 del D.P.R. 917/86, risultavano, di fatto, indetraibili dall’imposta sostitutiva ed indeducibili dal reddito. Ne derivava che, in assenza di redditi diversi ed ulteriori rispetto a quelli sottoposti al regime sostitutivo, il professionista o l’imprenditore perdeva di fatto la possibilità di utilizzare tali deduzioni e detrazioni, per abbassare la propria imposta complessiva.

L’orientamento ministeriale, sembrava invece quello di consentire anche a chi optava per il regime sostitutivo le detrazioni di tipo oggettivo.

Di contro, nel regime sostitutivo, l’imposta dovuta andava a sostituire anche le addizionali regionali, provinciali e comunali, che quindi non erano dovute. Da ciò derivava che, nelle varie situazioni, doveva essere opportunamente ponderato il calcolo di convenienza relativo all’utilizzo del regime sostitutivo che, di fatto, risultava esercitare un maggiore «appeal fiscale» per soggetti giovani (che godevano cioè di una contribuzione previdenziale dimezzata), senza coniuge o figli a carico e, in genere, con minori oneri detraibili.

La circolare n. 8/E del 26 gennaio 2001, dell’Agenzia delle Entrate aveva precisato che nel caso di impresa familiare l’intero reddito d’impresa realizzato, cioè al lordo delle quote attribuite ai collaboratori familiari o al coniuge, era da assoggettare ad imposta sostitutiva dovuta dall’imprenditore.

La risposta del Ministero

Alla base dell’intervento del Ministero c’è una richiesta di chiarimenti di alcuni Parlamentari (cd. Question time) che chiedevano chiarimenti in merito al regime fiscale delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all’articolo 13, della legge n. 388 del 2000, abrogato in esito all’introduzione del nuovo regime forfetario ai sensi dell’articolo 1, comma 85, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015).

In particolare, i Parlamentari, lamentando l’abrogazione del regime di favore sopra richiamato, chiedono se i contribuenti che alla data dell’1 gennaio 2015 non avevano ancora terminato il triennio di attività previsto dal regime di cui all’articolo 13, della legge n. 388 del 2000, possano transitare nel regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, del decreto-legge n. 98 del 2011 che, ai sensi dell’articolo 10, comma 12-undecies, inserito in sede di conversione del decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto decreto Milleproroghe), è stato prorogato per tutto l’anno 2015.

Il Ministero al riguardo, sentiti gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, comunica quanto segue.

In base all’articolo 1, comma 88, della legge di Stabilità 2015, possono continuare ad applicare il regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, “per il periodo che residua al completamento del quinquennio agevolato e comunque fino al compimento del trentacinquesimo anno di età”, solo i soggetti che già se ne avvalevano nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014. La citata disposizione non consente, quindi, a coloro che al 31 dicembre 2014 applicavano il regime fiscale delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all’articolo 13, della legge n. 388 del 2000, di poter transitare nel regime fiscale di vantaggio. Né lo consente la disposizione contenuta nell’articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, ai sensi del quale “In deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 85, lettere b) e c), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono prorogate le disposizioni previste dagli articoli 27, commi 1, 2 e 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e 1, commi da 96 a 115 e 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, per i soggetti che, avendone i requisiti, decidono di avvalersene, consentendone la relativa scelta nel corso dell’anno 2015”.

La citata proroga, infatti, ha effetto solo per coloro che nel corso del 2015 iniziano una nuova attività e, avendone i requisiti, decidono di applicare il regime fiscale di vantaggio, ma non anche per i soggetti già in attività alla data del 1° gennaio 2015.

Conseguentemente, conclude il MEF, i contribuenti che, alla data dell’1 gennaio 2015, non avevano ancora terminato il triennio di attività previsto dal regime di cui all’articolo 13, della legge n. 388 del 2000, hanno potuto optare, avendone i requisiti, solo per il regime forfetario introdotto dalla legge di Stabilità del 2015 ovvero per il regime ordinario, considerata la scelta generale di politica legislativa di adottare nuovi e più avanzati regimi fiscali volti a promuovere sempre più le nuove iniziative di intrapresa privata, nell’ottica di una crescita complessiva dell’economia del Paese.

23 giugno 2015

Federico Gavioli