La decorrenza delle operazioni straordinarie: principii contabili, dichiarazioni fiscali, retroattività, iscrizione nel registro delle imprese

la decorrenza di un’operazione staordinaria può presentare dubbi per gli operatori; in questa guida di 10 pagine approfondiamo le diverse decorrenze civilistiche e fiscali e le opzioni di retroattività previste dalla legge italiana

Aspetti generali

Le varie operazioni straordinarie considerate nel codice civile (trasformazione, fusione, scissione, conferimenti) hanno ricevuto una regolamentazione tributaria complessa e articolata, sostanzialmente orientata a non penalizzare la semplice ristrutturazione della struttura societaria non avente effetti diretti sul reddito.

Nell’ambito di tali operazioni, il soggetto societario è sottoposto sotto il profilo civilistico a modificazioni profonde, mutando il proprio statuto (e con esso la forma giuridica), come nella trasformazione, od unendosi ad altri soggetti societari con la compenetrazione dei reciproci patrimoni, come nella fusione, o, ancora, giungendo alla divaricazione di autonome parti del patrimonio societario, che assumono indipendenza giuridica, come nella scissione.

In termini generali, la trasformazione è una mera vicenda modificativa dello statuto della società, e quindi non comporta né l’estinzione di un soggetto preesistente, né la creazione di un soggetto nuovo.

Tuttavia, dal punto di vista tributario, essa può prevedere la «trasmigrazione» dal campo IRES a quello IRPEF e viceversa (se sono poste in essere ipotesi di trasformazione, rispettivamente, «regressiva» od «evolutiva»), con i correlati effetti sulle dichiarazioni, sulla responsabilità, sull’accertamento, etc.

Inoltre, nel contesto della trasformazione eterogenea, determinati enti non societari possono divenire società (mentre alle cooperative non a mutualità prevalente è consentito di trasformarsi in società lucrative), e determinate tipologie societarie possono dare origine ad enti non societari (associazioni, fondazioni, comunioni d’azienda, etc.), ovvero mutare la propria “causa” da lucrativa in mutualistica, divenendo cooperative.

La fusione e la scissione sono due fenomeni tra loro affini, anche se dalle finalità divergenti; per tale motivo, sia il legislatore civilistico che quello fiscale le hanno trattate in modo simile, prevedendo talune garanzie minimali a tutela dei soci e dei terzi, nonché determinati obblighi dichiarativi.

I conferimenti si staccano dalle fattispecie appena menzionate perché essi rispondono in primissimo luogo a un obbligo imposto al socio, di provvedere ai mezzi patrimoniali necessari al funzionamento della società.

Attraverso i conferimenti però, se attuati successivamente alla costituzione della società, viene incrementato il capitale, dotando l’ente collettivo di una «ricchezza» supplementare direttamente riflessa nell’incremento di valore delle azioni o delle quote.

I conferimenti non sono riconducibili ad operazioni che interessano il soggetto societario in quanto modifica la propria forma giuridica o da’ origine a nuove società, o incorpora altre società: essi sono, piuttosto, operazioni mediante le quali la società riceve delle «attività», consistenti in denaro, beni, partecipazioni, oppure in aziende.

La cessione d’azienda rappresenta una fattispecie generale a sua volta diversissima rispetto a tutte le precedenti, poiché con essa è trasferita un’azienda funzionante, senza necessariamente interessare dei soggetti societari.

Evidentemente, tale ipotesi è prossima solamente al conferimento d’azienda, ma in esso il compendio aziendale incrementa il capitale della società conferitaria, mentre nella cessione d’azienda avviene il semplice passaggio a un altro soggetto giuridico.

Per tutte queste operazioni si pone il problema di stabilire con certezza il momento dal quale decorrono i relativi effetti.

Sotto questo profilo occorrerà distinguere il momento in cui l’operazione assume effetto giuridico (individuato in base alle disposizioni generali che fanno riferimento all’iscrizione nel registro delle imprese) dal momento in cui si producono rispettivamente gli effetti contabili e fiscali (generalmente questi due tipi di effetti vengono fatti decorrere dalla medesima data).

L’iscrizione nel libro soci

L’acquisto dei diritti che si ricollegano all’acquisizione della partecipazione decorreva in origine dall’annotazione del trasferimento della partecipazione nel libro soci.

Tale osservazione veniva fatta dal CNDCEC nella circolare n. 6/IR DEL 22.10.2008 e consentiva di individuare quale fosse, in seno al trasferimento di partecipazioni (ossia della proprietà di quote societarie e dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali), il momento in cui avveniva il passaggio dei diritti.

In dettaglio, secondo la circolare:

  • il concetto di partecipazione circoscrive l’insieme dei diritti connessi alla posizione giuridica di socio;

  • il concetto di quota designa la parte del capitale sociale che al socio viene attribuita;

  • con il termine trasferimento devono intendersi non solamente gli atti di compravendita delle partecipazioni di S.r.l., ma anche quelli relativi alla permuta e al conferimento delle stesse;

  • prima dell’iscrizione del trasferimento veniva acquistata la quota come bene economico;

  • mediante l’iscrizione veniva acquisita la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali.

Relativamente alla forma dell’atto di trasferimento, il requisito procedimentale della sottoscrizione autenticata era ritenuto indispensabile ai soli fini dell’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese, a sua volta rilevante ai fini dell’opponibilità ai terzi dell’atto medesimo.

La pubblicità prevista dal secondo comma dell’art. 2470 del codice non aveva quindi natura costitutiva (bensì dichiarativa), poiché il relativo adempimento non era ritenuto un presupposto necessario ai fini del perfezionamento dell’atto di trasferimento e quindi non incideva sull’acquisto della titolarità della partecipazione.

L’iscrizione nel registro delle imprese

Tali conclusioni si sono dovute confrontare con le successive modificazioni normative consistenti nella soppressione dell’obbligo di iscrizione delle modifiche nel libro soci, e nella conseguente «riqualificazione» del momento dell’iscrizione presso il registro delle imprese (D.L. n. 185/2008).

Nella circolare del CNDCEC n. 12/IR del 27.7.2009, relativa alla soppressione del libro soci nelle S.r.l., è affermato che, anche nell’ambito della procedura alternativa – rispetto a quella dell’art. 2470 del codice – introdotta con l’art. 36, comma 1-bis della L. n. 133/2008, è stata disposta la soppressione dell’annotazione nel libro soci, facendo decorrere tutti gli effetti dal deposito (per l’iscrizione) nel registro delle imprese.

La circolare di Unioncamere n. 2453 dell’11.2.2009, richiamata dai commercialisti, osserva che il nuovo impianto normativo (successivo alle cennate modificazioni al codice civile) «fa emergere una nuova funzione del registro delle imprese, che va ben oltre la tipica funzione pubblicitaria e informativa, in quanto ‘costitutiva’ dello status di socio con particolare riferimento all’esercizio dei diritti amministrativi (ad esempio diritto di intervento e voto) correlati alla titolarità della partecipazione».

Per quanto sopra affermato, non ponendosi in discussione che lo status di socio viene acquistato con l’iscrizione della deliberazione presso il registro delle imprese, non sussistono dubbi quanto al momento dal quale decorre l’efficacia della cessione, o dell’operazione straordinaria, anche ai fini dell’accesso o del mantenimento di particolari regimi introdotti dal legislatore fiscale (consolidato, IVA di gruppo, participation exemption, esenzione da ritenuta per gli interessi a consociate UE…).

Validità dell’atto e iscrizione nel r.i.

Con effetti rilevanti sul momento dal quale decorrono gli effetti delle operazioni poste in essere dalle imprese societarie, sono intervenute in epoca recente alcune innovazioni che, a fini di semplificazione, hanno interessato numerosi articoli del codice civile, comportando l’abrogazione del libro soci.

In particolare, il legislatore è intervenuto con l’articolo 16, commi da 12-quater a 12-undecies, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che ha abrogato il primo comma dell’articolo 2478-bis del codice civile e le disposizioni a esso collegate (tra le quali assume importanza cruciale, quanto agli effetti della cessione delle partecipazioni, l’articolo 2470, primo comma).

Per quanto riguarda il trasferimento di partecipazioni, la normativa abrogata stabiliva che tale trasferimento producesse effetti nei confronti della società solo a partire dal momento dell’iscrizione nel libro soci.

La validità ed efficacia del trasferimento della quota dipendeva dal consenso delle parti, ma produceva i propri effetti nei confronti della società esclusivamente dal momento dell’iscrizione nel libro soci, alla quale gli amministratori potevano procedere solo a condizione che l’atto traslativo fosse stato depositato presso il registro delle imprese nella cui circoscrizione si trovava la sede sociale.

La società riconosceva infatti come titolari della qualità di soci (e, quindi, dei relativi diritti) coloro che risultavano iscritti nel libro soci. Dall’iscrizione nel libro derivavano, ad esempio, il diritto di percepire il dividendo ed il diritto a partecipare alle assemblee.

Con l’avvenuta abolizione del libro, gli effetti del trasferimento vengono invece a prodursi a decorrere dal momento in cui il contratto di cessione viene depositato presso il registro delle imprese: ciò significa che il concreto esercizio dei diritti sociali può avvenire solamente una volta che si sia perfezionato il deposito della scrittura di cessione, nei termini richiesti dalla norma civilistica.

Su tale linea di situa anche la sopra richiamata circolare del CNDCEC n. 12/IR del 2009, la quale sottolinea l’importanza del ruolo che la legge oggi attribuisce agli intermediari, “in virtù della considerazione che a fronte dell’efficacia costitutiva dello status di socio che deriva dall’iscrizione nel registro delle imprese e della correlata soppressione del libro soci, i controlli espletati dall’ufficio del registro, come visto, sono esclusivamente di tipo formale e gli amministratori non sono tenuti a svolgere il controllo preventivo rispetto alle variazioni della compagine societaria”.

I principi contabili in materia di fusioni e scissioni

Secondo il principio contabile nazionale OIC 4, dalla data di iscrizione dell’atto nel registro delle imprese della delibera di fusione devono decorrere 60 giorni affinché la fusione possa essere attuata.

L’art. 2503, infatti, indica in tale periodo il lasso temporale nel quale i creditori delle società partecipanti alla fusione possono opporsi all’operazione.

Lo stesso articolo prevede alcune eccezioni a tale regola con possibilità di attuazione anticipata della fusione (ad esempio se è stato ottenuto il consenso di tutti i creditori anteriormente alla data di deposito del progetto di fusione nel registro delle imprese, oppure se la società ha soddisfatto tutti i creditori che non hanno prestato il consenso alla fusione o se sono state depositate presso una banca le somme corrispondenti al valore dei crediti cui si riferisce il mancato consenso).

Trascorsi i 60 giorni (o il minor periodo nei casi eccezionali previsti) l’atto di fusione viene stipulato dalle società partecipanti.

A seguito della fusione, i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione vengono assunti dalla società incorporante o risultante dalla fusione, subentrando in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.

Come principio generale, la fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione descritte nel punto 3.1 E del principio OIC (efficacia «reale»).

La norma tuttavia consente, in alcuni casi e per specifici aspetti, di postdatare o di retrodatare gli effetti della fusione rispetto alla data dell’ultima iscrizione dell’atto.

La postdatazione o posticipazione di tutti gli effetti della fusione, e quindi dell’assunzione degli obblighi e diritti, è possibile solo nel caso di fusione per incorporazione.

La retrodatazione degli effetti a una data anteriore a quella della predetta iscrizione può essere stabilita con riferimento non agli effetti di tipo reale ma esclusivamente ai seguenti aspetti:

  • la determinazione della data a decorrere dalla quale le azioni o quote della società che risulta dalla fusione o della incorporante partecipano agli utili;

  • la determinazione della data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o della incorporante;

  • la retrodatazione contabile normalmente effettuata al primo giorno dell’esercizio nel corso del quale è effettuata la fusione, comporta l’aggregazione degli utili o perdite delle società partecipanti alla fusione.

La retroattività secondo l’OIC

Precisa il principio OIC [paragrafo 4.3.1.3] che «la retroattività contabile consente di imputare al bilancio dell’incorporante gli effetti patrimoniali e reddituali delle operazioni di gestione poste in essere dagli amministratori dell’incorporata nel periodo intercorrente fra la data alla quale viene fatta risalire la retroattività e la successiva data in cui si produce l’effetto reale della fusione».

Se il procedimento di fusione ha luogo interamente in un dato esercizio, e gli esercizi dell’incorporante dell’incorporata coincidono, le risultanze del bilancio di chiusura vengono imputate alla contabilità e al bilancio dell’incorporante (fatta salva l’eventuale diversa disposizione pattizia per la distribuzione degli utili), mentre la necessità di definire l’eventuale retroattività contabile sorge quando il procedimento di fusione ha inizio in un esercizio e si completa nell’esercizio successivo.

Afferma altresì il principio contabile che le norme civilistiche (inderogabili) sul bilancio e sulle scritture contabili devono tuttavia essere osservate anche per l’incorporata nel periodo in cui ha effetto la clausola di retroattività.

«Conseguentemente, se sopravviene la data di chiusura dell’esercizio, gli amministratori dell’incorporata dovranno provvedere alla redazione del bilancio d’esercizio, che sarà assoggettato alle medesime procedure di controllo già previste prima dell’inizio del procedimento di fusione ed all’approvazione da parte dell’assemblea dei soci dell’incorporata medesima».

Questo comportamento dovrà essere seguito anche nel caso in cui la conclusione del processo di fusione avvenisse prima dell’approvazione del bilancio della incorporata da parte dell’assemblea dei soci: in questa ipotesi saranno gli amministratori dell’incorporante a redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, che verrà approvato dai soci della società risultante dalla fusione.

La redazione del bilancio di esercizio dell’incorporata a cura dell’incorporante comporta l’attribuzione al bilancio di quest’ultima degli effetti patrimoniali ed economici della gestione anche dell’esercizio anteriore a quello in cui si conclude il procedimento di fusione.

La data alla quale può esser fatta risalire la retroattività contabile non può essere anteriore a quella di chiusura del precedente esercizio dell’incorporante (ciò è coerente con quanto previsto dalle norme tributarie).

La retroattività contabile e quella fiscale come afferma l’OIC 4 sono strettamente collegate, perché il reddito di impresa si determina in base al risultato economico che emerge dal bilancio, di esercizio o infrannuale che sia (principio di derivazione).

Se quindi viene pattuita la retroattività contabile (ad esempio, all’inizio dell’esercizio dell’incorporata in cui si completa il procedimento di fusione) automaticamente ciò comporterà anche la retroattività fiscale, cioè l’attribuzione anche ai fini fiscali del risultato del periodo (utile o perdita) all’incorporante e la sua inclusione nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi di quest’ultima.

«Non è invece sempre valida, anzi sconsigliabile in quanto difficilmente gestibile, la soluzione opposta; vale a dire si potrebbe pattuire la sola retroattività fiscale ma non quella contabile, precisando nel progetto di fusione che anche gli effetti contabili si producono alla data dell’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione nel registro delle imprese. In questa ipotesi l’utile o la perdita dell’incorporata da attribuire, ai soli fini fiscali, all’incorporante sarà determinato in base ad un bilancio di chiusura “completo”, redatto come precisato di seguito».

Si tratta di un bilancio di chiusura, che per le società incorporate o fuse non è prescritto da nessuna disposizione normativa ma dovrebbe tuttavia essere predisposto, giacché secondo l’OIC non è ammissibile che un periodo di vita di una società possa non essere oggetto di rendicontazione e quindi essere dimenticato [paragrafo 4.3.2 e relativi sottoparagrafi].

La decorrenza ai fini della dichiarazione fiscale

Il termine ordinario di presentazione della dichiarazione fiscale Unico SC scade l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta.

A tale riguardo occorre stabilire, in relazione alle operazioni straordinarie intervenute anteriormente ovvero successivamente rispetto al periodo di imposta, quali siano gli obblighi dei soggetti tenuti alla presentazione del modello (società incorporante o risultante dalla fusione, società scisse, etc.).

Occorre poi stabilire rispetto a quale data (di efficacia giuridica, contabile, fiscale) occorra stabilire la tempestività dei termini per la dichiarazione (art. 2, secondo comma, D.P.R. 22.7.1998, n. 322).

Al riguardo può essere affermato che:

  • in caso di fusione:

    • il reddito delle società fuse o incorporate relativo al periodo compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la data in cui la fusione ha effetto giuridico è determinato, secondo le disposizioni applicabili in relazione al tipo di società, in base alle risultanze di un apposito conto economico [art. 172, ottavo comma, TUIR];

    • l’atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si e’ chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante [art. 172, nono comma, TUIR];

  • in caso di scissione:

    • la decorrenza degli effetti dell’operazione ai fini delle imposte sui redditi è regolata secondo le disposizioni del comma 1 dell’articolo 2506-quater del codice civile, ma la retrodatazione degli effetti, ai sensi dell’articolo 2501-ter, numeri 5) e 6), dello stesso codice opera limitatamente ai casi di scissione totale ed a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell’ultimo periodo di imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a tale periodo [art. 173, undicesimo comma, TUIR];

    • gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione [art. 173, dodicesimo comma, TUIR];

  • le dichiarazioni relative alle operazioni di trasformazione, fusione e scissione sono disciplinate dall’ art. 5–bis, D.P.R. 22.7.1998, n. 322, introdotto dall’art. 6, D.P.R. 7.12.2001, n. 435 (ed esplicato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 25.1.2002, n. 6/E), in base al quale i termini per la presentazione delle dichiarazioni relative a periodi di imposta non corrispondenti con l’anno solare sono correlati alla data di chiusura dei relativi esercizi;

  • le dichiarazioni relative alla frazione di esercizio delle società fuse o incorporate devono pertanto essere presentate in via ordinaria entro la fine del nono mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta.

1 aprile 2015

Fabio Carrirolo