Il Fisco può riscuotere i debiti entro cinque anni ma solo se l’istanza è pervenuta dopo l’entrata in vigore del Decreto semplificazioni fiscali

l’amministrazione finanziaria ha cinque anni di tempo per riscuotere i debiti delle aziende chiuse a condizione però che l’istanza di cancellazione dal registro delle imprese sia pervenuta dopo il 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del D.Lgs. 175/2014 (cd. ‘Decreto semplificazioni fiscali’)

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6743 del 2 aprile 2015, ha affermato che per effetto del D.Lgs. 175 del 21 novembre 2014, cd. decreto Semplificazioni fiscali, l’amministrazione finanziaria non ha più un anno di tempo ma cinque per riscuotere i suoi debiti dalle aziende chiuse; i giudici di legittimità, tuttavia, evidenziano che la novità contenuta nel decreto Semplificazioni fiscali ha validità solo nelle ipotesi in cui la cancellazione della società sia stata fatta entro il 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del citato decreto legislativo.

Occorre preliminarmente evidenziare che, con il decreto Semplificazioni fiscali, è stata introdotta una misura, in tema di attività di accertamento (e non solo) nei confronti di società estinte: attraverso l’art. 28, del citato D.Lgs. n. 175/2014, viene stabilito che “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”.

Il caso

La vicenda vede contrapposti da una parte una società in nome collettivo e dall’altra l’Agenzia delle Entrate; quest’ultima aveva chiesto alla s.n.c. il pagamento di una cartella di oltre 114mila euro, comprensivi di sanzioni e interessi, per omessi e ritardati versamenti dell’IVA dichiarata nel 2001.

La contribuente aveva impugnato l’atto esponendo:

  • di aver iniziato e cessato la propria attività nel 2002 ;

  • di aver erroneamente presentato la dichiarazione IVA relativa al 2002 sul modello 2002, anziché su quello del 2003;

  • di aver omesso di compilare il quadro VH;

  • di essersi sbagliata per aver confuso gli importi in lire ed euro.

La società nel ricorso contesta, tuttavia, che la cartella era stata notificata nel settembre 2005, quando la società era già estinta per cancellazione dal Registro delle Imprese, cancellazione effettuata fin dal dicembre 2002.

La CTR aveva respinto il ricorso e, avverso la sentenza sfavorevole, la s.n.c. è ricorsa in Cassazione.

Le novità del decreto Semplificazioni fiscali

Come anticipato nei paragrafi precedenti, il decreto Semplificazioni fiscali (D.Lgs. n. 175/2014), afferma che, ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese. Un’espressione all’apparenza trasparente, ma solo all’apparenza perché, in concreto, e senza argomentazioni di sorta, si diversificano gli effetti della cancellazione della società dal Registro delle Imprese a seconda che il discorso rimanga circoscritto nell’area civilistica ovvero in quella ove valgono regole tributarie.

L’art. 2495 c.c. considera estinta la società per il solo fatto della sua cancellazione dal Registro delle Imprese. Una società estinta, quindi, è da considerarsi giuridicamente inesistente.

La previsione civilistica produce, infatti, l’estinzione irreversibile della società cancellata e, conseguentemente, l’azzeramento di qualsiasi tipologia di rapporti con “l’esterno“, comprese la cessazione dell’incarico del liquidatore e la perdita dei suoi poteri rappresentativi.

Il decreto delegato avente per oggetto la semplificazione fiscale ha, di fatto, spezzato queste regole stabilendo che, ai soli fini fiscali, “l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese“.

Un modo come un altro per introdurre una salvaguardia a favore degli interessi dell’Erario. Gli altri creditori, rimasti insoddisfatti nelle proprie pretese alla data della cancellazione della società dal Registro delle Imprese, non fanno parte della partita.

Il decreto delegato, infatti, specifica che gli effetti della cancellazione della società (e, perciò, della estinzione della società) sono posdatati ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, ivi compresi gli interessi e le sanzioni.

A chi si applica la nuova disciplina

Dal punto di vista soggettivo, invece, il puntuale riferimento alla sola “estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile” fa sì che la disciplina si applichi alle sole società per azioni, a responsabilità limitata e in accomandita per azioni. Non si applica, viceversa, alle società di persone probabilmente per l’adesione del legislatore all’idea che la cancellazione delle società di persone non abbia efficacia estintiva (se non congiunta all’effettiva estinzione dei rapporti patrimoniali riferibili alla società). Tuttavia, si registra qui uno scollamento fra la prospettiva del legislatore e il diritto , attualmente orientato ad omologare il regime dell’estinzione delle società di persone e di quelle di capitale. Dal punto di vista, infine, dell’estensione temporale, sembra doversi affermare che la disposizione riguarda le cancellazioni effettuate dopo il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del D.Lgs. n. 175 del 2014. Per effetto della disciplina in esame, infatti, la cancellazione subisce una “restrizione” della propria efficacia estintiva la quale non opera immediatamente rispetto agli atti tributari (ed essendo invece rinviata di 5 anni). Questo effetto “ridotto” è però riconducibile alla richiesta di cancellazione solo a decorrere dall’entrata in vigore della norma, mentre le cancellazioni poste in essere anteriormente avevano una piena efficacia estintiva che potrebbe venir meno solo in base all’espressa previsione della retroattività della disciplina che, tuttavia, manca.

Come si è detto, l’effetto estintivo della cancellazione non è eliminato: esso continua a prodursi in misura piena e immediata per tutto ciò che non attiene alla validità ed efficacia di determinati atti tributari, e si produce comunque anche per questi atti a decorrere dal compimento del quinto anniversario dalla richiesta di cancellazione.

L’analisi della Cassazione

I giudici di legittimità osservano che in base al comma 4, dell’art. 28, del decreto Semplificazioni fiscali, l’effetto estintivo della società (di persone o di capitali), qualora deriva da una cancellazione dal Registro delle Imprese disposta su richiesta, sia differito per cinque anni, decorrenti dalla richiesta di cancellazione, con differimento limitato al settore tributario e contributivo, nel senso che l’estinzione intervenuta durante tale periodo non fa venir meno la validità e l’efficacia sia degli atti di liquidazione, di accertamento, di riscossione relativi a tributi e contributi, sanzioni e interessi, sia degli atti processuali afferenti a giudizi concernenti detti tributi e contributi, sanzioni e interessi.

I giudici di legittimità osservano che il differimento degli effetti dell’estinzione non opera necessariamente per un quinquennio, ma per l’eventuale minor periodo che risulta al netto dello scarto temporale tra la richiesta di cancellazione e l’estinzione.

Le conclusioni

I giudici di legittimità osservano che la norma contenuta nel decreto Semplificazioni fiscali non ha alcuna valenza interpretativa, dato il suo tenero testuale, che non solo assegna espressamente alla disposizione alcuna natura interpretativa, ai sensi del comma 2, dell’articolo 1 dello Statuto del Contribuente, ma neppure in via implicita intende previlegiare una tra le diverse interpretazioni delle precedenti disposizioni in tema di estinzione della società; occorre prendere atto che , in concreto, il testo della disposizione non consente di individuare alcuni indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma 1, dell’articolo 3, dello Statuto dei diritti del contribuente.

In sostanza la Cassazione, nel caso in esame, cassa la sentenza dei giudici del merito perché secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale gli effetti estintivi della cancellazione della società dal Registro delle Imprese è avvenuto in epoca successiva all’instaurazione del giudizio, e la norma contenuta nel decreto Semplificazioni fiscali non ha validità retroattiva.

14 aprile 2015

Federico Gavioli