Per l'omesso versamento non serve l'avviso bonario e non necessita del contraddittorio

la Cassazione conferma che, se il contribuente dichiara e non versa, non è necessario l’invio dell’avviso bonario per l’apertura del contraddittorio

Con la sentenza n.1306 del 26 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha confermato che il dichiarato e non versato non necessita del contraddittorio.

La sentenza

In apertura, la Corte fa rilevare il conforme e costante l’orientamento, secondo cui “in tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cass. n. 8342 del 2012)”.

Osserva la Corte che “il ricordato principio di diritto è, più recentemente, condiviso da Cass. n. 15311 del 2014, che opportunamente evidenzia la differenza tra la situazione regolata dall’art. 36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973 e la situazione regolata dall’art. 36-ter del medesimo decreto: ‘L’art. 36-bis (intitolato Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni)’, afferma questa Corte nella citata sentenza, ‘è norma a “contenuto impositivo” sostanzialmente “chiuso” nel senso della tassatività delle ipotesi di applicazione, limitata alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti, sulla base di un controllo cartolare basato esclusivamente sui dati allegati dal contribuente e teso, sostanzialmente, alla sola correzione di errori materiali e formali. La differenza con il successivo art. 36-ter, è ravvisabile già nella diversa intitolazione: Controllo formale delle dichiarazioni e nelle diverse possibilità attribuite all’Ufficio, non di mera liquidazione, ma di controllo e di più incisivi “interventi” sulle dichiarazioni presentate dal contribuente, non solo sulla base di queste ma anche in base alle “comunicazioni d.P.R. n. 605, ex art. 20, comma 3”, ed agli “elenchi L. 30 dicembre 1991, n. 413, ex art. 78, comma 25”, atti, quindi, diversi da quelli allegati dal contribuente ed esterni rispetto alla sua sfera (comma 2). Alla differenza sostanziale dei due istituti il legislatore ha, coerentemente, fatto conseguire due diverse tipologie di procedure atte a concretizzare l’immanente principio di collaborazione/cooperazione tra Fisco e contribuente. Ai sensi dell’art. 36-bis, comma 3 (vigente ratione temporis) ed alla ratio allo stesso sottesa di mero automatizzato riscontro dei dati contenuti nella dichiarazione, quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione … l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto di imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Laddove, invece, l’art. 36-ter, comma 3 (come sopra già evidenziato) prevede, ai fini dei commi 1 e 2 — e quindi, preventivamente, ai fini dello stesso espletamento del controllo — che il contribuente o il sostituto è invitalo, anche telefonicamente o informa scritta telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dei dati forniti dai terzi ed, il successivo comma 4, statuisce che, dopo tale invito ed all’esito degli eventuali chiarimenti o allegazioni fomiti dal contribuente, l’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale. Appare evidente, dal mero dato testuale della norma, che al più incisivo “controllo” previsto dall’art. 36-ter, rispetto alla “liquidazione” ex art. 36-bis, il legislatore abbia fatto conseguire una fase procedimentale necessaria, di garanzia per il contribuente, laddove il comma 4, in esame prevede l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare i motivi della rettifica operata in un apposita comunicazione da effettuare al contribuente’. Alla luce di siffatte condivisibili argomentazioni, va confermato che nel caso del ‘controllo cartolare’ previsto dal citato art. 36-bis l’obbligo del ‘contraddittorio endoprocedimentale’, mediante l’invio dell’avviso previsto dal terzo comma della disposizione in esame, sussista soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione'(v. anche Cass. n. 15584 del 2014), evidenziando la rilevanza della espressa previsione normativa della predetta fase del contraddittorio, da valere nei limiti dalla stessa norma esplicitamente definiti”.

Riflessioni

Senza incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione non è necessario l’invio dell’invito bonario. Sono queste ormai le conclusioni cui giunge la Corte di Cassazione da diverso tempo.

Come è noto, l’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/73 prevede che gli uffici, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni, possano procedere entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo a:

  • correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;

  • correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, contributi, e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;

  • ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;

  • ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge ;

  • ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;

  • controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.

In sede di controllo, gli operatori verificano la correttezza dell’esito determinato dal controllo automatizzato, tenendo conto delle somme trattenute per conto dei contribuenti da parte del sostituto d’imposta e dei versamenti effettuati dal contribuente in sede di autotassazione.

Per effetto dei commi 3 e 4, del medesimo art. 36 bis, del D.P.R. n. 600/73, l’esito della liquidazione va comunicato al contribuente, il quale potrà fornire i necessari chiarimenti entro i trenta giorni successivi.

Nel caso di controllo ex art. 36 bis, trascorsi trenta giorni dalla ricezione della comunicazione degli esiti del controllo, in assenza del versamento di quanto richiesto ovvero dei chiarimenti in relazione alla comunicazione inviata, si procede all’iscrizione a ruolo delle imposte, delle ritenute, dei relativi interessi e dell’intera sanzione.

Dal canto suo, l’art. 6, c. 5, della legge n. 212/2000, prevede che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire chiarimenti o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma“.

La sentenza in rassegna respinge la non convincente interpretazione che parte della giurisprudenza di merito ha fatto del preciso dettato normativo, tesa ad annullare indiscriminatamente tutti i ruoli non preceduti dall’invito al pagamento.

E’ ovvio che nel caso sottoposto ai giudici di Cassazione (e questi sono quelli in massima parte portati all’attenzione dei giudici) non sussistono “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” che impongano all’ufficio di sentire il contribuente.

E’ strumentale l’obiezione di chi sostiene l’incertezza nei casi di imposte dichiarate e non versate: non può sussistere incertezza quando è stato lo stesso contribuente a procedere alla liquidazione della propria dichiarazione e a non versare quanto da lui stesso calcolato1.

 

Fermo restando che l’obbligo dell’invito sussiste solo qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’unica funzione dell’avviso predetto è comunque quella di consentire al contribuente di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione, fermo restandone l’obbligo di corresponsione integrale del tributo (e degli interessi sul medesimo, medio tempore maturati).

Il mancato ricevimento dell’avviso bonario comporta (a secondo dei casi) l’eventuale riconoscimento della riduzione delle sanzioni, ma non comporta la inammissibilità della cartella di pagamento per tributo ed interessi.

Infatti, anche nell’ipotesi in cui tale comunicazione sia dovuta (come detto, solo nei casi di evidenti incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione), gli effetti dell’illegittimità derivante dalla mancata comunicazione di irregolarità, riguardano comunque soltanto la determinazione della sanzione e non anche le imposte liquidate ma non versate2.

 

Peraltro, il preciso dettato normativo è stato ormai correttamente interpretato dalla Corte di Cassazione in più pronunce.

  • Con la sentenza n. 17396 del 23 luglio 2010 la Corte di Cassazione ha ritenuto, nelle ipotesi di liquidazione della dichiarazione, non necessaria la preventiva comunicazione d’irregolarità, considerato che la norma lo impone solo qualora il controllo  automatico della dichiarazione riveli “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione“, mentre “nel caso di specie, invece, l’Ufficio non era di fronte ad un risultato diverso da quello indicato in dichiarazione e, pertanto, s’è limitato a iscrivere a ruolo le somme che lo stesso contribuente aveva dichiarato ma non versato“. Infatti, i dati contabili risultanti dalla liquidazione automatica “si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente”.

  • Con l’ordinanza n. 12997 del 14 giugno 2011 (ud. del 19 maggio 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che “l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dalle norme sopra citate non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori riscontrati nella dichiarazione (Cass. n. 17396/2010), e che, anche dopo l’entrata in vigore della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), allo stato attuale della legislazione non può ritenersi esistente un principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale, atteso che l’obbligatorietà dell’invito da rivolgere al contribuente al fine di fornire chiarimenti o produrre documenti prima di procedere all’iscrizione a ruolo, di cui all’art. 6 dello Statuto, sorge solo se vi siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, che possono derivare sia dal contenuto intrinseco dell’atto del contribuente, sia dal confronto tra l’atto in questione ed i diversi dati di cui l’Ufficio abbia la disponibilità (Cass. n. 26316/2010)”.

  • Con la sentenza n. 24048 del 16 novembre 2011 (ud. 25 maggio 2011), la Corte di Cassazione ha affermato, fra l’altro, che “l’emissione della cartella di pagamento … non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi… L’invito a fornire chiarimenti previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 poi, è limitato ai casi in cui ‘sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’“.

  • Con l’Ordinanza n. 28192 del 21 dicembre 2011 (ud. 8 novembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato (richiamando una precedente pronuncia: Sez. 5, Sentenza n. 17396 del 23/07/2010) che “L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 (in materia di tributi diretti) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 (in materia di IVA) non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi“.

  • Con la sentenza n. 7329 dell’11 maggio 2012 (ud. 7 febbraio 2012) la Corte di Cassazione ha ribadito che nell’ipotesi di dichiarato e non versato non è necessario nessun confronto preliminare con il contribuente. Infatti, ciò è subordinato “alla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente nel solo caso in cui il controllo medesimo riveli l’esistenza di errori riscontrati nella dichiarazione. Fuori dal caso di risultato erroneo rivelato dal controllo automatico, nessun obbligo di comunicazione è previsto dalla legge per la liquidazione, eseguita con tale metodo, dell’imposta: ciò per l’evidente ragione che i dati contabili risultanti dalla liquidazione automatica ‘si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente’ (comma 4), cosicchè sarebbe perfettamente inutile comunicare al dichiarante i risultati del controllo automatico e interloquire con lui, se questi coincidono col dichiarato, ossia se non emerga alcun errore, in quanto l’adempimento in questione è una comunicazione d’irregolarità, mentre nessuna norma impone di comunicare la ‘regolarità’ della dichiarazione (in tali termini, che il Collegio pienamente condivide, Cass. n. 17396 del 2010)”. Per quanto concerne, poi, la L. n. 212 del 2000, art. 6, c. 5, dalla previsione secondo cui, “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente … a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti” per la Corte “deriva chiaramente, da un lato, che il legislatore non ha inteso, con tale norma, imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi (Cass. nn. 26316 del 2010, 7536 del 2011), e, dall’altro, che l’obbligo dell’invito sorge solo in presenza di incertezze – peraltro di rilevante portata – derivanti dal contenuto intrinseco della dichiarazione, o dal confronto tra tale atto e i diversi dati di cui l’Ufficio abbia la disponibilità (e non anche in caso di esistenza di incertezze di natura interpretativa) (Cass. n. 26316 del 2010, cit., en. 795 del 2011)”.

  • Con l’ordinanza n. 13343 del 26 luglio 2012 (ud. 20 giugno 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che, in sede di liquidazione della dichiarazione, l’avviso bonario è necessario solo se c’è divergenza fra dichiarato e controllato.

  • Con la sentenza n.3366 del 12 febbraio 2013, la Corte di Cassazione ha confermato che l’art.6, c. 5, della legge n.212/2000 “non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 2 9 settembre 1973, n. 600, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia stato un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36 bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti 1 casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione”.

  • Con la sentenza n. 14144 del 5 giugno 2013 (ud. 28 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha confermato la non necessità dell’avviso bonario nei casi di liquidazione della dichiarazione. La Corte, nella sentenza in esame, ha inteso dare continuità al principio secondo cui, in tema di riscossione delle imposte, la L. 27 luglio 2000, n. 212, “l’art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cass. n. 8342 del 25/05/2012 n. 26316 del 2010, n. 7536 del 2011). Nè d’altra parte, a fronte del contenuto della comunicazione … effettuata dall’Ufficio è stata dedotta la ricorrenza, nella specie, di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.

  • Con l’ordinanza 19664 del 27 agosto 2013 la Corte di Cassazione ha confermato che “… come chiaramente risulta dal testo di legge …, l’art. 6, comma 5, cit. non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’ (v. Cass. n. 7536/2011; n. 795/2011; n. 26316/2010)…” (Cassazione, ordinanza 19664/2013).

  • Con l’ordinanza n. 26482 del 26 novembre 2013 (ud. 23 ottobre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato (cfr. fra le altre sent. n. 17396/2010) che l’emissione della cartella di pagamento, nelle ipotesi del 36-bis e 54-bis “non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi”.

  • Con l’ordinanza n. 459 del 13 gennaio 2014 (ud. 5 dicembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che “in tema di riscossione delle imposte, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella medesima vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36 bis citato, poichè in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante ‘aspetti rilevanti della dichiarazione’, come nella specie (Cfr. anche Cass. Ordinanza n. 7536 del 31/03/2011, Sentenza n. 795 del 2011). D’altronde non v’è chi non veda la totale inutilità dell’adempimento, posto che l’iscrizione a ruolo delle imposte dichiarate dalla stessa parte costituiva atto dovuto (V. pure Cass. Sentenza n. 795 del 14/01/2011)”.

  • Con l’ordinanza n. 2379 del 4 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la cartella non preceduta dall’avviso bonario “sia perché la norma non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento, sia perché tale comunicazione, avendo la funzione di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento, sia infine perché la previsione dovrebbe ritenersi caducata e, comunque, priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto dell’art. 13, primo comma, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, che riducendo la sanzione inizialmente prevista dall’art. 44 del citato d.P.R. n. 633 del 1972 (dal cento per cento al trenta per cento dell’importo non versato), ha fatto venir meno ogni interesse del contribuente ad un inadempimento dal quale nessun vantaggio egli potrebbe più trarre”.

  • Con la sentenza n.8215 dell’8 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della cartella di pagamento, non preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, in tutte le ipotesi in cui il controllo non rilevi l’esistenza di errori.Né la cartella, osserva la Corte, necessita di specifica motivazione, in quanto nel caso di specie si è in presenza di imposte dichiarate dallo stesso contribuente, spettando, semmai, allo stesso, dimostrare l’avvenuto pagamento.

  • Con l’ordinanza n. 15584 dell’ 8 luglio 2014 (ud 4 giugno 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che, in tema di riscossione delle imposte, l’art.6, c. 5, della L. 27 luglio 2000, n. 212, “non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo, come nella specie”. Del resto, prosegue la sentenza, “se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dallaliquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 8342 del 25/05/2012, n. 7536 del 2011)”.

23 marzo 2015

Gianfranco Antico

1 Cfr. ANTICO, Brevi note sulle conseguenze della omessa comunicazione di irregolarità ex art. 6, comma 5, della Legge n. 212 del 2000 nella liquidazione della dichiarazione, in “Finanza&Fisco”, n. 33/2007, con cui già allora avevamo manifestato il nostro pensiero che oggi trova l’avallo incondizionato della Corte di Cassazione.

2 Cfr. CTR Sicilia, Sez. XVIII, sentenza n. 96 del 20 marzo 2002.