La Cassazione delimita i confini del controllo automatizzato IRAP: non è possibile rettificare l’aliquota applicata dal contribuente basandosi su un diverso inquadramento dell’attività, come nel caso delle aliquote maggiorate per attività finanziarie. Il controllo formale può intervenire solo su errori immediatamente rilevabili dai dati dichiarati, mentre qualsiasi valutazione sull’effettiva natura dell’attività richiede un atto motivato, garantendo trasparenza e diritto di difesa.
Cassazione 2025: aliquota IRAP non modificabile con controllo automatizzato della dichiarazione
La Corte di Cassazione torna a delimitare il perimetro applicativo dell’art. 36-bis del DPR 600/1973, chiarendo che il controllo automatizzato non può spingersi a rettificare le aliquote Irap sulla base di un diverso inquadramento dell’attività esercitata dal contribuente.
Se l’intervento dell’Amministrazione richiede valutazioni giuridiche o accertamenti di fatto ulteriori rispetto al mero riscontro cartolare, occorre un formale avviso di accertamento, non la procedura di liquidazione automatizzata.
Vediamo il caso.
Un contribuente, società di capitali, riceveva una cartella esattoriale per il pagamento di tributi iscritti a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Irap (il noto art. 36-bis del DPR n. 600/1973) presentata.
Controlli automatici e applicazione dell’aliquota IRAP maggiorata per attività finanziarie
Il controllo, in sostanza, scaturiva da una rettifica dell’aliquota da applicare per il calcolo dell’imposta, che veniva applicata nella misura del 5,72%, in vece del 4,72%, sul ritenuto presupposto che la dichiarante svolgesse attività finanziaria.
In sede di decisione di merito, la cartella veniva impugnata, ed a seguito di ricorso dell’Agenzia, arriva alla Cassazione.
A parere dell’Agenzia, la Commissione ha erroneamente ritenuto che la rettifica dell’aliquota dell’imposta dovuta non potesse essere operata mediante l’utilizzo della procedura di controllo automatizzato. Infatti, continua l’Agenzia, era pacifico agli atti di causa e mai contestato che la stessa svolgesse normalmente attività finanziaria, per la quale si applica appunto l’aliquota del 5,72%.
I limiti ai controlli automatici formali secondo la Cassazione
La Cassazione ha dato ragione al contribuente, rilevando come il Fisco possa operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi in possesso dell’anagrafe tributaria. La liquidazione prevista dalla citata norma è operata mediante un mero riscontro cartolare, nei casi, eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, di errori materiali e di calcolo immediatamente rilevabili senza necessità di alcuna istruttoria.
È vero che nel perimetro entro il quale l’Ufficio può procedere al controllo automatizzato è compresa anche la prerogativa di correggere l’aliquota applicata dal contribuente, ma ciò a condizione che non vi sia una diversa valutazione nell’«an» o nel «quantum» del presupposto impositivo e che la rettifica dell’aliquota derivi dall’applicazione diretta e immediata di norme giuridiche.
Necessità di accertamento motivato per valutazioni complesse
Nella fattispecie in esame la rettifica dell’aliquota applicabile per il calcolo dell’imposta non poteva derivare dal mero riscontro cartolare – da compiersi sulla scorta dei dati ed elementi direttamente desumibili dalla stessa dichiarazione dei redditi sottoposta a controllo – della riconducibilità della contribuente a una categoria di soggetti passivi diversa da quella da essa indicata, ma presupponeva un apprezzamento dell’attività svolta dalla contribuente medesima, a sua volta richiedente il ricorso a elementi extratestuali e l’esperimento di accertamenti fattuali o valutazioni interpretative incompatibili con la procedura automatizzata.
La correzione deriva da un diverso inquadramento del contribuente quale società che svolge non solo prestazioni di servizi ma anche attività finanziarie.
La motivazione di tale rettifica implica valutazioni giuridiche in ordine all’imposta in concreto applicabile, che può essere esercitato esclusivamente attraverso un atto di accertamento esplicitamente motivato che renda edotto il contribuente dei presupposti e delle ragioni del mancato riconoscimento del minor importo dichiarato.
La pronuncia non è unica nel genere, anzi conferma un principio consolidato: il controllo automatizzato è strumento eccezionale, circoscritto a correzioni immediatamente desumibili dai dati dichiarati dal contribuente senza margini di apprezzamento.
La rettifica dell’aliquota Irap, fondata su un diverso inquadramento dell’attività svolta, esula da tale ambito poiché comporta un’attività valutativa. Ne consegue che, in casi simili, l’Ufficio deve procedere mediante un atto di accertamento motivato, garantendo il contraddittorio e il diritto di difesa del contribuente.
Su questo tema dei controlli automatico, la fonte: Corte di Cassazione, Sentenza n. 17218/2025.
Danilo Sciuto
Giovedì 18 settembre 2025