Autotutela sostitutiva o integrativa? L’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un precedente

analisi della differente possibilità di utilizzo del potere di autotutela da parte del Fisco: i casi di autotutela sostitutiva e quelli di autotutela integrativa, che non possono coincidere

L’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un precedente, viziato da evidente errore materiale, non costituisce espressione del potere, contenuto nell’art. 43, comma 4, del DPR n. 600/1973, di integrare e/o modificare in aumento la pretesa fiscale, ma realizza piuttosto la c.d. autotutela “sostitutiva”, esperibile anche in assenza di sopravvenuti elementi di controllo. A tali interessanti conclusioni perviene la Commissione Tributaria Regionale di Firenze con la sentenza n. 1/17/2015, pronunciata il 29.09.2014 e depositata l’8.01.2015, con la quale l’organo giurisdizionale – allineandosi all’ormai maggioritario orientamento di legittimità – dà ragione all’amministrazione finanziaria che era intervenuta in modifica di un proprio avviso di accertamento, correggendone l’anno d’imposta.

 

Ma veniamo ai fatti di causa. Tralasciando rilievi ed eccezioni non rilevanti rispetto al tema trattato, segnaliamo che l’Agenzia delle entrate notificava avviso di accertamento ad una società di persone con il quale venivano recuperati a tassazione costi ritenuti non inerenti e non di competenza ed accertati maggiori ricavi, in modo da determinare un maggior reddito ed un maggior volume d’affari ai fini IVA. L’accertamento aveva ovviamente ripercussioni nei confronti dei soci, destinatari di ulteriori atti, tutti regolarmente opposti. La società, in particolare, deduceva la nullità dell’avviso di accertamento concernente le ritenute, dal momento che esso era stato emesso in sostituzione di altro precedente atto avente il medesimo contenuto, ma con l’erronea indicazione dell’anno di riferimento dei tributi in contestazione (2008 anziché 2007, com’era invece corretto). Detta sostituzione, a parere della società contribuente, non sarebbe stata consentita “in quanto ultronea rispetto alla previsione dell’art. 43, comma IV, del DPR n. 600/1973” che vieta la reiterazione degli atti impositivi se non in presenza di elementi “nuovi”1. Il primo giudice, respingendo i ricorsi dei contribuenti, aveva invece ritenuto che la sostituzione del precedente avviso di accertamento con altro avente il medesimo oggetto e contenuto rientrasse nel potere di autotutela della pubblica amministrazione.

Quanto al diritto, la Commissione Tributaria Regionale, respingendo gli appelli dei contribuenti, osserva sul punto in questione che “l’avviso di accertamento che ha sostituito quello emesso in precedenza conteneva un errore materiale ed evidente (concernente, come detto in precedenza, l’annualità di riferimento) e ciò non costituisce espressione di quel potere, pur riconosciuto all’Ufficio dall’art. 43, comma IV, del DPR n. 600/1973 di emissione di un nuovo avviso, di integrazione o modificazione in aumento di un atto precedente, ma semplicemente del potere di autotutela, riconosciuto alla P.A. attraverso il cui esercizio è consentito di rendere l’attività amministrativa maggiormente consona alle esigenze del caso concreto, senza modificare i termini del contraddittorio e dei rapporti con il cittadino”.

 

Il commento al predetto pronunciamento non può innanzitutto trascurare come l’argomento dell’autotutela sia ancora fonte di interventi giurisprudenziali innovativi, capaci di accrescere ed approfondire la conoscenza di un istituto sicuramente complesso ed ancora non completamente sviscerato. E’, infatti, oltremodo interessante la precisazione offerta dai giudici fiorentini sulla distinzione fra il potere concesso al fisco di integrare (ovviamente in aumento) un accertamento già notificato (art. 43, IV c., DPR n. 600/1973) e quello – in “dotazione” a tutte le pubbliche amministrazioni e, quindi, anche a quella finanziaria – di modificare anche un atto riconosciuto errato. In altre parole, l’accertamento integrativo è quell’atto che l’ufficio può notificare, entro gli stessi termini previsti per l’esercizio ordinario dell’attività di controllo, ad integrazione e/o modificazione dei precedenti, ove sussistano i presupposti fissati dalla legge che si sostanziano nella “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi“. Com’è stato chiarito, infatti, “La norma ammette la ri-emissione di un nuovo avviso di accertamento, subordinandolo ad un ampliamento della conoscenza sulla situazione di fatto, attraverso elementi – nuovi e sopravvenuti – che se conosciuti prima, avrebbero portato ad una diversa valutazione reddituale. L’ufficio accertatore, cioè, non può addivenire ad un nuovo atto sulla base di una semplice riconsiderazione di quanto era già noto al momento dell’emanazione del primo avviso2.

In definitiva, dalla lettura della citata disposizione si riafferma (seppure a contrariis) il principio di economia ed efficacia dell’azione amministrativa che si sostanzia nella regola generale dell’unicità dell’accertamento, con obbligo per l’amministrazione finanziaria di valutare tutti gli elementi a disposizione prima di emettere il relativo avviso. Tale regola, tuttavia, subisce diverse eccezioni quali l’accertamento integrativo che può essere utilizzato solo nei casi in cui l’ufficio, dopo la notifica di un atto di accertamento, sia effettivamente venuto a conoscenza di nuovi elementi reddituali da trasfondere in un ulteriore atto nel quale essi risultino specificamente indicati – insieme alle fonti -, a pena di nullità (Cass. n. 18065/2010) e l’accertamento parziale che, a differenza del primo, si fonda su segnalazioni provenienti dal Centro Informativo, dalla Guardia di finanza, da pubbliche amministrazioni o dall’Anagrafe Tributaria. Sulla scorta di tali segnalazioni, l’ufficio può rettificare la dichiarazione compilata dal contribuente accertando, ad esempio, un reddito non dichiarato o escludendo detrazioni, deduzioni, esenzioni o agevolazioni. Se, quindi, l’accertamento integrativo è ammissibile solo in presenza di elementi nuovi, acquisiti dall’ufficio successivamente all’emissione del primo avviso di accertamento inerente quel determinato periodo di imposta, con l’accertamento parziale rimane impregiudicata la possibilità di emanare un successivo avviso di accertamento, anche in base ad elementi già in possesso dell’ufficio, nel rispetto dei termini di decadenza.

Chiarita la differenza funzionale (tutt’altro che secondaria) fra i due tipi di atti accertativi, torniamo all’accertamento integrativo per distinguerlo, a sua volta, dall’esercizio, in via di autotutela, del potere di ridurre o annullare il precedente accertamento in quanto errato, potere quest’ultimo esercitabile discrezionalmente3 ed a prescindere dal ricorrere di determinati e/o sopravvenuti elementi reddituali.

Come chiarisce inequivocamente il giudice di legittimità (Cass., sent. n. 4372/2011), “Il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento originariamente adottato) che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, integra e modifica l’oggetto ed il contenuto del primitivo atto cooperando all’integrale determinazione progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed efficacia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione”. Invece, spiega sempre la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2424 del 2010, “L’atto di autotutela assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato”.

L’accertamento integrativo, pertanto, è quello che si somma ad un atto già emesso, ma senza tuttavia sostituirlo e tale attività integrativa, al fine di evitare “abusi” da parte dell’amministrazione, trova un limite fondamentale ed invalicabile che consiste nel sopravvenire di elementi nuovi che, a pena di nullità, dovranno essere compiutamente specificati nel corpo all’atto. L’accertamento sostitutivo, invece, non è per funzione soggetto ai limiti di cui sopra in quanto il nuovo atto comporta la caducazione di quello precedente e del quale l’amministrazione intende rimuovere un rilevato vizio.

In conclusione, come ben chiarisce la sentenza in commento, assolutamente in linea con l’orientamento di legittimità ormai consolidatosi, l’accertamento integrativo non annulla ne’ sostituisce il precedente atto emanato, ma si aggiunge a questo, anche integrandolo. Il potere di accertamento integrativo o modificativo è strutturalmente e funzionalmente diverso da potere di annullamento: quanto alla struttura, esso ha per presupposto un atto -avviso di accertamento già adottato- che è legittimo e continua ad esistere perché non è sostituito dal nuovo avviso di accertamento. Per contro, l’atto amministrativo di annullamento assume ad oggetto un precedente avviso di accertamento che è illegittimo ed al quale esso si sostituisce, non quanto all’oggetto, ma al contenuto, comprensivo del dispositivo e della motivazione. Dal punto di vista funzionale, quindi, mentre l’avviso di accertamento integrato o modificato e l’avviso di accertamento integrativo o modificativo insieme determinano l’oggetto dell’imposta, il provvedimento amministrativo di autotutela sostituisce, in ordine al medesimo oggetto, il proprio contenuto a quello dell’avviso di accertamento precedente, ponendosi così in luogo di quello.

28 febbraio 2015

Valeria Fusconi

1 Come precisa Cass. n. 14510/2008, l’elemento di novità che legittima l’integrazione deve consistere in elementi oggettivamente nuovi e non già in una mera diversa o più approfondita valutazione di elementi probatori già assunti dall’amministrazione e, come opportunamente precisato da Cass. n. 10526/2006, tale elemento di novità non potrà essere integrato nemmeno da elementi diversi provenienti da altro organo della stessa amministrazione finanziaria cui appartiene l’ufficio.

2 Il Commercialista Telematico, Enciclopedia fiscale, voce “ Accertamento integrativo”, 16 giugno 2010.

3 Lo jus poenitendi che, com’è noto,rappresenta la potestà, attribuita alla pubblica amministrazione, di intervenire d’ufficio o su istanza di parte, al fine di modificare o annullare atti e/o provvedimenti già adottati, deve fondarsi sostanzialmente su due distinti presupposti: 1) la presunta illegittimità e/o infondatezza dell’atto da annullare; 2) l’esistenza di un interesse pubblico, attuale alla eliminazione dell’atto. Tale secondo requisito (ovvero la valutazione sull’esistenza di un interesse pubblico attuale alla eliminazione dell’atto) è invece l’ambito nel quale si esplica l’esercizio della discrezionalità amministrativa della pubblica amministrazione: la valutazione che essa deve compiere, infatti, non deve mirare ad un generico ripristino della legalità, bensì rispondere sia ad un’esigenza di tutela dell’interesse pubblico sia all’interesse del cittadino contribuente di essere sottoposto ad una tassazione equa, in ossequio all’art. 53 della Costituzione.