La diagnosi dello stato di crisi e i nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento

La corretta diagnosi dello stato di crisi di un’impresa è uno degli aspetti fondamentali per la gestione di un tentativo di risanamento o di salvataggio con successo.

I nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento

nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento dell'azienda in crisiI numerosi professionisti interessati hanno accolto con particolare favore la recente emanazione da parte del C.N.D.C.E.C. dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, primo autorevole documento con il quale sono stati formulati modelli comportamentali condivisi ed accettati riguardanti le attività che deve svolgere l’Attestatore.

Nonostante le significative responsabilità civili e penali che gravano su tale figura, sino ad oggi il professionista era costretto ad operare in condizioni di forte incertezza e carenza di fonti informative; in tal senso i Principi in argomento forniscono importanti indicazioni sulle modalità operative da adottare e la autorevolezza di tale fonte ha già ricevuto riconoscimenti anche in ambito giudiziario (Tribunale di Genova, 7 luglio 2014 – Est. Bianchi).

In estrema sintesi, l’attività richiesta all’Attestatore può essere così sintetizzabile:

  • verifica sulla veridicità dei dati aziendali
  • diagnosi dello stato di crisi
  • verifica sulla fattibilità del piano
In questo breve scritto verranno approfondite le tecniche per diagnosticare lo stato di crisi e la ricerca delle cause del dissesto.

L’Attestatore è infatti tenuto a verificare che nel piano aziendale, richiesto dai vari istituti previsti dalla legge fallimentare, siano state correttamente individuate le cause che hanno generato la crisi. Questo vale sia per piani con finalità liquidatorie che per quelli in continuità aziendale. Con riferimento a quest’ultimi, in particolare, è importante che dal piano emergano le misure di intervento, di natura strategica, organizzativa o comunque gestionale, idonee a rimuovere le criticità che hanno provocato il dissesto.

In particolare, nel piano in continuità deve essere valutata:

  • la natura della causa della crisi:
    cause interne (inadeguatezza del management, inefficienze organizzative, ecc.) o cause esterne (nuovi competitors, economie emergenti, variazioni della domanda, ecc.);

  • la sua gravità ed il grado di presumibile reversibilità; ad esempio, una crisi generata da fattori strategici è diversamente reversibile rispetto ad una causata dall’insolvenza di un importante cliente;
  • in che modo e misura la crisi si è manifestata sotto il profilo economico, patrimoniale e finanziario;
  • la gradualità con cui si è generata.

In genere le crisi aziendali sono riconducibili ad una serie di concause, piuttosto che riferibili ad un singolo fattore.

I Principi ora richiedono che l’Attestatore verifichi che le azioni correttive previste nel piano siano coerenti sia con i fattori critici di successo relativi al contesto competitivo in cui opera l’impresa, che con le caratteristiche specifiche dell’azienda.

In presenza di crisi con cause interne la soluzione è in genere di tipo operativo, ed in tali casi si possono ottenere risultati già nel breve periodo. Gli interventi di natura strategica, invece, sono preferibili per crisi di natura esogena, e tendono a rifocalizzare l’impresa sul proprio “core business” dismettendo eventuali a.s.a. non profittevoli.

In merito agli strumenti per diagnosticare la crisi i Principi fanno riferimento ad analisi quantitative, integrate da informazioni di tipo qualitativo sulla struttura ed organizzazione aziendale.

E’ richiesto che le analisi quantitative si fondino su confronti sia temporali, cioè interissino un arco di tempo sufficiente ad individuare la graduale origine della crisi e il requilibrio previsto dal piano di risanamento, che di natura spaziale, ovvero prevedano confronti con i principali concorrenti.

Gli indici di bilancio adatti ad individuare squilibri reddituali, patrimoniali e finanziari sono costituiti da più appropriati indici di redditività, liquidità, efficienza e solidità, integrati dalla fondamentale analisi dei rendiconti finanziari.

 

In generale, la crisi si manifesta attraverso una riduzione dei risultati operativi, ed in tal senso indicatori fondamentali sono l’Ebitda, l’Ebit, il Ros ed il Roi.

La riduzione della marginalità è accompagnata dalla produzione di flussi di cassa operativi ridotti o addirittura negativi e quasi sempre dall’incremento del debito: ciò è facilmente accertabile dall’analisi di indici quali PFN/Ebitda, Debiti/Capitale netto, Ebitda/Oneri finanziari. In simili situazione le imprese sono indotte a ridurre gli investimenti, anche quelli di rinnovo, e ciò innesta un circolo vizioso che porta ad aggravare ulteriormente la crisi.

Qui sotto viene riportato un esempio concreto di cruscotto di indici applicato ad una società di persone che operava nel settore dell’edilizia, ora in concordato liquidatorio:

indici crisi di impresa del settore edile con azienda in liquidazione

 

 

Il panel di integratori si dimostra idoneo a mettere in indiscussa evidenza lo stato di crisi dell’impresa.

Gli insufficienti redditi operativi prodotti dalla società nell’ultimo quadriennio emergono con chiarezza dall’analisi del ROI. Gli scarsi volumi operativi, causati dalla pesante crisi che ha colpito l’edilizia, vengono ben intercettati dal bassisimo valore che assume il turnover del capitale investito (TCI).

L’elevata incidenza degli oneri finanziari sul fatturato sono sintomatici di un elevatissimo indebitamento societario. I rapporti d’indebitamento risultano non calcolabili in quanto la società si finanziava esclusivamente con capitale di terzi, essendo il capitale netto sempre più negativo per via dell’accumulo delle perdite d’esercizio.

Al 31.12.2013 i “debiti totali” sono pari a 3,01 volte il “valore della produzione” dell’esercizio. Alla medesima data i “debiti finanziari netti” sono pari a 2,66 volte il “valore della produzione” dell’esercizio. Entrambi tali valori sono estremamente maggiori rispetto alle fisiologiche medie settoriali.

La gravità della crisi aziendale e l’appartenenza ad un settore, quello immobiliare, tra i più colpiti dalla crisi generale in atto, rendono non proponibile un tentativo di turnaround, e la società si è pertanto avviata verso una procedura di natura liquidatoria.

Tenuto conto delle delicate finalità dell’analisi svolta, è bene che l’Attestatore utilizzi a tale scopo strumenti professionali, che garantiscono quel requisito di affidabilità non sempre rinvenibile nei fogli excel autocostruiti.

Peraltro, tali software riducono significativamente i tempi del lavoro, automatizzando la fase di inserimento dei bilanci e facilitando, tramite apposite funzionalità, l’inserimento di tabelle, indici e grafici nella relazione finale.

I compiti dell’Attestatore riferibili alla verifica sulla fattibilità del piano aziendale verranno esaminati prossimamente esaminati.

 

A cura di Alessandro Scaranello


Tra gli indiscussi leader del mercato italiano si annovera il software Analisi di Bilancio del Commercialista Telematico che ha il pregio di far parte di una Suite professionale, unica nel suo genere, composta da 3 software integrati tra loro che abbinano analisi statiche, quali quella per indici e per flussi (utili per diagnosticare la crisi e le sue cause), con analisi dinamiche finalizzate allo sviluppo di bilanci previsionali (indispensabile per valutare il piano aziendale e le prospettive di continuità).

Completa la Suite il software Valutazione Aziendale, ottimo strumento nei frequenti casi in cui il piano preveda la cessione dell’azienda o di ramo di essa.

 

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