Le perdite accertate dopo la cessione di quote di società e le warranties nelle cessioni di azioni o quote

Le operazioni di cessione di quote societarie presentano alcuni profili di rischio quando si pone il problema di qualificare il contratto ai fini della verifica della corrispondenza dei valori tra quelli ritenuti al momento del trasferimento e quello successivo dell’emersione di sopravvenienze passive idonee a sensibilmente modificare il contenuto dell’accordo sul prezzo convenuto (a cura dell’Avv. Donato Quagliarella).

 

La cessione di partecipazioni sociali pone il problema di qualificare il contratto ai fini della verifica della corrispondenza dei valori tra quelli ritenuti al momento del trasferimento e quello successivo dell’emersione di sopravvenienze passive idonee a sensibilmente modificare il contenuto dell’accordo sul prezzo convenuto.

Un recente caso, oggetto di arbitrato, è stato devoluto alla competenza della Corte d’appello di Milano in sede di impugnazione che ha accolto l’eccezione di prescrizione per decorrenza del termine annuale previsto dall’art. 1495 cod. civ., rilevando che il contratto rientrasse nel regime della compravendita con applicazione della garanzia legale dell’art. 1490 cod. civ. che non era limitata all’oggetto diretto e immediato della cessione,

“ma si estendeva alla quantità e consistenza patrimoniale del bene che costituiva l’oggetto sostanziale del trasferimento: le partecipazioni sociali, le quali hanno natura di beni di secondo grado non possono essere ritenuti distinti e separati da quelli compresi nel patrimonio della società”.

“La non corrispondenza tra la consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quello indicato nel contratto, incidendo sul valore delle azioni e delle quote, integrava la mancanza delle qualità promesse ex art. 1497 cod. civ”.

 

La pronunzia della Cassazione (24 luglio 2014, n. 16963) risolvendo la questione sul termine della prescrizione delle azioni afferma anche l’applicazione di un regime giuridico diverso dall’apparente.

Si pone il tema se sia applicabile l’art. 1497 cod. civ. quando il venditore con il contratto di cessione delle quote societarie abbia fornito espressa garanzia in merito alla situazione patrimoniale della società; l’indagine deve essere compiuta con riferimento alle “sopravvenienze passive”, che sarebbero risultate dopo la conclusione del contratto, derivanti da violazioni di norme fiscali e contributive oggetto di diritti di indennizzo pattuiti.

Il primo esame è la natura di tali clausole con le quali il venditore garantisce la consistenza patrimoniale della società, obbligandosi al pagamento di un indennizzo in presenza degli eventi garantiti.

 

Legal warranties e business warranties

Per compiere l’accertamento la Cassazione distingue le legal warranties dalle bussiness warranties, le prime riguardanti le caratteristiche delle quote cedute e le seconde “relative alla situazione patrimoniale-reddituale, che tendono ad assicurare la consistenza e la capacità dell’impresa”.

Queste ultime si distinguono in tipi diversi a seconda dell’oggetto:

  • garanzie relative all’ottemperanza da parte della società della disciplina fiscale, valutaria, contributiva ecc.
  • e garanzie di sopravvenienze passive emerse successivamente al trasferimento che siano la conseguenza di circostanze o di comportamenti anteriori, relative al futuro reddito della società.

 

L’analisi della natura di queste ultime clausole ha formato oggetto di dibattito in dottrina che ha assunto una posizione, secondo cui la cessione delle azioni di una società di capitali o la partecipazione di persone fisiche hanno come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta.

Le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e la consistenza economica della partecipazione, possono integrare la mancanza delle qualità promesse ex art. 1497 cod. civ. solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali (principio ribadito in giurisprudenza: Cassazione n. 5773/1996 e n. 26690/2006).

 

Partendo dalla considerazione che le azioni (e le quote) delle società di capitali costituiscono beni di “secondo grado”, in quanto non sono del tutto distinti e separati da quelli compresi nel patrimonio sociale, e sono rappresentative delle posizioni giuridiche spettanti ai soci in ordine alla gestione ed alla utilizzazione di detti beni, funzionalmente destinati all’esercizio dell’attività sociale, Cass. n. 3370/2004 ha ritenuto che:

  • anche al contratto con il quale vengono trasferite le quote di una società dietro pagamento di un prezzo, rientrante nella nozione di compravendita, si applicano le norme di cui agli artt. 1470 e ss cod. civ;
  • che i beni della società non possono essere considerati estranei al contratto di cessione anche quando il cedente non abbia fornito specifiche garanzie contrattuali, tanto più nel caso di alienazione dell’intero capitale sociale;
  • in tal caso deve verificarsi se ricorre l’ipotesi della mancanza delle qualità promesse o essenziali della cosa venduta (art. 1497 cod. civ.) o della vendita di “aliud pro alio”;

 

Il principio è stato confermato poi da Cassazione n. 18181/2004, che ha precisato che la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, incidendo sulla solidità economica e sulla produttività della società, quindi sul valore delle azioni o delle quote, può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente, quindi “radicalmente diversi” da quelli pattuiti, l’esperimento di un’ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 cod. civ., svincolata dai termini decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 cod. civ..

La tesi sull’applicabilità dell’art. 1497 citato nel caso di specifiche garanzie fornite dal cedente sulla consistenza patrimoniale-reddituale della società è stata criticata in dottrina che, pur pervenendo a conclusioni divergenti sulla qualificazione delle clausole di garanzia e sulla natura delle prestazioni alle quali si impegna il venditore, ha escluso i presupposti per l’applicazione della norma, evidenziando le conseguenze particolarmente gravi per il compratore che deriverebbero dall’inquadramento della fattispecie in tale previsione, tenuto conto del ridotto termine di prescrizione stabilito dall’art. 1495 cod. civ.

E’ innegabile che le clausole introdotte al fine di tutelare proprio la posizione del compratore finirebbero per penalizzarlo quando per la natura stessa degli eventi garantiti (come nel caso di sopravvenienza passiva derivanti dalla violazione di norme fiscali e contributive) è evidente che le difformità della situazione della società rispetto a quella dichiarata possano emergere a distanza di tempo dalla conclusione del contratto, quando ormai il diritto sarebbe ampiamente prescritto con il termine di prescrizione di un anno, dalla consegna: le parti sono solite prevedere termini e modalità di decadenza per fare valere le richieste di indennizzo dal momento della conoscenza degli eventi. Il diritto all’indennizzo oggetto della garanzia dipende da eventi futuri e incerti, non verificabili in base allo stato patrimoniale della società, in quanto si producono dal momento degli accertamenti delle violazioni e dalle valutazioni delle autorità che determineranno le sanzioni dovute in proposito.

L’indagine deve partire dalla considerazione che, nella ipotesi di cessione di azioni o di quote di società, oggetto della vendita sono le partecipazioni sociali e non i beni costituenti il patrimonio sociale. Quest’ultimo è di proprietà della società e non dei soci, i quali non sono titolari di un diritto reale sui beni sociali e subiscono, per effetto dalle perdite del capitale sociale, soltanto un danno riflesso a causa della diminuzione del valore della loro partecipazione (Cass. n. 2087/2012 e n. 15220/2010).

Tenuto conto che il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società (Cass. n. 4548/2012), è stata esclusa la legittimazione del socio di una società di capitali a fare valere la pretesa risarcitoria nei confronti del terzo autore di un illecito commesso nei confronti della società, sul rilievo che l’illecito colpisce direttamente la società e il suo patrimonio, mentre l’incidenza negativa sui diritti del socio, nascenti dalla partecipazione sociale, costituisce soltanto un effetto indiretto del pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell’illecito (Cass. S.U. n. 27346/2009).

In realtà la vendita attua il trasferimento dell’insieme delle facoltà e dei diritti che le quote conferiscono al titolare ovvero i diritti di partecipazione all’attività di gestione dell’impresa. Le clausole in esame non concernono l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione di trasferimento delle quote sociali che forma oggetto del contratto di vendita.

In effetti con le clausole di garanzia, il venditore si obbliga a indennizzare il compratore, ove la considerazione patrimoniale si riveli diversa da quella considerata dalle parti con il contratto di cessione. Ma la consistenza patrimoniale della società garantita non integra qualità promessa dei beni venduti (le partecipazioni sociali), tenuto conto che, ai sensi dell’art. 1497 cod. civ., tali sono quelle che attengono alla struttura materiale, alla funzionalità o anche alla mancanza di attributi giuridici della cosa venduta.

Gli eventi relativi alla consistenza e alla redditività della società potrebbero incidere sul valore di mercato delle azioni, quale può risultare dal bilancio, dallo stato patrimoniale, e da ogni altro elemento che influisca sul loro valore (Cass. n. 16031/2007), ovvero sulla adeguatezza del prezzo pattuito e in definitiva sulla convenienza economica dell’operazione di cessione.

Ma la corrispondenza o meno del valore del bene venduto al prezzo pattuito non attiene alle qualità intrinseche (essenziali o promesse) previste dall’art. 1497 cod. civ.: la misura del prezzo pattuito è normalmente irrilevante, a meno che non siano invocati i presupposti che consentano la rescissione per lesione ultra dimidium ovvero l’errore sul prezzo è causa di annullabilità del contratto solo qualora sia consistito in errore sulla qualità del bene.

La garanzia legale prevista dagli artt. 1490 e 1497 cod. civ. concerne i vizi o le qualità intrinseche del bene esistenti al momento della conclusione del contratto. Il compratore può fare valere la difformità fra le qualità promesse e le caratteristiche effettive del bene che è oggetto della compravendita.

La previsione di ristretti termini di decadenza e di prescrizione risponde all’esigenza di assicurare la pronta contestazione di inesattezza nella prestazione del venditore, che la prolungata inerzia del compratore potrebbe far ritenere tollerate. La norma postula che si tratti di inesattezze del bene che si manifestano in un ragionevole lasso di tempo e dei quali il compratore si presume possa rendersi conto in tale arco temporale. Ne consegue che sono insussistenti i presupposti della disciplina codicistica quando si tratti di garanzia fornita per le sopravvenienze passive della società che, seppure relative a fatti avvenuti prima della conclusione del contratto, si potranno manifestare anche a distanza di anni, senza che l’acquirente ne avesse potuto avere conoscenza prima.

Con le clausole in esame le parti, al fine di assicurare che i prezzo pattuito corrisponda al valore della società di cui siano trasferite le quote di partecipazione, prevedono prestazioni accessorie al trasferimento del diritto oggetto del contratto, che sono volte a garantire l’esito economico dell’operazione. La garanzia convenzionale ha un oggetto diverso da quella prevista dagli artt. 1490 e 1497 cod. civ. Peraltro, se la cessione di azioni o quote societarie non può essere considerata in modo formalistico del tutto avulsa dalla situazione patrimoniale della società, dalla quale sono vendute le partecipazioni, le circostanze che influiscono sulla consistenza e la redditività potranno assumere rilevanza sotto il profilo dell’utilità pratica perseguita ovvero della causa in concreto del negozio, potendo il verificarsi degli eventi oggetto delle clausole di garanzia apprezzarsi con riferimento all’attuazione del sinallagma funzionale. In particolare nella (diversa) ipotesi in cui il compratore denunci l’assenza di autorizzazioni, licenze, permessi o quant’altro impedisca l’esercizio stesso dell’attività di impresa svolta dalla società, può giustificatamene parlarsi di inadempimento del venditore alla luce dei doveri di correttezza e buona fede, postulando le azioni trasferite la possibilità dell’attività della società di cui i soci sono partecipi (cfr. Cass. n. 2059/2000): ma l’eventuale impossibilità di esercizio dell’impresa potrà assumere rilevanza sotto il (diverso) profilo dell’aliud pro alio.

Nel caso deciso dalla Corte, le pattuizioni con cui i venditori si impegnavano a corrispondere all’acquirente un indennizzo nel caso e al momento in cui si fossero prodotti il danno, la perdita o la sopravvenienza passiva, avevano a oggetto obbligazioni accessorie assunte dal venditore in relazione al successivo eventuale manifestarsi di tali accadimenti con la previsione di modalità e termini per comunicare gli eventi o le circostanze suscettibili di generare un obbligo di indennizzo; non avendo a oggetto le qualità del bene oggetto della compravendita (le azioni), erano inapplicabili i termini di prescrizione di cui al combinato disposto degli artt. 1497 e 1495 cod. civ.: il termine di prescrizione era quello ordinario (decennale).

 

9 settembre 2014

Donato Quagliarella