La condanna di Equitalia alle spese legali in caso di sgravio

se l’ipoteca è stata iscritta nonostante lo sgravio dell’ufficio Equitalia deve pagare le spese del giudizio nei confronti del contribuente

La società di riscossione va condannata alle spese di giudizio se avvia il procedimento di riscossione senza una preventiva verifica della pretesa tributaria. Se l’ipoteca è stata iscritta nonostante lo sgravio, Equitalia deve pagare le spese del giudizio che il contribuente è stato costretto a intraprendere. L’esattore va condannato a pagare le spese di causa nel caso in cui abbia iscritto ipoteca sui beni del contribuente ,nonostante l’avvenuto sgravio del credito da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tale interessante assunto è stato precisato dalla ordinanza del 24 luglio 2014, n. 16948, della Corte di Cassazione, Sesta Sezione

Vicenda

Nella vicenda in esame, Equitalia è stata condannata dai giudici tributari di merito a rifondere le spese processuali sia al contribuente sia all’Agenzia delle Entrate, in relazione a un giudizio estintosi per cessazione della materia del contendere, poiché concernente un’iscrizione ipotecaria per un debito fiscale oggetto di sgravio ;nella specie, l’ipoteca è stata iscritta il giorno successivo a quello dello sgravio, mentre il flusso telematico con cui l’Agenzia delle entrate aveva comunicato lo sgravio all’agente della riscossione era datato 26 settembre 2005 (e dunque era successivo alla data di iscrizione dell’ipoteca avvenuta il 25 settembre 2005).

Pronuncia

Secondo gli Ermellini il giudice del gravame ha tenuto correttamente conto che Equitalia aveva ricevuto comunicazione dello sgravio con flusso telematico1 solo dopo l’iscrizione ipotecaria. La responsabilità della lite, ai fini della regolazione delle spese, è stata ,tuttavia ,affermata dal giudice di gravame poiché “lo sgravio è atto telematico, per cui il concessionario, prima di procedere all’iscrizione ipotecaria, avrebbe dovuto controllarne la tempestività mediante l’uso del terminale allo stesso accessibile”. L’agente della riscossione poteva conoscere lo sgravio “mediante l’uso del terminale allo stesso accessibile” indipendentemente dalla comunicazione dello sgravio pervenutagli per flusso telematico; inoltre l’agente della riscossione era tenuto a verificare se vi fossero stati sgravi prima di procedere all’iscrizione ipotecaria.

Soccombenza virtuale

A seguito della sentenza della Corte cost. n. 274/2005, il principio della responsabilità della parte soccombente per le spese di giudizio trova piena applicazione anche nel processo tributario.

E, dunque, il giudice di merito che prende atto del venir meno della materia del contendere deve procedere ad una valutazione dell’esito virtuale della controversia e ben può accollare le spese alla parte virtualmente soccombente( sentenza della Corte di cassazione, sez. trib., 4 ottobre 2006, n. 21380)

Nel caso di estinzione per cessata materia del contendere trova, alla luce della sentenza n. 274/2005, applicazione il principio della “soccombenza virtuale”, elaborazione di natura giurisprudenziale, ovvero la prosecuzione della causa allo scopo di accertare a quale delle parti imputare la responsabilità del procedimento ovvero chi è tenuto a sopportare le spese di giudizio.

Il tabù della peculiarità del processo tributario nei confronti di quello amministrativo e di quello civile, in cui è applicabile la cd. soccombenza virtuale, è abbandonato o disconosciuto dal giudice delle leggi per ricondurre, alla luce del principio di ragionevolezza, la cessata materia del contendere nel processo tributario nel diritto comune.

La cessazione della materia del contendere che sopravviene nel corso del processo tributario non esime il giudice tributario a provvedere sulle spese dell’intero giudizio, anche in difetto di istanza di parte, valutando al riguardo se sussistono giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero addossando dette spese all’una o all’altra secondo il criterio della soccombenza virtuale.

A seguito della sentenza n. 274/2005 della Corte costituzionale, il totale annullamento d’ufficio dell’atto impugnato non determina, di per sé, l’integrale cessazione della materia del contendere, dovendosi procedere al regolamento delle spese di lite in base alla cosiddetta soccombenza virtuale, che presuppone un esame della fondatezza delle questioni introdotte nel giudizio e, quindi, l’individuazione dell’ipotetico soccombente, anche per ragioni di natura solo processuale.

Per ciò che riguarda la ripartizione delle spese è necessario che il giudice tributario accerti a quale delle parti del giudizio deve imputarsi la responsabilità di aver causato lo stesso. Il giudice tributario effettua, caso per caso, una valutazione sul regime processuale delle spese da applicare senza essere vincolato ad operare la compensazione automatica nell’ipotesi di cessata materia del contendere.

La compensazione ope legis delle spese nel caso di cessazione della materia del contendere, rendendo inoperante il principio generale di responsabilità per le spese di giudizio, si traduce, ormai, “in un ingiustificato privilegio per la parte che pone in essere un comportamento (il ritiro dell’atto, nel caso dell’amministrazione, o l’acquiescenza alla pretesa tributaria, nel caso del contribuente) di regola determinato dal riconoscimento della fondatezza delle altrui ragioni, e, corrispondentemente, in un del pari ingiustificato pregiudizio per la controparte, specie quella privata, obbligata ad avvalersi, nella nuova disciplina del processo tributario, dell’assistenza tecnica di un difensore e, quindi, costretta a ricorrere alla mediazione (onerosa) di un professionista abilitato alla difesa in giudizio”.

5 settembre 2014

Ignazio Buscema

1 Giova precisare che sono valide a tutti gli effetti le comunicazioni telematiche fra ente impositore ed esattore. Infatti, l’articolo 15 della legge 59 del 1997 ha stabilito la validità e la rilevanza a tutti gli effetti della trasmissione con strumenti informatici di atti formati con strumenti informatici o telematici.