Enti locali: le novità per il fondo crediti di dubbia esigibilità

già a decorrere dal bilancio di previsione per l’anno 2012 gli enti locali dovevano istituire un “Fondo svalutazione crediti” o “Fondo crediti di dubbia esigibilità” di importo non inferiore al 25% dei residui attivi

L’articolo 6, c. 17 D.L. 6 luglio 2012, n.5 il cosiddetto decreto “Spending review”, convertito nella Legge n.135/2012, imponeva agli enti locali, già a decorrere dal bilancio di previsione per l’anno 2012, di istituire un “Fondo svalutazione crediti” o “Fondo crediti di dubbia esigibilità” di importo non inferiore al 25% dei residui attivi del Titolo I e III dell’entrata aventi un’anzianità superiore a 5 anni (ossia relativi agli anni dal 2006 e precedenti).

Per i residui, per i quali l’organo di revisione abbia analiticamente certificato la perdurante sussistenza delle ragioni del credito e l’elevato tasso di riscuotibilità, sulla documentazione dei relativi responsabili dei servizi competenti, potevano essere esclusi dal calcolo per la determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDDE).

Tale norma ha, di fatto, anticipato l’obbligo dell’iscrizione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, così come previsto dal Decreto Legislativo del 23 giugno 2011, n. 118, che disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali.

L’esplicito richiamo al D.Lgs. 118/2011, inoltre, imponeva di vincolare l’avanzo di amministrazione del 2012 per un importo pari alla quota del Fondo crediti di dubbia esigibilità iscritta in bilancio.

Il Fondo crediti di dubbia esigibilità, in contabilità finanziaria, deve intendersi come un fondo rischi diretto ad evitare l’utilizzo di entrate di dubbia e difficile esazione.

Il principio della contabilità finanziaria allegato al DPCM 28 dicembre 2011, in attuazione del D.Lgs. 118/2011, per gli enti in sperimentazione, prevede che l’accantonamento al fondo non sia oggetto di impegno, ma a tutti gli effetti generi un’economia di bilancio che confluisce, appunto, nell’avanzo di amministrazione come quota vincolata.

Nel principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (allegato 4.2 al D.Lgs. 118/2011) sono fissati i principi da seguire per l’accertamento e la formazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità:

  • sono accertate per l’intero importo del credito anche le entrate di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale, quali, ad esempio, le sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, i proventi derivanti dalla lotta all’evasione…

  • per le entrate di dubbia e difficile esigibilità è vietato il c.d. accertamento per cassa.

Non richiedono il relativo accantonamento al fondo, in quanto considerate entrate certe:

  • i trasferimenti dalla altre Pubbliche Amministrazioni, in quanto entrate destinate ad essere accertate a seguito dell’assunzione dell’impegno dall’Amministrazione erogante;

  • i crediti assistiti da fidejussione;

  • le entrate tributarie, che sulla base dei nuovi principi, sono accertate per cassa.

Quindi, a regime, ed ai sensi del nuovo articolo 167 del Tuel, nei bilanci di previsione, andranno individuate le tipologie di entrate stanziate e che possono dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione, quindi, andrà calcolata per ciascuna entrata la media del rapporto tra gli incassi in conto competenza e gli accertamenti degli ultimi 5 esercizi ed, infine, verrà determinato l’importo dell’accantonamento al fondo.

Per le entrate di nuova costituzione, per le quali non esiste uno storico, nel primo anno la quantificazione del fondo è rimessa alla prudente valutazione dell’ente stesso.

Va sottolineato come, in corso d’esercizio e almeno in sede di assestamento del bilancio va verificata e costantemente monitorata la congruità del fondo complessivamente accantonato nell’avanzo, apportando, se necessario, eventuali adeguamenti dei relativi accantonamenti.

In sede di rendiconto e del controllo della salvaguardia degli equilibri viene verificata la congruità del fondo esistente con riferimento al totale complessivo dei residui (ossia la sommatoria degli accertamenti dell’esercizio e i residui dell’esercizio precedente).

Nell’ottica di dare la dimostrazione della corretta determinazione dell’accantonamento al fondo, è stato previsto un apposito prospetto che deve essere allegato sia al bilancio di previsione sia al rendiconto e relativo a ciascun esercizio.

Per permettere un avvio graduale, nel rispetto dell’applicazione del principio contabile applicato della contabilità finanziaria, è stato previsto che, nel primo esercizio, venga stanziato in bilancio una quota almeno pari al 50% dell’importo dell’accantonamento quantificato e rappresentato nel prospetto allegato al bilancio. Nel secondo esercizio, lo stanziamento dev’essere almeno pari al 75% dell’accantonamento, mentre, nel terzo esercizio l’accantonamento al fondo dev’essere effettuato per l’intero importo.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del DPCM 28/12/2011, viene prescritto l’obbligo dell’accantonamento anche se il risultato di amministrazione non risulta essere capiente o in caso di disavanzo di amministrazione. In tal caso, la quota del fondo crediti di dubbia esigibilità, non compresa nel risultato di amministrazione, viene iscritta come posta a se stante della spesa del primo esercizio del bilancio di previsione.

Quando il credito viene dichiarato definitivamente inesigibile, esso viene eliminato dalle scritture contabili e, per il medesimo importo, viene ridotto il fondo.

Nel momento in cui vi sia un provvedimento di riaccertamento dei residui attivi (procedura obbligatoria in sede di passaggio alla nuova contabilità a partire dal 1° gennaio 2015) viene rideterminata la quota dell’avanzo di amministrazione vincolata al Fondo crediti di dubbia esigibilità.

Fino a quando il fondo non risulta adeguato non è possibile utilizzare l’avanzo di amministrazione.

Per meglio comprendere la ratio della norma, che riguarda l’istituzione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, non si può non analizzare il nuovo principio della “competenza finanziaria rafforzata”.

Secondo tale principio, le obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive (accertamenti ed impegni) sono registrate nelle scritture contabili nel momento in cui l’obbligazione si perfeziona, ma con imputazione contabile nell’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. Per scadenza si intende il momento nel quale l’obbligazione diventa esigibile.

L’esigibilità di ciascuna obbligazione è individuata nel rispetto del principio applicato della contabilità finanziaria.

Le entrate previste rappresentano quanto l’amministrazione ritiene di poter ragionevolmente accertare in ciascun esercizio contemplato nel bilancio, anche nel rispetto dei principi contabili generali dell’attendibilità e della congruità.

Le fasi dell’entrata, così come modificate dallo schema del D.Lgs. correttivo del 3 aprile 2014, sono disciplinate dagli articoli dal 178 al 181 del D.Lgs. 267/2000 (Tuel) rimangono:

  • L’accertamento nel quale deve essere individuata la ragione del credito, il titolo giuridico, il soggetto debitore, l’ammontare del credito e la relativa scadenza;

  • La riscossione;

  • Il versamento.

Per concludere e, nell’ottica del passaggio alla nuova contabilità, che è stata prorogata al 1° gennaio 2015 con l’articolo 9 del D.L. 102/2013, una fase fondamentale è sicuramente il “riaccertamento straordinario dei residui” – in attuazione dell’articolo 3, comma 7, del D.Lgs. 118/2011 – che, con riguardo ai residui attivi, incide sullo stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità e sull’eventuale avanzo di amministrazione ed il suo utilizzo.

E’, però, in discussione in questi giorni, l’ipotesi di un’ulteriore proroga al 1° gennaio 2016, in seguito ad un emendamento presentato pochi giorni fa. L’entrata in vigore, così come prevista attualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2015, rimarrebbe solamente per gli enti sperimentatori (circa 400).

Questa nuova proroga permetterebbe, soprattutto agli enti medio piccoli, di programmare un’attenta formazione del loro personale per un graduale ed indolore passaggio alla nuova contabilità pubblica.

Il punto critico, dal quale nasce la richiesta di proroga, riguarda proprio il riaccertamento dei residui attivi che, nell’attuale e delicato quadro della finanza locale, rischia di generare, nella maggior parte degli enti, disavanzi di amministrazione, andando così ad aggravare ulteriormente le posizioni degli enti locali.

14 Luglio 2014

Federica Balbo