La sospensione della sentenza tributaria in appello

se il contribuente perde il processo tributario in primo grado può, comunque, chiedere anche in fase di appello la sospensione dell’esecuzione della sentenza

La sospensione dell’esecuzione della sentenza di secondo grado nel rito tributario è ammessa se dall’esecuzione possa derivare un grave e irreparabile danno al contribuente.

La CTR di Roma, con la sent. n. 217 del 25/06/2013, ha ritenuto che la tutela cautelare rappresenta un fattore insostituibile della tutela giurisdizionale, garantita dalla Costituzione (art. 24), ed una sua limitazione al primo grado determinerebbe una compressione del diritto di difesa, come riconosciuto dalla Corte Europea dei diritti (cfr. causa C-18497/03)

La sospensione è prevista solo per l’atto impugnato dinanzi al giudice tributario di primo grado (art. 47 D.lgs. 546/92) e questo comporta ripercussioni notevoli per il ricorrente atteso che, ove il giudice non accogliesse il ricorso, sarebbe costretto a dover pagare subito le somme dovute, anche se c’è un giudizio di secondo grado da espletare.

Nel caso in esame la società aveva chiesto la sospensione dell’esecutività della sentenza di appello che aveva accolto il ricorso dell’ufficio, riformando la decisione di primo grado.

La CTR ha ritenuto che nonostante le disposizioni sulla sospensione si riferiscano “apparentemente” al primo grado (Capo autonomo del Titolo II del D Lgs n. 546/92), il richiamo contenuto nell’art. 61 dello stesso decreto fa si che le norme per la sospensione dell’atto impugnato siano applicabili anche in secondo grado. Del resto l’orientamento ha avuto l’avallo anche dalla Corte Costituzionale che, con sentenze nn. 217/10 e 281/10, ha confermato che la tutela cautelare rappresenta una “componente essenziale del diritto di difesa”. In particolare, la tutela cautelare (in tema di un atto amministrativo impositivo) costituisce un fattore insostituibile della tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost, per cui in caso di una sua limitazione al solo primo grado di giudizio (art. 47 D.lgs. 546/92), emergerebbe una censurabile compressione del diritto di difesa.

Ma i giudici sono andati oltre, affermando che l’impostazione giurisprudenziale della Corte Europea dei diritti dell’uomo (causa c-18497/03), è orientata nel senso che la carenza di una tutela cautelare effettiva nel processo tributario sancirebbe la censura di manifesta irrazionalità, comportando una violazione dell’art. 6 CEDU. E’ necessario dare risposte maggiormente “garantiste” (a favore del contribuente) che superino il valore meramente letterale della legge, al fine di tutelare il contribuente esposto alla concreta possibilità di subire un’azione esecutiva da parte dell’Amministrazione finanziaria, la quale potrebbe essere valutata come illegittima e infondata nella sentenza conclusiva.

Nel caso in esame, quindi, i giudici tributari hanno ritenuto meritevole l’applicazione della sospensione cautelare ai sensi dell’art. 373 c.p.c., tenuto conto sia del fumus boni iuris (fondatezza del ricorso per cassazione) sia del periculum in mora, costituito dalla specifica condizione debitoria della società, per cui il pagamento richiesto rischiava di comprometterne l’equilibrio economico-finanziario.

La mancata previsione della sospensione dell’esecuzione in appello ha determinato l’emanazione di molti pronunciamenti della Suprema corte e della Corte Costituzionale le quali hanno posto in luce la necessità di riconoscere la tutela cautelare anche in secondo grado. L’orientamento della Corte di Cassazione, considerata l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, ha ritenuto che l’art. 373 cpc è una disposizione specifica per il ricorso per cassazione, rispetto alla quale, per quanto attiene il processo tributario, occorre esaminare il contenuto dell’art. 62 del D.Lgs. n. 6345/92 il quale stabilisce che al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto. Quanto stabilito dall’art. 373, c. 1, c.p.c., costituisce una eccezione alla regola generale (prevista dal primo periodo dello stesso comma) ed è una eccezione propria del ricorso per cassazione, come tale applicabile anche per ciò che riguarda il ricorso per cassazione avverso una sentenza delle Commissioni (Cass. 24 febbraio 2012, n. 2845; contra Cass. 13 ottobre 2010, n. 21121). Il giudice delle leggi dal canto suo, con la sent. n. 109/2012, ha stabilito che l’inapplicabilità al giudizio tributario dell’art. 373 c.p.c. non comporta l’esclusione della sospendibilità dell’esecuzione della sentenza di appello impugnata per cassazione.

29 maggio 2014

Enzo Di Giacomo