Il reddito degli immobili degli enti non commerciali

gli enti commerciali che possiedono immobili calcolano e versano l’IRES dovuta seguendo i criteri del reddito fondiario…

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2512 del 4 febbraio 2014, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha affermato che gli immobili che le Aziende sanitarie locali utilizzano per l’attività istituzionale sono soggetti al prelievo fiscale secondo la disciplina del reddito fondiario ai sensi del DPR 917/86; per tali immobili non può trovare, in ogni caso, applicazione l’articolo 43, dello stesso DPR 917/86, perché è carente il presupposto dell’esercizio dell’attività ritenuta commerciale ai fini tributari.

L’Agenzia delle Entrate è ricorsa in Cassazione contro un’Azienda Sanitaria Locale avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte del settembre 2011; la controversia promossa dall’ASL era stata, infatti, accolta dalla CTR. I giudici del merito di secondo grado avevano, accolto l’appello proposto dalla ASL contro la sentenza della CTP che ne aveva respinto il ricorso, avverso l’avviso di diniego di rimborso, relativamente all’IRES del 2006, versata sugli immobili appartenenti al patrimonio dell’ASL.

 

L’analisi della Cassazione

I giudici di legittimità rilevano che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di IRES , il DPR 917/86, all’articolo 74 , comma 2, lettera c, dispone che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in reddito d’impresa secondo quanto previsto dall’art. 43, comma 1, del DPR 917/86, con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone l’art. 143, del DPR citato.

In effetti, a norma del DPR n. 917/1986, art. 74, comma 2, lett. c), gli enti pubblici residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale sono soggetti ad IRES; tuttavia “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali”, non costituiscono esercizio di attività commerciali e, quindi, sono sottratte al relativo prelievo IRES.

Per la Corte di Cassazione di conseguenza, in relazione a tali attività, non si pone il problema della qualifica del reddito degli immobili relativi ad imprese commerciali, reddito che secondo il disposto del DPR n. 917/1986, art. 43, comma 1, non va considerato come fondiario ma segue il regime del reddito di impresa. Però, se, come nella specie, non c’è reddito di impresa, perché non c’è una attività commerciale riconosciuta come tale ai fini fiscali, sulla cui produzione in genere viene effettuato il prelievo fiscale, manca il presupposto per la “trasformazione” del reddito fondiario in reddito di impresa. Non si verifica, cioè, quella specie di “fusione per incorporazione” del reddito fondiario nel reddito di impresa e, quindi, il primo mantiene la sua autonomia impositiva.

 

Le aziende sanitarie locali : aspetti fiscali

Nell’ordinamento italiano l’azienda sanitaria locale (ASL) è un ente pubblico locale. In passato ente strumentale della regione, al quale competeva l’organizzazione finanziaria e gestionale delle prestazioni sanitarie, dal 1993, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale ha perso il carattere di organo della Regione, acquisendo una propria soggettività giuridica con un’autonomia che ha poi assunto, stante il disposto dell’art. 3, comma 1 bis del D.Lgs. 502/92 (comma introdotto dal D.Lgs. 19.6.99 n. 229), anche carattere imprenditoriale “in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”, disposizione quest’ultima che ha indotto a ritenere che le Aziende sanitarie abbiano assunto la natura di enti pubblici economici. Le ASL fanno parte del Servizio sanitario nazionale.

Le ASL sono aziende con personalità giuridica pubblica e sono centri di imputazione di autonomia imprenditoriale. Con la legge di riforma la precedente unità sanitaria locale (USL) è divenuta azienda dotata di autonomia organizzativa, gestionale, tecnica, amministrativa, patrimoniale, contabile.

Nell’ordinamento italiano, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è il complesso delle funzioni e delle attività assistenziali svolte dai servizi sanitari regionali, dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale e dallo Stato, volte a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana (art. 1 del D.Lgs. 502/1992). Il Servizio sanitario nazionale è un sistema pubblico di carattere universalistico che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, finanziato attraverso la fiscalità generale e le entrate dirette, percepite dalle aziende sanitarie locali, derivanti dai ticket sanitari (cioè delle quote con cui l’assistito contribuisce alle spese) e dalle prestazioni a pagamento. Attraverso di esso viene data attuazione all’art. 32, della Costituzione italiana che sancisce il diritto alla salute di tutti gli individui.

La particolare qualificazione giuridica delle Aziende sanitarie, come enti non commerciali, comporta che esse, benché siano soggetti passivi dell’imposta, non subiscano imposizione per la parte istituzionale delle attività svolte, nei limiti in cui essa rientri nella previsione di cui all’art. 74, comma 2, lettera b), del DPR 917/86.

Le attività delle Aziende sanitarie locali collaterali a quella cui istituzionalmente esse sono preposte, non presentano, tuttavia, i caratteri dell’attività assistenziale, sanitaria e previdenziale, e pertanto, non rientrando nell’ambito di applicazione di cui all’art. 74, comma 2, lettera b), del DPR 917/86 , comportano l’assoggettamento ad Ires dei relativi redditi. L’art. 148, comma 4, del DPR 917/86 individua le attività in relazione alle quali vi è una presunzione assoluta di commercialità ; tra le predette attività ve ne sono alcune tipicamente praticate dalle Aziende sanitarie locali, come per esempio la somministrazione di pasti, le prestazioni alberghiere di alloggio, la gestione di spacci aziendali e di mense. Si tratta di attività produttive di reddito d’impresa, a prescindere dal soggetto che le esercita. Le attività assoggettabili ad Ires sono quelle esercitate in via secondaria che abbiano natura di attività commerciale, perché finalizzate, non soltanto al pareggio di bilancio, ma alla realizzazione di un lucro, quand’anche questo venga finalizzato a coprire spese e costi della complessiva attività istituzionale svolta. La norma non pare, ad alcuni, prevedere alcuna esenzione, né esclusione: si tratterebbe soltanto di una presunzione assoluta di non commercialità per determinate attività, in quanto svolte da enti pubblici.

Tuttavia, per ciò che concerne le Aziende sanitarie locali, la circolare del Ministero delle Finanze n. 26 del 29 agosto 1991 ha chiarito, sia pure con riferimento all’IRPEG, che la presunzione di commercialità di cui al vecchio art. 111, comma 4 , con riferimento alla gestione di mense, alla somministrazione di pasti e alle prestazioni alberghiere e di alloggio non era ad esse riferibile, proprio a causa dell’espressa deroga contenuta nell’ex art. 88, comma 2, lettera b), del DPR 917/86.

 

Un caso precedente

La Corte di Cassazione con la sentenza n.19138 del 7 settembre 2010, ha affermato che le aziende sanitaria locali sorte a seguito della riforma del sistema sanitario attuato con il decreto legislativo n.502/1992 e successive modifiche e integrazioni , che utilizzano immobili devono versare all’erario le imposte ai fini dell’IRPEG/IRES secondo il criterio del reddito fondiario contenuto nel DPR 917/86 e non secondo la disciplina contenuta nell’articolo 43 dello stesso DPR 917/86.

Una Unità Sanitaria Locale chiedeva il rimborso della somma di 498.774.000 delle vecchie lire versata a titolo di Irpeg per l’anno 1999 per la proprietà dei fabbricati destinati all’attività istituzionale. L’USL sosteneva che quest’ultima era obiettivamente attività di impresa, ancorché non considerata tale ai fini della imposizione Irpeg in base al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 88 del DPR 917/86, e che gli immobili relativi alle imprese commerciali non si considerano produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’art. 43 del citato DPR . L’unità sanitaria locale impugnava il silenzio rifiuto davanti alla CTP che respingeva il ricorso.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione avverso la sentenza della CTR , che aveva accolto in appello la tesi dell’Unità Sanitaria Locale.

Secondo la Corte di Cassazione la sentenza dei giudici di merito richiama il D.Lgs. n. 502 del 1992, che all’ art. 3 , afferma “Le ULSS si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale…” e ne trae la conseguenza che l’art. 74 , comma 2, del DPR 917/86 “può essere inteso solo come una esclusione soggettiva dall’imposta sul reddito d’impresa elargita a favore delle ULSS, posto che la legge non può ignorare la realtà sostanziale”. Per la CTR le ULSS non sarebbero pertanto riconducibili agli enti non commerciali di cui alla lett. c), del comma 1, dell’art. 73, per i quali il reddito complessivo sottoposto a tassazione IRPEG/IRES comprende anche i redditi fondiari, a norma dell’art. 143 del DPR 917/86 . Potrebbero quindi invocare la disposizione dell’art. 43, in base al quale “non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali”.

La Corte di Cassazione rileva che la ragione giuridica della esclusione, dal reddito di impresa soggetto ad imposta, del reddito fondiario degli immobili strumentali alla produzione, è che esso si incorpora nel valore di quest’ultima, ed è tassato come reddito di impresa. Poiché per le ULSS l’attività di impresa non è considerata tale ai fini IRPEG/IRES , e non sconta l’imposta diretta sul reddito prodotto, l’esclusione dal reddito complessivo della componente costituita dal reddito fondiario degli immobili di proprietà strumentali all’attività istituzionale è priva di base logico giuridica.

A norma dell’art. 73, comma 2, lett. c) del DPR 917/86, gli enti pubblici residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, come le ULSS, sono comunque soggetti ad IRPEG/IRES. Tuttavia, “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali” , non costituiscono esercizio di attività commerciali – D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74, comma 2, lett. c) – e, quindi, sono sottratte al relativo prelievo IRPEG/IRES. Pertanto, in relazione a tali attività, non si pone il problema della qualifica del reddito “degli immobili relativi ad imprese commerciali“, reddito che secondo il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, comma 1, non va considerato come fondiario ma segue il regime del reddito di impresa. Però, se, come nella specie, non c’è reddito di impresa, perché non c’è una attività commerciale riconosciuta come tale ai fini fiscali, sulla cui produzione in genere viene effettuato il prelievo fiscale, manca il presupposto per la “trasformazione” del reddito fondiario in reddito di impresa.

Per i giudici di legittimità non si verifica quella specie di “fusione per incorporazione” del reddito fondiario nel reddito di impresa e, quindi, il primo mantiene la sua autonomia impositiva. Pertanto, come dispone specificamente il D.P.R. 917/86 , art. 143, il reddito degli enti pubblici non commerciali va ricostruito in maniera “atomistica”, proprio per evitare contaminazioni tra i diversi tipi di reddito che non possono poi confluire nell’unica categoria del reddito di impresa, dovendosi rispettare le esclusioni sancite dall’art. 74, del DPR 917/86 .

Infatti, ai sensi dell’art. 143 del DPR 917/86 “Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lett. c), dell’ex art. 87, comma 1, è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi”.

Per i giudici di legittimità nel caso in esame è assente il presupposto per l’applicazione dell’art. 43, proprio perché l’attività svolta dall’ULSS non costituisce esercizio di attività commerciale. Trattasi, invece di attività svolta da un ente non commerciale di cui all’ art. 74, comma 1, lett. c), il cui reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone il citato art. 143 del citato DPR 917/86.

 

L’analisi della Corte di Cassazione

Con riferimento alla sentenza oggetto del presente commento i giudici di legittimità osservano che , come dispone il DPR 917/86, il reddito degli enti pubblici non commerciali va ricostruito in maniera “atomistica”, proprio per evitare contaminazioni tra i diversi tipi di reddito che non possono poi confluire nell’unica categoria del reddito di impresa, dovendosi rispettare le esclusioni sancite dal citato DPR , all’art. 74.

Infatti, ai sensi del DPR 917/86, l’art. 143 afferma che “Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui all’art. 73, comma I, lett. c), è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi”. In definitiva, nella specie manca il presupposto per l’applicazione dell’art. 43, proprio perché l’attività svolta dall’ASL non costituisce esercizio di attività commerciale. Trattasi, invece di attività svolta da un ente non commerciale ai sensi del DPR 917/86, art. 74, comma 1, lett. c), il cui reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone il citato art. 108.

In sostanza gli immobili utilizzati dalle ASL sono fiscalmente assoggettabili in quanto per gli stessi non è prevista una specifica esclusione dall’imposta relativa, né è possibile applicare l’esclusione prevista dal DPR 917/86, ex art. 43, che riguarda solo gli immobili strumentali all’esercizio di un’attività d’impresa, di un’arte o di una professione .

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza della CTR e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dall’Azienda sanitaria avverso l’avviso di diniego di rimborso dell’IRES pagata.

 

5 maggio 2014

Federico Gavioli