Errore nel reverse charge e diritto alla detrazione dell'IVA

gli euro giudici intervengono su di una questione che coinvolge un’operazione soggetta al regime di inversione contabile non applicato correttamente, la direttiva IVA ed il principio di neutralità che deve essere rispettato (Fabrizio Stella e Antonio Federico)

  1. Introduzione.

La Corte di Giustizia europea è recentemente intervenuta, il 6 febbraio, con la sentenza nella causa C-424/12, a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice rumeno, nell’ambito di una controversia che oppone una società all’Amministrazione fiscale di quel Paese in ordine al mancato riconoscimento della detrazione Iva opposto alla stessa società a causa della mancata applicazione delle disposizioni relative al sistema dell’inversione contabile, il c.d. reverse charge.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, in buona sostanza, sulla corretta interpretazione della direttiva 2006/112/CE con riguardo all’interpretazione degli articoli 178, 226, punto 11 e 228, concernenti le modalità di esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA in sede di applicazione del regime di inversione contabile1.

  1. La questio comunitaria2.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla interpretazione della direttiva 2006/112/CE, con particolare riferimento alle disposizioni relative al diritto alla detrazione in sede di applicazione del regime di inversione contabile. In particolare, la questione scaturiva da una controversia che opponeva una società residente in Romania e l’Amministrazione fiscale rumena che le disconosceva una detrazione Iva causa di un’erronea applicazione delle disposizioni relative al sistema del reverse charge, nell’ambito di una prestazione di servizi ricevuta da un’altra società

Quest’ultima infatti aveva stipulato con la ricorrente un contratto avente ad oggetto lavori di costruzione e ristrutturazione di un edificio.

Gli acconti per gli avanzamenti parziali erano stati fatturati dal prestatore con il meccanismo del reverse charge, in aderenza a quanto previsto dalla normativa fiscale rumena. Al contrario, nella fattura finale veniva inclusa anche l’Iva.

In seguito, la ricorrente si vedeva negata la detrazione Iva, che le era stata erroneamente addebitata dalla società costruttrice.

In particolare, il disconoscimento della detrazione era motivato dalla non corretta applicazione del meccanismo del reverse charge : la società prestatrice avrebbe dovuto rilasciare la fattura finale senza addebito dell’Iva, inserendo la dicitura “inversione contabile”.

Di contro, la società committente era tenuta ad applicare il regime del reverse charge e di conseguenza:

  • non avrebbe né dovuto versare l’Iva dovuta in fattura, né conseguentemente esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva erroneamente addebitata dal prestatore;

  • avrebbe dovuto regolarizzare l’operazione applicando comunque il meccanismo dell’inversione contabile.

La società ricorrente, invece, sosteneva fra l’altro che nel caso in esame avrebbe dovuto trovare applicazione la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo la quale “qualora un soggetto passivo, quale destinatario di servizi, sia dichiarato debitore dell’IVA corrispondente, l’amministrazione tributaria non può richiedere come condizione supplementare per l’esercizio del diritto a deduzione che lo stesso sia in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’art. 22, n. 3, della sesta direttiva. Infatti, in conseguenza di un tale requisito il soggetto passivo, da un lato, sarebbe debitore, in quanto destinatario di servizi, dell’IVA in questione, rischiando, dall’altro, di non poter dedurre la detta imposta” (punto 52 sentenza causa C-90/02).

La questione di cui sopra è stata posta al vaglio della Corte Ue, alla quale è stato chiesto, tra l’altro, se la Direttiva Iva ed il principio di neutralità fiscale ostino, nell’ambito di una operazione soggetta al regime di inversione contabile, a che il beneficiario di servizi venga privato del diritto a detrazione dell’Iva che ha indebitamente versato al prestatore di servizi sulla base di una fattura redatta in modo errato, e ciò anche nel caso in cui la correzione di tale errore sia impossibile a causa del fallimento del prestatore.

  1. Le valutazioni della Corte Ue e le conclusioni.

La Corte, dopo aver ricordato in generale il meccanismo del reverse charge, richiama alcuni principi che erano stati affermati nella sentenza della causa Bockemühl (C-90/02) ovvero:

  • un soggetto passivo che, quale destinatario di servizi, è debitore dell’IVA non è tenuto ad essere in possesso di una fattura redatta conformemente ai requisiti formali della direttiva IVA per poter esercitare il suo diritto a detrazione; dovrà osservare unicamente le formalità stabilite dallo Stato membro interessato;

  • Naturalmente, le prescrizioni che il soggetto passivo deve osservare per esercitare il diritto a detrazione dell’IVA non possono oltrepassare quanto è strettamente necessario per il raggiungimento del fine che si prefiggono, ovvero assicurare la corretta applicazione della procedura del reverse charge e garantire la riscossione dell’IVA.

D’altra parte, costante giurisprudenza, a tutela del principio della neutralità fiscale, ha sempre affermato che, nell’ambito del regime reverse charge, la detrazione dell’IVA a monte deve essere accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, a dispetto dell’omissione di taluni obblighi formali3.

Nel caso di specie, tuttavia, la Corte Ue rileva che la ricorrente ha erroneamente versato all’altra società, prestatrice di servizi, l’Iva impropriamente riportata nella fattura, mentre, in realtà, avrebbe dovuto versare l’Iva all’erario, in qualità di beneficiaria finale dei servizi. Di conseguenza, a prescindere dal mancato rispetto di obblighi formali, nel caso della società ricorrente risultano non rispettati dei presupposti essenziali del reverse charge.

In particolare la Corte afferma, a tale ultimo riguardo, che “Una simile situazione ha impedito all’amministrazione tributaria di controllare l’applicazione del regime dell’inversione contabile e ha determinato un rischio di perdita di gettito fiscale per lo Stato membro interessato”.

E a nulla rileva, osserva ancora l’organo europeo, che la correzione dell’errore non sia possibile a causa del fallimento della società prestatrice dei servizi, viste comunque le inadempienze sostanziali della società ricorrente.

Premesso tutto ciò, la Corte Ue arriva alla conclusione che, nell’ambito di una operazione soggetta al regime dell’inversione contabile, la direttiva Iva ed il principio di neutralità fiscale non ostano a che il beneficiario di servizi venga privato del diritto alla detrazione dell’Iva che ha indebitamente versato al prestatore di servizi sulla base di una fattura redatta in modo errato, e ciò anche nel caso in cui la correzione di tale errore sia impossibile a causa del fallimento di tale prestatore.

  1. Conformità della normativa e prassi domestica.

Le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile sono, come noto, disciplinate dall’articolo 17, comma 5, 6, 7 e dall’articolo 74, comma 7 ed 8, del d.P.R. 633/1972.

In particolare all’articolo 17, concernente i “soggetti passivi”, il comma 5 prevede, in deroga alla disciplina generale, che per le cessioni imponibili di oro da investimento nonché per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, con emissione della fattura con l’annotazione “inversione contabile” e l’eventuale indicazione della norma di riferimento, integrata dal cessionario con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese.

Il successivo comma 6 estende il meccanismo anche:

  • alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. La disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori;

  • alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;

  • alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative, nonché dei loro componenti ed accessori;

  • alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;

  • alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.

Il comma 7, infine, rimanda a successivi decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze l’estensione ad altre categorie di prodotti4.

L’articolo 74, commi 7 ed 8, estende, poi, il sistema ad altre categorie di merce.

Tra le suddette operazioni interne non è contemplata la questio comunitaria in esame, relativa ai beni e/o servizi forniti o prestati da/a favore di persone nei confronti delle quali è stata aperta la procedura d’insolvenza, così come previsto nel diritto interno della Romania.

Nel nostro ordinamento, essendo l’imposta stata comunque assolta, anche se irregolarmente, viene riconosciuto il diritto alla detrazione in capo al cessionario/committente.

Di fatti, ai sensi dell’articolo 19 del d.P.R. 633/1972 il destinatario può comunque detrarre l’imposta erroneamente addebitata in fattura dal cedente, operando la detrazione in via di rivalsa.

Pur tuttavia, fermo restando il diritto alla detrazione, ex articolo 6, comma 9-bis, del decreto legislativo n. 471/1997, è dovuta una sanzione amministrativa pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta, a cui sono tenuti, in forma solidale, entrambi i soggetti obbligati all’inversione5.

Sul punto, si richiamano le risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate in occasione dell’incontro con gli esperti della stampa specializzata nel corso della manifestazione “Telefisco 2008”, il 29 gennaio 2009, formalizzate, poi, con la Circolare n. 12/E del 19 febbraio 2008, laddove si evidenzia la piena conformità del regime sanzionatorio nazionale previsto per l’errata applicazione del reverse charge al principio di trasparenza e neutralità dell’IVA, più volte richiamato dagli euro giudici, che hanno sempre e costantemente affermato il principio della proporzionalità delle sanzioni all’abuso commesso dal contribuente ed al danno patito dall’Erario6.

Nel merito, di fatti, la Corte, nella pronuncia dell’8 maggio 2008 nelle cause riunite C-95/07 e C-96/07, ha sottolineato che una prassi di rettifica e di accertamento che sanziona l’inosservanza, ad opera del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con il diniego del diritto alla detrazione, eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimenti di tali obblighi, posto che comunque il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di irrogare una ammenda o una sanzione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’infrazione, allo scopo di sanzionare l’inosservanza dei detti obblighi (cfr. punto 6.7.).

L’Agenzia delle Entrate ha recepito tali principi con la Risoluzione n. 56 del 6 marzo 2009 – Art. 17 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 – Omessa integrazione e registrazione della fattura, che testualmente si prevede che, in via generale, laddove sia constatata una violazione del regime dell’inversione contabile che comporti, in quella sede, l’assolvimento del tributo da parte dei contribuenti, contestualmente all’accertamento del debito, deve essere riconosciuto il diritto alla detrazione della medesima imposta.

Pertanto, ferma restando l’applicazione della sanzione amministrativa (nel caso in specie pari ad un importo tra il 100 e il 200 per cento dell’imposta, con un minimo di 258 euro) di cui all’art. 6, comma 9-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 471/1997, per inosservanza degli obblighi previsti dalla disciplina IVA, il contribuente non sarà tenuto a versare alcun ammontare a titolo di imposta all’Erario, qualora (ovviamente) sia riconosciuta la spettanza integrale della detrazione.

29 maggio 2014

Fabrizio Stella e Antonio Federico

 

1Sul concetto di “neutralità” dell’imposta, sia consentito un rinvio, degli stessi autori, in questa rivista, a Corte di Giustizia europea: quando il Fisco può negare la detrazione dell’IVA in caso di fattura “incompleta” nel rispetto della “neutralità” dell’imposta, pubblicato il 19 luglio 2013.

2Per un approfondimento in materia di pronunce della Corte di Giustizia sia consentito il rinvio, degli stessi Autori, in questa rivista, a: Corte di Giustizia europea: i limiti per le agevolazioni d’accisa nel settore degli alcoli ed il controverso caso dell’aliquota “zero” per il vino italiano, pubblicato il 9 maggio 2014; Corte di Giustizia Europea: l’accisa come imposta di scopo ed il caso dell’imposta di consumo sull’olio lubrificante, pubblicato il 15 marzo 2014; Corte di Giustizia europea: soggettività IVA anche per i piccoli impianti fotovoltaici ad uso domestico, pubblicato il 9 ottobre 2013; Corte di Giustizia europea: quando il Fisco può negare la detrazione dell’IVA in caso di fattura “incompleta” nel rispetto della “neutralità” dell’imposta, pubblicato il 19 luglio 2013.

3Sentenze cause C 95/07 e C 96/07.

4In attuazione di quanto disposto si rinvia al D.M. 10 luglio 2012.

5 Introdotto dall’articolo 1, comma 155, legge n. 244/2007.

6Si riporta di seguito stralcio della risposta: “10. REGIME SANZIONATORIO DEL REVERSE CHARGE E ALTRI QUESITI IVA. 10.1 Ambito temporale di applicazione del nuovo regime sanzionatorio previsto per l’errata applicazione del reverse charge. D. Una società comunitaria che opera in Italia attraverso un rappresentante fiscale prima e successivamente attraverso l’identificazione diretta ha effettuato locazioni di beni mobili diversi dai mezzi di trasporto nei confronti di una ditta italiana. La prestazione dopo il 31 agosto 2002 per effetto del D.Lgs. n. 191 del 2002 doveva essere obbligatoriamente assoggettata a IVA dal committente con il meccanismo del reverse charge, ai sensi dell’articolo 17 comma 3, del Dpr n. 633/72. La società comunitaria, attraverso il rappresentante, fiscale nel corso del 2004 e 2005 ha erroneamente assoggettato a IVA la prestazione addebitando l’imposta in fattura e versando regolarmente l’imposta. Di riflesso la società italiana ha operato la detrazione ai sensi dell’articolo 19 e seguenti, non soffrendo di limitazione alcuna al diritto di detrazione. Ai sensi della nuova disciplina prevista dall’articolo 1, comma 155 della Legge finanziaria, che ha introdotto il nuovo comma 9 bis all’articolo 6 del D.Lgs. n. 471 del 1997, fermo restando il diritto alla detrazione, entrambi i soggetti sono solidalmente responsabili per il pagamento di una sanzione pari al 3 per cento dell’imposta, con un minimo di 258 euro e un massimo di 10.000 euro per le violazioni commesse nei primi tre anni di applicazione del regime dell’inversione contabile. Si chiede conferma se, in applicazione del principio del favor rei, il nuovo regime sanzionatorio previsto per l’errata applicazione del reverse charge torni applicabile anche per le violazioni commesse in precedenza anche con riguardo al diritto alla detrazione operata dal committente. R. L’ampliamento delle ipotesi di reverse charge, per cui il cessionario o il committente deve integrare con l’imposta a debito la fattura di acquisto di un bene o di un servizio emessa dal cedente o prestatore senza applicazione dell’IVA, ha indotto il legislatore a modificare l’impianto sanzionatorio del regime IVA del reverse charge. In linea generale, il nuovo impianto sanzionatorio introdotto risponde a criteri di coerenza sistematica con le sanzioni in materia di IVA, punendo in maniera incisiva le frodi e sanzionando in modo meno rigido le irregolarità formali. Tale previsione risulta conforme al principio di trasparenza e neutralità dell’IVA, più volte richiamato dai giudici comunitari, i quali hanno sempre affermato, per quanto riguarda le sanzioni, che queste devono essere proporzionali all’abuso commesso dal contribuente e al danno patito dall’Erario. In particolare, il legislatore ha previsto, al terzo periodo del comma 9 bis, una sanzione ad hoc per le ipotesi in cui dalla violazione degli obblighi sostanziali connessi all’operazione sottoposta a reverse charge non scaturisca alcun danno all’erario. Infatti, se l’imposta relativa all’operazione sottoposta al reverse charge sia stata assolta, anche se irregolarmente, dal cessionario/committente oppure dal cedente/prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del DPR 633/72, l’irregolarità circa le modalità di applicazione dell’IVA viene punita con la sanzione del 3 per cento dell’imposta irregolarmente versata, con un minimo di 258 euro e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei i primi tre anni di applicazione delle nuove disposizioni recate dal comma 9 bis), terzo periodo, e, in applicazione del principio del favor-rei, per quelle commesse negli anni precedenti. Al pagamento delle sanzioni sono tenuti solidalmente entrambi i contraenti. Nella fattispecie in esame, in virtù del principio del favor rei, sancito nell’articolo 3 del D.Lgs. 472/97, la nuova sanzione si applica anche alle violazioni commesse precedentemente alla data di entrata in vigore della finanziaria, sempre che non vi sia un provvedimento di irrogazione divenuto definitivo. 10.2 Ambito oggettivo di applicazione del nuovo regime sanzionatorio previsto per l’errata applicazione del reverse charge D. La nuova disciplina prevista dall’articolo 1, comma 155 della legge finanziaria 2008, che ha introdotto il nuovo comma 9 bis all’articolo 6 del D.Lgs. n. 471 del 1997, stabilisce, tra l’altro, che “qualora l’imposta sia assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente o committente ovvero dal cedente o prestatore…la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell’imposta, con un minimo di 258 euro e un massimo di 10.000 euro”. La disposizione costituisce un superamento del comma 8 dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 471 del 1997, nel senso che qualora venga emessa “erroneamente” fattura senza addebito d’imposta, basta che il cessionario o committenti integri con applicazione del reverse charge la fattura per considerare comunque assolta l’imposta? R. Le nuove ipotesi sanzionatorie previste dall’articolo 6, comma 9 bis), del DLGS n. 471 del 1997 (introdotte dall’articolo 1, comma 155, della legge finanziaria 2008) si applicano solo alle operazioni interessate dal regime dell’inversione contabile previste dagli articoli 17 e 74 del DPR n. 633 del 1972. Resta dunque esclusa dalla specifica disciplina sanzionatoria ogni altra ipotesi di regolarizzazione delle operazioni di acquisto soggette ad Iva secondo le regole ordinarie che continuano, pertanto, ad essere sanzionate secondo le consuete modalità. Pertanto, si ritiene che nella fattispecie prospettata non sia ravvisabile nessun “superamento” e/o abrogazione del comma 8 dell’articolo 6, in discorso, la cui previsione sanzionatoria continua a trovare applicazione per le violazioni degli adempimenti previsti per fattispecie diverse da quelle cui torna astrattamente applicabile il regime dell’inversione contabile. 10.3 Reverse charge: modalità di regolarizzazione delle operazioni da parte del committente o del cessionario D. Il quarto periodo del nuovo comma 9 bis dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 471 del 1997, introdotto dall’articolo 1, comma 155 della Legge finanziaria, prevede che “Al pagamento delle sanzioni previste nel secondo e terzo periodo, nonché al pagamento dell’imposta sono tenuti entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile”. Con riferimento all’ipotesi sanzionatoria di cui al secondo periodo (irregolare addebito dell’imposta da parte del cedente o prestatore che ne omette il versamento), in che modo il cessionario o committente può regolarizzare l’operazione (soggetta al meccanismo del reverse charge) per evitare l’applicazione della sanzione derivante dal comportamento fraudolento di un altro soggetto? In particolare, il cliente si trova a dover sopportare l’applicazione di una sanzione derivante dal comportamento di altro soggetto e ciò appare in contrasto con il principio sancito dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 472 del 1997 della personalità della pena. R. L’ipotesi sanzionatoria di cui al secondo periodo del nuovo comma 9 bis dell’articolo 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa fra il 100 e il 200 per cento dell’imposta, con un minimo di 258 euro, a carico del fornitore (cedente o prestatore) che, in relazione ad un’operazione soggetta al meccanismo dell’inversione contabile, addebita irregolarmente l’imposta in fattura omettendone il versamento. Il quarto periodo del medesimo comma prevede che nell’ipotesi sopra citata siano tenuti solidalmente a

l pagamento della sanzione e dell’imposta entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile. Al riguardo, si precisa che la disposizione normativa sulla responsabilità solidale di entrambi i contraenti al pagamento dell’imposta e della sanzione per un comportamento fraudolento posto in essere dal fornitore è stata prevista tenendo conto del fatto che per le operazioni soggette all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile è il cessionario/committente ad assumere la qualifica di soggetto passivo dell’imposta. Considerato, quindi, che rientrerebbe tra gli obblighi del committente assolvere l’imposta, di regola integrando la fattura emessa dal prestatore senza Iva, indicando sulla stessa l’aliquota e la relativa imposta, e annotando tale documento tra le fatture emesse, non si ha ragione di ritenere la norma in discorso in contrasto con il principio sancito dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 472 del 1997 della personalità della pena. Ciò premesso, si fa presente che il cessionario o committente, per evitare l’applicazione della sanzione derivante dal comportamento fraudolento del fornitore, può regolarizzare l’operazione presentando all’Ufficio delle entrate competente un documento integrativo in duplice esemplare, recante l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota e della relativa imposta., entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione (da effettuare nei termini indicati dall’articolo 17, quinto comma, secondo periodo, del DPR n. 633 del 1972) e avendo cura di: – non esercitare la detrazione dell’imposta erroneamente addebitata in fattura dal cedente; – annotare il documento emesso secondo le regole dell’inversione contabile, ossia nel registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 del DPR n. 633 del 1972 ed in quello degli acquisti di cui al successivo articolo 25; – liquidare l’imposta nei modi ordinari ed effettuare il versamento dell’eventuale imposta a debito emergente dall’operazione al verificarsi di cause di indetraibilità oggettiva o soggettiva.”.