La corretta motivazione del PVC

il Fisco può motivare un P.V.C. anche per per relationem, tuttavia il verbale deve riportare i dati minimi perchè il contribuente possa desumere le contestazioni e proporre eventuali opposizioni

Con la sentenza n. 5677 del 12 marzo 2014 (ud. 18 dicembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato e ribadito due importanti principi che meritano di essere sottolineati.

  • L‘avviso di accertamento – che ha carattere di provocatio ad opponendum esoddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972,n. 633, art. 56, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto ilcontribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoielementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an edil quantum debeatur – deve ritenersi correttamente motivato ovefaccia riferimento ad un processo verbale di constatazione dellaGuardia di Finanza, regolarmente notificato o consegnato all’intimato.Ne consegue che, ai sensi della citata norma, l’Amministrazione non ètenuta ad includere nell’avviso di accertamento, notizia delle proveposte a fondamento del verificarsi di taluni fatti, nè di riportarne,sia pur sinteticamente, il contenuto (Cass. n. 6232/2003, n. 8457/2001),restando, poi, affidate al giudizio d’impugnazione dell’atto lequestioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loroidoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass. n. 14700/2001,n. 4061/2001, n. 658/2000)”.

  • La motivazione degli atti di accertamento per relationem, con rinvioalle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanzanell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima permancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio deglielementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficiostesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia discrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementigià noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al correttosvolgimento del contraddittorio (Cass. n. 10205/2003, n. 15379/2002, n.2780/2001)”.

Brevi appunti giurisprudenziali

Le questioni affrontata, da ultimo, dalla Corte di Cassazione investono, di fatto, due rilevanti questioni:

  • il carattere di provocatio ad opponendum dell’avviso di accertamento;

  • la legittimità della motivazione per relationem che realizza una economia di scrittura.

In ordine alla prima questione, la giurisprudenza, investita da decenni della questione, ha sempre affermato che l’avviso di accertamento ha carattere di provocatio ad opponendum e, pertanto, soddisfa l’obbligo della motivazione, ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, tutte le volte che il suo contenuto sia tale da mettere il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria ad esso sottesa nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum, e la censura deve ritenersi infondata quando il contribuente ha svolto le sue difese di merito contro gli elementi indicati nell’atto impositivo (Cass. sent. n. 14200 del 10 maggio 2000, dep. il 27 ottobre 2000; Cass. sent. n. 8859 del 29 gennaio 2008, dep. il 7 aprile 2008, che ha fra l’altro, negato l’obbligo per l’A.F. di includere nell’avviso di accertamento “notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, né di riportarne, sia pur sinteticamente il contenuto – Cass. n.6232/03”)1.

Il giudizio tributario è costruito formalmente, come giudizio di impugnazione dell’atto, ma tende all’accertamento sostanziale del rapporto, nel senso che l’atto è il veicolo di accesso al giudizio di merito, al quale si perviene per il tramite dell’impugnazione dell’atto.

Anche la Corte Costituzionale si è attestata sulle posizioni della Cassazione, affermando, nella sentenza 27.07.94, n. 365 che “… in termini di generale orientamento, la Corte potrebbe limitarsi a ricordare come essa stessa abbia avuto occasione, già da tempo, di prendere posizione sul tema affermando che il ricorso del contribuente, ancorché formalmente diretto all’atto impositivo, investe in realtà la sussistenza e l’entità dell’obbligazione tributaria, sicchè la pronunzia del giudice consiste fondamentalmente nell’accertamento dell’obbligazione della stessa e, in via consequenziale della legittimità degli atti posti in essere dall’amministrazione finanziaria per provvedere alla riscossione coattiva delle imposte (sentenze n. 63 del 1982 e n. 313 del 1985)”.

La Cassazione nega, ai fini reddituali, l’obbligo di indicare in motivazione gli elementi probatori, essendo sufficienti che vengano forniti in sede processuale. Infatti, l’art. 42 del D.P.R. n. 600/73 non prevede che l’amministrazione debba includere nell’avviso di accertamento l’indicazione delle prove suscettibili di dimostrare la bontà delle ragioni vantate, dovendo ritenersi, al riguardo, che solo a seguito dell’impugnazione giudiziaria dell’atto, esperita dal contribuente, la Pubblica amministrazione sia tenuta ad allegare, ed a fornire, in sede giurisdizionale la prova del credito tributario azionato (Cass. 27.10.00, n. 14200), non ritenendosi necessaria la produzione delle prove nei casi in cui una esauriente difesa dimostri che il contribuente ne era a conoscenza (Cass. 22.12.99, n. 14427).

In ordine alla seconda questione, la Corte di Cassazione ha da tempo ammesso la possibilità di motivare l’atto di accertamento per relationem ad un p.v.c. della Guardia di Finanza o di altri organi verificatori. Ricordiamo qui una serie di recenti sentenze conformi.

  • Con l’ordinanza n. 25211 del 14 dicembre 2010 (ud. del 27 ottobre 2010) la Corte di Cassazione, nel ribadire il principio secondo cui costituisce ius receptum la legittimità della motivazione degli avvisi di accertamento per relationem, rinviando al contenuto del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, realizzandosi un’economia di scrittura, avendo l’ente impositore fatto proprie conclusioni e non un difetto di autonoma valutazione, ha affermato che tale principio trova altresì applicazione laddove il p.v.c. abbia ad attingere da altri atti, anche del procedimento penale.

  • Con l’ordinanza n. 10252 del 2 maggio 2013 (ud. 27 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della motivazione per relationem, realizzando una economia di scrittura. Per la Corte, “In tema di avviso di rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria di dichiarazione IVA, la motivazione degli atti di accertamento ‘per relationem‘, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (sent. 10205/03; conformi, sentt. 25146/05, 21119/11)”.

  • Con la sentenza n. 8966 del 12 aprile 2013 la Corte di Cassazione ha rilevato che, in tema di accertamento tributario, “l’avviso notificato prima dell’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, non deve necessariamente contenere in allegato l’atto a cui la motivazione abbia fatto riferimento, ai sensi dell’art. 7 della legge citata, o riprodurre il contenuto essenziale dell’atto ivi richiamato, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 32 del 2001, atteso che le norme indicate sono contenute in disposizioni innovative, non aventi efficacia retroattiva, sicché, in tali casi, l’avviso di accertamento motivato per relationem, che realizza una economia di scrittura, è valido, se, come nella specie, contenga un rinvio ad atti o documenti conosciuti o conoscibili da parte del contribuente (v. Cass. 23616/11, 16108/11)”.

  • Con la sentenza n. 23324 del 15 ottobre 2013 (ud. 27 giugno 2013) la Corte di Cassazione, in materia di rapporti fra processo verbale di constatazione e successivo avviso di accertamento, ha confermato che “in tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria, nella specie relativo ad avviso di rettifica di dichiarazione IVA da parte dell’Amministrazione finanziaria, la motivazione ‘per relationem‘, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio”.

  • Con la sentenza n. 6388 del 19 marzo 2014 (ud. 24 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che “è del tutto pacifico, nella giurisprudenza di questaCorte, che – ai fini IVA – l’avviso di accertamento debba considerarsicorrettamente motivato, come prescritto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art.56, ove faccia riferimento – come nella specie – ad un processo verbaledi constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato oconsegnato all’intimato (Cass. 6232/03)”.

22 aprile 2014

Gianfranco Antico

1 Tale sentenza va sulla scia di un principio più volte espresso, fra le altre, Cass. 6.3.80, n. 1503; Cass. 19.6.80, n. 3898, secondo cui “… come precisato da dottrina e giurisprudenza, l’avviso di accertamento tributario presenta due aspetti tra loro interdipendenti; l’uno sostanziale, in quanto esso pone in essere i presupposti per l’applicazione dell’applicazione dell’imposta, l’altro processuale, in quanto è diretto ad affermare, ai fini della sua definitività, la pretesa tributaria, come nel medesimo determinata, affinché il contribuente possa consapevolmente scegliere tra l’accettarla anche tacitamente o impugnarla, se ritenuta illegittima, in seguito a tale provocatio ad opponendum. In relazione a tale seconda funzione, l’obbligo di motivazione dell’accertamento deve ritenersi adempiuto quando il contribuente vi è posto in grado di conoscere la pretesa tributaria in tutti i suoi elementi essenziali al fine di una efficace eventuale contestazione sull’an e sul quantum debeatur. La motivazione richiesta per tali avvisi non corrisponde a quella prescritta per la sentenza dell’art. 132, n. 4, Cod. proc. Civ., quale fondamento della decisione, presentando, invece, analogia, per quella funzione di provocatio ad opponendum, con le ragioni della domanda da esporsi nella citazione, ai sensi dell’art. 163, n. 4, Cod. proc. Civ.… ; Cass. 16.12.81, n. 6653, in cui è affermato che “… la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto (da ultimo, sent. 19 giugno e 4 giugno 1980 nn. 3898 e 3640; 3 marzo 1980 n. 1403) che l’obbligo della motivazione prescritto dall’art. 37 del D. P. R. 29 gennaio 1958 n. 645 (nel caso di specie applicabile), è adempiuto quando il contribuente sia posto in grado, ai fini di una efficace contestazione sull’an e sul quantum, di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, cioè quando l’atto contenga, sia pure sinteticamente, l’indicazione dei fatti sui quali l’accertamento si fonda…”; Cass. 2.9.96, n. 7991, secondo cui “… Più in generale si è precisato che l’obbligo di motivare gli avvisi di accertamento deve ritenersi soddisfatto, in via di principio, quando la motivazione sia in grado di esternare, ancorché in forma estremamente contratta e semplificata, le ragioni del provvedimento, evidenziandone i motivi ricognitivi e logico deduttivi essenziali, in modo da consentire al destinatario di svolgere efficacemente la propria difesa attraverso la motivata e tempestiva impugnazione dell’atto, e al giudice di verificare gli aspetti materiali e giuridici della pretesa fiscale…”; Cass. sentenza n. 21210 del 25 giugno 2008 (dep. il 6 agosto 2008), che ha confermato che l’avviso di accertamento – che ha carattere di provocatio ad opponendum e soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur – deve ritenersi correttamente motivato ove faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione della guardia di finanza regolarmente notificato o consegnato all’intimato (Cass. 6232/03, 4223/06, 21231/06)”.