Redditometro: la correlazione fra entrate del contribuente e spese sostenute

in caso di accertamento sintetico, gli uffici, nella prassi operativa, pretendono il collegamento tra le disponibilità finanziarie del contribuente e la spesa sostenuta; tale prova è dovuta per dimostrare la propria capacità contributiva oppure no?

Accertamento sistentico – Prassi

redditometro accertamento sinteticoIn tema di accertamento sintetico, gli uffici nella prassi operativa pretendono il collegamento tra la disponibilità e la spesa sostenuta.

Secondo il fisco la presunzione di maggior reddito che l’ufficio finanziario fondi sulla spesa per incrementi patrimoniali sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati dal contribuente può essere vinta dando, allo stesso tempo, sia la dimostrazione documentale del possesso del maggior reddito determinato sinteticamente, sia la prova del suo impiego per affrontare la spesa in questione.

Quanto alla prova liberatoria a carico del contribuente per contrastare l’accertamento sintetico, non è sufficiente la dimostrazione dell’esistenza di disponibilità finanziarie ovvero è necessaria l’ulteriore dimostrazione che proprio quelle disponibilità finanziarie siano state utilizzate per sostenere le spese poste a fondamento dell’accertamento da parte del Fisco (c.d. nesso eziologico tra spese effettuate e disponibilità finanziarie).

Nel caso in cui il denaro utilizzato per l’acquisto sia di un terzo soggetto occorre, che il contribuente dia contezza della tracciabilità del denaro, non bastando la sola affermazione che l’incremento patrimoniale è fratto di un prestito o di un regalo.

Il legislatore individua l’oggetto della prova liberatoria a carico del contribuente unicamente nella (dimostrazione della) identità della spesa per incrementi patrimoniali con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta; per la norma, quindi, non è sufficiente la prova della sola disponibilità di redditi ma è necessario anche la prova che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta, non già con qualsiasi altro reddito (ovviamente dichiarato), ma proprio con redditi

“redditi esenti o … soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”. Senza la prova anche del nesso eziologico tra possesso di redditi e spesa “per incrementi patrimoniali”,

questa spesa (siccome univocamente indicativa, per presunzione di legge, della percezione di un reddito corrispondente) continuerebbe a produrre i suoi effetti presuntivi a danno del contribuente, non avendo lo stesso superato la forza della presunzione iuris tantum (“la stessa si presume”) posta, a suo svantaggio, dalla norma.

Peraltro, la prova1 richiesta, non è di così semplice reperimento, poiché significa ricostruire il “percorso” dei denari incassati o risparmiati, circostanza ancor più difficile quando tra la data del disinvestimento e quella dell’acquisto sono trascorsi diversi anni.

 

Ultimo intervento di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6396 del 19 marzo 2014,ha accolto il ricorso presentato da un contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale, tramite redditometro, il Fisco gli aveva rettificato ,in via sintetica, il reddito per acquisto di beni di lusso.

I giudici, nell’annullare l’accertamento, hanno statuito che il contribuente deve dimostrare l’esistenza dei redditi esenti o dei redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ma non è necessario che fornisca la dimostrazione del collegamento con l’acquisto

Negli accertamenti da redditometro, l’acquisto per incrementi patrimoniali può essere giustificato dal contribuente con la sola prova dell’esistenza di redditi esenti o altre disponibilità.

Non è necessaria, infatti, la prova dell’effettiva destinazione di tali altri redditi.

Il contribuente secondo la sentenza citata può fare annullare l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate provando che l’acquisto dei beni di lusso che gli vengono contestati è stato fatto con disponibilità finanziarie esenti o con ritenuta alla fonte, ad esempio una donazione o grazie al possesso di titoli, senza che sia necessario dimostrare che l’acquisto sia stata effettuato con quei soldi.

Una volta che il contribuente ha per ipotesi dimostrato di aver sostenuto le spese mediante un disinvestimento, l’onere di prova contraria è da ritenersi assolto, non avendo rilievo il “come” la somma disinvestita è stata utilizzata

La presunzione è superata una volta che il contribuente ha fornito la prova della disponibilità di redditi esenti o disinvestimenti che giustificano la capacità di spesa presunta dal redditometro senza la necessità di dover fornire la prova di come è stata effettuata la spesa.

Per contestare l’accertamento sintetico non è necessaria la dimostrazione del nesso tra spese effettuate e disponibilità finanziarie.2

Gli Ermellini, in accoglimento del ricorso, disattendendo un diverso e precedente orientamento giurisprudenziale3, hanno precisato che la norma non impone la dimostrazione dettagliata dell’impiego delle somme per la produzione degli acquisti o per le spese di incremento, ma richiede al contribuente di provare solo l’esistenza di disponibilità tali da permettere gli acquisti.

Nessun’altra prova deve dare il contribuente circa l’effettiva destinazione del reddito disponibile, se non la dimostrazione dell’esistenza dello stesso

 

25 marzo 2014

Ignazio Buscema

 

NOTE

1 La presunzione di maggior reddito che l’ufficio finanziario fondi sulla spesa per incrementi patrimoniali (nella specie, un versamento in conto capitale sociale) sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati dal contribuente può essere vinta dando, allo stesso tempo, sia la dimostrazione documentale del possesso del maggior reddito determinato sinteticamente, sia la prova del suo impiego per affrontare la spesa in questione (Cass. civ. Sez. V, 20-03-2009, n. 6813). La Ctr del Piemonte, con sentenza 21 ottobre 2013, n. 142/34/13, riferendosi a un contribuente che asseriva di aver fatto fronte alle spese poste a base dell’accertamento grazie al prelevamento, dalla società di cui era socio accomandatario, di somme rivenienti da utili di esercizi precedenti, (oltre a ritenere, nella specie, non dimostrata in maniera idonea la natura delle somme prelevate) ha posto l’attenzione sulla mancata prova del collegamento tra tali disponibilità finanziarie prelevate e le spese sostenute. La Ctp di Treviso, con sentenza 24 gennaio 2013, n. 2/3/13, ha confermato l’operato dell’ufficio che, a seguito di contraddittorio, ha accolto alcune giustificazioni del contribuente sulla base della prova del collegamento tra disponibilità finanziarie e spese sostenute, mentre ne ha disattese altre (quali l’esistenza di erogazioni liberali da parte dei genitori) riguardanti disponibilità per le quali il collegamento con le spese contestate non era stato provato. La Ctr del Lazio 15 aprile 2013 n. 107/21/13, ha rigettato la richiesta di invalidare un accertamento fondato sull’incremento patrimoniale, in quanto il contribuente non aveva dato prova di aver mantenuto nel tempo la ricchezza acquisita per effetto di una pregressa cessione che egli invocava a giustificazione del successivo incremento.

2 Secondo la C.T.P. di Lodi, Sez. II, Sentenza n. 23 del 4 febbraio 2013, “la richiesta di tale prova risulta illegittima in quanto non prevista dalla disposizione dell’art. 38, D.P.R. n. 600/1973”; la norma citata (al comma 6) dispone “come prova contraria al reddito determinato sinteticamente ai sensi dei precedenti commi 4 e 5 la contrapposizione di redditi esenti” e, nel caso di specie, “non è possibile non riconoscere tale la dazione della somma ricevuta dall’assicurazione a titolo risarcitorio. In ordine … alla pretesa mancata prova eccepita dall’Ufficio dell’utilizzo di quei denari per le spese e gli incrementi patrimoniali … dettagliati nell’avviso di accertamento”, la C.T.P. di Lodi “… evidenzia come le disposizioni sul tema (art. 38 citato) nulla prevedano in tale senso”. La Ctr del Lazio, con sentenza 18 giugno 2013, n. 277/4/2013, ha ritenuto non sussistere, in capo al contribuente, l’onere di dare conto, oltre che della disponibilità della provvista, anche delle modalità attraverso le quali sono avvenuti i pagamenti afferenti agli acquisti.

3La sentenza 20 febbraio 2013, n. 4138 del giudice di legittimità , ha statuito che “i contribuenti hanno documentato, nel merito, – e la sentenza impugnata fa riferimento a detti documenti – solo il preteso possesso di redditi … che essi assumono sufficienti, ma non hanno mai neppure allegato che proprio quei redditi erano stati impiegati, previo disinvestimento, per affrontare la “spesa per incrementipatrimoniali”, considerata dall’Ufficio. Discostandosi dall’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. trib., 20 marzo 2009, n. 6813) la giurisprudenza tributaria di merito ha sostenuto che, ai fini dell’accertamento del reddito complessivo IRPEF basato sul cd. redditometro, la dimostrazione delle maggiori uscite individuate dall’Agenzia delle entrate per differenza tra il reddito determinabile sinteticamente e il reddito in concreto dichiarato può essere giustificata da disinvestimenti patrimoniali (nel caso specifico, il riscatto di polizze previdenziali intestate al coniuge del contribuente), “senza che sia necessario correlare temporalmente le maggiori uscite con le maggiori entrate” (C.T.P. Reggio Emilia, Sez. I, 9 ottobre 2012, n. 272).