il pignoramento presso terzi dell’agente della riscossione è un atto dell’esecuzione forzata tributaria, successivo alla notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo, sottratto alla giurisdizione tributaria?
Principio
La regolarità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo poste comporta l’ineccepibilità del successivo atto procedimentale relativo al pignoramento presso terzi, la cui fase di esecuzione forzata ricade nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario (artt. 52 e 72-bis dpr n. 602/73); trattasi di materia che sfugge alla cognizione del giudice tributario ovvero di atti successivi alla notifica della cartella di pagamento. Tale interessante principio è stato statuito dalla Commissione tributaria regionale di Roma sez. 14 con la recente sentenza n. 27 del 9 gennaio 2014.
Dato normativo
L’art. 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, consente all’agente della riscossione di ordinare discrezionalmente al terzo il pagamento diretto e riconosce a detto agente una facoltà ovvero il pignoramento eseguito con ordine coattivo di consegna immediata, in luogo di quello ex artt. 543 e ss. c.p.c.. L’articolo 72 bis dello stesso D.P.R. pone i termini entro i quali tale pagamento1 deve essere effettuato, specificatamente ormai 60 giorni2 dalla data di notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica, ovvero alle rispettive scadenze, per le restanti somme
Giurisdizione tributaria
L’art. 57 del D.P.R. n. 602/1973, che inibisce l’opposizione all’esecuzione e/o agli atti esecutivi per questioni relative alla regolarità formale e alla notifica del titolo esecutivo, osta alla proposizione della domanda dinanzi al Tribunale con cui il contribuente si duole, opponendo il pignoramento presso terzi , della mancata notifica delle pregresse cartelle di pagamento. Infatti, dal momento che l’esattore omette o esegue in maniera irregolare la notifica delle cartelle di pagamento, tale vizio, concernendo la regolarità del titolo esecutivo (il ruolo), rientra nella giurisdizione delle Commissioni tributarie. Il contribuente, proprio a causa del difetto di notifica, non può però impugnare le cartelle entro il consueto termine, quindi il ricorso contro il pignoramento presso terzi dove si lamenta l’omessa notifica dell’atto “presupposto”, deve essere proposto dinanzi alla giurisdizione tributaria, riguardando sempre una questione sulla regolarità del titolo esecutivo. A fronte dell’omessa o irrituale notifica dell’atto “presupposto”, il contribuente può trovare tutela di fronte al giudice tributario anche nello stadio procedimentale espropriativo (Cass. civ. Sez. III, 02-08-2013, n. 18505).
Sussiste la giurisdizione e la competenza della Commissione tributaria in tema di pignoramento presso terzi, stante che, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, restano escluse dalla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento. Infatti, qualora il ricorrente lamenti proprio la mancata notifica della cartella, trova applicazione l’art. 19 c. 3 del D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui la mancata notificazione di atti impugnabili adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo. ove in assenza di omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (relativa a credito di imposta), il contribuente venisse privato della possibilità dinanzi al giudice tributario, il successivo atto esecutivo promosso dall’esattore per vizi relativi alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo (costituito dalla cartella stessa), non potendo per tali vizi adire il giudice ordinario l’esecutato rimarrebbe privato di ogni garanzia giurisdizionale. Ciò che è in costituzionalmente incongruo (CTP Catania, sez. VI, sent. n. 176 del 15 febbraio 2011).
Si richiamano, a riguardo, le statuizioni della Corte costituzionale, che ribadiscono la necessità di interpretazione costituzionalmente adeguata della disciplina processuale tributaria (sent. n. 255/2010, ord. n. 217/2010). Nel caso in cui al contribuente non venga notificata la cartella di pagamento, il pignoramento eseguito successivamente è nullo per carenza dei presupposti essenziali. La procedura, in tale ipotesi, avviata dalla società di riscossione è del tutto illegittima per mancata notifica delle cartelle esattoriali presupposte all’atto di pignoramento impugnato, ai sensi dell’art. 50, D.P.R. n. 602/1973. Ne consegue che, mancando alcuni degli elementi essenziali, il pignoramento stesso è nullo (CTP di Catania, Sezione VI, sentenza n. 176/06/11 del 15 febbraio 2011).
Mancata notifica atto presupposto
Il contribuente non può direttamente impugnare davanti alla Commissione tributaria l’atto di pignoramento perché tale atto non è direttamente impugnabile davanti agli organi della giustizia tributaria. Può però impugnare “al buio” l’atto impoesattivo di cui all’art. 29 del D.L. n. 78/2010 sulla base del quale il pignoramento è stato fatto, tenendo conto, quanto al termine, della data del pignoramento ai fini della decorrenza dei 60 giorni per proporre ricorso, deducendo l’eventuale giuridica inesistenza3 della notifica dell’atto impoesattivo. L’art. 19, c. 3, D.Lgs. n. 546/1992 dispone che la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo. La norma analizza l’ipotesi della mancata notifica degli attipresupposti (avvisi di accertamento, avvisi di irrogazione delle sanzioni, avvisi di liquidazione e cartelle di pagamento) rispetto a quelli successivi (avvisi di liquidazione, cartelle di pagamento, avvisi di mora, iscrizioni di ipoteca e fermi amministrativi, pignoramento speciale), regolarmente posti a conoscenza dell’interessato e riguardo ai quali decorrono i termini per agire in giudizio. Nulla impone al contribuente di impugnare, unitamente all’atto successivo, quello che l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto notificargli anteriormente. Ed invero, la succitata previsione legislativa non espone alcun obbligo in tal senso, essendo sancita una mera facoltà per il ricorrente. L’interessato, quindi, può liberamente scegliere, in relazione alle proprie strategie processuali e alle situazioni che gli si prospettano, se proporre un ricorso cumulativo, investendo, così, anche l’attopresupposto non notificato, o se limitarsi a impugnare il solo atto conseguente, notificato, deducendone l’illegittimità per la presenza del vizio proprio della mancata obbligatoria previa notifica dell’atto antecedente. Il contribuente può limitarsi a contestare un atto deducendo il vizio proprio della mancata notifica di un atto prodromico, senza che sussista l’obbligo di impugnazione di quest’ultimo. Spetta al giudice, interpretando il ricorso, cogliere la scelta del contribuente. Così, ove mai dovesse emergere che l’intenzione del ricorrente è impugnare esclusivamente l’atto successivo (per il suddetto vizio proprio), la Commissione non deve fare altro che verificare la sussistenza o meno della notifica dell’atto prodromico, sancendo la nullità del secondo atto in difetto. Nell’ipotesi di impugnazione che vada al di là del notificato atto seguente, invece, l’organo giudicante è tenuto, nel rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), a decidere anche in ordine al rapporto sottostante che, cristallizzabile nell’atto
7 febbraio 2014
Ignazio Buscema
1In caso di inottemperanza all’ordine di pagamento da parte del terzo debitore del contribuente non sono previste sanzioni. È, infatti, previsto che l’agente attivi la procedura ordinaria prevista negli artt. 543 e ss. c.p.c. con citazione davanti al giudice dell’esecuzione. In caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del Codice di procedura civile (Circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007 dell’Agenzia delle entrate). L’inottemperanza del terzo, quindi, non porta all’applicazione nei suoi confronti di una sanzione diretta, ma impone il ricorso all’ordinaria procedura di esecuzione presso terzi prevista dal Codice di procedura civile.
2 Con il decreto del Fare (D.L. n. 69/2013) viene profondamente riformata la riscossione mediante ruolo, affidata ad Equitalia. In sintesi, le principali novità riguardano: la durata massima delle rate che è possibile chiedere in caso di difficoltà economiche: si passa da 72 a 120 rate mensili;- la decadenza dalla rateazione, che si verifica non più se si saltano 2 rate consecutive, ma 8, anche non consecutive; la perdita di efficacia del pignoramento quando dalla sua esecuzione sono trascorsi 200 (e non più 120) giorni senza che sia stato effettuato il primo incanto; l’estensione dei limiti alla pignorabilità già presenti nel Codice di procedura civile per le ditte individuali anche alle società di capitale e, più in generale, alle società dove il capitale prevalga sul lavoro; il pagamento da parte del terzo pignorato, in caso di pignoramento del quinto delle pensioni e degli emolumenti, non più entro 15 giorni ma entro 60 giorni;- l’impossibilità di espropriare l’unico immobile di proprietà del debitore (eccetto le abitazioni di lusso e, in ogni caso, i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9), se è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente; l’anticipo a settembre 2013 del termine, fissato al 31 dicembre 2013, per l’eliminazione dell’aggio della riscossione. L’ordine rivolto al terzo pignorato di pagare il credito direttamente all’agente della riscossione deve essere ottemperato nel termine di sessanta giorni, anziché di quindici, onde evitare che il debitore, il quale intenda opporsi all’iniziativa, possa tutelarsi senza temere che il terzo disponga l’accredito delle somme pignorate.(vd direttiva n. 12 del 2010 di Equitalia)Equitalia con l’emanazione della direttiva n. 12/2010 ha spostato da 15 a 60 giorni il termine utile al debitore iscritto a ruolo per potersi difendere contro i pignoramenti pressoterzi ritenuti errati. Con la direttiva del 22 aprile 2013, prot. 2013/44044, Equitalia ha stabilito di non procedere con l’esecuzione dei pignoramenti sui conti correnti tenuti dalle banche e da Poste Italiane S.p.A. sui quali affluiscono gli stipendi e le pensioni di importo inferiore a 5.000 euro. Per usufruire della dilazione di pagamento nella misura di 120 rate, il contribuente dovrà attendere l’emanazione di apposito decreto del MEF. Se fino a tale data le istanze continueranno ad essere evase secondo la disciplina previgente (quindi secondo una rateazione di 72 rate), a seguito della promulgazione del decreto, la rateazione in corso potrà essere rimodulata sino a 120 rate, a condizione che sussista la “comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica”. Con nota del 1° luglio 2013, Equitalia ha fornito indicazioni in merito al trattamento delle situazioni pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto Fare.
3 Il Tribunale di Trani (sezione distaccata di Canosa di Puglia), con un’ordinanza del 25 febbraio 2011, ha stabilito che il contribuente deve rivolgersi al giudice tributario e non a quello ordinario per opporsi al pignoramento presso terzi eseguito dall’agente della riscossione. Il vizio di inesistenza della notifica concernente la cartella di pagamento (atto presupposto) si riflette sull’illegittimità dell’atto consequenziale (atto di pignoramento). Così la CTP di Milano ha accolto (sentenza n. 186 del 10 settembre 2010) il ricorso di una S.p.a. che aveva impugnato gli atti di pignoramento presso terzi emessi da Equitalia. La giurisdizione del giudice tributario – che si estende alla cognizione “di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie, con la sola esclusione degli atti dell’esecuzione tributaria, fra i quali non rientrano, per espressa previsione degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora – include anche la controversia relativa ad una opposizione all’esecuzione, nella specie attuata con un pignoramento presso terzi promosso con riguardo al mancato pagamento di tasse automobilistiche, quando oggetto del giudizio sia la fondatezza del titolo esecutivo, non rilevando la formale qualificazione come “atto dell’esecuzione” del predetto pignoramento ed invece contestandosi le cartelle esattoriali emesse per tasse automobilistiche che si ritengano non dovute, in quanto relative ad auto già demolite. Ancorché, infatti, sia stato impugnato un atto di esecuzione, l’oggetto della controversia è costituito non da questo ma dalla contestata fondatezza del titolo esecutivo (le cartelle esattoriali) mediante il quale l’ente creditore ha esercitato la pretesa tributaria che il contribuente ritiene non dovuta, sicché trattasi di valutare l’an del tributo. (Cass. civ. Sez. Unite, 05-07-2011, n. 14667)