La tassazione dei trasferimenti immobiliari dal 1° gennaio 2014

approfondimento sulla tassazione dei trasferimenti immobiliari, dato che cambiano radicalmente i criteri di tassazione: l’applicazione pratica della nuova disciplina fiscale

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato lo studio n. 1011-2013/T, approvato il 13 dicembre 2013, sulla tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Dunque, da tale data (dal 1° gennaio 2014) cambiano radicalmente i criteri di tassazione dei trasferimenti immobiliari a seguito del nuovo art. 1 della Tariffa, Parte I, D.P.R. n. 131/1986.

L’art. 10 D.Lgs. n. 23/2011, modificato dall’art. 26, comma 1, D.L. n. 104/2013, convertito dalla Legge n. 128 del 8 novembre 2013, semplifica, a decorrere dal 1° gennaio 2014, la tassazione degli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, dei provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e dei trasferimenti coattivi, prevedendo l’aliquota “ordinaria” nella misura del 9%.

L’aliquota è ridotta al 2% nel caso in cui il trasferimento abbia per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle della categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis, ovvero i requisiti per usufruire delle agevolazioni prima casa e quindi dell’imposta di registro al 2%.

Lo Studio del Notariato precisa che l’imposta non può essere comunque inferiore a 1.000 euro e che sono soppresse le esenzioni e le agevolazioni tributarie in vigore, anche se previste in leggi speciali.

La disciplina non incide sulla determinazione della base imponibile che risulta dunque immutata rispetto all’attuale regolamentazione dell’imposta di registro, compresa la disciplina del cd. prezzo valore.

Dal 1° gennaio 2014 tutti gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso sono assoggettati alle imposte ipotecaria e catastale nella misura di cinquanta euro ciascuna.

Si tratta di una riforma della tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso che, circoscrivendo a sole tre aliquote l’imposizione proporzionale, stravolge in maniera radicale l’impianto normativo precedente, storicamente consolidato, in ragione di una differenziazione delle fattispecie imponibili sia al fine di un’imposizione proporzionale (con aliquote del registro determinate nelle misure dell’ 1%, 3%, 7%, 8%, 15%) che fissa.

Secondo il Notariato la riforma, che senza dubbio rappresenta una semplificazione anche ai fini dell’attuazione delle imposte indirette (sia nella fase della liquidazione che dell’eventuale contenzioso), comporta tuttavia innegabilmente un aumento dell’imposizione.

Del resto anche la misura di 1000 euro quale “imposta minima” determina un aumento dell’imposizione in tutte quelle fattispecie, certo di non poco rilievo in alcuni territori italiani, in cui alla base dell’atto di trasferimento siano posti immobili (abitazioni, pertinenze, terreni agricoli) di esiguo valore.

Con riferimento all’art. 1 della tariffa verranno meno, a prescindere da ogni valutazione in merito alla loro eventuale natura di agevolazione, le aliquote ridotte previste per l’acquisto di:

– immobili di interesse storico e artistico;

– abitazioni esenti da IVA da parte delle società immobiliari di rivendita che si impegnino a ritrasferirle entro tre anni;

– immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.

A fronte della soppressione dell’aliquota ridotta dell’imposta di registro dell’1%, devono ritenersi non più dovute anche l’imposta ipotecaria “rafforzata” (nella misura del 3%, ai sensi dell’art. 1-bis della tariffa allegata al TU n. 347/90) e l’imposta catastale con aliquota dell’1% (ai sensi dell’art. 10 del TU n. 347).

Sono soppresse le disposizioni che prevedono l’imposizione in misura fissa, anche in questo caso a prescindere dalla loro eventuale natura agevolativa, per gli acquisti:

– di immobili da parte dello Stato, enti pubblici territoriali o consorzi costituiti

esclusivamente dagli stessi, ovvero a favore di comunità montane;

– di immobili a favore di Onlus e di Ipab riordinate in aziende di servizi o in Onlus;

– di immobili situati all’estero.

 

Riflessi sulla tassazione delle cessioni soggette ad IVA

Le modifiche normative relative alla tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso hanno ad oggetto gli atti di cui all’art. 1 della tariffa, parte prima, del TUR, soggetti all’imposizione proporzionale di registro (nella misura del 2% o del 9% o del 12%).

La riforma, quindi, ha un impatto limitato con riguardo ai suddetti trasferimenti rientranti nel campo di applicazione dell’IVA.

Più precisamente, sono interessate dalle novità introdotte dall’art. 10 D.Lgs. n. 23/2011 solo:

– le cessioni dei fabbricati abitativi e delle relative pertinenze effettuate da soggetti passivi IVA in esenzione dal tributo ai sensi dell’art. 10 n. 8-bis d.p.r. n. 633/1972 e le cessioni di immobili esenti da IVA ai sensi dell’art. 10 n. 27-quinquies del medesimo decreto, poiché atti soggetti, per la deroga al principio di alternatività (ex art. 40 TUR) all’imposta di registro proporzionale. Ne deriva che a tali cessioni si applicano le aliquote stabilite dal nuovo art. 1, l’imposta minima di 1000 euro, le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna, e non sono dovuti l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

La riforma non ha, invece, riflessi sull’imposizione:

– delle cessioni di fabbricati abitativi e relative pertinenze imponibili ad IVA, per le quali restano dovute, in ragione del principio di alternatività, le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa, aumentata a 200 euro ciascuna. Sono dovuti anche l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie;

– delle cessioni di fabbricati strumentali per natura e relative pertinenze, sia imponibili che esenti IVA, per le quali resta dovuta l’imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro, e le imposte ipotecaria e catastale nella misura proporzionale rispettivamente del 3% e dell’1%. Sono dovuti anche l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie;

– delle cessioni di terreni edificabili soggette ad IVA, per le quali restano dovute, in ragione del principio di alternatività, le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa, aumentata a 200 euro ciascuna. Sono dovuti anche l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

Non trovano applicazione per questi atti, quindi, né la disposizione relativa all’imposta minima di 1000 euro (perché riferita all’imposta di registro proporzionale, in tal caso non dovuta), né quella relativa all’assorbimento dell’imposta di bollo, dei tributi speciali catastali e delle tasse ipotecarie ed alla debenza di imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna.

 

Tassazione degli acquisti della cd. prima casa

La norma prevede la debenza dell’aliquota proporzionale del 2% per “le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”.

Per tali acquisti l’imposta di registro proporzionale non può comunque essere inferiore a 1000 euro, le imposte ipotecaria e catastale si applicano nella misura fissa di 50 euro ciascuna, e non sono dovuti l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

Restano immutate le condizioni soggettive, la disciplina delle pertinenze e quella della decadenza (oltre alla disposizione relativa all’anticipazione dell’agevolazione in caso di preliminari di cessioni soggette ad Iva).

Viene precisato, con riguardo alla decadenza, che la rideterminazione dell’imposta dovuta “nella misura ordinaria”, in relazione alla quale parametrare anche la sanzione del 30%, è solo quella relativa all’imposta di registro, restando le imposte ipotecaria e catastale in ogni caso dovute nella misura fissa di 50 euro ciascuna.

A parere del Notariato rimane applicabile la disciplina del credito di imposta, di cui all’art. 7 Legge n. 448/1998, non configurando, questa, un’agevolazione che incide sulla misura dell’imposta di registro proporzionale dovuta per i trasferimenti a titolo oneroso della cd. prima casa. Infatti, il credito consente di ridurre l’importo dell’imposta di registro da pagare se utilizzato a scomputo dell’imposta di registro dovuta per l’atto che dà origine al credito stesso ovvero per l’intero importo dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito.

L’art. 1 della tariffa cit., nella sua nuova formulazione, introduce, però, dal 1° gennaio 2014, una diversa definizione dei requisiti oggettivi delle case di abitazione, per il cui acquisto a titolo oneroso è possibile usufruire – in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis – di un’aliquota ridotta dell’imposta di registro (2%), definizione che appare ancorata solo alla categoria catastale.

In base alla nuova previsione, l’aliquota del 2% è dovuta, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis per “le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”.

Invece, l’art. 1 della tariffa nella versione vigente fino al 31 dicembre 2013 stabilisce, in presenza delle condizioni previste dalla nota II-bis per l’acquisto della cd. prima casa, l’applicazione di un’aliquota ridotta ai trasferimenti aventi ad oggetto case di abitazione non di lusso, individuate secondo i criteri stabiliti dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 agosto 1969.

E sulla base dei medesimi requisiti e condizioni è stata conformata anche la disciplina di favore per gli acquisti della cd. prima casa nell’ambito dell’iva nonché per gli acquisti della stessa a causa di morte o a titolo gratuito con riferimento alle imposte ipotecaria e catastale.

Inoltre, sia nella nota II-bis cit. sia nell’art. 7 della legge n. 448/1998, relativo al credito di imposta, rimane l’espressione “abitazione non di lusso”, tradizionalmente riferita ai predetti requisiti “strutturali” di cui al DM 2 agosto 1969, che nella nuova prospettiva non sembrano invece più necessari, rimanendo determinante solo il dato catastale. Questi disallineamenti nell’ambito dell’imposta di registro sembrano, pertanto, superabili in via interpretativa, non ritenendosi rilevanti, rispetto al nuovo requisito oggettivo come definito dalla novella, i riferimenti all’abitazione non di lusso secondo i parametri del D.M. del 1969.

Peraltro, il requisito oggettivo per l’applicazione dell’aliquota ridotta per l’acquisto della cd. prima casa è definito nel testo dell’art. 1 della tariffa, che rinvia alla nota II-bis solo per l’individuazione delle condizioni per l’accesso al beneficio.

D’altronde, se prima della modifica in esame la qualifica di “non di lusso”, di cui all’art. 1 della tariffa, era legata alle caratteristiche del D.M. 2 agosto 1969, a seguito dell’art. 10 D.Lgs. n. 23/2011 la definizione degli immobili “non di lusso”, richiamata dalla nota II-bis, sia riferita alla classificazione catastale degli stessi.

Una diversità relativa alla definizione del requisito oggettivo emerge, però, anche rispetto ad altri tributi, in cui il legislatore ha ritenuto opportuno richiamare la disciplina sulla “prima casa” in modo originariamente uniforme quanto ai requisiti ed alle condizioni.

In particolare, viene segnalato che il D.P.R. n. 633/1972 in materia di Iva non pare intaccato dalla riforma in esame e, dunque, la disciplina relativa alle cessioni della “prima casa” resta ancorata ai soli requisiti di cui al D.M. del 1969 (con l’effetto, ad esempio, che l’acquisto di un’abitazione classificata A/8 – cui non può trovare applicazione l’aliquota ridotta del 2% per la “prima casa” ai fini dell’imposta di registro – potrebbe usufruire del trattamento di favore ai fini dell’Iva in presenza dei requisiti non di lusso).

Problemi interpretativi potrebbero poi porsi con riferimento alla cd. agevolazione “prima casa” ai fini degli acquisti per successione o donazione in quanto tale disciplina da un lato fa riferimento alle abitazioni non di lusso, pur non richiamando espressamente il D.M. del 1969, da un altro lato rinvia all’art. 1 ed alla Nota –II bis della tariffa, dall’altro ancora menziona genericamente la misura fissa. Per effetto di tali richiami, tuttavia, in via interpretativa – secondo il Notariato – si potrebbe ragionevolmente sostenere che trovino applicazione le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa di 200 euro agli acquisti per successione e donazione di case di abitazione classificate nella categoria catastale A, escluse le categorie A1, A8 e A9, a prescindere dai requisiti non di lusso di cui al D.M. 2 agosto 1969.

 

Tassazione degli atti societari

In relazione alla nuova disciplina dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso viene esaminato il rinvio alle aliquote di cui all’art. 1 della tariffa parte prima allegata al TUR operato dal comma 1 dell’art. 4 della medesima tariffa sub lett. a) n. 1 (conferimento di proprietà o diritti reali di godimento su beni immobili) e sub lett. d) n. 2 (assegnazione ai soci, associati o partecipanti di proprietà o diritti reali di godimento su beni immobili). Sul punto viene ritenuto che a tali fattispecie si applichino per effetto del rinvio alle “aliquote” le nuove misure dell’imposta di registro.

L’esplicito riferimento circoscritto alle “aliquote di cui all’art. 1” pone l’interrogativo se, per le ipotesi rinviate, le imposte ipotecarie e catastali si riducano ad euro cinquanta cadauna o restino dovute nella misura proporzionale del 2% e dell’1% rispettivamente ai sensi dell’art. 1 della tariffa allegata al D.lgs. n. 347/90 e dell’art. 10 di detto decreto.

Al riguardo viene ipotizzato che il nuovo comma 3 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 23/2011 assoggetti alle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro cinquanta solo gli atti assoggettati a loro volta all’imposta di registro, ovverossia solo gli atti che siano finalizzati al trasferimento di immobili; laddove negli atti di conferimento immobiliare il trasferimento è solo lo strumento giuridico per addivenire alla stipula di uno di quegli atti che l’art. 4 della tariffa definisce propri delle società (o di altro ente diverso dalle società), come ad esempio la costituzione o l’aumento del capitale o del patrimonio. In detti ultimi atti il trasferimento parrebbe solo il mezzo, non la causa giuridica del negozio e ciò giustificherebbe la non applicabilità a tali ipotesi della novella prevista per gli “atti di trasferimento”.

Tuttavia, il nuovo comma 3 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 23/2011 stabilisce che sono soggetti a ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa ridotta (di euro cinquanta) gli atti assoggettati all’imposta e quindi tutti gli atti indistintamente in relazione ai quali trovi applicazione l’imposta detta, senza alcuna distinzione se siano gli atti del traslativi in senso stretto o atti previsti da altro articolo della tariffa stessa cui si applichi per richiamo quella imposta (come appunto gli atti di conferimento immobiliare). Ciò giustifica l’attenuazione del carico fiscale per l’imposta ipotecaria e catastale nella misura di euro cinquanta cadauna anche con riferimento a questo tipo di atti.

Viene, quindi, ritenuto – in via sistematica – che il rinvio pur alle sole aliquote comporti l’applicazione di tutta la nuova disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, compresa l’imposta proporzionale minima di 1000 euro e l’esenzione dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

Con particolare riguardo all’imposta di bollo viene tuttavia precisato che l’esenzione di cui al comma 3 dell’art. 10, appunto perché relativa ai trasferimenti immobiliari, non sembra possa valere anche per le formalità correlate all’iscrizione nel registro delle imprese, essendo ipotizzabile in questo caso l’applicazione della misura residuale.

Naturalmente invece quando un atto proprio delle società (diverso da quello con effetti traslativi immobiliari) viene inciso con applicazione della sola imposta di registro in misura fissa, si osserverà (anche per le imposte ipotecaria e catastale) l’adeguamento dell’importo dovuto dagli attuali euro 168 ad euro 200 (ciò ad esempio in caso di conferimento d’azienda, di fusione,

scissione, trasformazione di società).

Nel caso di assegnazione da società a socio di un’azienda o di un suo ramo con immobili l’imposta di registro resta dovuta nella misura fissa (nell’importo innalzato a 200 euro), mentre avuto riguardo alle imposte ipotecaria e catastale si ripropone nei medesimi termini la contrapposizione tra chi ritiene prospettabile l’applicazione in misura fissa e chi invece sostiene l’applicazione in misura proporzionale. In ogni caso, il quadro di riferimento non viene intaccato dalla novella, non essendo comunque prospettabile l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 50, in quanto trattasi di atto non soggetto all’imposta, e cioè prevista per atti recanti un trasferimento immobiliare assoggettato ad imposta proporzionale di registro.

Resta inoltre fermo che il rinvio “alle aliquote” opera solo per le ipotesi espressamente disciplinate, pertanto i casi in cui il conferimento di proprietà o diritto reale di godimento abbia ad oggetto fabbricati destinati specificamente all’esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione nonché aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione dei suddetti fabbricati o come loro pertinenze, sempreché i fabbricati siano ultimati entro cinque anni dal conferimento e presentino le indicate caratteristiche, sono regolati, agli effetti dell’imposta di registro, dall’aliquota del 4%, non soppressa dalla novella e, conseguentemente, in tali casi le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute in misura proporzionale.

 

Vincenzo D’Andò

10 gennaio 2014