IRAP ed autonoma organizzazione: in quali casi conviene versare?

per i contribuenti privi di un’autonoma organizzazione per cui l’IRAP non è dovuta, potrebbe essere sempre preferibile versare la relativa imposta ed avviare successivamente la procedura per ottenerne il rimborso?

Il presupposto oggettivo di imposizione ad IRAP è costituito, a norma dell’art. 2 c.1 del decreto IRAP, dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi. I soggetti (prevalentemente professionisti e piccoli lavoratori autonomi) che ritengono di trovarsi al di fuori del perimetro del campo di applicazione del tributo per l’assenza degli indicatori di autonoma organizzazione, devono far fronte alla problematica se procedere o meno alla compilazione del modello dichiarativo IRAP, in quanto, ad oggi, non esiste alcun adempimento formale atto a segnalare tale condizione oggettiva.

Sul punto, però, bisogna osservare che, l’art. 1 c. 515 della L. 228/2012 ha istituito, a decorrere dal 2014, un fondo finalizzato ad escludere dall’ambito di applicazione dell’IRAP le persone fisiche esercenti le attività commerciali indicate all’art. 55 del TUIR, ovvero arti e professioni. L’esclusione dal tributo opererà a condizione che i predetti soggetti non si avvalgano di lavoratori dipendenti o assimilati, e impieghino, anche mediante locazione, beni strumentali di ammontare non eccedente una determinata soglia. Tale soglia dovrà essere definita con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, adottato previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

In attesa del predetto provvedimento attuativo, delle utili linee di indirizzo – per i contribuenti che ritengono di operare privi di un’autonoma organizzazione – permangono quelle esposte dall’IRDECEC con la Circolare n. 2/IR del 05.06.2008, nella quale sono state individuate alcune possibili soluzioni adottabili al caso di specie. In particolare, le possibili soluzioni individuate dall’IRDCEC possono essere le seguenti:

  • omettere la presentazione della dichiarazione IRAP;
  • presentare la dichiarazione IRAP ed ometterne il versamento della relativa imposta;
  • procedere alla presentazione della dichiarazione IRAP, versando la relativa imposta ed avviare successivamente la procedura per ottenerne il rimborso.

Una delle soluzioni indicate nella richiamata Circolare n. 2/IR dell’IRDCEC è, come anticipato, quella di omettere la presentazione della dichiarazione IRAP, assumendo una sorta di “comportamento concludente” circa la non assoggettabilità al tributo. Tale ipotesi comporta, però, per il contribuente, l’esposizione al potere di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e la conseguente instaurazione di un contenzioso tributario con l’Amministrazione Finanziaria. Va detto, comunque, che, a favore del contribuente, depone la circostanza in virtù della quale è l’Ufficio che deve dimostrare,in sede contenziosa, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’IRAP, non essendo sufficiente, a tal fine, che l’Amministrazione finanziaria si limiti a contestare il mero esercizio di un’ attività di lavoro autonomo da parte del contribuente. Un’ulteriore possibile conseguenza è rappresentata dal fatto che, l’omessa presentazione della dichiarazione IRAP comporta, a norma dell’art. 32 del D.Lgs. 446/1997, l’irrogazione di una sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di € 258, per l’omessa presentazione della dichiarazione con ritardo superiore a 90 giorni (in assenza di debito d’imposta è prevista una sanzione da € 258 a € 1.032). Inoltre, in presenza di ricorso con giudizio sfavorevole per il contribuente, si presenta la possibilità per l’Ufficio di iscrivere a ruolo un importo pari alla metà dell’imposta corrispondente al maggiore imponibile accertato, secondo il combinato disposto degli artt. 15 D.P.R. 29.9.1973 n. 602 e dell’art. 30 D.Lgs. n. 446/1997.

La seconda soluzione prospettabile per il contribuente che ritiene di non rientrare nel perimetro di applicazione dell’IRAP, consiste nella presentazione del modello dichiarativo, omettendo, tuttavia, il versamento della relativa imposta. Tale fattispecie, consente all’ufficio di attivare la procedura automatizzata di cui all’art. 36-bis D.P.R. n. 600/1973 (liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni), non trovando coincidenza tra i dati dichiarativi e i versamenti effettuati dal contribuente. Anche in questo caso il recupero dell’imposta dichiarata, ma non versata, avviene mediante iscrizione a ruolo delle somme e notificata la relativa cartella di pagamento, la cui scadenza per la notificazione è stabilità entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ex art. 25 D.P.R. 602/1972). Allo stato attuale, rimane comunque sconsigliato procedere all’inoltro della dichiarazione IRAP seguito dall’omissione dei versamenti, in quanto ciò cagionerebbe la formazione del ruolo e la notifica della cartella di pagamento per le intere somme dichiarate, ma non versate, ad opera di dell’Ente adibito alla riscossione.

L’ultima possibilità consiste nell’assunzione da parte del contribuente di un comportamento “corretto”, ovvero quello di procedere alla presentazione della dichiarazione e al relativo versamento dell’imposta, e di presentare successivamente, a norma dell’art. 38 DPR 602/1973, un’istanza di rimborso. Adottando tale atteggiamento, il contribuente dovrà:

  • compilare il Quadro IQ della dichiarazione Irap secondo le regole ordinarie, come se avesse un’attività autonomamente organizzata;
  • versare il tributo;
  • attivarsi poi presentando istanza di rimborso.

 

Sul punto, è bene rammentare che, il termine di presentazione dell’istanza di rimborso decorre dalla data di versamento del saldo, se il diritto al rimborso deriva da un’eccedenza dei versamenti in acconto rispetto a quanto dovuto a saldo, oppure da pagamenti provvisori in quanto subordinati alla definitiva determinazione dell’obbligazione, ovvero dalla data di versamento dell’acconto, se lo stesso non era dovuto, ovvero non era dovuto in quella misura(R.M. 459/E del 2.12.2008). Nel caso di specie, si configura, peraltro, un’ipotesi di soggettiva esclusione dal tributo per cui, anche in chiave prudenziale, l’istanza dovrebbe essere presentata entro 48 mesi dalla data di versamento dell’acconto. Nel caso in cui l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente rigetti l’istanza di rimborso presentata dal contribuente, lo stesso ha la facoltà di proporre ricorso entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento di diniego, ovvero decorsi 90 giorni dalla proposizione dell’istanza di rimborso nel caso di “silenzio rifiuto” e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.Occorre tenere presente che, a decorrere dagli atti notificati dall’1 aprile 2012, per i provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore ad € 20.000,00, il contribuente, in luogo del ricorso, è tenuto a presentare reclamo all’Agenzia delle Entrate che può dare luogo all’accoglimento della richiesta di reclamo (quindi di annullamento/totale parziale dell’atto) ovveroad una mediazione tra le parti, che, in sostanza, è una “sottospecie” di conciliazione giudiziale.

 

2 dicembre 2013

Sandro Cerato