Attestazione di conformità del deposito di copia del ricorso o appello

costituisce causa di inammissibilità del ricorso (di primo grado o di appello) non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e l’atto notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in assenza di attestazione

Normativa

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, che disciplina il deposito nella segreteria della commissione tributaria adita della copia del ricorso notificato mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso (di primo grado o di appello) non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e l’atto notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in assenza di attestazione.

 

Costituzione del resistente o l’appellato

Siffatto principio rispetta l’esigenza di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità in funzione dell’effettività della tutela giurisdizionale solo in presenza di costituzione del resistente o l’appellato, posto che, in tale situazione, la difformità tra i due esemplari di ricorso è suscettibile di essere contestata dalla parte costituita e, comunque, agevolmente rilevata dal giudice, attraverso il diretto raffronto del ricorso depositato con quello notificato, trattandosi di atti, entrambi, acquisiti in  giudizio.

 

Contumacia del resistente o dell’appellato. Contrasto giurisprudenziale?

Secondo un preciso orientamento del giudice di legittimità il principio diviene, invece, assolutamente inappagante in ipotesi di contumacia del resistente o dell’appellato, giacché, in tale situazione, viene a mancare in radice, per la parte, ogni possibilità di riscontrare e denunciare la difformità e risulta, peraltro, impedita, al giudice, ogni effettiva possibilità di verifica ufficiosa della prescritta conformità, attraverso la diretta comparazione dell’esemplare depositato a quello notificato, dato che la contumacia del resistente o dell’appellato preclude l’acquisizione, del secondo esemplare, agli atti del giudizio. Atteso, inoltre, che, altrimenti, la prescritta formalità risulterebbe priva di qualsiasi reale funzione, deve, quindi, ineludibilmente ritenersi che, in ipotesi di contumacia del resistente (o dell’appellato), la mancata attestazione della conformità del ricorso depositato in commissione a quello notificato a mezzo posta alla controparte costituisce di per sé, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, causa d’inammissibilità del ricorso.».La mancata attestazione della conformità del ricorso fatto pervenire alla Commissione a quello spedito a mezzo posta alla parte evocata in giudizio, a fronte della sua mancata costituzione, impone la declaratoria d’inammissibilità del ricorso. Se il ricorso o l’appello sono consegnati alla controparte direttamente o tramite ufficio postale, la mancanza dell’attestazione della conformità tra il documento incorporante l’atto di impugnazione depositato nella segreteria della commissione tributaria e il documento incorporante l’atto di impugnazione trasmesso alla controparte è causa di inammissibilità tutte le volte che quest’ultima non si sia costituita (Cass. civ. Sez. V, 22-01-2010, n. 1174).

 

In tema di contenzioso tributario, l’art. 22, c. 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53), che disciplina il deposito in segreteria della commissione tributaria adita della copia del ricorso mediante consegna o spedizione a mezzo dei servizio postale, va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità non la mancata attestazione, da parte dell’appellante o ricorrente , della conformità tra il documento depositato ed il documento notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in caso di detta mancanza. Qualora l’appellato o resistente sia rimasto contumace, venendo a mancare in radice la possibilità di riscontrare e denunciare la difformità, si impone la declaratoria dell’inammissibilità dell’appello o ricorso , in quanto, in caso contrario, nell’ipotesi de qua la prescritta formalità risulterebbe priva di qualsiasi reale funzione (Cass. civ. Sez. V Sent., 22-02-2008, n. 4615).

 

L’omissione circa l’attestazione della conformità della copia depositata in rapporto all’originale dell’atto notificato conduce alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione nell’ipotesi di mancata costituzione della controparte. Precisamente ,qualora, l’appellato o resistente sia rimasto contumace, venendo a mancare in radice la possibilità di riscontrare e denunciare le difformità, si impone la declaratoria dell’inammissibilità dell’appello o ricorso, in quanto, in caso contrario, nell’ipotesi de qua la prescritta formalità risulterebbe priva di qualsiasi reale funzione. L’omissione circa l’adempimento dell’attestazione di conformità diviene suscettibile di sanzione nella misura in cui non sia possibile per il giudice confrontare l’originale notificato e la copia depositata all’atto della costituzione del ricorrente o appellante, quando ricorra la contumacia della parte intimata; qualora la parte alla quale l’atto sia stato notificato non si costituisca in giudizio, occorre comminare l’inammissibilità dell’impugnazione in dipendenza dell’omessa attestazione della conformità all’originale, poiché in tal caso è preclusa ogni facoltà di indagine da parte del giudice adito.

 

Secondo diverso orientamento del giudice di legittimità (Cassazione sentenza n. 6780/2009) è causa d’inammissibilità dell’appello notificato per posta o per consegna diretta, non la mancanza di attestazione da parte dell’appellante della conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto all’atto di notificazione depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria regionale, ma l’effettiva difformità.Ciò vale anche per l’ipotesi in cui l’appellato non si sia costituito in giudizio. L’iter logico giuridico adottato da tale orientamento ha evidenziato quanto segue. Il principio, affermato dalla consolidata giurisprudenza del giudice di legittimità con riguardo all’ipotesi in cui l’appellato si sia costituito in giudizio, secondo il quale è causa d’inammissibilità dell’appello notificato per posta, non il mero difetto della attestazione di conformità, ma l’effettiva difformità accertata dal giudice, tra l’atto depositato e quello spedito alla controparte (Corte di cassazione 8 luglio 2005, n. 14430; 22 febbraio 2005, n. 3562; 27 agosto 2004, n. 17180), vale anche per l’ipotesi in cui l’appellato non si sia costituito in giudizio, perchè la richiesta legislativa della dichiarazione di conformità del ricorso (e dell’appello), che siano notificati in modo diverso da quello ex art. 137 c.p.c. e ss., cioè per posta o per consegna diretta, non è un requisito di ammissibilità per le seguenti ragioni:

1) perchè la legge prevede espressamente come causa d’inammissibilità dell’atto d’impugnazione solo la “non conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito” (art. 22, c. 3, n. 2), mentre nulla dice sulla violazione del vincolo ad attestare la conformità delle due dichiarazioni incorporate nei due documenti diversamente destinati;

2) perchè la giurisprudenza della Corte costituzionale(1) e del giudice di legittimità(2) è decisamente orientata ad interpretare restrittivamente le norme che prevedono l’inammissibilità degli atti processuali;

3) perchè, data la struttura della notificazione scelta dall’appellante, è per lui impossibile provare che il documento notificato incorpora una dichiarazione identica a quella del documento depositato;

4) perchè, di conseguenza, mentre l’eventuale dichiarazione tardiva, che sia resa dall’appellante, di non conformità comporterebbe l’inammissibilità dell’appello, l’eventuale dichiarazione tardiva di conformità evidenzierebbe il carattere meramente formale dell’adempimento;

5) perchè la difformità delle due dichiarazioni, quella notificata e quella depositata, è una situazione il cui accertamento implica di necessità la collaborazione del destinatario della notificazione, che, se intende farla valere, è gravato dell’onere di costituirsi in giudizio, senza che la sua costituzione, che sia effettuata al solo scopo di far valere la difformità, produca la sanatoria dell’inesistenza dell’appello determinata dalla difformità;

6) perchè, se non si ammettesse che il mero difetto di attestazione di conformità non valesse per l’ipotesi di mancata costituzione in giudizio dell’appellato, basterebbe la sua inerzia a determinare l’inammissibilità dell’appello e si premierebbe il comportamento omissivo di un soggetto che è gravato, invece, per le ragioni di ordine letterale e sistematico poc’anzi illustrate, dell’onere di eccepire l’eventuale difformità della dichiarazione notificatagli rispetto a quella depositata dall’appellante presso la segreteria della CTR.

 

 

Attestazione di conformità

Il concetto di conformità deve richiedere non un’identità tra l’atto depositato nella segreteria e quello consegnato o spedito a mezzo di servizio postale; in altri termini è plausibile ritenere che la conformità presupponga solo una corrispondenza sostanziale di un atto all’altro; lievi, insignificanti e marginali differenze non possono comportare il divieto del principio del contraddittorio e la sanzione d’inammissibilità del ricorso. L’attestazione di conformità tra il documento notificato e il documento depositato non è una dichiarazione cui la legge riconosca la stessa efficacia creativa di certezza legale della conformità che è riconosciuta alla relazione di notificazione dell’ufficiale giudiziario.La mancanza di tale attestazione non può essere considerata un fatto determinativo, in via autonoma, dell’inammissibilità del ricorso o dell’appello. L’attestazione di conformità è una dichiarazione di scienza del ricorrente o dell’appellante che, priva di certezza legale, svolge la funzione di consentire al giudice, in mancanza di contestazione da parte dell’intimato, di ritenere per vera l’affermazione della parte promotrice del giudizio e di considerare inutile l’esercizio del potere di rilevare d’ufficio la conformità tra documento notificato e documento depositato. Se invece la parte appellante omette di attestare la conformità tra documento notificato e documento depositato il giudice deve accertarla d’ufficio.

 

Aspetti processuali

Sotto il profilo processuale, l’eccezione d’inammissibilità de qua assurge ad eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. L’attestazione di conformità deve essere effettuata dal difensore tecnico e solo nei casi consentiti dalla parte interessata (i.e. art. 12, c. 5, D.lgs. 546/92). L’omissione della dichiarazione del ricorrente o dell’appellante, attestativi della conformità tra copia e originale, assurge a fatto che stimola la CT ad esercitare il potere di rilevare d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio l’inammissibilità del ricorso o dell’appello, al di là ed indipendentemente dall’eccezione della controparte, ma a maggior ragione, in caso di sollevazione di eccezione da parte del notificato.

 

NOTE

(1) La Consulta (sentenza n. 98/2004) ha sancito che l’inammissibilità deve essere limitata solo a quelle cause che costituiscano una ragionevole sanzione per la parte processuale, che si deve mirare a contrastare la realizzazione della giustizia solo per ragioni di seria importanza, che i profili di forma devono essere valutati criteri di equa razionalità, che si deve assicurare l’armonia sistematica del regime dell’istituto controverso con lo specifico sistema processuale cui esso appartiene; il canone ermeneutico (adottato dal giudice delle leggi, ad es., nelle sentenze C. Cost. nn. 520/2002 e 98/2004) è quello secondo cui è necessario dare alle norme processuali in genere, ed a quelle sul processo tributario in particolare, una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia istituzionalmente propria del processo, ma consenta altresì, per quanto possibile, di limitare al massimo l’operatività d’irragionevoli sanzioni d’inammissibilità in danno delle parti che di quella garanzia dovrebbero giovarsi.

 

(2) Le norme processuali in genere, ed a quelle sul processo tributario in particolare, debbono essere interpretate in modo da tutelare ad un tempo la funzione di garanzia che è istituzionalmente propria del processo e, nel contempo in modo da limitare al massimo 1’operatività di “irragionevoli” sanzioni di inammissibilità in danno delle parti che dì quella garanzia dovrebbero giovarsi (Sent. n. 18088 del 28 maggio 2004 dep. l’8 settembre 2004 della Corte Cass).

 

11 dicembre 2013

Ignazio Buscema