SRL cessata, quale responsabilità per i soci?

dopo la cancellazione di una SRL dal registro delle imprese, il socio risponde delle obbligazioni sociali solo nei limiti di quanto percepito dalla liquidazione della SRL cessata

La cancellazione dal registro delle imprese di una società a responsabilità limitata configura un fenomeno di tipo successorio tramite il quale le obbligazioni di esse si trasferiscono ai soci che però ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione: rimane invece illimitata nel caso di un ente privo di personalità giuridica.

La Corte di Cassazione con la sentenza n.17564 del 18 luglio 2013 affronta nuovamente il caso della società cessata e delle responsabilità dei debiti dei soci dopo la cancellazione: i giudici di legittimità, in riferimento al nuovo articolo 2495 del codice civile, affermano che il socio di una SRL risponde dei debiti dell’impresa cancellata dal Registro delle Imprese nei limite di quanto percepito dalla liquidazione della propria quota mentre la responsabilità rimane illimitata, nel caso di cessazione di società priva di personalità giuridica.

Il Tribunale ordinario nel maggio del 2006 aveva dichiarato risolto il contratto di locazione relativo ad una cantina stipulato il 31 dicembre 1991 tra due persone fisiche e una SRL; i giudici di primo grado condannava la società in liquidazione in persona del liquidatore, nonché il liquidatore stesso, al rilascio della cantina nel termine di sei mesi, oltre al pagamento delle spese processuali.

Su ricorso della SRL in liquidazione, cui resisteva la persona fisica interessata (divenuto nel frattempo unico erede) la Corte di appello nel novembre 2008 confermava la sentenza dei giudici di prime cure e condannava la SRL, anche al pagamento delle spese processuali.

La SRL in liquidazione e il suo liquidatore avverso tale sentenza sfavorevole si rivolgono, in ultima istanza, in Cassazione.

Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003, l’efficacia meramente dichiarativa della cancellazione delle società dal Registro delle Imprese non era posta in dubbio, al punto che l’insufficienza di tale vicenda a determinare l’estinzione societaria costitutiva oggetto di consolidato consenso della giurisprudenza. Tale orientamento era fondato sulla relazione al Libro V del codice civile e sul principio di diritto enunciato dall’art. 2193 c.c., ed aveva avuto molte conferme dalle sentenze che avevano sostenuto la sopravvivenza dei rapporti giuridici pendenti alla cancellazione dal Registro delle Imprese e la conseguente legittimazione processuale dell’ente per i giudizi avviati prima del compimento di tale atto. Al tempo stesso, il Codice Civile ammetteva l’azione dei creditori sociali nei confronti dei liquidatori, non già per la loro successione in obbligazioni che restavano invece collegate alla società (ritenuta ancora esistente), bensì per responsabilità extracontrattuale.

La novella contenuta nell’art. 2495 c.c. induce a ritenere superata la questione, con la previsione di una data certa dell’estinzione dell’impresa (anche) collettiva; la normativa contenuta nel citato articolo 2495 prevede che “Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

I giudici di legittimità evidenziano che i giudici di secondo grado hanno escluso che l’art. 2495 c.c. nella parte in cui prevede la estinzione della società, possa trovare applicazione per il caso in cui la cancellazione della società dal Registro delle Imprese non è intervenuta a seguito dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione, conclusivo appunto di tale fase di liquidazione, ma in forma di ordinanza del giudice quale effetto sanzionatorio per il mancato deposito del bilancio per tre anni consecutivi cosi che mancando la fase liquidatoria non sarebbe possibile per i criteri agire nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio o perché, mancando la fase liquidatoria nonostante il provvedimento di cancellazione la società ha continuato ad operare.

La Corte di Cassazione con le sentenze nn. 4060, 4061, 4062 del 2010, in osmosi con la dottrina dominante, ha avuto modo di ravvisare nelle modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art.2495 c.c., rispetto alla formulazione del precedente art. 2456 c.c., che disciplinava la medesima materia, una valenza innovativa, per cui la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese ora è da considerarsi senz’altro produttiva di un effetto estintivo destinato ad operare in coincidenza con la cancellazione, se questa ha avuto luogo in data successiva al 1 gennaio 2004.

Ritenuta la questione della legittimazione attiva o passiva della società estinta per cancellazione, come questione di notevole importanza, le Sezioni Unite della Cassazione con le sentenze nn. 6070/13 e 6071/13 hanno statuito che il giudizio in cui la società attrice o convenuta sia cancellata dal Registro delle Imprese e, quindi, estinta può essere proposto o proseguito nei confronti dei soci, ove si tratti di giudizio in cui i creditori abbiano convenuto in giudizio la società, mentre il giudizio può proseguire ad iniziativa dei soci nel caso di rapporti attivi della società.

 

I giudici di legittimità nella parte conclusiva della sentenza oggetto del presente commento osservano che , con la riforma dell’art.2495 c.c., il comma 1, riproduce il contenuto di cui all’art. 2456 c. 1 c.c.; di conseguenza la cancellazione ha assunto efficacia costitutiva e i creditori insoddisfatti possono notificare la propria domanda contro i soci e i liquidatori presso l’ultima sede della società e possono agire anche nei confronti del liquidatore (deve intendersi, però, per risarcimento dei danni) se il mancato pagamento dei debiti sociali sia dipeso da colpa di questi; ma di tale ulteriore previsione non occorre occuparsi, osservano i giudici di legittimità, non essendo stata esercitata alcuna azione contro il liquidatore nella vertenza in esame.

Peraltro, l’efficacia costitutiva della cancellazione, che è disposta dall’ufficio del Registro delle Imprese sotto la sorveglianza del giudice, che attiene al controllo formale del procedimento, determinando la estinzione della stessa, configura un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni di essa si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Nel caso in esame la SRL in liquidazione non poteva proporre ricorso per cassazione, in quanto il proposto mezzo deve provenire, a pena di inammissibilità, dai soci della stessa.

In altri termini, una volta estinta, la società attrice o convenuta, ricorrente o resistente non può essere soggetto e protagonista della vicenda processuale che la riguarda. Pertanto, il ricorso proposto dalla SRL va dichiarato inammissibile.

 

22 novembre 2013

Federico Gavioli