La tassazione dei viaggi premio: i classici pacchetti viaggio elargiti a titolo gratuito al raggiungimento di determinati obiettivi di vendita o di raccolta

secondo una parte della dottrina, i viaggi premio che un’impresa offre ad un’altra (nel caso di specie una compagnia assicurativa ad un suo agente) non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito di quest’ultima; occorre distinguere diverse ipotesi, una delle quali può dar luogo ad assenza di imposizione in capo al soggetto beneficiario del viaggio premio

Premessa

Le attribuzioni patrimoniali gratuite a favore delle imprese assumono un particolare rilievo nel settore dell’intermediazione, laddove è prassi per le società mandanti premiare i propri agenti o rappresentanti, al raggiungimento di certi obiettivi di vendita o di raccolta, con pacchetti turistici elargiti a titolo gratuito.

Per quanto attiene alla deducibilità delle spese relative a detti viaggi turistici, da parte delle società mandanti, vi sono molteplici interventi di prassi, dottrina e giurisprudenza, che addivengono a soluzioni diverse, secondo una tesi o l’altra ed alle circostanze fattuali del caso considerato.

In particolare, talvolta vengono qualificate come spese di rappresentanza, altre volte come costi deducibili tout court ed altre ancora come spese integralmente indeducibili per assenza del requisito di inerenza di cui all’articolo 109, comma 5, del TUIR.

Sul fronte dell’imponibilità per il destinatario di tali pacchetti turistici ricevuti, invece, non si riscontrano contributi di prassi e giurisprudenza, giacché si tratta generalmente di spese che il Fisco “vede” e contesta laddove emergono documentalmente, ovvero presso chi ha sostenuto la spesa, cioè la società mandante, mentre difficilmente sono portate in evidenza dal soggetto che ne usufruisce, cosicché difficilmente il Fisco giunge a vagliarle ed, eventualmente, a contestarne il mancato assoggettamento ad imposizione.

L’assenza di controversie tra Fisco e contribuenti sulla questione ne ha determinato la sua scarsa considerazione a livello di giurisprudenza e di prassi.

Per inquadrare correttamente il trattamento tributario di tale fattispecie, allora, non resta che rifarsi alla normativa ed alla dottrina esistente.

 

Quadro normativo

Prima di esaminare il trattamento fiscale della fattispecie in oggetto sul versante del soggetto beneficiario, occorre ricordare brevemente il quadro normativo di riferimento.

In particolare, l’articolo 85, comma 1, del TUIR, stabilisce che sono ricavi:

a) i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

b) i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;

c) i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all’articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

d) i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44 emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

e) i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

f) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere;

g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto;

h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.

Il successivo comma 2, poi, comprende tra i ricavi anche il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

L’altro articolo che assume rilievo ai fini in oggetto è il numero 86 del TUIR, che individua le sopravvenienze attive. In base ad esso si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

Il successivo comma 3, inoltre, dispone che sono considerate sopravvenienze attive:

a) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da quelli considerati alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 85 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 86;

b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell’articolo 85 e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato. Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Sono fatte salve le agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonché quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione delle stesse. Non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché quelli erogati alle cooperative edilizie a proprietà indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all’assegnazione in godimento o locazione.

Come si può facilmente desumere dalle disposizioni normative sopra riportate, i concetti di ricavi e sopravvenienze attive tassabili sono così ampi da ricomprendere non soltanto qualsiasi corrispettivo in denaro o in natura, ma anche ogni erogazione liberale. Da ciò sembrerebbe, prima facie, che qualsiasi viaggio premio concesso da un’impresa ad un’altra sia sempre e comunque tassato in capo a quest’ultima. Ma la dottrina ha individuato un’ipotesi che potrebbe esulare da questa conclusione.

 

Imponibili i corrispettivi in natura

Per dirimere le problematiche interpretative, occorre distinguere, innanzitutto, i viaggi premio contrattualmente previsti, in forza di apposita clausola, che vengono concessi, ad esempio, al raggiungimento di obiettivi prefissati, da quelli, invece, che sono attributi con atto unilaterale dalla mandante, a sua discrezione, senza una specifica previsione contrattuale.

Nella prima ipotesi, permangono pochi dubbi circa l’obbligo di tassazione di tali viaggi premio in capo all’imprenditore-fruitore, atteso che essi si configurano come compensi in natura aggiuntivi a quelli in denaro, percepiti nell’ambito dello stesso rapporto di agenzia: la mandante, infatti, in base ad una precisa clausola contrattuale, eroga tale controprestazione aggiuntiva (il viaggio premio), a fronte della prestazione con cui l’agente-imprenditore consegue gli obiettivi prefissati; in questa prospettiva, quindi, tali provvigioni «aggiuntive» costituite dal viaggio premio vengono ad essere ricomprese nell’alveo dell’articolo 85 del TUIR, che individua i ricavi aziendali che concorrono alla formazione del reddito1.

 

Non tassate le prestazioni di servizi gratuite

Più complessa si presenta, invece, l’ipotesi di viaggi premio concessi dalla società mandante in assenza di una precisa clausola contrattuale, trattandosi in tal caso di un atto unilaterale, senza che ciò sia convenuto tra le parti e soprattutto obbligatorio.

Posto che si può definire liberalità o erogazione liberale “qualsiasi arricchimento che per il beneficiario riveste il carattere della gratuità o dell’assenza di sacrifici economici”2, e che gli articoli 85 (ricavi) ed 88 (sopravvenienze attive) del TUIR sono strutturati in modo tale da ricomprendere e, quindi, sottoporre a tassazione, qualsiasi contributo o liberalità percepita dall’imprenditore, autorevole dottrina ha osservato che, di fatto, un viaggio premio concesso da una società ad un imprenditore, al di fuori di rapporti contrattuali, costituisce una prestazione di servizi gratuita: questa, allora, non risulterebbe tassabile, in quanto verrebbe a mancare “il carattere della nuova ricchezza, dato che non si ha alcun incremento patrimoniale in capo al beneficiario”; esiste, infatti, “una differenza non trascurabile tra l’incremento del patrimonio che ha valenza sotto il profilo reddituale ed il semplice vantaggio patrimoniale, certo quantificabile in moneta ma ininfluente sulla composizione qualitativa e quantitativa dell’azienda”3.

Le conclusioni raggiunte dalla dottrina sopra riportata possono così riassumersi: i viaggio premio concessi in forza di una clausola contrattuale che ne prevede l’erogazione a fronte di certe prestazioni “aggiuntive” (ad es. raggiungimento degli obiettivi) dell’imprenditore (agente) verso il soggetto concedente sono soggetti a tassazione in capo al fruitore, sulla base del valore normale (si può considerare il relativo costo), mentre se tali viaggi si configurano come una prestazione di servizi gratuita per atto unilaterale (e discrezionale) del soggetto erogante, nessuna imposizione dovrebbe scontare il percettore.

Tali considerazioni, tuttavia, dovrebbero trovare un’opportuna conferma in documenti di prassi dell’Amministrazione Finanziaria, che fino ad oggi non sembra ancora essere intervenuta sullo specifico tema.

 

21 novembre 2013

Alessandro Borgoglio

1 In tal senso si veda A. Ghini, “I viaggi-premio concessi agli intermediari”, “Il fisco” n. 41 del 13 novembre 1989, pag. 6371.

2 G. Falsitta, “La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi”, Padova, 1986, pag. 283.

3 M. Beghin, “I contributi e le liberalità a favore delle imprese nel DPR 917/1986”, “Il fisco” n. 30 del 28 luglio 1997, pag. 8493.