Il termine per l'impugnazione: in assenza di comunicazioni non può essere precluso il diritto di difesa costituzionalmente previsto

la Cassazione ha ribaltato l’orientamento più restrittivo in tema di impugnazione: il termine per impugnazione non decade se il contribuente non riceve gli avvisi

Principio: il termine per appellare decorre dalla data della conoscenza della sentenza

In tema di processo tributario, nelle controversie cui non risulti applicabile il secondo comma dell’articolo 153 del codice di procedura civile (introdotto dalla L. n. 69 del 2009, entrata in vigore il 4 luglio del 2009), il termine lungo per l’impugnazione delle sentenze di cui al primo comma dell’articolo 327 c.p.c. decorre per la parte cui non sia stato debitamente comunicato né l’avviso di trattazione di cui all’articolo 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 né il dispositivo della sentenza ai sensi dell’articolo 37 del medesimo decreto, dalla data in cui essa ha avuto conoscenza di tali sentenze. Fino alla data del 4 luglio 2009, in assenza di un’espressa previsione normativa, deve essere applicato il principio di diritto, secondo cui i termini per l’impugnazione delle sentenze decorrono, per la parte cui non sia stata debitamente comunicato né l’avviso di trattazione, né il dispositivo, dalla data in cui essa ne ha avuto conoscenza.

La legge 69/2009, entrata in vigore il 141uglio, ha modificato l’articolo 153 del codice di procedura disponendo che la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa nei termini. In questa ipotesi è previsto che il giudice possa ammettere, la prova dell’impedimento e quindi possa provvedere alla rimessione in termini delle parti. La modifica normativa costituisce «un’espressione del principio della effettività della tutela giurisdizionale scolpito sia nell’articolo della Costituzione sia nella Carta Europea dei diritti dell’Uomo». Occorre, pertanto, che il diritto alla difesa e alla partecipazione al processo non siano vanificati da una mera omissione da parte pubblici uffici. Nel D.lgs. 546/92 sono obbligatoriamente previste delle comunicazioni alle parti costituite. In particolare, l’articolo 22 prevede che esse vengano informate della data di trattazione o di eventuali rinvii, e l’articolo 37 che sia comunicato il deposito della sentenza. Pertanto, il legislatore ha voluto garantire il ricorrente (ovvero l’appellante) con un duplice affidamento di informazione sui fatti del procedimento.

Alla parte che non esercita tempestivamente il diritto di impugnazione, a causa dell’assenza di tali comunicazioni, non può essere precluso il diritto di difesa costituzionalmente previsto. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6048/2013, che ha modificato il precedente orientamento dei giudici di legittimità. Secondo l’orientamento(1) ormai recessivo, il decorso del termine lungo dovrebbe essere ineluttabile, conseguendo al fatto obiettivo del deposito della sentenza, e si poggia sulla considerazione che il ricorrente è comunque informato della pendenza della controversia (e avrebbe pertanto la possibilità e l’onere, anche in assenza di avvisi, di verificare l’avvenuta decisione).

 

Rimessione in termini

L’innovativo principio è particolarmente importante per le controversie instaurate prima del 4 luglio 2009. Per quelle successive, in conseguenza delle citate modifiche, occorre riconoscere la possibilità di rimessione nei termini, fatta salvo l’onere della prova a carico di chi lo richiede. Per la controversia instaurata dopo la riforma dell’art. 153 c.p.c. (dal 4 luglio 2009), applicabile al processo tributario,occorre invocare il principio della rimessione in termini della parte che sia incorsa in decadenza senza colpa.

 

Vicenda

Nella fattispecie, si trattava di una controversia nella quale il contribuente aveva presentato un appello tardivo alla CTR. Il contribuente giustificava il ritardo sostenendo che, contrariamente a quanto prescritto dalla legge, non aveva ricevuto nessuno dei due avvisi prescritti dalla procedura tributaria, quanto allo svolgimento del giudizio. Infatti, non aveva ricevuto né il dovuto avviso di trattazione di cui all’art. 22 DLgs. 546/1992, né la comunicazione del dispositivo della sentenza di cui all’art. 37 del medesimo decreto. In particolare,il contribuente aveva sottolineato di non essere mai stata avvisato dell’avvenuto deposito, in quanto la commissione tributaria aveva omesso la notifica del relativo dispositivo. Secondo i giudici di gravame questa circostanza non aveva alcun rilievo, poiché essendo stato lo stesso contribuente ad aver proposto il ricorso, non poteva dimostrare di essere «contumace involontario ed incolpevole».Il giudice del gravame aveva ritenuto che la pronuncia di primo grado fosse divenuta definitiva, mancando la proposizione dell’appello nei tempi stabiliti per legge. Si precisa, al riguardo, che, prima della riforma del 2009, l’articolo 38 del D.lgs. 546/92, rinviando alle disposizioni contenute nell’articolo 327 del codice di procedura civile, disponeva che il termine per l’impugnazione fosse di un anno (ora sei mesi) decorrente dalla data del deposito della stessa.

 

Pronuncia

La Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso in cassazione proposto dal contribuente.

Gli Ermellini hanno precisato che in forza dell’art. 22 del D.Lgs. n. 546/92 la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione della causa almeno trenta giorni liberi prima, che diventano dieci giorni nel caso in cui si tratti di recupero di aiuti di Stato. Uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata. A sua volta, l’art. 37 del medesimo decreto prevede che il dispositivo della sentenza sia comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito. Quindi, il Legislatore assume nei confronti del ricorrente (o dell’opponente in secondo grado) un “duplice affidamento” di informazione, tanto più rilevante in un procedimento che si svolge su impulso d’ufficio senza che sia prevista una fase istruttoria o di trattazione su istanza di parte. Il ricorrente “affida” la sua richiesta al giudice tributario, nell’attesa di convocazione che può avvenire ad anni di distanza.

La incresciosa situazione che si crea ove questo duplice obbligo di comunicazione non sia rispettato e conseguentemente la parte non eserciti tempestivamente il diritto di impugnazione, può essere risolta, per le controversie instaurate dopo la data di entrata in vigore della legge 69/2009 (avvenuta il 4 luglio 2009), dalla introduzione nel processo civile (e quindi anche nel processo tributario in virtù del generale rinvio operato dall’art. 1 c. 2 D.lgs. n. 54/1992, ome affermato nelle sentenza di questa Corte 16572/2011 e 32777/2012) del secondo comma dell’articolo 153 c.p.c. in forza del quale la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini; il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha enunciato il principio di diritto di cui sopra, ritenendolo coerente non solo coi principi della Costituzione repubblicana, ma anche con quelli della Carta Europea dei diritti dell’Uomo.

 

Conclusioni

Il contribuente deve sapere della controversia e deve anche ricevere l’avviso di trattazione e la comunicazione del dispositivo In base ai principi fondamentali dell’ordinamento, interno e internazionale, va esclusa la decadenza dal potere di appellare quando il contribuente presenti un’impugnazione tardiva, ma senza colpa.

Il contribuente, deve ricevere i due avvisi predetti (trattazione e dispositivo). Ciò a maggior ragione in un processo a impulso d’ufficio, in cui l’udienza può essere fissata dal giudice anche con cospicuo ritardo dall’introduzione della causa. Ne consegue che, se entrambi tali avvisi mancano, manca la giustificazione sostanziale e di principio della regola della decadenza dall’impugnazione; gli avvisi sono le “garanzie” che bilanciano la conseguenza della decadenza e, ove questi manchino, la bilancia si squilibra a danno della parte processuale, che decadrebbe, senza aver avuto nessuna delle informazioni prescritte, a sua garanzia, sullo svolgimento del processo. La regola della decadenza va interpretata alla luce del principio del giusto processo (di cui agli artt. 111 Cost. e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), che impone di intendere che la decadenza si produce solo se il contribuente abbia ricevuto almeno uno degli avvisi prescritti, potendo quindi ragionevolmente evitarla. Altrimenti, il termine non può che decorrere dalla data di conoscenza della sentenza.

 

Nota

1) L’omissione della comunicazione della data dell’udienza di discussione del ricorso stesso comporta la nullità della decisione da far valere con tempestiva impugnazione: la parte a cui sia stato notificato l’atto introduttivo del processo ha l’onere di seguirne lo svolgimento successivo, anche ai fini della decorrenza del termine lungo d’impugnazione decorrente dal deposito della sentenza (Cassazione, ordinanza n. 405 del 23/03/2001).

La comunicazione del dispositivo è un atto esterno rispetto alla sentenza e non influisce sulla sua esistenza, mentre la pubblicazione è un atto senza il quale la sentenza non viene a esistenza; ne deriva che, mentre la mancata pubblicazione è un fattore d’inesistenza della sentenza, la mancata comunicazione de qua, pur doverosa alle parti costituite, assurge a situazione patologica del processo, che non impedisce il raggiungimento del risultato del giudicato, al quale il processo è preordinato, e non assurge a condizione necessaria per far scattare il requisito di non conoscenza di cui all’articolo 38, comma 3, del D.lgs. 546/92. D’altra parte, tale scelta ermeneutica ribadisce, fermo restando che non esiste un principio di necessaria uniformità di regole tra le diverse specie di processo, che nell’ordinamento processuale vige il principio di certezza o stabilità dei rapporti giuridici, per il quale è necessario che le sentenze divengano immutabili entro un tempo soggettivamente circoscritto, indipendentemente dalla comunicazione processuali degli organi ausiliari (Cassazione, sezione 3, sentenza n. 11264 del 30/7/2002; Cassazione, sezione 3, sentenza n. 486 del 15/1/2003).

In definitiva, la comunicazione del segretario della C.t. del dispositivo della sentenza alla parte costituita, da effettuarsi ex articolo 37 del D.lgs. 546/92 nel termine ordinatorio di dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, ha un valore meramente informativo. La comunicazione del dispositivo alle parti costituite, a cura della segreteria, adempie funzione informativa esterna al procedimento di pubblicazione, di cui non costituisce elemento costitutivo né requisito d’efficacia. Pertanto, la decadenza dal diritto d’impugnazione si verifica con il decorso del termine lungo dal deposito della sentenza, indipendentemente dalla comunicazione del dispositivo stesso che il segretario è tenuto a effettuare ai sensi dell’articolo 37 del Dlgs 546/92.

 

Allegato

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 28 novembre 2012 – 11 marzo 2013, n. 6048
Presidente/Relatore Cicala

Svolgimento del processo

1. La B. spa ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna 104/01109 del 14 novembre 2009, che rigettava l’appello della contribuente e confermava la sentenza di primo grado 1681111 2007 che aveva riconosciuto l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza 389/14/03 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna.

2. L’Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso.

3. La CTR così motivava: “ritiene questa Commissione che la sentenza n. 389/14/03 sia da considerare passata in giudicato per effetto del mancato gravame dei vizi procedurali che andava proposto con rituale ricorso nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge. Nel caso in esame la “B. SpA” risultava costituita in giudizio avendo introdotto il processo proponendo il ricorso avverso l ‘Avviso di accertamento e la sua posizione, pertanto, non si inquadra in quanto previsto dall’art.38, comma 3, ultimo periodo, D.Lgs 546/92,che ha inserito nel processo tributario la disciplina dell’art. 327 c.p.c. laddove il decorrere il termine annuale per l ‘impugnazione della sentenza dalla conoscenza della stessa, qualora la parte non costituita dimostri di non essere a conoscenza del processo per nullità della citazione, o della notifica, e della comunicazione della fissazione dell’udienza. [ma] Come evidenziato, la società era a conoscenza del processo per averlo introdotto con il ricorso proposto avverso l’Avviso di accertamento e, quindi, il gravame della più volte citata sentenza va rigettato perché proposto oltre il termine previsto dai comma 1), dell’art. 327 c.p.c., termine che decorre dal deposito della sentenza, non assumendo, nel caso in esame, alcun rilievo la comunicazione da parte della segreteria della Commissione tributaria, poiché la società non ha potuto dimostrare di essere contumace involontaria ed incolpevole, e non poteva dimostrarlo proprio perché era a conoscenza del ricorso dalla medesima proposto”.

4. E’ stata depositata relazione ex art. 380bis cpc, con cui veniva proposto il rigetto del ricorso. Ma il Collegio con ordinanza 17 aprile- 5 giugno 2012 ha rimesso la controversia alla Pubblica Udienza.

Motivi della decisione

5. Il Collegio ritiene di accogliere il ricorso, in dissenso rispetto all’orientamento tradizionale di questa Corte secondo cui il termine entro cui il contribuente deve proporre appello avverso la sentenza di primo grado che rigetti il suo ricorso decorre inesorabilmente dalla data di deposito della sentenza stessa in quanto egli è a conoscenza della pendenza della controversia.
Occorre infatti considerare che in forza dell’art. 22 del D. Legs. 546/1992 “la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta (ridotti a l O ove si discorra di recupero di aiuti di Stato) giorni liberi prima”. E (secondo comma) ”uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio”. A sua volta, l’art. 37 prevede (secondo comma) che “il dispositivo della sentenza sia comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di cui al precedente comma”.

Dunque il legislatore assume nei confronti del ricorrente (o dell’appellante in secondo grado) un “duplice affidamento” di informazione, tanto più rilevante in un procedimento che si svolge su impulso d’ufficio senza che sia prevista una fase istruttoria o di trattazione su istanza di parte. Il ricorrente “affida” la sua richiesta alla Commissione Tributaria, nella attesa di una convocazione che può avvenire ad anni di distanza.

La incresciosa situazione che si crea ove questo duplice obbligo di comunicazione non sia rispettato e conseguentemente la parte non eserciti tempestivamente il diritto di impugnazione, può essere risolta, per le controversie instaurate dopo la data della entrata in vigore della legge 69/2009 (avvenuta il 4 luglio 2009), dalla introduzione nel processo civile – e quindi anche nel processo tributario in virtù del generale rinvio operato dall’art. l comma 2 Dlgs n. 56/1992 (come affermato nelle sentenze di questa Corte 16572/2011 3277/2012 )- del secondo comma dell’art. 153 c.p.c. in forza del quale “la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini; il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma”.

Questa Corte ha poi affermato che l’ innovazione legislativa del 2009 (qui non applicabile ratione temporis) costituisce espressione del principio della effettività della tutela giurisdizionale scolpito sia nell’art. 111 della Costituzione, sia nell’art. 6 della CEDU (sentenza delle Sezioni Unite n. 15144 dell’11 luglio 2011; ordinanza n. 14627 del 17 giugno 20l O della seconda sezione civile).

Appare pertanto coerente ai principi costituzionali ed a quelli della Carta Europea dei diritti dell’Uomo che il diritto alla difesa ed all’attiva partecipazione al processo non sia vanificato da un’omissione degli Uffici Pubblici e quindi procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in vigore enunciando il seguente principio di diritto: “In tema di processo tributario, nelle controversie cui non risulti applicabile il 2° comma dell’art. 153 dei codice di procedura civile (introdotto dalla legge 69/2009), il termine “lungo” per l’impugnazione delle sentenze di cui al primo comma dell’art. 327 c.p.c. decorre per la parte cui non sia stata debitamente comunicato né l’avviso di trattazione di cui all’art. 22 del D. Legs.546/1992, né il dispositivo della sentenza (ai sensi dell’art. 37 del medesimo decreto), dalla data in cui essa ha avuto conoscenza di tali sentenze”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che provvederà anche per le spese del presente grado di giudizio.