Novità in materia di limitazione del diritto di opzione nelle società per azioni

il diritto di opzione ha la funzione di tutelare l’interesse dell’azionista a conservare inalterata la propria quota di partecipazione al capitale sociale, evitando che l’aumento dello stesso possa incidere sulla proporzionale partecipazione al contratto di società

Il diritto di opzione assolve, in buona sostanza, la funzione di tutelare l’interesse dell’azionista a conservare inalterata la propria quota di partecipazione al capitale sociale, evitando che l’aumento dello stesso possa incidere, modificandola, sulla proporzionale partecipazione al contratto di società.

Sull’argomento è intervenuto il D.Lgs 184/2012 (di attuazione della direttiva 2010/73/UE) che ha semplificato il procedimento che esclude o limita l’esercizio del diritto di opzione in sede di aumento di capitale sociale, con particolare riferimento ai quorum deliberativi necessari per assumere la relativa delibera di esclusione o limitazione di tale diritto.

Prima di illustrare le novità intervenute, si rammenta, in estrema sintesi, che la prima ipotesi di esclusione del diritto di opzione concerne quella dell’aumento di capitale eseguito attraverso un conferimento di un bene in natura. Il meccanismo di controllo dell’effettività dell’aumento di capitale è previsto dall’art. 2441 c. 6 c.c. ed è per molti aspetti analogo a quello previsto per l’ipotesi del conferimento in sede di costituzione. Più precisamente, è necessario che le ragioni dell’esclusione o della limitazione del diritto di opzione vengano illustrate ai soci con una apposita relazione dell’organo amministrativo, la quale deve essere comunicata al Collegio sindacale (o al Consiglio di sorveglianza), il quale dovrà esprimersi sulla congruità del prezzo di emissione proposto dagli amministratori, ed al soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

Peraltro, nell’ipotesi di liberazione delle nuove azioni tramite conferimenti in natura o crediti, non può mancare la relazione giurata dell’esperto designato dal tribunale che, unitamente alle predette relazioni (amministratori e collegio sindacale), deve restare depositata presso la sede sociale durante i quindici giorni che precedono l’assemblea, affinché i soci ne possano prendere visione e deliberare adeguatamente informati. La relazione redatta dall’esperto ex art. 2343 c.c. deve evidenziare sostanzialmente che il valore attribuito ai beni conferiti sia almeno pari a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale e del sovrapprezzo e deve risolversi nella sola dichiarazione che il valore stimato è quello massimo attribuibile a patrimonio netto, non potendo l’esperto conoscere le decisioni, vincolanti, dell’assemblea.

Un’altra ipotesi di limitazione o esclusione del diritto di opzione ricorre qualora specifiche ed obiettive esigenze della società lo richiedano. Al verificarsi di tale fattispecie, gli amministratori devono dimostrare la sussistenza di tale presupposto, allegando i motivi per i quali è preferibile che la sottoscrizione avvenga da parte di un socio o da un gruppo soltanto di essi ovvero da un soggetto esterno. Anche in tali casi occorre che le ragioni dell’esclusione o della limitazione del diritto di opzione vengano illustrate ai soci con una apposita relazione dell’organo amministrativo, la quale deve essere comunicata al Collegio sindacale (o al Consiglio di sorveglianza), il quale deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione proposto dagli amministratori, ed al soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

Per quanto concerne la delibera che limita od esclude il diritto di opzione nelle predette ipotesi (conferimenti in natura o esigenze societarie), è bene precisare che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del DLgs. 184/2012, ovvero dal 13.11.2012 (quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dello stesso in Gazzetta Ufficiale), l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione nelle predette ipotesi può essere deliberata con il quorum normalmente previsto (dalla legge o dallo statuto) per l’adozione delle delibere dell’assemblea straordinaria. Fino al 13.11.2012, l’approvazione della delibera concernente l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione, anche in convocazioni successive alla prima, risultava subordinata, invece, al voto favorevole di tanti soci rappresentanti oltre la metà del capitale sociale (e, comunque, salva la previsione di un quorum maggiore ai sensi di statuto).

In buona sostanza, per effetto del D.Lgs. n. 184/2012, pur restando ferma la facoltà per i soci di limitare o escludere il diritto di opzione, in sede di aumento di capitale, non è più necessario un quorum rafforzato, risultando sufficiente il raggiungimento del quorum deliberativo normalmente previsto, dalla legge o dallo statuto, per l’adozione delle deliberazioni dell’assemblea straordinaria.

Ultima ipotesi di esclusione del diritto di opzione è quella relativa al caso dell’offerta delle azioni di nuova emissione a favore dei dipendenti della società stessa o di dipendenti di società controllate o dalle quali l’emittente è controllata. Fino al 13 novembre 2013 era richiesta, infatti, l’adozione di una delibera assunta con il voto favorevole di tanti soci rappresentanti oltre la metà del capitale sociale (e, comunque, salva la previsione di un quorum maggiore ai sensi di statuto), in caso di esclusione del diritto di opzione in misura superiore al quarto delle azioni di nuova emissione. Ora, invece, analogamente alle altre cause di esclusione (sempre a decorrere dalla data di entrata in vigore del DLgs. 184/2012) potrà essere escluso il diritto di opzione con apposita delibera assembleare presa con la maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie, allorché tali azioni sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società (o di società che la controllano o che sono da essa controllate), indipendentemente dalla quantità di azioni ad essi riservate.

 

31 maggio 2013

Sandro Cerato