Anticipazioni di contributi per piani di investimenti agevolati: trattamento fiscale

le anticipazioni di contributi erogate a fronte di piani di investimenti agevolati sono anticipazioni di contributi in conto capitale ed il loro assoggettamento a tassazione segue il criterio di cassa.

La recente sentenza n. 17522 del 12 ottobre 2012 della Cassazione interviene a definire il trattamento fiscale delle anticipazioni di contributi erogate a fronte di piani di investimenti agevolati, affermando per tali anticipazioni la natura di contributi in conto capitale e il loro assoggettamento a tassazione, secondo il criterio di cassa, nel periodo d’imposta dell’erogazione o mediante rateazione al massimo in cinque rate costanti.

La predetta sentenza non è per nulla condivisibile in quanto, oltre a non tenere conto della reale natura economica dell’operazione, risulta basata su un presupposto (quello della semplice ammissione al contributo rappresentato dal decreto provvisorio) senza considerare l’ulteriore presupposto ordinariamente previsto dalle singole norme agevolative (l’effettuazione di un piano di investimenti) per fruire concretamente dei contributi.

Il presente pezzo intende evidenziare, in modo molto sintetico1, quali sono le questioni in campo che, pur partendo dai contributi ex legge 488/1992, possono interessare altre e più attuali tipologie di contributi regionali.

 

Il fatto

Una società presenta domanda per essere ammessa alle agevolazioni finanziarie di cui alla legge n. 488/1992 in relazione ad un piano di investimenti2.

A completamento dell’istruttoria, viene emesso un decreto provvisorio con il quale si riconosce il diritto della società al contributo.

Prima di iniziare l’investimento, utilizzando una possibilità prevista dalla stessa disciplina, la società chiede ed ottiene, prestando fideiussione, l’erogazione – a titolo di anticipazione, come indicato dalla relativa disciplina – della prima rata del contributo spettante; l’importo incassato viene iscritto tra i debiti della società.

A seguito di una verifica della Guardia di Finanza, la quota di contributo incassata dalla società, non essendo correlata ad alcun investimento in beni strumentali, viene qualificata quale contributo in conto capitale e, quindi, da assoggettare a tassazione per intero nel periodo di erogazione non avendo la società provveduto alla sua rateazione in cinque quote annuali.

Nel corso del successivo contenzioso, sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale hanno confermato la natura di anticipazione della somma erogata e, quindi, di debito nei confronti dell’ente erogatore, escludendo, in tal modo, l’assoggettamento a tassazione di tale anticipazione.

 

La sentenza della Cassazione

Il successivo ricorso da parte dell’Agenzia delle entrate è stato accolto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17522 del 12 ottobre 2012, che ha stabilito i seguenti principi:

  • il diritto al contributo spetta già in dipendenza del decreto, ancorché provvisorio, emesso dall’ente erogatore; infatti, un simile decreto “già crea un credito dell’impresa al contributo, che viene adempiuto, senza margini di discrezionalità, dalla amministrazione erogante, sussistendo già, per effetto di tale concessione, un diritto dell’impresa al finanziamento”;

  • l’intero importo erogato costituisce una sopravvenienza attiva in quanto, in presenza di un progetto di investimenti complesso, occorre che il beneficiario fornisca la prova circa la destinazione del contributo all’acquisto o costruzione di beni strumentali.

Conseguentemente, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, confermando in tal modo l’originario accertamento effettuato.

La sentenza in questione non è nuova; già in precedenza, infatti, la Cassazione era intervenuta in materia di contributi sostenendo, in genere, le tesi ora ancora confermate3, ma che non trovano fondamento delle diverse discipline agevolative.

 

Le questioni in discussione

Le questioni che hanno formato oggetto della sentenza in commento hanno essenzialmente riguardato i seguenti aspetti:

  • individuazione del presupposto agevolativo e, quindi, individuazione del periodo di imposta di competenza del contributo,

  • qualificazione del contributo incassato a titolo di anticipazione, se in conto impianti o in conto capitale.

Purtroppo, entrambe le questioni sono state affrontate dalla Cassazione senza considerare concretamente la natura economica e i presupposti che danno diritto all’agevolazione.

 

 

Esercizio di competenza civilistica dei contributi in conto impianti

Per effetto del principio di derivazione (art. 83 TUIR), la determinazione del reddito d’impresa è basata sulle risultanze del conto economico al quale devono essere apportate le variazioni previste dalla disciplina tributaria.

Il punto di partenza, quindi, per la corretta individuazione del periodo di competenza dei contributi è l’individuazione della loro competenza civilistica.

A tal fine, l’art. 2423-bis, n. 3, del Codice Civile impone il rispetto del principio di competenza nella redazione del bilancio, indipendentemente, quindi, dalla data dell’incasso o del pagamento.

In particolare, per quanto riguarda i contributi, l’OIC 16 prevede che questi “sono iscrivibili in bilancio nel momento in cui esiste una ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento del contributo sono soddisfatte e che i contributi saranno erogati.”

Tale momento deve essere individuato, avendo riguardo al principio di prudenza di cui al n. 2 dell’art. 2423-bis c.c., con riferimento alla maturazione dei presupposti, previsti da ciascuna disciplina agevolativa, che danno diritto al contributo.

Si ritiene, pertanto, che il momento in cui sorge la “ragionevole certezza” coincida con la maturazione del diritto al contributo in capo all’impresa. La maturazione del diritto dovrebbe coincidere con l’emissione di apposito provvedimento da parte dell’ente pubblico, come stabilito, in ambito tributario,

dalla sentenza 10 aprile-4 settembre 2002, n. 12831, della Cassazione, secondo cui i contributi “acquistano connotati di certezza e di determinabilità solo attraverso il procedimento amministrativo, con il quale ne sono verificati i presupposti e liquidato l’ammontare.”

Così, ad esempio, tenendo conto della ordinaria distinzione fra le diverse modalità di concessione, i presupposti per l’iscrizione in bilancio dei contributi in conto impianti solitamente sono i seguenti:

 

Modalità di concessione

Presupposti agevolativi

Procedimento automatico

  • realizzazione dell’investimento

  • eventuale presa d’atto da parte dell’ente concedente (decreto, autorizzazione, ecc.)

Procedimento valutativo

  • realizzazione dell’investimento

  • decreto di ammissione all’agevolazione

Procedimento negoziale

  • realizzazione dell’investimento

  • stipula convenzione con l’ente concedente

 

Pertanto, l’eventuale sussistenza di due o più presupposti, richiede necessariamente l’avverarsi di tutti i presupposti affinché il contributo possa ritenersi maturato.

Così, per fare un esempio, nel caso di bonus per gli investimenti nelle aree svantaggiate, non è sufficiente la sola realizzazione dell’investimento agevolato, risultando necessario anche l’apposito nulla osta rilasciato dal Centro operativo dell’Agenzia delle entrate; d’altro canto, la sola presenza del nulla osta non comporta la maturazione del diritto se l’investimento non risulta anche realizzato.

Alla luce di tali principi, occorre verificare quando, nel caso dell’anticipazione dei contributi della legge n. 488/1992 e di quelli assimilati (contributi POR, ecc.), si ritengono avverarsi i presupposti agevolativi.

 

Presupposti per il diritto al contributo della legge n. 488/1992

Si è visto, nel prospetto riportato in precedenza, che nel caso di contributi concessi con procedimento valutativo, i presupposti per la loro fruizione sono fondamentalmente due: l’ammissione al contributo (rappresentata a volte da un decreto provvisorio) e la effettiva realizzazione dell’investimento agevolato.

Come pare evidente, sussistono sempre almeno due presupposti: uno costituisce onere a carico del beneficiario (l’effettuazione dell’investimento) e l’altro costituisce un onere a carico dell’ente erogante (l’ammissione all’agevolazione).

Il decreto provvisorio, pertanto, da solo non comporta l’erogazione di alcun contributo ma stabilisce e non esclude affatto, come invece sostenuto dalla Cassazione, la discrezionalità dell’ente, ma si limita, molto più semplicemente, a riconoscere il diritto del beneficiario ad ottenere il contributo se effettua gli investimenti programmati nella domanda.

Ne consegue che, in mancanza di investimenti, alcun contributo può spettare al beneficiario in quanto il presupposto per l’erogazione non è rappresentato, come afferma la citata sentenza, dal decreto provvisorio, ma è rappresentato dalla sussistenza congiunta di due presupposti: decreto provvisorio e realizzazione dell’investimento.

E’ vero che l’ente erogatore non ha, come sostenuto dalla Cassazione, alcuna discrezionalità amministrativa, ma è altrettanto vero che la disciplina prevede che, fatta salva la prima rata di cui si dirà, le rate possono essere erogate solo se il programma di investimento risulti realizzato in modo tale da assicurare l’erogazione della singola rata; in altri termini, occorre provare di avere realizzato investimenti per un ammontare tale che possa consentire di fruire del contributo per l’importo spettante, solo in tal modo l’ente può procedere all’erogazione del contributo.

La prima rata, normalmente erogata anche prima dell’inizio della realizzazione dell’investimento, è quindi da ritenersi una mera anticipazione finanziaria, tanto è vero che la sua erogazione è comunque subordinata al rilascio di una garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa.

In pratica, si tratta di un prestito che solo al verificarsi del presupposto agevolativo (l’effettuazione dell’investimento) trasforma la sua natura di debito in contributo.

Infatti, al completamento del programma di investimento, effettuati i prescritti controlli, viene emesso il decreto definitivo che indica le spese effettivamente ammesse e il relativo contributo spettante (sia le spese che il contributo possono quindi variare rispetto a quelli indicati nel decreto provvisorio)

Ma anche il solo decreto definitivo, cioè il riconoscimento del contributo effettivo, non costituisce momento di imputazione del contributo a conto economico, nel senso che il decreto definitivo consente di individuare i seguenti elementi essenziali ai fini della imputazione a conto economico:

  • il momento della “certezza giuridica” del contributo,

  • l’esatta composizione degli investimenti agevolati,

  • conseguentemente, l’esatta ripartizione dell’intero contributo nella quota corrispondente a contributo in conto impianti e a quella corrispondente al contributo in conto capitale.

Se, ad esempio, il decreto provvisorio indica tre tipologie diverse di investimenti (relative a beni ammortizzabili o a costi di esercizio non costituenti costi accessori dei beni ammortizzabili) e il decreto definitivo indica, invece, le stesse tre tipologie ma con importi diversi rispetto a quelli iniziali, pare evidente che ogni imputazione del contributo effettuata prima del decreto definitivo deve intendersi priva dei requisiti di certezza ed oggettiva determinabilità, assolutamente necessari per l’imputazione di componenti positivi e negativi di reddito.

In altri termini, poiché il contributo in conto impianti non costituisce né ricavoné sopravvenienza attiva, come riconosciuta anche dall’Agenzia delle entrate, lo stesso non assume mai autonoma rilevanza ma è sempre condizionato al processo di ammortamento dei beni cui si riferisce.

Pertanto, se non inizia il processo di ammortamento, non è possibile imputare a conto economico il contributo; ma il processo di ammortamento può iniziare solo se il bene (cioè l’investimento) viene ad esistenza e viene di fatto utilizzato.

Ma il processo di ammortamento del contributo, per avere il carattere della certezza, necessita della definitività della concessione; la mancanza del decreto definitivo, infatti, potrebbe voler significare che il contributo originariamente e provvisoriamente concesso non è quello che effettivamente spetta all’impresa.

Tali principi, pur se non riferiti al contributo della legge n. 488/1992, ma sicuramente estensibili ad ogni altra tipologia di contributi in conto impianti, sono stati indicati nella risoluzione 22 gennaio 2010, n. 2/E, con la quale l’Agenzia delle Entrate chiarisce definitivamente che “Il sorgere dell’obbligazione tributaria non risulta, dunque, collegato all’esercizio in cui avviene l’emissione del decreto di concessione che individua, invece, il momento in cui diviene certo il diritto dell’impresa a percepire il contributo. La corretta individuazione di tale momento, tuttavia, non risulta irrilevante in quanto è a partire dall’esercizio in cui si forma la certezza dell’esistenza del contributo che il costo del cespite eventualmente già acquistato deve essere decurtato, con effetto fiscale, delle somme spettanti anche se non ancora percepite. Ne consegue che nessun obbligo tributario deve essere assolto dal soggetto destinatario del contributo in esame qualora il bene, iscritto in bilancio, non risulti ancora entrato in funzione.”

Si ritiene che debbano, quindi, ritenersi superate tutte le questioni sollevate in passato circa la sussistenza nella disciplina in questione di una clausola risolutiva oppure di una clausola sospensiva, nel senso che, se l’imputazione è condizionata all’inizio del processo di ammortamento, la clausola non può che essere sospensiva, almeno fino all’inizio del processo di ammortamento, sempre che il contributo si riferisca a quei cespiti e non ad altri.

In definitiva, oltre all’entrata in funzione dei beni, è necessaria anche la certezza del contributo che, nel caso della legge n. 488/1992, può realizzarsi solo con il decreto definitivo, ancorché questi venga emesso successivamente all’inizio del processo di ammortamento dei cespiti agevolati.

 

Esatta qualificazione dell’anticipazione del contributo

L’altra questione affrontata dalla Cassazione riguarda la qualificazione, in conto impianti o in conto capitale, dei contributi in questione.

Al riguardo va rilevato che la risoluzione 29 marzo 2002, n. 100/E, ha definitivamente chiarito che i contributi della legge n. 488/1992 sono contributi misti; in genere composti da:

– una quota qualificata contributo in conto impianti, relativa ai beni ammortizzabili,

– e una quota qualificata in conto capitale, relativa a costi di esercizio imputati direttamente a conto economico o capitalizzati come costi ad utilizzazione pluriennale.

Per determinare ogni singola tipologia di contributo, a cui corrisponde un diverso trattamento tributario, occorre determinare le diverse tipologie di investimenti effettivamente effettuati (in beni strumentali ammortizzabili o in altri valori), al fine di ripartire, in modo proporzionale, l’intero contributo ai singoli investimenti.

La mancanza di una ripartizione tra le diverse tipologie di valori agevolati attribuisce la natura di contributo in conto capitale all’intero contributo.

Pare di tutta evidenza, allora, che una simile attribuzione può essere fatta solo se risultano effettuati gli investimenti agevolati, non risultando evidentemente possibile una ripartizione sulla base di valori che ancora non sono venuti ad esistenza (salvo far riferimento al progetto di investimenti originariamente predisposto dal richiedente).

Il che conferma, ulteriormente, la natura di anticipazione a quanto erogato prima dell’effettuazione degli investimenti.

La citata sentenza n. 17522/2012, invece, pur richiamando il principio generale secondo cui i contributi in conto impianti sono quelli relativi all’acquisizione di beni strumentali, di fatto qualifica in conto capitale l’ammontare della prima rata del contributo pur trattandosi di contribuito concesso per la realizzazione di investimenti in beni ammortizzabili.

Tale particolare qualificazione è il risultato di due concomitanti particolari situazioni:

  • la prima, l’aver la Cassazione qualificato come contributo la semplice anticipazione dello stesso, attribuendo, quindi, un valore reddituale ad un valore che, in realtà, è solo un debito,

  • la seconda, il non aver, il beneficiario, nelle intenzioni della Cassazione, dimostrato la composizione degli investimenti, al fine di determinare quanta parte, dell’intera anticipazione, avesse i requisiti per qualificarsi contributo in conto impianti.

E’ evidente che la seconda conclusione della Cassazione è la diretta conseguenza della prima; infatti, l’aver qualificato come contributo quello che, in realtà, è una semplice anticipazione, ha comportato la seconda illogica conclusione circa la natura di tale improprio contributo.

Come è possibile richiedere la ripartizione dell’anticipazione, fra beni strumentali ammortizzabili e altri valori, se il programma di investimento non è ancora iniziato o, se iniziato, non ha dato luogo a valore definitivi ?

Una simile pretesa significherebbe assoggettare a tassazione, come contributo in conto capitale, tutte le anticipazioni erogate a fronte di progetti di investimenti non ancora iniziati.

Infine, un’ultima annotazione riguarda, nel caso della sentenza in questione, il comportamento del contribuente.

Infatti, pur disponendo del decreto provvisorio, non risulta che il contribuente vi abbia fatto riferimento per la ripartizione dell’anticipazione, il che avrebbe certamente rinviato la tassazione (della quota qualificata come contributo in conto capitale sulla base dei dati indicati nel decreto) in coincidenza con il processo di ammortamento dei beni agevolati.

 

23 gennaio 2013

Vito Dulcamare

 

NOTE

1 Per approfondimenti sulle tematiche qui accennate e su altre questioni attinenti la materia (i.e. trattamento dei contributi relativi a beni non ammortizzabili e a costi pluriennali, contributi su beni di terzi…), sia consentito il rinvio a V. DULCAMARE, Contributi alle imprese – Aspetti operativi e trattamento civilistico, contabile e fiscale, Gruppo Euroconference, Verona, 2011.

2 Il sistema delineato dalla legge n. 488/1992 prevedeva, dopo la presentazione delle domande di accesso, una particolare attività istruttoria a seguito della quale veniva stilata una graduatoria dei soggetti ammessi alle agevolazioni sulla base di taluni indicatori previsti dalla disciplina.

Dopo l’approvazione della relativa graduatoria, le agevolazioni concesse venivano rese disponibili, sulla base di un decreto di concessione provvisoria, a seconda della durata del programma, solitamente in due o tre quote annuali di pari importo, a condizione che il programma avesse raggiunto uno stato di avanzamento almeno proporzionale alla quota da erogare. La prima quota poteva anche essere erogata a titolo di anticipazione, previa presentazione di polizza fideiussoria assicurativa o bancaria. Dall’ultima quota veniva trattenuto il 10% del contributo totale concesso che veniva erogato, ultimati i controlli previsti dalla normativa, successivamente al decreto di concessione definitiva.

In pratica, con il decreto provvisorio l’Ente erogante dava atto che il soggetto era stato ammesso a fruire delle agevolazioni in relazione alla richiesta presentata; in particolare, il decreto provvisorio indicava le singole tipologie di spese teoricamente ammesse alle agevolazioni in relazione alle quali determinava il contributo complessivamente dovuto; la certezza del contributo, dipendente dalla qualità e quantità delle diverse tipologie di investimenti effettuati discendeva, invece, solo dal decreto definitivo.

Tale sistema è rimasto in essere, ed è quindi ancora attuale, anche per numerose altre tipologie di contributi.

3 Cfr, tra le altre, Cass. n. 15618/2006, Cass. n. 1147/2010.