Contenzioso tributario: come regolare il pagamento dell’IVA e delle ritenute a carico della parte soccombente

quando una delle parti del processo tributario viene condannata al pagamento delle spese processuali, come va gestito il pagamento di IVA e ritenute che gravano sul compenso professionale del difensore e di quello della parte vittoriosa?

Nel contenzioso tributario vige il principio secondo cui “la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese di giudizio che sono liquidate con sentenza”, salvo che la commissione tributaria, in sede di sentenza, dichiari compensate in tutto o in parte le spese sostenute dalle parti processuali.

Le spese che possono essere liquidate in giudizio sono sostanzialmente quelle riconducibili a contrassegni bollati, spese per notifica, ovvero onorari e compensi collegati strettamente all’assistenza tecnica in giudizio e alle varie consulenze e/o perizie tecniche che si rivelino necessarie nel corso del procedimento.

Quanto alle spese del giudizio e della loro corretta determinazione ai fini della liquidazione delle stesse, il Ministero delle Finanze (circolare n. 291/E del 18 dicembre 1996) ha chiarito che, al momento del passaggio in decisione della causa, il difensore deve unire al fascicolo di parte la nota spese, indicando in modo distinto e specifico gli onorari e le spese: detta nota deve essere necessariamente predisposta su un foglio separato rispetto al ricorso, depositata in unico esemplare e portata a conoscenza solo del giudice competente.

Successivamente spetterà al giudice adito – in sede di liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte vittoriosa – fornire adeguata motivazione della eventuale eliminazione o riduzione di voci che effettua ed indicare il sistema di liquidazione adottato (Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza del 03/04/2007, n. 8295; Cassazione civile, sez. I, sentenza del 07/10/2009, n. 21371). Peraltro, è espressamente contemplata la possibilità che il difensore richieda al giudice la distrazione in suo favore degli onorari non riscossi e delle spese che dichiara di avere anticipate in nome e per conto dell’assistito.

In base alle determinazioni del giudice, in merito alla richiesta del consulente della parte vittoriosa, si potranno, dunque, verificare le seguenti circostanze:

la sentenza non ha disposto la distrazione delle suddette spese e, pertanto, il compenso del consulente deve essere pagato dal cliente vittorioso (e non dalla parte soccombente), salvo il diritto da parte del cliente medesimo di ottenerne il rimborso da parte del soccombente (cd. principio della soccombenza);

la sentenza ha disposto la distrazione, in favore del difensore della parte vittoriosa, degli onorari non riscossi e le spese anticipate da quest’ultimo e, pertanto, in tale fattispecie, il compenso del consulente deve essere pagato direttamente dal soccombente.

Nel primo caso, il cliente vittorioso, all’atto del pagamento, dovrà operare la ritenuta d’acconto nei confronti del proprio difensore, salvo che l’assistito sia un privato non sostituto d’imposta (in tal senso Circolare n. 1/50550 del 15 dicembre 1973), mentre nella seconda situazione la ritenuta d’acconto dovrà essere operata dalla parte soccombente salvo, anche nel caso di specie, che il soccombente sia un privato non sostituto d’imposta (Circolare n. 203 del 6 dicembre 1994). Ad ogni modo, indipendentemente da chi paga effettivamente le spese, il difensore della parte vittoriosa deve emettere la parcella solo ed esclusivamente al proprio cliente.

Parimenti, la parte soccombente, ancorché abbia effettuato il pagamento, non potrà in alcun caso pretendere l’emissione della relativa fattura nei propri confronti (in tal senso avvocatura dello Stato, con parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992, Ministero delle finanze nota n. 8/1619 dell’8 novembre 1991, e successiva Circolare n. 203 del 1994). In buona sostanza, la ritenuta d’acconto sulla parcella deve sempre essere effettuata dal soggetto (sostituto d’imposta) che effettivamente salda la parcella del difensore, indipendentemente dal fatto che la parcella sia intestata esclusivamente al cliente e anche se l’adempimento del pagamento è disposto in modo coattivo in base a sentenza di condanna.

Tuttavia, molto spesso accade che, all’atto del deposito della sentenza da parte del giudice, la parte vittoriosa abbia già saldato le competenze addebitate con fattura dal proprio difensore nel corso del giudizio. In questo caso è buona norma che:

  • il difensore della parte vittoriosa non chieda al giudice la “distrazione” posto che ha già ricevuto ad opera del proprio cliente il pagamento delle competenze;

  • la parte soccombente, tenuta a rimborsare alla parte vittoriosa le spese del procedimento sostenute, non operi alcuna ritenuta.

Per quanto riguarda, invece, il trattamento dell’IVA concernente le spese di giudizio a favore del legale distrattario della controparte vittoriosa, bisogna distinguere se il cliente del difensore sia o meno un soggetto passivo Iva.

Nel primo caso (privato, ente non commerciale che non detrae l’Iva), la parte soccombente è tenuta anche al pagamento dell’IVA esposta in fattura fermo restando che il difensore sarà tenuto ad emettere fattura con addebito anche dell’IVA solo nei confronti del proprio cliente, atteso che l’obbligo del pagamento delle spese a carico della parte soccombente trova titolo esclusivamente nella statuizione di condanna contenuta nella sentenza, anche se nella sentenza il giudice non dovesse fare riferimento all’IVA. Ad ogni modo, nella fattura emessa nei confronti del proprio cliente il difensore è tenuto ad evidenziare che il pagamento avviene (sia per ciò che riguarda l’onorario sia per ciò che concerne l’IVA) con somme fornite dalla parte soccombente nel giudizio.

Se, invece, il soggetto vincitore è un soggetto IVA e la vertenza riguarda l’esercizio della propria attività di impresa, arte o professione, esso ha diritto e titolo di recuperare l’Iva della quale subisce la rivalsa in sede di esercizio del diritto di detrazione di cui all’articolo 19 del D.P.R. n. 633/1972. Nel caso di specie il difensore del cliente vittorioso, che ha richiesto al giudice la distrazione delle somme a suo favore, potrà richiedere al soccombente solo l’importo relativo al suo onorario e alle spese processuali, ma non anche quello relativo all’IVA relativa, essendo tale ultimo importo dovuto per rivalsa del proprio cliente (Avvocatura Generale dello Stato con il parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992 che richiama al riguardo anche la Sentenza della Cassazione SS.UU. del 12 giugno 1982, n. 3544).

 

16 gennaio 2013

Sandro Cerato