I conti dei soci giocano su quelli della società

attenzione: il Fisco può utilizzare i dati raccolti effettuando controlli sui conti dei soci, per iniziare un accertamento contro la società: una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario è la società contribuente a dover dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa

Con sentenza n. 15217 del 12 settembre 2012 (ud. 31 gennaio 2012) la Corte di Cassazione ha imputato alla cooperativa i dati contabili desunti dalle indagini finanziarie effettuate nei confronti di terzi.

 

Il PROCESSO

La CTR della Sicilia aveva rigettato gli appelli proposti dall’Ufficio e confermato le sentenze di primo grado con le quali erano stati annullati gli avvisi di accertamento, emessi nei confronti di una società cooperativa, coi quali – all’esito della medesima verifica fiscale condotta sulla documentazione bancaria della società e dei soci, dalla quale emergeva la inattendibilità dei dati indicati nelle dichiarazioni fiscali – venivano assoggettati a tassazione IRPEG ed ILOR per gli anni 1994, 1995 e 1996 i redditi, determinati con metodo induttivo, prodotti da detta società cooperativa in quanto da imputarsi ad “una normale attività imprenditoriale” e non ad una gestione a finalità mutualistica, e quindi esclusi dai benefici agevolativi concessi alle società cooperative ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, artt. 10 e 4.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte di Cassazione prende atto che dal verbale redatto dalla Guardia di Finanza risulta che i verificatori hanno accertato e valutato – al contrario di quanto affermato dalla CTR – che numerosi assegni bancari, tratti sui conti personali del presidente, vicepresidente e di un terzo, concernevano anche altra società cooperativa (AGP), ed hanno provveduto a scorporare i relativi importi dai maggiori redditi accertati alla società resistente.

Quanto alla società verificata, la presunzione legale di maggiori redditi non dichiarati D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, n. 2), trova riscontro nella indagine bancaria relativa ai conti bancari personali dei soggetti sopra indicati, tutti legati da rapporti intrattenuti a vario titolo con la società, dai quali sono emersi numerosi accrediti e prelievi che non trovano riscontro in operazioni commerciali contabilizzate dalla società cooperativa (non essendo stati in grado gli intestatari dei conti di fornire indicazioni in merito alla provenienza e destinazione delle somme)”.

La Corte, attraverso significativi passaggi giurisprudenziali, premette che:

  • in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su canti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti, sulla base di elementi indiziari” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 21.12.2007 n. 27032) o quando comunque “l’ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziali raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di erosione fiscale” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 12.01.2009 n. 374);

  • l’utilizzo dei dati rilevati dalle movimentazione dei conti correnti bancari intestati ai terzi, ai fini dell’accertamento del maggior reddito della società cooperativa, trova ampio riscontro nei precedenti giurisprudenziali che, tanto in relazione agli accertamenti fiscali in materia di imposte sui redditi (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, c. 1 n. 7), quanto in materia IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, c. 2, n. 7), hanno ritenuto pienamente legittime le indagini bancarie estese ai conti bancari di terzi, reputando che lo stretto rapporto familiare, o la ristretta composizione societaria, o ancora il particolare vincolo di dipendenza o collaborazione od anche commerciale intrattenuto dal terzo col contribuente, costituisca elemento indiziano sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente sottoposto ad accertamento delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (cfr. Corte Cass. 5′ sez. n. 1728/1999, id. 17.06.2002 n. 8683, id. 12.09.2003 n. 13391 – con riferimento a società di capitali -, id. n. 6743/2007, id. 07.09.2007 n. 18868, id. 21.12.2007 n.27032, id. 12.01.2009 n. 374, id. 30.12.2009 n. 27947, id. 04.08.2010 n. 18083 – con riferimento a società di persone -; id. 24.09.2010 n. 20199 – con riferimento a società di capitali -).

 

Acclarato ciò, rileva il Collegio “che i prelievi ed i versamenti ingiustificati risultanti dai conti intestati al presidente, al vicepresidente e ad altro soggetto, tutti in rapporti con la cooperativa, consentono l’applicazione della presunzione legale di accertamento del maggior reddito imponibile, fatta salva la prova contraria, gravante sulla società contribuente, di aver tenuto conto, nelle dichiarazione fiscali, degli importi rilevati nei conti/depositi ovvero che la omessa indicazione è giustificata trattandosi di importi riferibili ad operazioni non imponibili“ (cfr. in tal senso Cass. 24.09.2010 n. 20197 e 24.09.2010 n. 20199, secondo cui “l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credilo non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali allorchè risulti provata dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati“).

Prosegue la sentenza affermando che la norma tributaria (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, c. 1, n. 2) determina, infatti, in relazione tanto ai “versamenti“, quanto ai “prelevamenti” registrati sul conto, “una inversione dell’onere probatorio che viene posto a carico del contribuente il quale è tenuto a fornire analitica giustificazione di tali impieghi se vuole impedire che i corrispondenti importi vengano considerati ‘ex lege’ come redditi da assoggettare ad imposta (cfr., con riferimento alle imposte dirette: Corte Cass. 5′ sez. 21.3.2008 n. 7766; id. 5′ sez. 26.2.2009 n. 4589; id. 5′ sez. 4.8.2010 n. 18081 secondo cui il contribuente ‘deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuale sia estranea a falli imponibili’)”.

Non spetta, quindi, all’Amministrazione Finanziaria individuare tra gli assegni tratti sui conti bancari, quelli relativi ad operazioni estranee all’attività svolta dalla società cooperativa e quelli relativi ad esigenze personali degli intestatari, poiché così si contravviene al principio enunciato dalla Cassazione nella interpretazione della predetta norma secondo cui in tema di imposte sui redditi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 37, delle imposte sui redditi di società di capitali, “l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorchè risulti provata dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati. Ne consegue in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio che, una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, impone alla società contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 24.9.2010 n. 20199)”.

 

22 ottobre 2012

Francesco Buetto