Quando l'agente di commercio non paga l'IRAP…

l’agente di commercio sprovvisto di autonoma organizzazione non è soggetto ad IRAP proprio come i liberi professionisti

Con ordinanza n. 10559 del 25 giugno 2012 (ud. 23 maggio 2012) la Corte di Cassazione ha escluso dall’IRAP l’agente di commercio.

 

FATTO E DIRITTO

Il contribuente ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la CTR della Campania, confermando la decisione di primo grado, ha negato il diritto del contribuente al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2003, motivando la propria decisione sull’argomento che il ricorrente, in quanto agente di commercio, esercita un’attività non di natura professionale ma piuttosto un’attività “di ausiliario dell’impresa ex art. 2195 per la quale è configurabile un assetto organizzativo di particolare rilevanza, in quanto per lo svolgimento di tale attività professionale ha necessità di supporti collaborativi fissi e di relativi capitali“.

Il ricorso si fonda su due motivi, con i quali si denuncia il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso della esistenza del requisito dell’autonoma organizzazione e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997.

 

La sentenza

In linea di fatto la sentenza gravata da atto, riporta, senza contestarla, la dichiarazione resa al riguardo dal contribuente, secondo cui quest’ultimo svolge attività di agente di commercio e, qualifica detta attività come “ausiliaria di impresa ex art. 2195 c.c.”, traendo da tale qualificazione la conseguenza della configurabilità di “un assetto organizzativo di particolare rilevanza“.

Tuttavia i secondi giudici di merito non hanno proceduto ad alcuna analisi dell’assetto organizzativo concretamente assunto dall’attività della contribuente. In tal modo la CTR ha disatteso l’insegnamento reso in materia di assoggettabilità all’IRAP dell’attività di agente di commercio dalle Sezioni Unite della Corte, le quali, con la sentenza n. 12108/09, hanno chiarito che “In tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1 è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasì forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l”id quod plerumque accidit’, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni“.

Alla stregua di tale insegnamento – ribadito anche dalla Sezione tributaria della Corte con la sentenza n. 14497/09, resa proprio nei confronti del medesimo odierno ricorrente (in relazione ad una controversia relativa dal rimborso di altre annualità IRAP) e confermato altresì nella fattispecie del promotore finanziano (non dissimile da quella dell’agente di commercio) da Cass. SSUU 12111/09 – l’attività di agente di commercio (ausiliaria dell’imprenditore ex art. 2195 c.c.) “non è soggetta all’IRAP se risulti (e il relativo onere probatorio grava sul contribuente) che essa si svolge in assenza di autonoma organizzazione”.

La Corte di Cassazione bacchetta, quindi, la CTR che ha errato nell’affermare l’assoggettamento del contribuente all’IRAP, prescindendo dall’analisi delle risultanze processuali relative alle concrete modalità di organizzazione dell’attività dal medesimo svolta e basandosi esclusivamente sull’affermazione astratta che, poiché l’attività di agente di commercio è “ausiliaria di impresa“, sarebbe stata nella specie configurabile una organizzazione rilevante.

 

Brevi note

In ordine alla problematica IRAP che investe gli agenti di commercio, e di fatto i promotori finanziari, ricordiamo che con circolare n. 28 del 28 maggio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha diramato ulteriori istruzioni operative in ordine alla gestione del contenzioso pendente, a seguito della nuove prese di posizione della giurisprudenza della Corte di cassazione, che fanno seguito alle indicazioni diramate con circolare n. 45/E del 13 giugno 2008.

La circolare n. 45/E del 2008 – punto 7 – ha esaminato la questione dell’assoggettamento ad IRAP dei redditi derivanti dall’attività d’impresa, precisando che, conformemente a quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2001 secondo cui “l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa”, per tutte le attività d’impresa il requisito dell’autonoma organizzazione è intrinseco alla natura stessa dell’attività svolta e dunque sussiste, in ogni caso, il presupposto impositivo.

Con riferimento all’assoggettamento ad IRAP degli agenti di commercio e dei promotori finanziari, con la predetta circolare è stato precisato che “in giudizio va quindi sostenuta la natura imprenditoriale dell’attività degli agenti di commercio e dei promotori finanziari non legati da un rapporto di lavoro dipendente e, di conseguenza, l’assoggettamento all’IRAP”, prendendo atto di quell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli agenti di commercio sono qualificabili come imprenditori commerciali ai sensi degli artt. 2082 e 2195 del codice civile (cfr. Cass. 11 ottobre 1991, n. 10673; 6 giugno 2003, n. 9102).

Considerato tuttavia che in materia di IRAP l’orientamento della Corte di cassazione era ancora oscillante sul punto si ritenne opportuno, tuttavia, precisare che “in subordine occorre comunque dedurre, così come per i lavoratori autonomi, in ordine all’esistenza dell’autonoma organizzazione”.

Le sezioni unite della Corte di cassazione, con le sentenze SS.UU., 26 maggio 2009, nn. 12108, 12109, 12110, 12111, hanno affrontato la questione della sistematica assoggettabilità ad IRAP delle attività “ausiliarie” del commercio di cui all’art. 2195 del codice civile, svolte dall’agente di commercio, dal promotore finanziario e in generale dai soggetti “ausiliari”, affermando il seguente principio di diritto: “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 204 del 1985, art. 1, e di promotore finanziario di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 2, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata”.

Il principio affermato con riferimento alle singole controversie trattate (riguardanti gli agenti di commercio e i promotori finanziari) è stato esteso dalla Suprema Corte a tutte le attività ausiliarie di cui all’art. 2195 del codice civile, considerato che i giudici di legittimità pongono a fondamento del proprio ragionamento la distinzione tra “l’attività d’impresa”, nella quale l’elemento organizzativo sarebbe connaturato, e “le attività ausiliarie”, che possono essere svolte dal soggetto senza organizzazione di capitali o lavoro altrui e per le quali si rende necessaria la valutazione caso per caso dell’esistenza di un’autonoma organizzazione.

Si ricorda che la Corte di cassazione ha definito imprese ausiliarie “quelle che, prive di intrinseca autonomia funzionale, hanno come scopo tipico l’oggettiva agevolazione di altre attività,sicché l’impresa esercente l’attività, ausiliaria, a differenza di quella produttrice di servizi (la cui attività, di carattere autonomo, ha per oggetto un prodotto destinato ad essere utilizzato dalla generalità delle imprese), se da un lato deve avere una propria struttura organizzativa ed operativa ben distinta da quella delle imprese ausiliate, dall’altro deve svolgere una funzione accessoria, complementare e strumentale rispetto all’attività,tipica di altre imprese talché, ove venisse separata da queste, non avrebbe alcuna possibilità di utile applicazione” (Cass. 28 maggio 2003, n. 8485).

 

20 luglio 2012

Francesco Buetto