E' legittima la documentazione acquisita presso terzi

una recente sentenza di Cassazione chiarisce che il Fisco può legittimamente acquisire documentazione presso terzi ed utilizzarla per accertamenti

Con sentenza n. 9108 del 6 giugno 2012 (ud. 14 marzo 2012) la Corte di Cassazione ha, fra l’altro, confermato la legittima acquisizione della documentazione reperita presso terzi.

 

Il principio espresso dalla Corte

Per la Corte “nessun pregiudizio al diritto di difesa subisce, peraltro, il terzo che dai documenti acquisiti nel corso della verifica risulti avere intrattenuto rapporti commerciali con il contribuente verificato, tenuto conto da un lato che l’utilizzo di dati, documenti ed informative acquisite presso terzi ai fini dell’attività di accertamento di ufficio o in rettifica è pienamente legittimo in quanto espressamente contemplata dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52; dall’altro che il contribuente, nei cui confronti l’Amministrazione finanziaria emetta avvisi di accertamento fondati in tutto od in parte sulla documentazione od informative acquisite presso terzi, è posto comunque in grado di esercitare in modo pieno e senza alcun limite il proprio diritto di difesa sia nella fase extragiudiziale con a richiesta di attivazione della autotutela, sia nella fase giudiziale con la opposizione all’atto impositivo avanti le Commissioni tributarie”.

 

Brevi considerazioni

La questione affrontata dalla Corte nella sentenza che si annota non è certamente nuova.

L’organo di giustizia supremo, con sentenza n. 2775/2000, aveva già affermato il principio che “se fosse precluso agli organi verificatori – nel corso di accessi debitamente autorizzati – prendere visione e, se del caso, acquisire atti e dati fiscalmente rilevanti nei confronti di terze persone (non menzionate nel provvedimento di autorizzazione), sarebbe agevole per il contribuente infedele sottrarre alle verifiche la propria documentazione fiscale, bastando a ciò il semplice accorgimento di conservarla presso un’altra persona 1.

Sul punto la stessa Corte di Cassazione, con sentenza n. 6311 del 5 dicembre 2007, dep. il 10 marzo 2008, dopo aver ribadito che è “pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la inattendibilità della contabilità aziendale e quindi l’accertamento induttivo possono essere fondati su documentazione reperita presso terzi, e sulle annotazioni elaborati da terzi. Purché simile documentazione sia resa nota al contribuente ed esibita in giudizio”, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata ed inviato il giudice di rinvio ad attenersi al seguente principio di diritto: ” la Amministrazione Finanziaria può procedere ad accertamento induttivo utilizzando documentazione reperita presso terzi e da costoro elaborata, purché fornisca la prova anche attraverso presunzioni della veridicità di tale documentazione e conseguentemente della inattendibilità della documentazione elaborata dal contribuente“.

In senso conforme si attestata la sentenza n. 8255 del 31 gennaio 2008, dep. il 31 marzo 2008, della Corte di Cassazione, secondo cui “l’uso di elementi acquisiti nell’ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 63, comma 1, dispone espressamente che, nell’ambito dei doveri di cooperazione con gli uffici, la Guardia di Finanza trasmette agli uffici stessi tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e che l’art. 54, comma 2, citato D.P.R. dispone che gli uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cass. Sez. Trib. 5-7-2001, n. 9100)”. Infatti, “ la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che è utilizzabile ai fini dell’accertamento di operazioni non contabilizzate nella contabilità ufficiale qualsiasi forma di documentazione che sia astrattamente idonea ad evidenziarne l’esistenza, purchè legittimamente rinvenuta nel corso di verifiche fiscali, in quanto detta documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili ed inadempimenti di obblighi di legge, non puo’ essere ritenuta dal giudice di per sè probatoriamente irrilevante, integrando essa elemento probatorio, ancorchè presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento IVA, indipendentemente dal contestuale riscontro di tali irregolarità ed inadempimenti (Cass. Sez. Trib., 8-9-2006, n. 19329)2”.

Si segnalano ancora due sentenze, sostanzialmente identiche – nn. 28953/2008 e 28955/2008 – con cui la Cassazione ha avuto nuovamente modo di far sentire la sua voce su tale particolare aspetto.

Partendo dalla constatazione che il requisito motivazionale dell’avviso di accertamento può essere assolto per relationem, mediante rinvio ad altri atti conosciuti o conoscibili da parte del contribuente ed agli elementi da essi offerti, senza necessità di relativa allegazione, i giudici osservano che “l’avviso di accertamento in oggetto è motivato con riferimento al p.v.c. relativo all’impresa individuale del contribuente, a questo notificato e riportante anche dati e notizie acquisiti nel corso della verifica eseguita nei confronti della A.V. s.a.s.. Nè l’illegittimità dell’avviso potrebbe riscontrarsi nella mancata allegazione dell’intero p.v.c. relativo alla verifica nei confronti della società, a tacer d’altro, perché l’effettiva conoscenza di tale atto da parte del contribuente appare, nella specie, garantita sia dal fatto che socie accomandataria e accomandante della A.V. erano, rispettivamente, la figlia e la moglie del G. sia per lo stretto collegamento operativo ricorrente tra la s.a.s. e l’impresa individuale del contribuente”. Inoltre, “la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, quand’anche risolventesi in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge. Ne consegue che, qualora, a seguito d’ispezione, venga rinvenuta presso la sede di un’impresa documentazione non obbligatoria, astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione (la cui esistenza risulta, nella specie, attestata dalla narrativa della stessa sentenza impugnata), è legittimamente utilizzata dall’Ufficio, ai fini dell’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, in raffronto con la documentazione ufficiale. Ne consegue, altresì, che, in tal caso, detta documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili ed inadempimenti di obblighi di legge, non può essere ritenuta dal giudice di per sé probatoriamente irrilevante, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione di queste con i dati emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente (cfr. Cass. nn. 25610 19329/06, 6949/06 e 1349/99 nonché cass. nn. 25610/06, 11459/01 in tema di accertamento di imposte dirette)”.

E di recente:

  • con sentenza n. 13487 dell’11 giugno 2009 (ud. del 17 aprile 2009) la Corte di Cassazione ha riconosciuto all’Amministrazione finanziaria ha facoltà di utilizzare documenti extra-contabili rinvenuti nello svolgimento dell’attività di verifica fiscale effettuata presso terzi al fine di rettificare la dichiarazione del contribuente, il quale non può dolersi della motivazione per relationem al p.v.c. di tale verifica allorquando vi sia stata notifica unitamente all’atto impositivo con indicazione della documentazione verificabile nei presidi della Guardia di Finanza. Parimenti, la violazione delle regole dell’accertamento tributario non comporta come conseguenza necessaria la inutilizzabilità degli elementi acquisiti, in mancanza di una specifica previsione in tal senso3;

  • con sentenza n. 14017 del 17 giugno 2009 (ud. dell’8 aprile 2009), per la Corte non assume rilievo, “ai fini della correttezza della statuizione impugnata, il principio secondo cui gli Uffici possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cass. 24967/05, 9100/2001, 8344/2001), in quanto il giudice di appello si è pronunziato non già sull’astratta inidoneità dei documenti extracontabili a fondare la rettifica, bensì sulla concreta inidoneità delle risultanze degli stessi a rappresentare presunzioni gravi precise e concordanti”. Resta riservato all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito sia il ricorso alle presunzioni, “sia la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione”;

  • con sentenza n. 10137 del 28 aprile 2010 (ud. del 19 gennaio 2010) la Corte di Cassazione, dopo aver rilevato che il ritrovamento da parte della Guardia di Finanza, in locali diversi da quelli societari, di una “contabilità parallela” a quella ufficialmente tenuta dalla società sottoposta a verifica fiscale legittima, di per sè, e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo (v. Cass., 18/12/2006, n. 27061; Cass., 20/12/2003, n. 19598; e già Cass., 7/7/1999, n. 7045), e che ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 35, la Guardia di finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai dipendenti civili dell’Amministrazione finanziaria (v. Cass., 8/7/2009, n. 16017), osserva, tuttavia, che “nella motivazione non risulta in effetti indicata la prova che il rinvenimento da parte della G.d.F. della documentazione de qua sia avvenuta in locali di commercio o connessi o comunque per i quali non sia necessaria la specifica autorizzazione della Procura della Repubblica D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52, applicabile in tema di I.V.A. in ragione del richiamo operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, (cfr. Cass., 31/8/2007, n. 18337; Cass., 3/4/2007, n. 9565; Cass., 26/10/2005, n. 20824; Cass., 12/10/2005, n. 19837; Cass., 29/11/2001, n. 15209; Cass., 2/2/1998, n. 1036. V. anche, da ultimo, Cass., 7/8/2009, n. 18155)”;

  • con ordinanza n. 22724 dell’8 novembre 2010 (ud. del 22 settembre 2010) la Corte di Cassazione ha confermato che “l’uso di elementi acquisiti nell’ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, nè il riparto dell’onere probatorio, atteso che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e l’art. 54, comma 2, del citato D.P.R., dispongono che gli Uffici, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cass. nn. 24967/05, 9100/01, nonchè Cass. n. 6311/08, secondo cui l’accertamento induttivo può essere fondato su documentazione reperita presso terzi, e sulle annotazioni elaborate da terzi, purchè tale documentazione sia resa nota al contribuente ed esibita in giudizio; v. anche Cass. n. 24433/08, in motivazione)”;

  • con sentenza n. 3258 del 2 marzo 2012 (ud 8 novembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che, “secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, inmateria di rettifiche I.V.A., l’uso di elementi acquisiti nell’ambito diprocedure riguardanti altri soggetti non viola le disposizioni che regolanol’accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che il D.P.R. n.633 del 1972, art. 63, comma 1, dispone espressamente che, nell’ambito deidoveri di cooperazione con gli uffici, la Guardia di Finanza trasmette aisuddetti uffici tutte le notizie acquisite, anche indirettamente,nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, e che l’art. 54, comma 2,del citato D.P.R. dispone che gli Uffici, a loro volta, possono procederealla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti,tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di“verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti”(v. tra le altre cass. n. 9100 del 2001)”.

 

28 giugno 2012

Gianfranco Antico

1 Cfr. Cass, Sez. Trib., Sent. n. 19837/05 del 13 giugno 2005, dep. il 12 ottobre 2005, secondo cui il provvedimento emesso dalla competente autorità giudiziaria di autorizzazione alla perquisizione del domicilio di un soggetto determinato permette di acquisire, in quello stesso domicilio, la documentazione riguardante un altro soggetto, anche nel caso in cui quest’ultimo non sia menzionato nel suddetto provvedimento autorizzativo, poiché la ratio della norma – art. 52 del D.P.R. n. 633/72 – è quella di tutelare il contribuente nei cui confronti viene eseguito l’accesso e non di creare una sorta di immunità nei confronti dei terzi.

2 Confermata da Cass. sent. n. 22468 del 10 luglio 2008, dep. il 5 settembre 2008.

3 Cfr. ANTICO, Verifiche fiscali: valida la documentazione reperita presso terzi, in www.ilhttps://www.commercialistatelematico.com.

vedi anche: Il valore della documentazione reperita presso terzi

 

ma anche: non sempre è valida la documentazione reperita presso terzi

e anche Maurizio Villani: il valore probatorio,…