Valore venale dell'area edificabile ai fini ICI-IMU anche in assenza di piani attuativi

a fini ICI, un’area è da considerare comunque edificabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo

L’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi”. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4498 del 21 marzo scorso, citando non solo propria precedente giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 25506/2006, Cass. n. 25676/2008, n. 9510/2008 e n. 9778/2010), ma anche le norme introdotte dal D.L. 203/2005 e successivamente confermate dal D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani).

Come correttamente rileva l’organo giudicante, già l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente per far lievitare il valore venale dell’immobile e comunque, le norme introdotte a chiarimento del concetto di edificatorietà dei terreni delineano una nozione di area edificabile ampia e ispirata alla mera potenzialità edificatoria che, quindi, “non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo giacchè tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico-edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria. Ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree in cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile”.

L’intervento giurisprudenziale in commento ribadisce, dunque, l’assoluta legittimità della pretesa impositiva, in conseguenza dell’esistenza del requisito di edificabilità dei terreni di proprietà del contribuente che, quindi, avrebbero dovuto essere dichiarati ai fini ICI ed assoggettati al tributo, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2, c. 1, lett. b, del D. Lgs. 504/1992.

Del tutto irrilevante è l’eventuale mancata conoscenza dell’edificabilità dei terreni, considerato che nessun obbligo in ordine all’informativa agli interessati è posto dalla legge in capo al Comune, mentre è noto che il piano regolatore, prima della sua approvazione, viene ritualmente pubblicato per darne legale ed effettiva conoscenza ai cittadini e chiunque può presentare le proprie osservazioni che, peraltro, verranno discusse in Consiglio Comunale. In ogni caso, è fatta salva la tutela giurisdizionale che i cittadini possono esercitare nei termini di legge contro le destinazioni urbanistiche stabilite dal piano. Quindi, spetta al contribuente verificare se l’area di sua proprietà sia utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali (piano regolatore, programma di fabbricazione) o attuativi (piani particolareggiati, piani di lottizzazione), oppure in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità., visto che il presupposto per l’applicazione dell’ICI si realizza (come recita l’art. 1 del D.Lgs. 504/1992) con “il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato”.

Dunque, ai fini dell’ICI, un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione da parte della Regione e dall’adozione degli strumenti attuativi dello stesso (Cassazione n. 25506 del 30 novembre 2006) e, pertanto, l’ICI va dichiarata e liquidata sulla base del valore di mercato dell’area.

Infatti, l’art. 2 del decreto ICI prevede espressamente che “per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità”. Ma, inoltre, il Legislatore ha ormai definitivamente chiarito che “Ai fini dell’applicazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque edificabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (art. 11 quaterdecies del D.L. 30 settembre 2006, n. 203).

La predetta norma è intervenuta a dissipare ogni incertezza in ordine alla complessa problematica riguardante la valutazione dell’edificabilità del suolo in relazione agli strumenti urbanistici a carattere generale e/o particolare, sancendo un criterio puntuale e facilmente applicabile già in presenza del piano regolatore generale e senza che si rendano necessarie ulteriori indagini in ordine all’esistenza di piani particolareggiati e/o di lottizzazione.

La citata disposizione non solo è immediatamente applicabile, ma estende i suoi effetti anche al passato, avuto riguardo alla natura dichiaratamente interpretativa dell’intervento normativo, in perfetta aderenza e nel rispetto delle prescrizioni contenute nello Statuto dei diritti del contribuente (art. 1 della legge n. 212/2000).

A maggior specificazione è successivamente intervenuto l’art. 36 del D.L. 223/2006 (convertito nella legge n. 248/2006), il quale, al secondo comma, precisa espressamente che, ai fini dell’applicazione – fra l’altro – del decreto legislativo n. 504/1992 “un’area è da considerare edificabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Torna di prepotente attualità, pertanto, l’esercizio dell’attività regolamentare da parte dei Comuni che, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, stabiliscono, periodicamente e per zone omogenee, l’ammontare del valore venale delle aree edificabili ricadenti nel proprio territorio. Ovviamente rimane fermo il principio per cui la base imponibile ICI per le aree fabbricabili è data dal loro valore venale in comune commercio; tuttavia, i valori che sono fissati nel regolamento influiscono solo sul piano della limitazione del potere di accertamento del comune ai fini ICI, nel senso che se l’imposta è stata pagata sulla base di un valore non inferiore a quello stabilito nel regolamento, al Comune è sottratto il potere di accertare un maggior valore, analogamente a quanto già avviene in materia di Imposta di registro, in relazione alla valutazione degli immobili con il criterio “automatico”.

 

12 aprile 2012

Valeria Fusconi