Quali sanzioni per gli errori nello spesometro per il 2010?

date le numerose perplessità e le difficoltà di interpretazione della norma relativa allo spesometro per l’anno 2010, quali sono i rischi di sanzioni tributarie per i contribuenti che hanno commesso errori od omissioni nell’invio dei dati?

Date le numerose perplessità sollevate dagli addetti ai lavori in sede di prima applicazione del c.d. “spesometro”, non sopite neppure dopo l’invio, pare utile ragionare sulle conseguenze derivanti da errori commessi dal contribuente nella compilazione della comunicazione.

Da tale analisi riteniamo lasciar fuori il caso dell’omessa presentazione della comunicazione che porta certamente all’applicazione della sanzione prevista dalla legge, nonché potrebbe anche configurare una possibile segnalazione all’Amministrazione finanziaria di grave anomalia fiscale, soprattutto nel caso di mancate corrispondenze incrociate con i dati risultanti dalle comunicazioni presentati dalle controparti fiscali.

Ragionando invece sul caso dell’eventuale infedeltà della comunicazione, sono stati tanti gli operatori che che, nel dubbio, hanno pensato di inserire nella comunicazione telematica anche operazioni che potrebbero essere considerate superflue.

L’art. 21 del D.L. n.78/10 stabilisce il regime sanzionatorio della effettuazione delle comunicazioni telematiche con dati incompleti o non veritieri, oltre al caso di omissione.

In tali casi è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’art.11 del D.Lgs. n. 471/97 (da € 258,00 a € 2.065,00); entro i trenta giorni successivi al termine previsto per la trasmissione della comunicazione originaria, era peraltro possibile inviare una comunicazione sostitutiva di quella già trasmessa al fine di correggere eventuali errori e/o omissioni (tale possibilità è quindi preclusa nel caso di omissione della comunicazione nei termini di legge).

Scaduto il termine di trenta giorni è ammesso il ravvedimento operoso. Resta, inoltre, ammessa la definizione agevolata da parte del contribuente, con riduzione della sanzione ad un terzo del minimo, ex art.16, comma 3 del D.Lgs. n.472/97.

La sanzione amministrativa non può però essere irrogata in presenza di due presupposti tra loro alternativi indicati dall’art.10, comma 3, della L. n. 212/00 , ovverossia quando:

– la violazione ha natura “meramente formale”;

– vi siano le obiettive condizioni di incertezza sulla portata applicativa della norma.

La differenza tra violazione “formale” e “meramente formale” risiede nel fatto che la seconda non costituisce in alcun modo pregiudizio all’attività di controllo della Pubblica Amministrazione.

In altre parole, le violazioni formali (sanzionate) sono quelle che pur non interessando l’aspetto impositivo possono essere di ostacolo all’attività di controllo da parte delle Entrate, mentre quelle meramente formali (non sanzionate) sono quelle irrilevanti anche su questo versante.

Se questa è la differenza, considerato che la soglia per il monitoraggio telematico delle operazioni Iva ha il significato di individuare un valore di indifferenza al fine della programmazione dei controlli, sembra possibile affermare che il contribuente che nella compilazione della comunicazione inserisce, nel dubbio, delle informazioni in più rispetto a quelle teoricamente previste, non commetta alcuna violazione che possa in qualche modo pregiudicare l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria. Il controllo è pregiudicato se il dato manca e non se, invece, esso è sovrabbondante, semprechè ovviamente tale sovrabbondanza di informazioni abbia un fondo di giustificazione.

E’ dunque ipotizzabile la sanzionabilità di chi decida di inviare i dati di tutte le operazioni realizzate, mentre è certamente diversa la situazione di colui che, con riferimento ad una serie di operazioni singolarmente inferiori alla soglia, abbia deciso di comunicarle considerandole complessivamente rilevanti in forza di un ragionevole collegamento.

L’altro punto che depone per una sostanziale non sanzionabilità dei contribuenti che approcciano allo spesometro con logiche prudenziali, sta nel fatto che quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della norma tributaria, questa non può mai essere sanzionata in quanto manca il presupposto essenziale che è alla base della logica afflittiva della sanzione, ossia la ”colpa” del trasgressore.

Poiché la pratica ha dimostrato le complicazioni insite nell’adempimento dello spesometro, e che esse andranno inevitabilmente ad inficiare la quadratura delle informazioni indicate negli elenchi acquisti e vendite presentati incrociati dal cliente e dal fornitore, pensare ad una serie di richieste di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate a fronte degli elenchi disallineati è del tutto teorico.

 

14 Marzo 2012

Danilo Sciuto