L'accertamento con adesione sbarra la strada ai rimborsi

il contribuente che ha concordato col Fisco l’accertamento con adesione, non può richiedere a rimborso le somme pagate per perfezionare tale procedura deflattiva del contenzioso

Con sentenza n. 29587 del 29 dicembre 2011 (ud. 24 novembre 2011) la Corte di Cassazione ha sbarrato, ancora una volta, le porte ad eventuali rimborsi su atti di adesione legittimamente redatti.

 

 

Rimborso di imposta in caso di accertamento con adesione – La questione

La parte ricorrente si duole, in sostanza, del fatto che il giudice di secondo grado abbia accolto una domanda di rimborso di imposta scaturente da un accertamento con adesione (previa determinazione della base imponibile in termini difformi da quelli determinati nell’atto di adesione all’accertamento) nonostante le somme dovute in base all’atto di adesione siano

“irrefragabilmente dovute dal contribuente, sicchè questi non può chiederne mai il rimborso”.

 

Il principio riaffermato

Richiamando due distinte e mai contraddette pronunce, la Corte riafferma che :

In tema di imposte sui redditi, poiché avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d’impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione che, invece, in conformità alla “ratio” dell’istituto, deve ritenersi intangibile” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20732 del 06/10/2010; Idem: Sez. 5, Sentenza n. 18962 del 28/09/2005).

Ben vero, a mente del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 3, comma 4 (dettato per le altre imposte indirette, come quelle di cui alla fattispecie in esame), l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio”.

 

Il fatto che avverso l’accertamento definito con adesione sia preclusa l’impugnazione (quali che siano le ragioni di doglianza avverso l’atto di definizione) non può che comportare la ovvia conseguenza dell’improponibilità di istanze di rimborso di quanto versato a perfezionamento dell’accordo, che deve ritenersi intangibile, in conformità alla ratio dell’istituto, connotata, a fronte dell’effetto premiale per il contribuente, dall’interesse pubblico all’immediata acquisizione delle somme risultanti dall’accordo, le quali, una volta versate, non possono più essere messe in discussione attraverso richieste di rimborso (con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso).

Perciò, una volta che l’accertamento (nella fattispecie, dell’INVIM) sia stato definito con adesione, e la definizione si sia perfezionata col versamento delle somme dovute, ai sensi del citato art. 3 è da escludersi che il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso e per effetto di errore o altra ragione di supposta incongruità dell’adesione.

Anche nella specie di causa, perciò, le ragioni dedotte dal giudice di secondo grado a sostegno dell’accoglimento dell’istanza di rimborso appaiono del tutto irrilevanti, situandosi ancora più a monte rispetto ad esse la soluzione della controversia, che risiede appunto nella non impugnabilità dell’atto conclusivo della procedura di accertamento.

 

 

Brevi riflessioni

Come rilevato dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza che si annota, con la pronuncia n. 20732 del 6 ottobre 2010 (ud. del 25 maggio 2010) la Corte di Cassazione aveva già sbarrato la strada alla richiesta di rimborsi dopo aver definito la posizione, ai sensi del D.Lgs.n.218/97.

Il punto centrale della controversia consiste nello stabilire se, una volta che l’accertamento (nella fattispecie, dell’imposta di registro e dell’INVIM) sia stato definito con adesione, mediante il procedimento previsto dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, e la definizione si sia perfezionata col versamento delle somme dovute, ai sensi dell’art. 9 del citato d.lgs., il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso a seguito di errore che avrebbe viziato, ex art. 1427 c.c., la volontà manifestata con l’istanza di adesione e con la successiva sottoscrizione dell’atto (di natura negoziale).

La risposta della Corte di Cassazione al quesito posto già allora è stata negativa.

“È sufficiente rilevare che, ai sensi dell’art. 2, comma 3 (per le imposte sui redditi e sull’iva), e art. 3, comma 4 (per le altre imposte indirette, come quelle di citi alla fattispecie in esame), del D.Lgs. n. 218 del 1997, ‘l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio’ (fatto salvo, limitatamente alle imposte di cui all’art. 2, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice da parte dell’Ufficio nelle ipotesi indicate nel comma 4 di detta norma).

Il fatto che avverso l’accertamento definito con adesione sia preclusa l’impugnazione (ovviamente – s’intende – per qualsiasi causa) non può che comportare la ovvia conseguenza della improponibilità di istanze di rimborso di quanto versato a perfezionamento dell’accordo, le quali non costituirebbero altro che una surrettizia forma di impugnazione di quest’ultimo, che deve ritenersi intangibile, in conformità alla ratio dell’istituto, connotata, a fronte dell’effetto premiale per il contribuente, dall’interesse pubblico alla immediata acquisizione delle somme risultanti dall’accordo, le quali, una volta versate, non possono più essere messe in discussione attraverso richieste di rimborso (con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso) (cfr. Cass. n. 18962/2005)”.

 

Al di fuori delle ipotesi tassativamente previste – art. 4, c. 2, del D.Lgs. n. 218/97 – non vi sono spazi di intervento.

Allo stesso modo, l’art. 3 del D.Lgs. n. 218/97, ai fini delle imposte indirette diverse dall’Iva, dispone che l’accertamento definito con l’adesione del contribuente non è impugnabile in sede contenziosa, nè integrabile o modificabile dall’ufficio.

L’autonoma e diversa disciplina dettata per le imposte indirette ed il mancato richiamo ad elementi nuovi ovvero ad altre circostanze particolari, porta a ritenere che in ogni caso, anche in presenza di ulteriori elementi, è preclusa qualsiasi ulteriore azione accertatrice, a prescindere dall’importo della maggiore imposta potenzialmente accertabile.

In conclusione, l’atto di adesione preclude ulteriore azione accertatrice, al di fuori dei casi espressamente visti, così come l’accordo raggiunto in contraddittorio non dà diritto ad avere rimborsi.

 

23 marzo 2012

Francesco Buetto