Le rate di mutuo alla partecipata dell’ente locale sono soggette ad IVA

la questione dei rapporti tra ente locale e società partecipate è da tempo all’attenzione di molti osservatori, sia per i costi che tali partecipate hanno, sia per la peculiarità del rapporto che li lega al Comune con particolare riferimento all’aspetto fiscale: analisi di un particolare caso fiscale relativo all’IVA

La questione dei rapporti tra ente locale e società partecipate è da tempo all’attenzione di molti osservatori, sia per i costi che tali partecipate hanno, sia per la peculiarità del rapporto che li lega al Comune con particolare riferimento all’aspetto fiscale. Si ritiene utile portare all’attenzione del lettore l’analisi di un caso fiscale molto particolare che di seguito si segnala.

Una municipalizzata aveva la proprietà della rete gas e il comune aveva un mutuo in corso per il pagamento della rete. La municipalizzata è stata costretta da normativa entrata recentemente in vigore a fondersi per incorporazione in una partecipata a totale controllo pubblico, che è diventata la nuova proprietaria della rete gas. La partecipata non può subentrare nel mutuo, che pertanto continua ad essere a carico del Comune.

Il problema è che il Comune paga le rate del mutuo e addebita le stesse rate alla partecipata che ha acquisito la rete e che si è contrattualmente impegnata ad accollarsi il pagamento.

Molti sono i dubbi in merito all’aspetto fiscale con particolare riferimento all’eventuale riaddebito del costo se sia, o meno , da fatturare; vediamo di analizzare il caso.

 

Il parere

La questione non è molto semplice perché quando si parla di IVA e pubblica amministrazione, con particolare riferimento agli enti locali, esistono una serie di problematiche di non facile interpretazione e applicazione.

La Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112, con la quale è stata operata la rifusione della Direttiva CEE del 17 maggio 1977, n. 77/388, all’articolo 13, paragrafo 1, (già art. 4, par. 5, della Direttiva 77/388/CEE), prevede che “gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni”, ad eccezione dei casi in cui il loro mancato assoggettamento ad imposizione provocherebbe “distorsioni della concorrenza di una certa importanza”. L’articolo 13, paragrafo 1, della medesima Direttiva n. 112 stabilisce altresì che “in ogni caso, gli enti succitati sono considerati soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato I quando esse non sono trascurabili”.

In sostanza, l’art. 13 della Direttiva n. 112 del 2006 dispone che gli enti pubblici, fra i quali sono compresi i Comuni, non sono soggetti passivi ai fini IVA per le “attività od operazioni” poste in essere dagli stessi in veste di “pubbliche autorità”, ad eccezione dell’ipotesi in cui il loro mancato assoggettamento all’imposta provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza. Lo stesso articolo 13, paragrafo 1, della Direttiva n. 112 del 2006 prevede, infine, che gli enti pubblici sono considerati in ogni caso soggetti passivi ai fini IVA se svolgono le attività indicate nell’Allegato I alla medesima direttiva, qualora le stesse non siano trascurabili.

Pertanto, ai fini della non assoggettabilità ad IVA degli enti di diritto pubblico, ai sensi del citato art. 13, paragrafo 1, della Direttiva 112/2006, occorre verificare:

a) che l’ente pubblico agisca in veste di pubblica autorità;

b) che il mancato assoggettamento a tributo non comporti una distorsione della concorrenza di una certa importanza;

c) che l’attività esercitata non rientri tra quelle indicate all’Allegato I della Direttiva.

Nel caso evidenziato, pur ritenendo il caso molto particolare , si è dell’opinione che vi sia presenza del requisito oggettivo; l’art. 3, c. 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, definisce tra l’altro, come prestazioni di servizi, quelle prestazioni di servizi derivanti “in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Nella fattispecie in esame, quindi, la circostanza che il Comune paghi le rate del mutuo della partecipata, per poi riaddebitarle, configura ai fini fiscali una prestazione di servizi ai sensi del citato art. 3 del DPR n. 633 del 1972.

L’amministrazione finanziaria sulle problematiche evidenziate dal gentile lettore è spesso intervenuta con documenti di prassi ministeriali per la verità non sempre condivisibili; è stata per esempio molto criticata la risoluzione n.104/E dell’11 ottobre 2010 sull’obbligo di assoggettare ad IVA il rimborso da parte del gestore del servizio idrico delle passività pregresse relative all’ammortamento dei mutui accesi dal Comune per investimenti nel settore idrico; pur se di diversa natura, il caso in esame evidenzia, in ogni caso, che anche l’orientamento ministeriale, propende sempre per l’imposizione ad IVA del rapporto tra ente locale e società partecipata.

 

25 febbraio 2012

Federico Gavioli