Conciliazione giudiziale a rate

il versamento della prima rata concordata e la garanzia sull’importo delle rate successive necessitano ai fini dell’estinzione del processo?

La conciliazione giudiziale rateale, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’importo della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive; in caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, e la causa dovrà, pertanto, essere decisa nel merito(1), La conciliazione exart. 48, D.Lgs. n. 546/1992 assume efficacia novativa dell’originaria pretesa tributaria con l’accordo intervenuto fra contribuente ed ente impositore allorquando siano osservate ed evase le formalità prevista dalla disposizione. Ne consegue che non può neppure dichiararsi la cessazione della materia del contendere laddove non siano soddisfatte le condizioni contemplate dalla norma. Tale interessante assunto è stato statuto dalla Cass. civ. Sez. V, con la sentenza del 25.11.2011, n. 24931. L’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia ha evidenziato i seguenti capisaldi.

  • Va disatteso l’assunto del giudice di appello secondo, in ogni caso, “il giudizio debba ormai ritenersi inderogabilmente estinto in quanto all’amministrazione finanziaria è consentito uno strumento coercitivo di riscossione, infatti, … il processo verbale della conciliazione costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute”.

  • Va disatteso l’assunto del giudice di appello secondo cui a seguito dell’estinzione del giudizio dichiarata dal giudice di prime cure, l’amministrazione può procedere alla riscossione delle somme dovute sulla base del processo verbale di conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, c. 3.

  • In difetto degli adempimenti prescritti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, il mero accordo conciliativo delle parti non può essere considerato idoneo a produrre alcun effetto estintivo del giudizio in corso. L’amministrazione, in difetto della valida formazione di un titolo costituito dalla conciliazione perfezionatasi tra le parti, non può – contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello – iscrivere le somme dovute dal contribuente a ruolo, e procedere alla loro riscossione coattiva.

  • La CTR in difetto degli adempimenti prescritti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48 non può confermare la statuizione di prime cure dichiarativa dell’estinzione del processo, per cessazione della materia del contendere, ma – preso atto del mancato perfezionamento della conciliazione – deve decidere la causa nel merito, accantonando definitivamente la fattispecie estintiva non perfezionatasi.

  • Gli atti dichiarativi delle varie specie di conciliazione, previste nel giudizio tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, non determinano di per sè la cessazione della materia del contendere, atteso che tale effetto estintivo si produce solo quando, con il versamento della somma concordata, gli stessi siano divenuti efficaci e perfetti.

  • E’ bensì vero, infatti, che la conciliazione giudiziale, ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l’estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata dal contribuente, e la sua sostituzione con una certa e concordata. Tuttavia, tale effetto estintivo per novazione può logicamente verificarsi esclusivamente nel caso in cui la fattispecie conciliativa si sia perfezionata, secondo le modalità previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48. E’ di chiara evidenza, infatti, che solo in tale ipotesi il verbale di conciliazione, data l’acquisita incontrovertibilità di quanto in esso consacrato, potrebbe costituire titolo per la riscossione, ai sensi della norma summenzionata (cfr. Cass. 14300/09).

  • Ne discende, dunque, che la conciliazione giudiziale rateale – ricorrente nel caso di specie – si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’importo della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive. In caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere(2), ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 (v. Cass. 9219/11).

  • In siffatta ipotesi di mancato perfezionamento della fattispecie estintiva, pertanto, la pronuncia di primo grado che – come nel caso concreto – abbia, nondimeno, dichiarato l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, è appellabile dall’Ufficio, il quale non può essere costretto all’esecuzione di una conciliazione che, per le ragioni suesposte, è da reputarsi del tutto inesistente. Ed il giudice di appello dovrà, giocoforza, procedere ad un esame nel merito del rapporto controverso.

  • Non potrebbe, per vero, l’amministrazione – come, di fatto, è accaduto nel caso di specie, avendo la CTR confermato la sentenza di rito summenzionata, nonostante il mancato perfezionamento della fattispecie conciliativa – essere privata della sua legittima pretesa di far valere il proprio interesse ad una pronuncia di merito sul rapporto giuridico controverso (cfr. Cass. 3560/09)(3).

 

Secondo diverso orientamento(4) se, dopo la conciliazione, con la quale si stabilisce la riduzione del tributo dovuto, il contribuente paga solo la prima o alcune rate, l’accordo non decade e l’unico strumento che ha il Fisco a disposizione è l’iscrizione a ruolo e la procedura di riscossione coattiva. In caso di mancato versamento delle somme residue, pattuite con la conciliazione, l’amministrazione creditrice deve esigere il loro versamento attraverso una procedura di riscossione coattiva. La conciliazione resta valida a tutti gli effetti(rectius: è giuridicamente efficace), anche se viene a mancare l’adempimento spontaneo di quanto concordato. L’unica via d’uscita è l’iscrizione a ruolo di quanto ancora dovuto e la riscossione coattiva. L’ A.F. può iscrivere a ruolo e avvalersi della procedura di riscossione coattiva; infatti, la conciliazione assurge a titolo per la riscossione delle somme negoziate e dovute dal contribuente; la lettera e lo spirito della legge mostrano che l’accordo ex articolo 48 del D.Lgs. 546/92 ha carattere novativo delle precedenti posizioni soggettive tanto è che il titolo che si è formato tra le parti è idoneo a consentire la riscossione delle somme dovute . In tema di contenzioso tributario, la conciliazione giudiziale prevista dall’art. 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992, sia nel testo originario che in quello risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, c. 419, della Legge n. 311 del 2004, ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l’estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua sostituzione con una certa e concordata, tanto che il relativo processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute (Cass. civ. Sez. V, 19.06.2009, n. 14300). Al fine del perfezionamento della conciliazione è sufficiente anche il pagamento della sola prima rata, onde in caso di mancato versamento delle somme residue, pure pattuite con quell’accordo, questo non si risolve, ma l’amministrazione creditrice deve esigere il loro pagamento attraverso una procedura di riscossione, anche coattiva (Cass. civ. Sez. V Sent., 20.09.2006, n. 20386). Va disattesa, secondo la sentenza n. 20386/2006, la tesi secondo cui il mancato pagamento comporta la riforma o revoca del decreto di estinzione del giudizio per intervenuta conciliazione e la riattivazione della controversia per reviviscenza dell’obbligo del contribuente di corrispondere quanto formava oggetto della prima richiesta da parte dell’ufficiopoiché è significativo l’attuale articolo 48 del D.lg. 546/92, così come modificato dalla legge n. 311/2004( articolo unico commi 418 e 419 ), che così recita al comma 3 bis :”in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’agenzia delle entrate provvede con l’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante”.

 

Note

1)Secondo la CM n. 235/E del 08.08.1997 l’accordo conciliativo che non sia seguito dal regolare pagamento è irrilevante, poiché il versamento della sola prima rata delle somme complessivamente dovute senza corrispondere il residuo comporta la perdita di efficacia della conciliazione e l’illegittimità delle pronuncia di estinzione del processo; il pagamento costituisce un elemento essenziale ed integrante della procedura conciliativa che può essere definita solo con il pagamento integrale La conciliazione in tal caso non comporta affatto una novazione del rapporto tributario e l’estinzione di tale rapporto consegue esclusivamente con l’integrale pagamento di quanto dovuto in base all’accordo conciliativo. E’ preclusa la riscossione coattiva delle somme e l’importo eventualmente versato potrà essere utilizzato a soddisfacimento della pretesa impositiva; inoltre, l’ufficio dovrà informare la CT onde consentire la prosecuzione del giudizio e, nell’ipotesi di conciliazione fuori udienza, riattivare il processo proponendo reclamo avverso il decreto presidenziale d’estinzione del giudizio ai sensi dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 546/92.

2)La conciliazione giudiziale rateale, prevista dall’art. 48, c. 3, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’importo della prima rata concordata e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive; in mancanza, non si verifica l’estinzione del processo tributario per cassazione della materia del contendere, prevista dall’art. 66, c. 1, del citato D.Lgs. n. 546 del 199. (Cass. civ. Sez. V, 21.04.2011, n. 9219).

3) Gli atti dichiarativi delle varie specie di conciliazione previste nel giudizio tributario dall’art. 48 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 non determinano di per sé la cessazione della materia del contendere, producendosi tale effetto solo quando, con il versamento della somma concordata, gli stessi siano divenuti efficaci e perfetti. Pertanto, nella conciliazione cosiddetta “breve postfissazione” – in cui, ai sensi del comma 5, la proposta è depositata dopo la fissazione dell’udienza e prima della trattazione in camera di consiglio – la Commissione Tributaria Provinciale, nel silenzio della norma, deve rinviare l’udienza di trattazione della causa ad una data successiva alla scadenza del termine concesso per il versamento, decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza di rinvio dell’udienza di trattazione, in applicazione analogica della disciplina dettata dal comma 1 per la conciliazione cosiddetta “breve prefissazione“, in cui la proposta è depositata prima della fissazione dell’udienza di trattazione; in mancanza di tale rinvio e del versamento, la sentenza dichiarativa dell’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere è appellabile dall’Ufficio, che non può essere costretto all’esecuzione di una conciliazione inesistente, né privato della sua legittima pretesa di far valere l’interesse ad una pronuncia del giudice di merito sul rapporto giuridico controverso (Cass. civ. Sez. V, 13.02.2009, n. 3560). In tema di contenzioso tributario, la conciliazione cosiddetta abbreviata o aderita va distinta dalla conciliazione giudiziale, in quanto quest’ultima, regolata dall’art. 48, c. 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, può avere luogo solo davanti alla commissione provinciale mentre la prima, regolata dal comma quinto del medesimo articolo, viene raggiunta dalle parti al di fuori del processo. La proposta di conciliazione alla quale l’altra parte ha preventivamente aderito può essere depositata in giudizio sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, così come previsto dal medesimo comma quinto dell’art. 48, norma, quindi, da considerarsi derogatrice di quella generale di cui all’art. 32 dello stesso D.Lgs., in tema di deposito di documenti. La denuncia al giudice di appello di un vizio della decisione relativa all’ammissibilità di tale produzione costituisce deduzione di un error in procedendo, in ordine alla quale il giudice del gravame non può declinare il proprio giudizio essendo tenuto a verificare la legittimità del provvedimento impugnato (Cass. civ. Sez. V Sent., 22.02.2008, n. 4626).

4)Secondo il Secit (relazione del 27/01/1999) la conciliazione raggiunta è intangibile e, pertanto, essendo salvo l’effetto estintivo della lite occorre conferire al processo verbale di conciliazione o al decreto d’estinzione del giudizio valore di titolo esecutivo per la riscossione coattiva delle somme conciliate. L’effettivo pagamento della somma conciliata non ha alcuna incidenza sul perfezionamento della fattispecie estinta; infatti, l’omesso pagamento attiene alla fase dell’esecuzione e non a quella del perfezionamento della fattispecie estintiva, atteso che l’accordo conciliativo è già di per se sufficiente. Nel caso sia stata proposta conciliazione giudiziale con conseguente declaratoria d’estinzione del giudizio, l’ufficio finanziario non può impugnare la sentenza di primo grado, ma deve procedere alla riscossione coattiva delle somme concordate e non versate. Ove sia stata proposta regolare conciliazione con conseguente declaratoria d’estinzione del giudizio, l’Ufficio non può impugnare la sentenza di prime cure, ma soltanto far luogo alla riscossione delle somme concordate e non versate (sentenza n. 98 del 27/06/2001 della CTR per la Toscana)

 

2 febbraio 20120

Antonio Terlizzi

 

Allegato

Cass. civ. Sez. V, Sent., 25.11.2011, n. 24931

 

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 126/11/05, depositata il 4.11.05, la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trieste (OMISSIS) avverso la decisione di primo grado, con la quale era stata dichiarata l’estinzione del giudizio per intervenuta conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 5, della controversia originata dal ricorso proposto da M.G. nei confronti dell’avviso di accertamento, relativo a maggiori imposte IRPEF ed ILOR per l’anno 1994. 2. La CTR, invero, pur ritenendo che il perfezionamento della conciliazione potesse, in concreto, avvenire solo in seguito all’integrale pagamento del dovuto, o con il pagamento della prima rata, seguito dalla prestazione di polizza fideiussoria a garanzia del residuo debito rateizzato, dichiarava, nondimeno, estinto il giudizio, ben potendo l’amministrazione procedere – a suo avviso – alla riscossione delle somme dovute sulla base del processo verbale di conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 3. 3. Per la cassazione della sentenza n. 126/11/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce l’insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. 1.1. Rileva, infatti, l’amministrazione che, nel corso della controversia tributaria originata dal ricorso proposto da M. G. nei confronti dell’avviso di accertamento, relativo a maggiori imposte IRPEF ed ILOR per l’anno 1994, le parti addivenivano alla conciliazione della lite, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 5. Per cui la CTP adita dichiarava, con sentenza, l’estinzione del giudizio. Senonchè, il contribuente, dopo aver pagato la prima rata, non provvedeva a versare le rate successive, nè prestava garanzia alcuna per il residuo debito rateizzato.

L’ufficio proponeva, pertanto, appello alla CTR del Friuli Venezia Giulia avverso la sentenza dichiarativa dell’estinzione, deducendo il mancato perfezionamento della conciliazione e chiedendo l’annullamento della sentenza di prime cure, nonchè l’emissione di una decisione di merito sul rapporto tributario controverso. Il giudice di appello confermava, per contro, l’impugnata sentenza.

1.2. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendone la contraddittorietà e l’illogicità manifesta, laddove il giudice di appello, mentre riconosce che “il perfezionamento della conciliazione avverrà solo in seguito, con l’integrale pagamento del dovuto o con il pagamento della prima rata e la contestuale prestazione della garanzia fideiussoria a garanzia del residuo rateizzato”, perviene, poi, al rigetto dell’appello dell’Ufficio, ritenendo che, in ogni caso, ” il giudizio debba ormai ritenersi inderogabilmente estinto in quanto all’amministrazione finanziaria è consentito uno strumento coercitivo di riscossione, infatti, (….) il processo verbale della conciliazione costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute”.

In altri termini, la CTR, pur ritenendo che il perfezionamento della conciliazione possa, in concreto, avvenire solo in seguito all’integrale pagamento del dovuto, o con il pagamento della prima rata, seguito dalla prestazione di polizza fideiussoria a garanzia del residuo debito rateizzato, conferma, nondimeno, l’estinzione del giudizio dichiarata dal giudice di prime cure, ben potendo l’amministrazione procedere – a suo avviso – alla riscossione delle somme dovute sulla base del processo verbale di conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 3. 2. Con il secondo motivo di ricorso, l’amministrazione deduce, altresì, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 46 e 48, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 2.1. Avrebbe, invero, errato, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello a ritenere “inderogabilmente estinto” il processo pendente, atteso che, in difetto degli adempimenti prescritti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, il mero accordo conciliativo delle parti non potrebbe essere considerato idoneo a produrre alcun effetto estintivo del giudizio in corso. Per il che è evidente che l’amministrazione, in difetto della valida formazione di un titolo costituito dalla conciliazione perfezionatasi tra le parti, non avrebbe in alcun modo potuto – contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello – iscrivere le somme dovute dal contribuente a ruolo, e procedere alla loro riscossione coattiva.

La CTR, a parere dell’amministrazione ricorrente, non avrebbe dovuto, pertanto, confermare la statuizione di prime cure dichiarativa dell’estinzione del processo, per cessazione della materia del contendere, ma – preso atto del mancato perfezionamento della conciliazione – avrebbe dovuto decidere la causa nel merito, accantonando definitivamente la fattispecie estintiva non perfezionatasi. Di qui la dedotta violazione delle disposizioni di legge summenzionate, operata dall’amministrazione finanziaria con il secondo motivo di ricorso.

3. Le due censure – che vanno esaminate congiuntamente, attesa la loro evidente connessione – si palesano, a giudizio della Corte, pienamente fondate e devono, pertanto, essere accolte.

3.1. Va – per vero – osservato, al riguardo, che gli atti dichiarativi delle varie specie di conciliazione, previste nel giudizio tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, non determinano di per sè la cessazione della materia del contendere, atteso che tale effetto estintivo si produce solo quando, con il versamento della somma concordata, gli stessi siano divenuti efficaci e perfetti.

E’ bensì vero, infatti, che la conciliazione giudiziale, ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l’estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata dal contribuente, e la sua sostituzione con una certa e concordata. Tuttavia, tale effetto estintivo per novazione può logicamente verificarsi esclusivamente nel caso in cui la fattispecie conciliativa si sia perfezionata, secondo le modalità previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48. E’ di chiara evidenza, infatti, che solo in tale ipotesi il verbale di conciliazione, data l’acquisita incontrovertibilità di quanto in esso consacrato, potrebbe costituire titolo per la riscossione, ai sensi della norma summenzionata (cfr. Cass. 14300/09).

3.2. Ne discende, dunque, che la conciliazione giudiziale rateale – ricorrente nel caso di specie – si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’imposto della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive. In caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 (v. Cass. 9219/11).

In siffatta ipotesi di mancato perfezionamento della fattispecie estintiva, pertanto, la pronuncia di primo grado che – come nel caso concreto – abbia, nondimeno, dichiarato l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, è appellabile dall’Ufficio, il quale non può essere costretto all’esecuzione di una conciliazione che, per le ragioni suesposte, è da reputarsi del tutto inesistente. Ed il giudice di appello dovrà, giocoforza, procedere ad un esame nel merito del rapporto controverso.

Non potrebbe, per vero, l’amministrazione – come, di fatto, è accaduto nel caso di specie, avendo la CTR confermato la sentenza di rito summenzionata, nonostante il mancato perfezionamento della fattispecie conciliativa – essere privata della sua legittima pretesa di far valere il proprio interesse ad una pronuncia di merito sul rapporto giuridico controverso (cfr. Cass. 3560/09).

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, i motivi di ricorso sono da ritenersi fondati sia sotto il profilo del vizio di motivazione, che sotto quello della violazione di legge, e vanno, pertanto, accolti, in toto. L’impugnata sentenza deve essere, di conseguenza, cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria del Friuli Venezia Giulia, che si atterrà – in relazione al vizio di violazione di legge – al seguente principio di diritto: “la conciliazione giudiziale rateale, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’imposto della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive; in caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, e la causa dovrà, pertanto, essere decisa nel merito”. 5. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.