La data di pendenza della lite da definire

analisi di quali sono le liti che è possibile definire, con particolare attenzione al fatto di quali liti sono considerate pendenti; attenzione, non è possibile definire le liti potenziali alla data dell’1 maggio 2011!

L’art. 39 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, concernente “Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria”, al comma 12, disciplina la definizione delle liti fiscali “minori”.

La norma prevede al riguardo che “Al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie equindi concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua espedita gestione del procedimento di cui al comma 9le liti fiscali divalore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate,pendenti alla data del 1° maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie oal giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio,possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’attointroduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensidell’articolo 16della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.

La definizione delle liti “minori” ricalca, in maniera sostanzialmente analoga, quella introdotta in passato con l’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia pure con alcune specificazioni e adattamenti.

In particolare, la definizione delle liti fiscali pendenti di cui all’articolo 39 D.L. n. 98/2011 presenta – come rilevato dalla circolare n.48/2011 – tre differenze fondamentali rispetto alla precedente definizione agevolata prevista dall’articolo 16 legge n. 289/2002:

a) la precedente definizione operava con riferimento a tutte le liti in materia tributaria, in cui fosse parte l’Amministrazione finanziaria dello Stato, la nuova disposizione di cui all’articolo 39 D.L. n. 98/2011 limita la possibilità di definizione alle sole controversie pendenti in cui è parte l’Agenzia delle entrate;

b) mentre non vi erano limiti di valore per definire le controversie ai sensi dell’articolo 16 legge n. 289/2002, la nuova definizione è consentita limitatamente alle liti “minori” il cui valore non sia superiore a 20.000 euro;

c) in considerazione dell’esiguità delle somme dovute, è escluso il pagamento rateale degli importi dovuti in base alla definizione delle liti minori.

 

Pertanto, la norma consente di definire, a richiesta del contribuente, tutte le liti fiscali, nelle quali sia parte l’Agenzia delle entrate, concernenti “atti impositivi” e di “irrogazione delle sanzioni”, il cui valore non superi 20.000 euro, pendenti in ogni stato e grado del giudizio dinanzi ai seguenti organi giurisdizionali:

– Commissioni tributarie di ogni grado e giudizio (provinciali, regionali, di primo e di secondo grado di Trento e Bolzano e centrale), anche a seguito di rinvio;

– Giudice ordinario, compresa la Corte di cassazione.

 

Affinché una lite sia definibile devono sussistere contemporaneamente le seguenti condizioni:

– la controversia deve avere ad oggetto rapporti di natura tributaria, ossia deve rientrare nella nozione di “lite fiscale” ed avere ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate. Per lite fiscale si intende quella rientrante nella giurisdizione tributaria, come definita dall’articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. L’eventuale circostanza che la lite sia definitivamente radicata dinanzi agli organi della Giustizia tributaria per effetto di giudicato implicito non vale a mutarne la natura di lite non fiscale;

– l’Agenzia delle entrate deve essere legittimata passivamente a stare in giudizio.

 

Essendo definibili soltanto le controversie nelle quali sia parte l’Agenzia delle entrate, viene esclusa la definizione delle liti che vedono come parti legittimate passive in primo grado altre Amministrazioni pubbliche.

Sono escluse, pertanto, dalla definizione tutte le liti in cui siano coinvolti come enti impositori altre Amministrazioni pubbliche, come le Regioni, gli Enti locali, le altre Agenzie fiscali, ecc.

L’Amministrazione finanziaria ha altresì escluso dalla definizione anche le controversie, non riguardanti “atti impositivi”, relative all’operato dell’Agente della riscossione (i.e. liti relative all’impugnazione di fermo amministrativo di veicoli, di iscrizione di ipoteca, di risposta ad istanze di rateazione, cartella di pagamento – in via di principio -, ancorché parte formale in giudizio risulti l’Agenzia delle entrate).

Sono, invece, definibili le liti relative ad atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate che vedono come parte in giudizio, assieme all’Agenzia delle entrate, anche l’Agente della riscossione.

Per le controversie definibili, ai sensi dell’articolo 39, comma 12, lettera e, “restano comunque dovute per intero le somme relative alrecupero di aiuti di Stato illegittimi”. Ne consegue, in particolare, che le controversie relative alle “decisioni di recupero”, così come individuate dall’articolo 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, non possono essere oggetto di definizione, indipendentemente dal loro valore. La norma – precisa la C.M.n.48/2011 – va intesa nel senso che sono escluse dalla definizione, nella loro interezza, le controversie sul recupero degli aiuti di Stato illegittimi. Tale esclusione riguarda non solo il pagamento degli aiuti e dei relativi interessi, ma si estende anche alle relative sanzioni.

 

La pendenza

Deve trattarsi di liti fiscali pendenti alla data del 1° maggio 2011, dinanzi alle Commissioni tributarie o al Giudice ordinario in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio.

La definizione delle liti fiscali incide, quindi, soltanto sui rapporti pendenti alla data del 1° maggio 2011 e non può riflettersi su quelli a tale data esauriti, perché interessati, in particolare, da un provvedimento divenuto definitivo per inutile decorso dei termini di impugnazione”.

I concetti di “lite pendente” e di “valore della lite”, come precisati dall’articolo 16 legge n. 289/2002, rilevano anche per la definizione delle liti “minori”, stante la generale previsione di rinvio al menzionato articolo 16.

Sulla base delle precise indicazioni diramate dall’Agenzia delle Entrate nella citata circolare n.48/2011, si considerano pendenti tutte le controversie originate da avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione per le quali:

– alla data del 1° maggio 2011 sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio in primo grado. In particolare, per i giudizi instaurati dinanzi alle Commissioni tributarie, si deve fare riferimento alla data in cui è stato notificato il ricorso all’Ufficio, non essendo necessario che, entro il 1° maggio 2011, vi sia stata anche la costituzione in giudizio;

– prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 98/2011 (entro il 5 luglio 2011) non sia intervenuta pronuncia giurisdizionale definitiva; sono, pertanto, definibili le liti interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugnazione non siano ancora scaduti; la lite può essere definita anche se pendente a seguito di sentenza di rinvio o se pendono i termini per la riassunzione.

 

Le liti potenziali

Sulla base dell’attuale dettato normativo non sono suscettibili di definizione le cosiddette “liti potenziali”, ossia quelle in cui il ricorso in primo grado non sia stato presentato alla data del 1° maggio 2011 pur essendo, a tale data, pendenti i termini di impugnazione di un atto notificato.

 

Pronunce divenute definitive al 5 luglio 2011

Sono definibili anche le controversie interessate da sentenza già emessa alla data in cui si intende chiedere la definizione purché i relativi termini di impugnazione – anche per effetto di sospensione – alla stessa data non siano scaduti.

Occorre, quindi, riscontrare volta per volta che – alla predetta data – non siano decorsi i termini per impugnare la sentenza emessa dalle Commissioni tributarie provinciali, regionali, centrale, dai Tribunali o dalle Corti d’appello.

L’Amministrazione finanziaria – C.M. n.48/2011 – ha ritenuto che il passaggio in giudicato di una pronuncia divenuta definitiva nel periodo compreso tra il 1° maggio 2011 ed il 5 luglio 2011, prima, cioè, dell’entrata in vigore del D.L. n. 98/2011, precluda la possibilità di definire la relativa controversia.

Relativamente alle liti definibili, la lettera c dell’art. 39 stabilisce che dal 6 luglio 2011 “sono … sospesi, sino al 30giugno 2012 i termini per la proposizione di ricorsi, appelli,controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi inriassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio”.

Di conseguenza, la sospensione dei termini impedisce fino al 30 giugno 2012 il passaggio in giudicato delle decisioni i cui termini di impugnativa erano ancora pendenti al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 98/2011.

Si ricorda che, ai fini della determinazione dell’importo da versare per perfezionare la definizione, occorre tenere conto dell’ultima o dell’unica pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito, ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, resa alla data di presentazione della domanda di definizione.

 

Liti pendenti a seguito di rinvio

Sono definibili anche le liti fiscali pendenti a seguito di rinvio innanzi alle Commissioni tributarie o all’Autorità giudiziaria ordinaria di merito.

Considerato che la lettera c del comma 12 dell’articolo 39 sospende i termini di riassunzione, è consentita la chiusura nelle ipotesi in cui sia stato disposto il rinvio, sia da parte della Corte di Cassazione sia da parte dei giudici di merito, a condizione che alla data del 6 luglio 2011 non fossero ancora spirati i termini per la riassunzione.

 

Pronunce di inammissibilità

Per effetto del rinvio operato dall’articolo 39 D.L. n. 98/2011 all’articolo 16 legge n. 289/2002 sono considerate liti pendenti anche le controversie per le quali, alla data del 1° maggio 2011, sia intervenuta una pronuncia giurisdizionale, anche di inammissibilità, e alla data dal 6 luglio 2011 non fossero ancora decorsi i termini per impugnarla.

Sono ammesse, pertanto, alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi – in sé inammissibili – proposti oltre i termini prescritti dalla legge ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del d.lgs. n. 546 del 1992 (quali, ad esempio, la sottoscrizione), purché prima del 6 luglio 2011 non sia intervenuta pronuncia definitiva di inammissibilità.

 

9 novembre 2011

Roberta De Marchi