La nuova disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRES (Parte II)

continua l’analisi della nuova normativa riguardante il riporto delle perdite fiscali: la trasformazione societaria, le perdite dei primi tre periodi di attività, il problema delle società di comodo, il consolidato fiscale, le società in regime di trasparenza…

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4.2 Le trasformazioni “progressive” e “regressive”

L’Agenzia delle entrate ha affermato, nella risoluzione del 16 maggio 2005, n. 60/E, che nell’ambito delle trasformazioni “progressive”, che comportano il cambiamento della veste giuridica di una società commerciale di persone in quella di società di capitali, le perdite formatesi in capo alla società di persone non possono essere trasferite alla società di capitali risultante dall’operazione, in quanto già imputate a titolo definitivo ai soci. Ne consegue che nessuna posizione giuridica soggettiva, collegata alle suddette perdite, sorge in capo alla società di persone che possa essere eventualmente trasmessa alla società di capitali risultante da un’operazione di trasformazione.

Il trattamento fiscale delle perdite conseguite dalla società di persone ante trasformazione ed imputate ai soci per trasparenza resterà dunque quello ordinariamente applicabile ai sensi dell’art. 8 del TUIR.

Nel caso, invece, in cui la società di capitali che procede alla trasformazione regressiva in società di persone abbia maturato, nei periodi di imposta ante trasformazione, perdite fiscali riportabili, la stessa risoluzione n. 60/E del 2005 ha chiarito che tali perdite possono continuare ad essere riportate dalla società anche successivamente alla sua trasformazione in società di persone.

In altre parole, il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate specifica che, se da un lato le perdite fiscali pregresse non devono intendersi irrimediabilmente perdute per effetto della trasformazione regressiva, è d’altro canto escluso che le medesime possano essere imputate pro quota direttamente in capo ai soci della società di persone risultante post trasformazione.

Le perdite, dunque, continuano ad essere riportabili secondo le regole ordinariamente stabilite per i soggetti IRES, ma rimangono in capo alla società che le ha prodotte, la quale provvede al loro scomputo in “prededuzione” dal reddito imponibile, prima della sua imputazione per trasparenza ai soci della società di persone risultante dalla trasformazione regressiva.

In questo caso, quindi, le perdite dovrebbero conservare le caratteristiche previste per il soggetto IRES in capo al quale sono maturate, cioè il riporto senza limiti di tempo e la utilizzabilità entro il limite dell’80% del reddito dei periodi successivi1. Ciò in quanto, come precisato nella stessa risoluzione n. 60/E del 2005, la trasformazione “non può influenzare il trattamento fiscale cui soggiacciono le perdite realizzate dallo stesso soggetto nei precedenti periodi d’imposta” e quindi la società di persone risultante dalla trasformazione regressiva conserva “la posizione giuridica maturata, ai sensi dell’art. 84 del TUIR, prima di porre in essere il cambiamento tipologico” e risulta legittimata a scomputare le perdite pregresse applicando “le medesime disposizioni dettate per i soggetti IRES”.

L’Istituto di ricerca ha confermato tele impostazione interpretativa, precisando che l’Agenzia ha assunto a principio generale dell’ordinamento la norma, considerata di carattere ricognitivo, dell’art. 7, c. 2, del D.M. 23 aprile 2004 in tema di perdite e regime di trasparenza di cui all’art. 115 del TUIR, secondo la quale, anche dopo la trasformazione in società di persone, si “mantengono” le perdite realizzate nella società di capitali e che, di conseguenza, trova applicazione la previsione del novellato art. 84 del TUIR.

 

5. Le perdite dei prime tre periodi di attività

Nell’art. 84, c. 2, del T.U.I.R. è stata eliminata la precisazione che le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi “senza alcun limite di tempo”. Ciò in quanto tale precisazione risulta ormai superflua dopo l’eliminazione di tale limite nel detto comma 1.

E’ stato, però, precisato che il computo in diminuzione deve avvenire “entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi”. Si è inteso, in tal modo, stabilire che nei casi in esame non trova applicazione la limitazione dell’utilizzo della perdita nella misura dell’80% del reddito dei periodi d’imposta successivi.

Risulta, inoltre, confermata la condizione che le perdite “si riferiscano ad una nuova attività produttiva”.

E’ stato, quindi, mantenuto un regime fiscale più favorevole per le perdite in esame, per le quali la limitazione temporale del quinquennio per il riporto in avanti era stata già eliminata dal D.Lgs. n. 358 del 1997: l’aspetto di maggior favore non è, però, più quello di consentire il riporto illimitato ma consiste ora nella non applicazione della limitazione all’utilizzo della perdita nei periodi d’imposta successivi.

Non è stato, invece, accolto il suggerimento2 di consentire, anche in via transitoria, il riporto illimitato delle perdite da parte dei soggetti neo costituiti che proseguono un’attività intrapresa da altri, in quanto anche in tali casi tale attività potrebbe risultare priva di redditività.

 

6. I rapporti con altri istituti

L’istituto di ricerca ha preso in esame, nella già citata circolare, anche i riflessi che la modifica della disciplina del riporto delle perdite ha avuto su altre previsioni normative, quali quelle riguardanti:

  • le limitazioni al riporto delle perdite per i soggetti che fruiscono di regimi di detassazione totale o parziale dei redditi o degli utili, finalizzate a realizzare la simmetria tra imponibilità del risultato positivo (utile) e deducibilità del risultato negativo (perdita);

  • il consolidato fiscale nazionale;

  • il regime di trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del TUIR;

  • la liquidazione della società;

  • la disciplina delle società di comodo.

 

6.1. Le attività con redditi detassati o utili esenti

L’art. 83, c. 1, secondo periodo, del TUIR, prevede che “in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi”.

Si tratta dei regimi agevolativi che riguardano i risultati reddituali complessivi derivanti dall’esercizio di determinate attività d’impresa, quali, ad esempio, l’esenzione pari all’80% del reddito derivante dall’utilizzazione di navi iscritte nei registri internazionali (se non è stata effettuata l’opzione per il regime della tonnage tax)3 o quella del 56% del reddito delle imprese che esercitano la pesca mediterranea, costiera o interna. In tali casi le perdite rilevano anch’esse nella detta misura dell’80% o del 56%.

L’Istituto di ricerca ha ricordato che, in via amministrativa, il tema del riporto delle perdite in caso di imprese con redditi detassati era stato già affrontato prima della introduzione della norma in esame ad opera della Legge finanziaria per il 2007. L’Agenzia delle entrate aveva affermato, nella circolare n. 37/E del 9 luglio 2003 (riguardante l’applicazione della normativa del riporto delle perdite ex art. 84 del TUIR alle società cooperative agricole e di produzione e lavoro che, in presenza delle condizioni di cui agli artt. 10 o 11 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, pur mantenendo la qualifica di soggetti passivi d’imposta, beneficiano dell’esenzione IRES corrispondente a una parte o a tutto il reddito prodotto), che “le perdite che si sono generate in periodi di imposta in cui una società cooperativa beneficiava dell’esenzione totale o parziale del reddito sono interamente riportabili nei periodi d’imposta successivi ed utilizzabili nei limiti del quinquennio”. Inoltre, nel valutare se tali perdite debbano essere utilizzate in compensazione nei periodi di imposta in cui la cooperativa ha evidenziato un utile di esercizio che non ha dato luogo ad un reddito complessivo imponibile per effetto dell’esenzione, l’Agenzia aveva precisato che “negli esercizi chiusi con un utile da conto economico, il reddito complessivo imponibile, poiché usufruisce dell’esenzione, sia zero. Di conseguenza non si creano i presupposti per l’utilizzazione delle perdite dei periodi di imposta precedenti … e, pertanto, le perdite potranno essere riportate integralmente e, in caso di mancanza dell’agevolazione, utilizzate in diminuzione del reddito complessivo e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile, sempre nei limiti temporali previsti”.

Tale orientamento sembrerebbe, in prima istanza, doversi ritenere superato dalla vigente disposizione normativa, ma lo stesso Istituto ha osservato che l’Agenzia delle entrate ha chiarito, nella risoluzione n. 129/E del 13 dicembre 2010, che la norma in esame si applica ai soggetti che beneficiano di un’esenzione dal reddito per la quale è prevista una determinata percentuale di esenzione e che, di conseguenza, resterebbe inapplicabile, ad esempio, alle cooperative che godono dell’esenzione di cui agli artt. 10 e 11 del dpr n. 601 del 1973, “in quanto tali esenzioni non si basano su una percentuale prestabilita di esenzione dal reddito, ma sono calcolate in fase di determinazione della base imponibile prendendo a riferimento valori quali gli utili netti annuali accantonati4 ovvero l’IRAP computata tra le variazioni in aumento. Ciò comporta che l’incidenza del beneficio fiscale sul reddito della società cooperativa, in questi casi, non è individuato da una percentuale fissa, ma è soggetto a variazione nei diversi periodi di imposta. In altri termini, in assenza di una percentuale prestabilita che consenta di determinare l’ammontare di reddito esente, non è individuabile nel periodo d’imposta in cui è realizzata una perdita fiscale la misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi”.

L’Istituto di ricerca ha poi giustamente affermato che le modifiche apportate all’art. 84 del TUIR generano riflessi anche sulla disposizione in esame, in quanto “l’art. 83, c. 1, secondo periodo, agisce a monte, nel senso di abbattere il quantum fiscalmente rilevante della perdita maturata, in corrispondenza della percentuale di reddito imponibile; il quantum così determinato potrà, poi, essere computato in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi nella misura stabilita dal novellato art. 84 del TUIR”.

L’art. 84, c. 1, secondo periodo, del TUIR stabilisce, altresì, che per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (come nel caso delle società cooperative a mutualità prevalente, per le quali, secondo quanto prescritto dall’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non concorre a formare il reddito imponibile la quota dell’utile d’esercizio accantonata a riserva indivisibile, sempre che sia esclusa la possibilità di distribuire tale riserva ai soci, sia durante la vita della cooperativa che in fase di liquidazione).

Anche in questo caso l’Istituto ha rilevato che “il nuovo limite pari all’80% del reddito esplica per intero i suoi effetti. Infatti, l’art. 84, comma 1, secondo periodo, agisce a monte, nel senso di consentire il riporto della perdita solo per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti; poi questa perdita riportabile può essere utilizzata in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascuno di essi, secondo le nuove regole”.

 

6.2. Il consolidato fiscale

In merito ai rapporti tra la disciplina in esame e il regime delle perdite nell’ambito della tassazione consolidata, di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, era stato osservato5 che, poiché nell’ambito della tassazione di gruppo le società devono dapprima compensare le perdite anteriori all’ingresso nel consolidato fiscale con il proprio reddito e, successivamente, trasferire il saldo, se positivo, alla consolidante (ovvero limitarsi al trasferimento della perdita maturata nell’esercizio senza la possibilità di attingere da quelle pregresse a beneficio del risultato complessivo di gruppo), alle perdite conseguite ante ingresso nel consolidato si applicano le regole generali dettate dall’art. 84 del TUIR, così come modificato dal D.L. n. 98 del 2011.

In relazione, invece, alle perdite maturate in regime di tassazione di gruppo, occorre distinguere tra quelle conseguite dalle singole società e quelle che residuano una volta effettuata in capo alla fiscal unit la somma algebrica dei redditi e delle perdite ad essa traslate. Le prime “sono perdite di periodo conseguite dalle singole società e, pertanto, sottratte alla disciplina del riporto delle perdite dettata dall’art. 84 del TUIR. Rilevano, quindi, integralmente, al pari dei redditi, nella determinazione del reddito complessivo globale del gruppo. Le seconde, invece, soggiacciono pienamente alle regole dell’art. 84 del TUIR, tenuto conto che l’art. 9, c. 2, del D.M. 9 giugno 2004 stabilisce che le perdite risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato possono essere computate in diminuzione del reddito complessivo globale del gruppo secondo le modalità previste dai primi due commi dell’art. 84 del TUIR. Ne consegue che alle stesse si applica sia la regola del riporto illimitato sia, mutatis mutandis, quella dell’utilizzo limitato all’80% del reddito globale prodotto dal gruppo nei periodi di imposta successivi a quello di formazione della perdita”6.

Tale conclusione è stata condivisa dall’Istituto di ricerca, che ha affermato:

  • in relazione alle perdite maturate prima dell’ingresso nel consolidato fiscale, che alle stesse “si applicano le nuove regole dell’utilizzo senza limiti di tempo, ma fino a concorrenza dell’80% del reddito dei periodi di imposta successivi. Tali perdite, come è ovvio, restano utilizzabili solo dalle società cui si riferiscono”;

  • in merito alle perdite maturate dalle singole consolidate in regime di tassazione di gruppo, che “le nuove disposizioni dell’art. 84, c. 1, del TUIR non abbiano alcuna conseguenza, nel senso che permane la compensazione intersoggettiva, per intero, nell’anno di formazione dei redditi e delle perdite dei diversi soggetti aderenti alla tassazione consolidata, in coerenza con la constatazione che il gruppo costituisce, di fatto, un soggetto unitario. Nella fattispecie siamo, infatti, in presenza di perdite di periodo che nessuna modifica hanno subito per effetto dell’art. 23, c. 9, del d.l. n. 98/2011 che, invece, si interessa del riporto in avanti di tale perdita”;

  • con riguardo al riporto in avanti delle perdite del consolidato, che si applicano le stesse regole che trovano applicazione per i soggetti che non aderiscono alla tassazione di gruppo e cioè il riporto in avanti senza limiti di tempo con il limite quantitativo dell’80% del reddito globale prodotto dal gruppo nei periodi di imposta successivi a quello di formazione della perdita.

 

6.3. La trasparenza fiscale (artt. 115 e 116 del TUIR)

Con riguardo al regime di trasparenza fiscale di cui agli articoli 115 e 116 del TUIR l’Istituto di ricerca ha precisato che:

  • la perdita che confluisce nel reddito d’impresa del socio assume le caratteristiche proprie del reddito nel quale è confluita7. Pertanto, in caso di regime di trasparenza di cui all’art. 115 del TUIR, la quota di perdita della società trasparente confluisce nel reddito d’impresa del socio società di capitali sommandosi agli altri componenti negativi. Si tratta di una perdita di periodo e, quindi, nessun effetto produce la nuova regola dell’art. 84 del TUIR. Se il socio non riesce a utilizzare integralmente le perdite nel periodo di imposta in cui le stesse gli sono state attribuite in regime di trasparenza “potrà computarle in diminuzione sia di redditi che in futuro perverranno dal regime di trasparenza sia di redditi diversi da questi secondo le ordinarie (e nuove) regole che disciplinano l’utilizzo delle perdite”. In caso di regime di trasparenza di cui all’art. 116 del TUIR la perdita della partecipata può essere utilizzata dai soci secondo le regole ordinarie dei soggetti IRPEF, sia che il socio sia titolare di reddito d’impresa sia che non lo sia e con le differenti regole tra soggetti in regime ordinario e soggetti in regime di contabilità semplificata. Nessun riflesso produce dunque sulla fattispecie il novellato art. 84 del TUIR;

  • le perdite prodotte dalla società trasparente anteriormente all’ingresso nel regime riducono il reddito formatosi in capo alla partecipata nel periodo di trasparenza, senza possibilità di trasferimento ai soci, e alle stesse è applicabile la nuova disciplina in esame. Le perdite maturate dai soci soggetti IRES anteriormente all’ingresso nel regime di trasparenza possono essere utilizzate dagli stessi unicamente per compensare i propri redditi, applicando le nuove disposizioni dell’art. 84 del TUIR.

 

6.4. La liquidazione

Per società di capitali in liquidazione, l’art. 182, comma 3, del TUIR stabilisce che “le perdite di esercizio anteriori all’inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell’articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio”.

L’Istituto di ricerca ha, al riguardo, correttamente osservato che il rinvio all’art. 84 del TUIR porta a ritenere che:

  • essendo stato eliminato il limite temporale del quinquennio, viene meno la problematica del calcolo corretto di tale quinquennio in corso di liquidazione conseguente alla unicità, a certe condizioni, del periodo di liquidazione;

  • le perdite di esercizio anteriori all’inizio della liquidazione possono essere utilizzate a scomputo dei redditi eventualmente conseguiti nei periodi intermedi della liquidazione nei limiti dell’80% di tali redditi;

  • il limite al riporto introdotto dal D.L. n. 98 del 2011 “non dovrebbe trovare applicazione in sede di conguaglio finale in quanto si avrebbe una “definitività” della parziale deducibilità della perdita (80%) che non avrebbe alcuna giustificazione e determinerebbe una violazione del principio di uguaglianza (rispetto ai soggetti non in liquidazione)”.

 

6.5. Le società di comodo

L’Istituto di ricerca ha, altresì, esaminato i rapporti tra la nuova disciplina del riporto delle perdite e quella delle società di comodo, in base alla quale le perdite di esercizi precedenti possono essere computate in diminuzione del reddito della società di comodo soltanto per la quota parte che eccede il reddito minimo.

Al riguardo è stato ritenuto che la nuova regola generale stabilita per il riporto delle perdite dall’articolo 84 del TUIR dovrebbe precedere quella “speciale” relativa alle società non operative. Quindi le società di comodo devono, in primo luogo, rispettare le condizioni dettate da quest’ultimo articolo e poi verificare “se, in tal modo, risulta soddisfatta e assorbita la condizione richiesta dalla disciplina sulle società di comodo. In caso contrario, ossia qualora il 20% del reddito dichiarato dovesse risultare inferiore al reddito minimo, dovrebbe risultare imponibile quest’ultimo. In altre parole, secondo questa tesi, il limite quantitativo imposto dall’articolo 84 è rispettato, per le società di comodo, alla stessa stregua delle altre società operative e, quindi, non è consentito, alle prime, utilizzare perdite pregresse per un importo superiore al 80% del reddito dichiarato, fermo restando il rispetto dell’ulteriore limite del reddito minimo”.

Sul tema è stato, comunque, auspicato l’intervento di un chiarimento degli organi competenti.

 

7. La decorrenza del nuovo regime

Nella relazione di accompagnamento del DL n. 98 del 2011 è precisato che “in assenza di un regime transitorio, il riporto delle perdite maturate prima dell’entrata in vigore della modifica normativa deve avvenire secondo le disposizioni dell’art. 84 ante modifica”. In base a tale precisazione sembrerebbe, pertanto, che il nuovo regime si applichi alle perdite realizzate a partire dal periodo d’imposta in corso al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto (cioè dal 2011, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). Le perdite realizzate nei periodi precedenti (fino al 2010) resterebbero, invece, riportabili entro il limite quinquennale ma senza subire la limitazione all’utilizzabilità delle perdite in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi.

Tale conclusione appare, però, contrastare con la già richiamata finalità della norma, evidenziata nella stessa relazione, di fornire sostegno alle imprese che escono dalla attuale crisi economico-finanziaria e che si trovano ad avere “ingenti volumi di perdite pregresse che potrebbero non essere utilizzabili nell’arco di un quinquennio”. Non appare, pertanto, logico escludere l’applicazione della nuova normativa alle perdite dei periodi d’imposta già pesantemente influenzati dalla detta crisi.

Nella relazione tecnica è, d’altra parte, precisato che “le perdite pregresse maturate nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso mantengono il trattamento fiscale secondo la normativa originaria per quanto riguarda i cinque esercizi di utilizzabilità”. Dalla lettura di tale relazione sembrerebbe, quindi, che tali perdite pregresse debbano continuare ad essere riportate entro il quinquennio, ma le stesse possano essere computate in diminuzione soltanto dell’80 per cento del reddito di ciascun periodo d’imposta successivo.

Tale interpretazione comporterebbe, però, una penalizzazione eccessiva e non risulterebbe ragionevole né sistematica. Era stato, pertanto, ritenuto8 che la norma dovesse essere interpretata nel senso che la nuova disciplina si applichi nella sua interezza anche alle perdite realizzate fino al 2010 e riportate in avanti. D’altra parte nella relazione tecnica si è tenuto conto dell’effetto più rilevante ai fini del gettito, che è quello che deriva dalla limitazione all’utilizzabilità delle perdite in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi.

Tale osservazione è stata condivisa dall’Istituto di ricerca, che ha ritenuto che “l’unica soluzione coerente con lo spirito della norma e che presenta profili di sistematicità sia quella di applicare le nuove regole del novellato art. 84 del TUIR anche alle perdite conseguite anteriormente al periodo d’imposta 2011”.

Lo stesso Istituto ha, altresì, osservato che “sulla base dell’art. 3, comma 1, dello Statuto del contribuente, la norma dovrebbe trovare applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del decreto legge. È da rilevare, tuttavia, che una deroga a tale previsione dello Statuto del contribuente è prevista dal comma 6 dell’articolo 23 del d.l. n. 98/2011 in base al quale “le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto”. Pertanto, ancorché la collocazione della disposizione di decorrenza in deroga appaia alquanto “anomala” – in quanto il comma 6 precede il comma 9 concernente le perdite – appare inequivocabile la volontà del legislatore di anticipare la decorrenza delle disposizioni al periodo di imposta 2011”.

 

7. Il termine per l’accertamento

L’eliminazione del vincolo quinquennale per il riporto delle perdite pone ancora una volta all’attenzione degli interpreti la problematica concernente la decorrenza del termine per l’accertamento riguardante i periodi d’imposta chiusi in perdita.

Come già evidenziato in precedenza, la tesi dottrinaria in base alla quale il periodo quinquennale di riporto delle perdite sarebbe correlato con il termine di accertamento risultava già in precedenza priva di fondamento, perché tale termine è stato da tempo ridotto di un anno e se le perdite sono utilizzate nella dichiarazione relativa al quarto periodo successivo a quello della loro emersione, al momento della presentazione di tale dichiarazione il termine per la rettifica della dichiarazione originaria risulta praticamente scaduto. Pertanto la chiave di lettura correlata alla scadenza del termine di accertamento appare ormai superata anche alla luce delle novità normative in esame.

La riforma normativa non ha previsto espressamente la possibilità di controllare la corretta quantificazione della perdita riportabile anche oltre l’ordinario termine per l’accertamento. E’ stato, peraltro, ritenuto9 che i normali termini di accertamento tutelino adeguatamente l’esigenza di controllo dell’effettiva esistenza e consistenza delle perdite.

Al riguardo la Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione sesta, ha affermato, nella sentenza del 12 giugno 2007, n. 18, che la quantificazione e la qualificazione della perdita come riportabile rappresentano “due momenti imprescindibili e strettamente consequenziali fra loro”, quindi, non distinguibili. Secondo i Giudici, poiché i suddetti momenti costituirebbero il necessario presupposto logico – giuridico per l’utilizzo della perdita, non sarebbe possibile “scindere il momento dell’utilizzo della perdita da quello della sua indicazione”, pena un’inammissibile dilatazione dei termini di decadenza per l’accertamento. La perdita, quindi, andrebbe accertata con riguardo al periodo di imposta di determinazione ed indicazione quale riportabile e non con decorrenza successiva; e i termini per misurarne l’entità coinciderebbero con quelli per accertarne la natura.

Tale impostazione è stata condivisa da chi ritiene10 che la perdita da riportare ex art. 84, essendo costituita da elementi che hanno già concorso alla determinazione del risultato di esercizio, è anch’essa idonea a incidere sul debito di imposta (anche se indirettamente). Esisterebbe, pertanto, già al momento dell’indicazione in dichiarazione un’autonoma rilevanza della perdita e, in linea di principio, la possibilità di una sua eventuale rettifica.

E’ stato, al riguardo, anche osservato11 che, a parte la considerazione che “per l’ufficio sia poco appetibile, anche in termini di rendicontazione statistica, procedere alla rettifica di una “minor perdita”,… non ci sono argomenti interpretativi cui fare riferimento per sostenere la tesi della rettificabilità della perdita nell’esercizio del riporto, anziché in quello del realizzo”.

D’altra parte una diversa interpretazione dilaterebbe, di fatto, notevolmente i termini per l’accertamento, in presenza di una normativa che impone comunque di utilizzare le perdite non appena trovano capienza nei redditi imponibili12.

La conclusione cui è pervenuta la CTR del Veneto nella citata sentenza è stata condivisa dall’Istituto di ricerca “perché la perdita è la risultante della somma algebrica tra i componenti positivi e quelli negativi del periodo d’imposta cui si riferisce e la giurisprudenza costante della Corte di cassazione (alla quale si è uniformata l’Agenzia delle entrate) ha affermato la inderogabilità del principio di competenza. D’altra parte una diversa interpretazione dilaterebbe, di fatto, notevolmente i termini per l’accertamento, in presenza di una normativa che impone comunque di utilizzare le perdite non appena trovano capienza nei redditi imponibili e all’Amministrazione finanziaria di assicurare una vigilanza sistematica sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per almeno due esercizi consecutivi, compresi quelli iniziali dell’attività. In base alla vigente normativa non dovrebbero, quindi, sussistere difficoltà per l’Agenzia delle entrate ad effettuare i controlli entro il termine del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta chiuso in perdita”.

Lo stesso Istituto ha, altresì, evidenziato che in senso contrario potrebbe sostenersi che incombe, in ogni caso, sul contribuente l’onere di provare la spettanza della perdita con riferimento al periodo d’imposta nel quale la stessa è concretamente utilizzata e produce, quindi, i suoi effetti ai fini impositivi. E’ stato, però, ritenuto che nel caso in esame non risulti applicabile il principio affermato nella sentenza del 23 giugno 2010, n. 15178, della Corte di cassazione, riguardante la possibilità di rettificare le quote di ammortamento e le spese di manutenzioni dei fabbricati industriali, secondo il quale, ferma restando l’impossibilità di contestare la deduzione di spese effettuata in periodi d’imposta per i quali è intervenuta la decadenza dell’azione accertatrice, è comunque possibile “la regolarizzazione dei calcoli delle quote di ammortamento per gli anni successivamente accertati”. E’ stato, infatti, osservato che nel caso esaminato dalla Cassazione era stata effettuata la rettifica di un componente negativo di competenza del periodo d’imposta accertato, mentre la perdita riportata in avanti non è “di competenza” del periodo d’imposta nel quale è utilizzata.

La modifica normativa in esame e l’incremento delle perdite a causa della crisi potrebbero, tuttavia, favorire l’adozione di una specifico intervento normativo al riguardo.

 

17 ottobre 2011

Gianfranco Ferranti

1 Cfr. Paolo Meneghetti, “Con la trasformazione la minusvalenza in eredità”, in Il Sole 24 Ore del 22 luglio 2011, pag. 25.

2 Formulato da E. Della Valle, “Perdite fiscali e recessione”, op. cit..

3 In base all’art. 4, c. 2, del D.L. 30 dicembre 1997, n. 457, il reddito derivante dall’utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale concorre in misura pari al 20% a formare il reddito complessivo assoggettabile alle imposte sui redditi.

4 L’art. 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce un’esenzione dall’IRES per talune cooperative agricole e della piccola pesca a mutualità prevalente fatta eccezione per una quota di utili netti annuali (cfr. art. 1, c. 461, della legge n. 311 del 2004).

5 Da B. Izzo e L. Miele, “Il nuovo regime delle perdite nel consolidato, nella trasparenza e nelle società di comodo”, in Corr. Trib. n. 34/2011, pag. 2819. Cfr. anche G. Albano e L. Miele, “Per la compensazione restano le vecchie norme”, in Il Sole 24 Ore del 12 settembre 2011, pag. 2.

6 Così B. Izzo e L. Miele, op. loc. ult. Cit..

7 Circolari dell’Agenzia delle entrate n. 49/E del 22 novembre 2004 e 10/E del 16 marzo 2005.

8 Si veda G. Ferranti, “La disciplina del riporto delle perdite si adegua alla crisi economica”, in Corr. Trib. n. 31/2011, pag. 2477.

9 Da G. Zizzo, “Considerazioni sistematiche in tema di utilizzo delle perdite fiscali”, op. cit..

10 S.M. Messina, “In tema di perdite i termini di accertamento decorrono dal momento di formazione”, op. cit. Sulla stessa sentenza si veda anche, G. Gargiulo, “Sulla non contestabilità, nell’esercizio del riporto, della perdita di un periodo d’imposta definito”, in GT Riv. giur. trib. n. 11/2007, pag. 1003..

11 Da R. Lupi, “Una comodità fiscale senza coperture normative”, op. cit..

12 Cfr., al riguardo, L. Miele, “rettifica dei periodi d’imposta in perdita fiscale”, in Corr. Trib. n. 26/2010, pag. 2069.