Codice fiscale errato cartella da annullare

vediamo come l’errore materiale in F24, segnalato dal contribuente al fisco, non può portare alla riscossione per omesso versamento perchè sarebbe una duplicazione dell’onere tributario

Se il contribuente sbaglia nella compilazione della delega di pagamento trascrivendo un codice fiscale errato l’amministrazione non può iscrivere a ruolo le imposte che non risultano versate all’erario.

Il principio di cui sopra è contenuto nella sentenza n. 23/5/11 depositata i1 16 maggio 2011 della Commissione tributaria regionale di Bari da cui emerge che ove il contribuente dimostri di avere adempiuto al versamento pur sbagliando, tale adempimento non può essere vanificato dall’errata indicazione del codice fiscale per cui l’ufficio deve porre in essere tutte le forme previste dalla legge per far risultare il versamento all’effettivo contribuente, annullando, in autotutela, la cartella esattoriale.

 

Fattispecie

Uno studio associato nella compilazione del mod. F24 per il versamento dell’imposta, indicava in modo errato il proprio codice fiscale/partita Iva e, a seguito di ciò, il versamento effettuato per Iva ed Irap era imputato dal sistema ad un altro contribuente, titolare del codice fiscale errato. L’ufficio finanziario invitava lo studio associato a regolarizzare il pagamento delle imposte atteso che dal controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi lo stesso risultava omesso. Il rappresentante legale chiariva subito presso l’ufficio le motivazione per cui lo studio risultava inadempiente facendo presente che l’erronea indicazione era da attribuirsi all’impiegato della banca che aveva compilato la delega di pagamento. Da qui la richiesta del rappresentante di procedere al disabbinamento del pagamento, che per effetto dell’errore, risultava effettuato da altro soggetto. L’ufficio non procedeva alla correzione dell’errore, notificando, invece, la relativa cartella esattoriale al suddetto studio il quale la impugnava dinanzi al giudice tributario, nonché presentando contestualmente all’ufficio una istanza in autotutela per l’annullamento dell’atto impositivo.

 

Appropriazione indebita: non sussiste

ufficio, costituitosi in giudizio, eccepiva che in assenza di una eventuale denuncia di appropriazione indebita dello studio nei confronti dell’altro contribuente, l’iscrizione a ruolo era divenuta inevitabile. I giudici di primo grado non accoglievano il ricorso ritenendo legittimo l’operato dell’ufficio alla luce delle imposte che risultavano omesse.

 

Versamento valido: condotta omissiva dell’ufficio

Lo studio proponeva appello eccependo la condotta omissiva ed illegittima dell’ufficio finanziario che nulla aveva fatto per effettuare il disabbinamento del pagamento dal soggetto che aveva ricevuto per errore l’importo e al conseguente allineamento all’effettivo titolare del versamento.

La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che dagli atti processuali risultava in modo inequivocabile che il contribuente aveva provveduto al pagamento delle imposte dovute (Iva ed Irap), versandole con delega di pagamento allo Stato previo utilizzo del modello F24. Tale adempimento, riconosciuto come avvenuto dalla stessa Agenzia delle entrate, “non può essere vanificato dall’errata indicazione del codice fiscale/partita Iva, da cui è derivato l’abbinamento casuale del citato pagamento “ ad un altro contribuente.

Considerato che il contribuente/ricevente non poteva vantare alcun diritto sulla somma ricevuta, peraltro regolarmente acquisita dall’Erario a seguito del suo versamento effettuato dallo studio legale, i giudici tributari hanno censurato l’omissivo comportamento dell’Agenzia delle entrate che “avrebbe dovuto sentire l’obbligo di attivarsi, nelle forme previste dalla vigente normativa” per attribuire al legittimo titolare il versamento eseguito.

Quanto precede, indipendentemente dalla volontà contraria manifestata dall’altro contribuente, che se assecondata, così come illegittimamente è avvenuto da parte degli uffici finanziari che hanno gestito la vicenda, determinerebbe un illecito arricchimento dell’altro contribuente a spese dello studio legale che, senza alcuna ragione, è stato costretto a pagare la cartella esattoriale, onde evitare azioni esecutive da parte del Concessionario.

L’Agenzia delle entrate ha tenuto, quindi, un comportamento omissivo e rinunciatario al recupero della somma detenuta illegittimamente dall’altro contribuente.

Per quanto precede i giudici tributari hanno accolto l’appello e, riformando la sentenza di primo grado, hanno annullato la cartella esattoriale, nonché dichiarato illegittima la richiesta delle somme già versate.

 

2 agosto 2011

Enzo Di Giacomo