Processo tributario: prescrizione, decadenza ed estinzione

Le tempistiche e i termini del processo tributario a seguito del rinvio della causa alla Commissione regionale da parte della Cassazione. A cura di Antonio Terlizzi.

 

Processo Tributario – Premessa

E’ noto che il notevole contenzioso, pendente presso la suprema Corte di Cassazione in materia tributaria, si risolve, spesso, in una declaratoria di rinvio della controversia alla C.T.R. senza violare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

E’ evidente che l’operatore tributario ha la necessità di conoscere, sotto il profilo di un’efficace strategia processuale le complesse tecniche operative della riassunzione innanzi al giudice di rinvio ed in particolare anche gli effetti processuali o sostanziali della mancata o tardiva riassunzione in C.T.R..

Per impostare ed attuare una corretta linea difensiva è opportuno un efficace uso tattico dell’istituto della riassunzione innanzi al giudice di rinvio, atteso che la chiara formulazione della norma, che prevede l’estinzione dell’intero processo, la specialità della stessa, in combinato disposto con la regola contenuta nell’art. 1 c. 2 del D.lgs. n. 546/1992, portano a ritenere, per il caso di mancata riassunzione del giudizio di rinvio, ormai consolidato l’atto di accertamento originariamente impugnato.

 

Forma e modalità della riassunzione del processo

La Corte di Cassazione può annullare la sentenza impugnata con rinvio proprio alla C.T.R. od improprio alla C.T.P..

Il rinvio improprio si ha allorché la Corte di Cassazione appuri un vizio del procedimento che vincolava la C.T.R. al rinvio alla C.T.P.; in tal caso, la C.T.P. è vincolata al compimento dell’atto (i.e. integrazione del contraddittorio), per cui il rinvio è stato disposto, restando non pregiudicata ogni valutazione di merito. Il giudizio di rinvio ex articolo 63 del D.Lgs. 546/92 costituisce la fase rescissoria in quanto è diretta alla nuova pronuncia di merito; il cd. giudizio rescindente che produce l’eliminazione della sentenza impugnata è compito della Corte di Cassazione.

La riassunzione dinanzi alla C.T.R. della controversia rinviata dalla Corte di Cassazione si esegue nella forma dell’atto d’appello La parte interessata alla riassunzione è una delle parti che hanno partecipato al giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione, per cui è inammissibile l’atto di riassunzione effettuato da un soggetto estraneo a tale giudizio (Cass. sentenza n. 6511 del 27 febbraio 1990).

Ai fini della riassunzione non occorre una nuova procura al difensore se la procura è stata in precedenza conferita nel giudizio di merito. L’atto di riassunzione va notificato personalmente e nei confronti di tutte le parti presenti nel giudizio di cassazione (i.e. non al domiciliatario della società e non nei confronti del difensore incaricato) fermo restando l’applicabilità degli articoli 331 e 332 del c.p.c..

Dopo la notifica, la parte che ha effettuato la riassunzione deve costituirsi in giudizio entro i termini e con le modalità di cui all’art. 22 del D.lgs. 546/92. Peraltro, la riassunzione non notificata a nessuna delle altre parti va considerata inammissibile.

Occorre tener conto delle modificazioni sopravvenute (i.e. nomina del curatore del fallimento) dopo la pubblicazione della sentenza della S.C. deve essere prodotta, a pena d’inammissibilità dell’istanza di riassunzione copia autentica della sentenza della corte di cassazione (C.T.C. decisione n. 3891 del 22 maggio 2001).

Una volta che la parte provvede al deposito dell’atto di riassunzione la segreteria della C.T. adita, richiede alla cancelleria della Corte di cassazione la trasmissione del fascicolo del processo.

Chiuso il giudizio di rinvio, la sentenza emessa dal giudice di merito è soggetta ai normali mezzi di gravame. Il giudizio di rinvio innanzi alla C.T.R., ex articolo 63 del D.lg. 546/92, costituisce la fase rescissoria in quanto è diretta alla nuova pronuncia di merito (Cass. 28 gennaio 2005, n. 1824); il cd. giudizio rescindente che produce l’eliminazione della sentenza impugnata è compito della Corte di Cassazione.

Esso vuole fornire una nuova decisione sulla domanda di parte; infatti, la sentenza della CT Regionale è cassata dalla Corte di Cassazione, mentre quella di primo grado è assorbita e sostituita da quella d’appello.

 

Termine 

Il giudizio di rinvio va riassunto da qualsiasi parte innanzi alla C.T.R. di rinvio(1), la cui competenza è funzionale, assoluta ed inderogabile entro il termine perentorio di un anno e 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza della Cassazione. Ai sensi dell’art. 392 del codice di procedura civile

“La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio [c.p.c. 50, 383, 389] può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione”.

Nell’ambito del processo tributario, in particolare,

“Quando la Corte di cassazione rinvia la causa alla commissione tributaria provinciale o regionale la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili” (art. 63, c. 1, del D.lgs. n. 546/1992).

 

Mancata o intempestiva riassunzione della causa

Di conseguenza, la mancata o l’intempestiva riassunzione della causa – nel termine anzidetto e salvo chiaramente il computo della sospensione dei termini per il periodo feriale – determinano, ai sensi del comma 2 dell’articolo 63 appena citato, l’estinzione dell’intero processo, nonché la conseguente caducazione di tutte le pronunce emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato e con salvezza dell’atto originariamente impugnato in primo grado.

Peraltro,l’estinzione del processo tributario, comportando la definitività dell’avviso di accertamento che ne costituiva l’oggetto, rende inammissibile per difetto d’interesse l’impugnazione proposta dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza dichiarativa dell’estinzione(Cass. civ. Sez. V Sent., 8 febbraio 2008, n. 3040).

La pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex art. 393 c.p.c., il venir meno dell’intero processo e, in forza dei principi in materia di impugnazione dell’atto tributario, la definitività dell’avviso di accertamento con il conseguente integrale accoglimento delle ragioni erariali; ciò in quanto la pretesta tributaria vive di forza propria in virtù dell’atto impositivo in cui è stata formalizzata e l’estinzione del processo travolge la sentenza di primo grado, ma non l’atto amministrativo che non è un atto processuale bensì l’oggetto dell’impugnazione; pertanto, l’Amministrazione difetta di interesse ad impugnare la sentenza che dichiari l’estinzione del giudizio, ancorché tale estinzione sia dichiarata a causa di un errore della Amministrazione nella riassunzione del giudizio di merito (Cass. civ. Sez. V, 08-02-2008, n. 3040).

Il principio secondo cui, nell’ipotesi di mancata riassunzione del giudizio o di estinzione del giudizio di rinvio, si determina l’estinzione dell’intero processo, discende dal fatto che il giudizio di rinvio non costituisce rinnovazione o prosecuzione del processo di appello.

 

Gli effetti processuali della mancata o tardiva riassunzione in CT Regionale.

Con l’estinzione dell’intero processo tributario, l’atto da cui ha tratto origine il processo medesimo, successivamente estinto, acquisisce efficacia definitiva(2); sotto tale profilo, quindi, non può ipotizzarsi l’attivazione (rectius: incardinazione) di un nuovo processo sullo stesso atto impositivo che ha acquisito il carattere di definitività per effetto della intervenuta estinzione del processo.

La mancata o tardiva riassunzione del giudizio a seguito di rinvio dalla Corte di Cassazione e conseguente estinzione dell’intero processo, comporta la conferma e definitività dell’avviso di accertamento originariamente impugnato, legittimando l’iscrizione a ruolo da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

E’, pertanto, inammissibile il ricorso introduttivo proposto avverso la successiva cartella di pagamento che contenga esclusivamente eccezioni relative ad asseriti vizi delle precedenti pronunce (Sent. n. 226 del 27 aprile 2009 della C.T.P. di Roma, Sez. VII). Orbene, la mancata riassunzione di una controversia, dopo il deposito di una sentenza di Cassazione, fa estinguere l’intero processo, con salvezza degli atti impositivi ex adverso impugnati; riprende efficacia l’originario atto impositivo, poiché la sentenza di primo grado è assorbita e sostituita dalla sentenza d’appello mentre quest’ultima e’ stata annullata in Cassazione.

Di conseguenza, una volta cassata la sentenza di secondo grado non avrebbe senso ipotizzare la sopravvivenza della pronuncia di prime cure, dal momento che la sentenza di appello, di fatto, sostituisce la sentenza di primo grado assorbendone gli effetti. Tuttavia, non è del tutto corretto affermare che le sentenze del giudizio di merito siano tamquam non esset, giacché, per principio generale del diritto processuale, il travolgimento dell’attività processuale svolta trova un limite invalicabile nell’autorità di cosa giudicata che è acquistata da una pronuncia emessa nel corso del processo.

Nell’ipotesi di mancata riassunzione:
  • Resta applicabile il giudicato interno formatosi nel processo; si salvano eventuali statuizioni di merito contenute nelle precedenti sentenze passate in giudicato. Le sentenze di primo o secondo grado sopravvivono nella sola parte non toccata dalle successive impugnazioni ossia non si verifica la caducazione di quei capi autonomi delle sentenze non contestati o espressamente accettati che, pertanto, sono divenuti irretrattabili. Le uniche pronunce che resistono all’estinzione del giudizio di rinvio sono quelle già coperte da giudicato, in quanto non investite da appello o ricorso per cassazione, in base ai principi della formazione progressiva del giudicato.

  • La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina ai sensi dell’art. 393 del codice di procedura civile, l’estinzione dell’intero processo; non è quindi applicabile l’art. 338 del codice di procedura civile secondo cui l’estinzione del processo di appello determina il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, e vengono meno tutte le sentenze emesse nel corso del giudizio, con la sola eccezione di quelle già coperte dal giudicato (in quanto non impugnate). Pertanto, la sentenza riformata in appello resta definitivamente caducata, senza possibilità di reviviscenza per effetto della cassazione della sentenza di appello e della mancata riassunzione del giudizio dopo la cassazione stessa (sent. n. 17372 del 21 maggio 2002 dep. il 6 dicembre 2002 della Corte Cass. sez. tributaria)

  • L’estinzione del giudizio non comporta l’estinzione dell’azione che può essere riproposta a condizione che nel frattempo non siano maturati i termini prescrizionali o decadenziali per il suo esperimento.

 

Prescrizione e decadenza

Occorrerà, quindi, di volta in volta, per ogni singola fattispecie, valutare l’opportunità e l’interesse alla riassunzione del giudizio (si pensi alla mancanza dell’interesse dell’Ufficio a riassumere il processo al fine di imputare al contribuente l’onere di ripresentare l’istanza di rimborso e di riproporre l’azione di rimborso; si pensi all’interesse dell’Ufficio alla riassunzione nell’ipotesi in cui il rimborso sia stato medio tempore concesso in modo indebito).

In particolare, l’estinzione del processo rende inefficaci gli atti compiuti (art. 310, c. 2, c.p.c.) e primo fra tutti, il ricorso di parte, atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto, né sostanziale, né processuale, eccezion fatta per quanto riguarda la prescrizione, per la quale resta fermo l’effetto interruttivo riconosciuto alla domanda giudiziale, dalla cui data comincia a decorrere il nuovo periodo di prescrizione, perdendosi, però, il vantaggio della neutralizzazione del tempo trascorso durante la pendenza del giudizio (art. 2943, c. 1, e art. 2945, c. 3, c.c.).

L’art. 2945 del codice civile mantiene fermo l’effetto interruttivo della prescrizione ad opera della proposizione della domanda giudiziale e, quindi, del ricorso.

In buona sostanza, l’estinzione del processo travolge i cd. effetti processuali che gli atti già compiuti hanno prodotto o sono destinati a produrre.

Se il processo si estingue rimane fermo l’effetto interruttivo ed il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data dell’atto interruttivo.

L’estinzione del processo elimina l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione prodotto dalla proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 2945, c. 2, del codice civile, ma non incide sull’effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda; infatti, qualora il processo si estingua, rimane fermo l’effetto interruttivo istantaneo del ricorso, ai sensi dell’art. 2945, c. 3, c.c. ed il nuovo periodo di prescrizione inizia a decorrere dalla data di tale atto interruttivo.

L’estinzione del processo comporta, ai sensi dell’art. 2945, c. 3, c.c., il permanere dell’effetto interruttivo della prescrizione provocato dalla domanda giudiziale, dalla quale comincia a decorrere il nuovo periodo di prescrizione, restando escluso l’effetto permanente dell’interruzione previsto dal secondo comma dello stesso articolo; tale principio vale anche nel caso di estinzione del processo, ai sensi dell’art. 393 c.p.c., per mancata riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio (Cass. civ. Sez. II, 08-03-2010, n. 5570).

L’estinzione del processo (sia o meno dichiarata dal giudice) elimina l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell’art. 2945, c. 2, c.c., ma non incide sull’effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda (Cass. civ. Sez. III, 13-04-2010, n. 8720).

L’estinzione del processo comporta, ai sensi dell’art. 2945, c. 3, c.c., il permanere dell’effetto interruttivo della prescrizione provocato dalla domanda giudiziale, dalla quale comincia a decorrere il nuovo periodo di prescrizione, restando escluso l’effetto permanente dell’interruzione previsto dal secondo comma dello stesso articolo; tale principio vale anche nel caso di estinzione del processo, ai sensi dell’art. 393 c.p.c., per mancata riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio (Cass. civ. Sez. II, 08-03-2010, n. 5570).

Tra i cd. effetti sostanziali rimane fermo l’effetto interruttivo della prescrizione ex articolo 2945, c. 3, c.c., ricollegato alla notifica del ricorso introduttivo; il termine di prescrizione del diritto deve essere computato partendo dal giorno della domanda introduttiva del processo estinto.

Peraltro, non interrompono la prescrizione gli atti processuali successivi al ricorso.

Per le azioni di rimborso potrà verificarsi che alla declaratoria ex offici d’estinzione del processo sul credito fatto valere dal contribuente si accompagni la riproposizione dell’azione da parte del contribuente, poiché il termine di prescrizione del diritto fatto valere e’ ancora in corso di maturazione(3).

Alla luce di tali principi, potrebbe ravvisarsi un interesse dell’Amministrazione alla prosecuzione, riassunzione od integrazione del contraddittorio, finalizzate ad evitare l’estinzione del processo tributario, nel caso di impugnazione del silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate su istanza di rimborso. Ciò, quando, non essendo decorso il termine di prescrizione decennale ed avendo, pertanto, il contribuente la possibilità di riproporre la domanda, la stessa Amministrazione abbia interesse a non consentire che il contribuente, con la riproposizione della domanda, possa trarre un indiretto vantaggio dalla mancata riassunzione della causa davanti ai giudici di merito o dalla prosecuzione od integrazione del contraddittorio in primo grado, consistente, tale vantaggio, nella possibilità di riproporre un nuovo ricorso privo dei vizi o delle carenze difensive eventualmente riscontrati nel primo.

 

Decadenza .Varie tesi

Per quanto riguarda, invece, i diritti soggetti a decadenza, ben più gravi sono le conseguenze dell’estinzione del processo, in quanto, mancando l’effetto interruttivo (applicabile solo alla prescrizione), viene a cadere l’effetto conservativo della domanda ex art. 2945 codice civile.

Se, per quanto detto, è pacifico che la mancata riassunzione del giudizio di rinvio estingua l’intero processo e che ciò determini il consolidamento dell’atto originariamente impugnato, altra questione è stabilire poi la data in cui diventi definito l’atto impugnato ovvero decorra il termine per l’eventuale iscrizione a ruolo da parte dell’ufficio finanziario.

Orbene,secondo una prima ricostruzione va allora considerato che, riacquistando piena validità l’atto impositivo, in quanto il ricorso a suo tempo prodotto ha perso l’effetto di impedirne la definitività, la durata del processo può provocare sia la prescrizione, che la decadenza (a seconda delle varie fattispecie impositive) dell’azione di riscossione del tributo.

In particolare, per quanto attiene alla riscossione dei tributi(4), deve ritenersi che, resosi definitivo, per effetto dell’estinzione del processo, l’avviso d’accertamento a suo tempo notificato, vada, comunque, rispettato il termine decadenziale per l’iscrizione a ruolo,che, se decorso durante lo svolgimento del processo, renderebbe tardivo il successivo recupero del tributo accertato;sussiste , quindi , secondo tale orientamento , in questo caso, l’interesse dell’ufficio al mantenimento del processo

Anche le iscrizioni a ruolo parziali avvenute in via provvisoria devono necessariamente obbedire alle stesse considerazioni fin qui esposte, per cui esse, trovando il loro titolo in atti che l’estinzione del processo ha reso del tutto privi di effetti sia sostanziali che processuali (il ricorso introduttivo di parte e le sentenze) non possono in alcun modo essere considerate definitive, ma devono essere sostituite da iscrizioni a titolo definitivo da effettuarsi nel rispetto del termine di decadenza che, se decorso nel corso del processo, rende irrecuperabile il credito accertato, a meno che l’ufficio non eviti l’estinzione del processo, riassumendolo nei termini.

Peraltro, secondo un secondo orientamento, la liquidazione o recupero del tributo troverebbe titolo nella sentenza di cassazione del processo estinto per mancata riassunzione e non nella definitività dell’atto impositivo determinatasi per l’inefficacia del ricorso proposto dal contribuente.

Si afferma che la sentenza del giudice di legittimità è sostitutiva dell’atto impugnato ovvero le sentenze del giudice tributario sono sostitutive dell’atto impositivo e pertanto con la sopravvenienza della sentenza il rapporto tributario è regolato dalla sentenza combinata con l’atto impositivo.

Con la conseguenza, sotto il profilo della riscossione, della decorrenza del termine di decadenza dell’iscrizione a ruolo dal deposito della sentenza del giudice di legittimità; il deposito della sentenza del giudice di legittimità di rinvio della controversia al giudice di secondo grado costituisce il presupposto legittimante l’iscrizione a ruolo .Il titolo è nella sentenza della Cassazione del processo estinto per mancata riassunzione e non nella definitività dell’atto impositivo determinatasi per l’inefficacia del ricorso proposto dal contribuente

Secondo, una terza ricostruzione ermeneutica(5), la mancata riassunzione comporta l’estinzione dell’intero giudizio e di conseguenza solo dalla data di estinzione ovvero dalla data di scadenza del termine di un anno e 46 giorni per la riassunzione è divenuto definitivo il provvedimento impugnato .

La data di estinzione, che coincide con la data in cui diventa definitivo il provvedimento impugnato,costituisce il presupposto legittimante l’iscrizione a ruolo, atteso che è applicabile l’articolo 2935 c.c. secondo cui anche la decadenza comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ossia dalla data di estinzione del processo, coincidente con la data in cui in cui diventa definitivo il provvedimento impugnato.

Per la Suprema Corte, Cassazione 26 agosto 1991, n. 9151, il principio posto dall’art. 2935 del codice civile secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, è applicabile anche alla decadenza e, quindi, deve, ritenersi che anche la decorrenza dei termini decadenziali è esclusa, se non vi è la possibilità legale dell’esercizio del diritto.

Secondo, tale ricostruzione ermeneutica l’estinzione del giudizio non comporta l’impossibilità di avviare la fase di riscossione del termine per scadenza dei relativi termini; ciò in quanto la definitività dell’atto (dalla quale inizia a decorrere il termine di cui all’articolo 25 comma 1 lettera c del d.p.r. n. 602/1973) si verifica alla scadenza del termine per la riassunzione ossia dopo un anno e 46 giorni dal deposito della sentenza della Corte di Cassazione (i.e. qualora il termine per la riassunzione scada il 5 aprile 2010 l’iscrizione a ruolo definitiva dei crediti di cui all’avviso impugnato dovrà avvenire entro il termine del 31 dicembre 2012).

Tale termine decorre trascorso un anno dal deposito della sentenza della Corte di Cassazione che ha disposto il rinvio e ciò a prescindere da una pronuncia che prenda atto della mancata riassunzione delle parti, in quanto l’estinzione opera di diritto ai sensi dell’art. 307, u.c., c.p.c..

Secondo una quarta ricostruzione il termine decorre dalla data in cui il Giudice Regionale ha dichiarato l’estinzione del giudizio (sent. n. 226 del 27 aprile 2009 della C.T.P. di Roma, Sez. VII).

Le ultime posizioni sconfessano chi, al contrario, ritiene che la decorrenza del termine di iscrizione a ruolo, conseguente al consolidarsi dell’avviso di accertamento impugnato, retroagisca al momento di notificazione dell’atto originario.

Una posizione quest’ultima che comporta l’interesse dell’Amministrazione finanziaria alla riassunzione della causa e che non tiene conto del fatto che la decadenza decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ossia dall’estinzione del giudizio

 

Atti del giudice

Va precisato che se a seguito di sentenza di rinvio della Corte di Cassazione ad altra Sezione della C.T.R. nessuna delle parti del processo provvede alla rituale riassunzione del giudizio ai sensi e nei termini dell’art. 392 del codice di procedura civile, l’intero processo si estingue. In tale ipotesi, dunque, il giudice di rinvio deve perciò dichiarare d’ufficio l’estinzione del giudizio (sent. n. 59 del 6 febbraio 2007 dep. il 7 marzo 2007 della C.T.R. di Roma, sez. I) Deve dichiararsi l’estinzione del processo per difetto di impulso di parte laddove non si provveda alla riassunzione del giudizio per effetto della pronuncia di cassazione con rinvio (sent. n. 141 del aprile 2010 della C.T.R. di Roma, Sez. I).

Se entro il termine perentorio, la parte non riassume il giudice del rinvio fissa la trattazione al fine di dichiarare estinto il processo con decreto presidenziale o con sentenza. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo alla C.T. che provvede a norma dell’articolo 28 del D.lgs. 546/92.

 

NOTE

1)In tema di giudizio di rinvio, conseguente a cassazione della sentenza della C.T.R., il giudice del rinvio della causa avente ad oggetto la richiesta di rimborso dell’imposta non può prendere in considerazione i nuovi documenti (i.e. attestanti la rettifica del bilancio, per quanto formati dopo la decisione di cassazione) atteso che tale produzione determinerebbe un ampliamento della materia del contendere (Cassazione civile Sentenza, Sez. trib., 18/04/2007, n. 9224).A seguito della cassazione della sentenza di merito con rinvio della causa, in corso fra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, ad altro giudice, è ammissibile la riassunzione del processo proposta dal contribuente con atto diretto nei confronti del Ministero delle Finanze anziché nei riguardi dell’Ufficio fiscale periferico. Infatti, la legittimazione del Ministero delle Finanze (ora dell’Economia e delle Finanze) nel giudizio di cassazione, non può essere esclusa nel giudizio di rinvio in mancanza di una chiara ed esplicita voluntas legis (Cassazione civile Sentenza, Sez. trib., 23/03/2007, n. 7169).

2) L’estinzione del processo, facendo perdere efficacia al ricorso introduttivo, determina la decadenza dal diritto di impugnazione del provvedimento dell’amministrazione finanziaria, ormai divenuto definitivo.

3) L’atto di riassunzione del processo, essendo un atto di impulso processuale destinato essenzialmente a riattivare il corso del processo, non ha l’autonoma e distinta efficacia interruttiva della prescrizione attribuita agli atti indicati nei primi due commi dell’art. 2943 cod. civ.; i suoi effetti, pertanto, restano assorbiti e travolti dalla successiva estinzione del processo che con esso sia tardivamente riassunto, a meno che lo stesso possa essere considerato, ricorrendone gli estremi, come atto di costituzione in mora, a tal fine necessitando, però, la notificazione dell’atto stesso alla parte personalmente (od al suo rappresentante sostanziale) e non già al suo procuratore ad litem, il cui potere di rappresentanza è circoscritto all’esplicazione delle attività rientranti nella tutela del processuale del diritto controverso. (Cass. civ. Sez. III, 13-12-2010, n. 25126) I mezzi di interruzione della prescrizione sono solo quelli tipici previsti dalla legge, i quali esauriscono la possibilità di evitare la estinzione del diritto di credito: la domanda giudiziale, l’atto di costituzione in mora e il riconoscimento del diritto da parte del debitore. Ne consegue che non può ritenersi idoneo “qualsiasi atto del processo”, genericamente inteso, e così la comparsa conclusionale (in cui sia tardivamente manifestata la pretesa del creditore) o, in particolare, l’atto di riassunzione del processo. (Cass. civ. Sez. III, 16-01-2006, n. 726).

4) Il diritto alla riscossione è soggetto per l’Amministrazione a termini, a seconda dei casi, di prescrizione o decadenza

5) In sede di rinvio domina il principio generale dell’interesse ad agire, sancito dall’art. 100 del codice di procedura civile, cosicché la stessa riassunzione deve essere operata da chi effettivamente ha un interesse precipuo (e concreto) ad ottenere una pronuncia conclusiva e non dal soggetto nei confronti del quale può risultare sostanzialmente vantaggiosa l’estinzione dell’intero processo , in quanto prodromica alla definitività dell’atto impositiva.

La pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex art. 393 c.p.c. il venir meno dell’intero processo e, in forza dei principi in materia di impugnazione dell’atto tributario, la definitività dell’avviso di accertamento con il conseguente integrale accoglimento delle ragioni erariali; ciò in quanto la pretesta tributaria vive di forza propria in virtù dell’atto impositivo in cui è stata formalizzata e l’estinzione del processo travolge la sentenza di primo grado, ma non l’atto amministrativo che non è un atto processuale bensì l’oggetto dell’impugnazione ;pertanto, l’Amministrazione difetta di interesse ad impugnare la sentenza che dichiari l’estinzione del giudizio, ancorché tale estinzione sia dichiarata a causa di un errore della Amministrazione nella riassunzione del giudizio di merito (sent. n. 3040 del 17 ottobre 2007 dep. l’8 febbraio 2008 della Corte Cass. sez. tributaria). L’eventuale interesse alla riassunzione del giudizio sia riferibile “di norma” in capo al contribuente/ricorrente e non agli uffici, i quali possono giovarsi, piuttosto, della mancata riassunzione e, quindi, del consolidamento dell’atto originariamente impugnato che consegue all’estinzione del processo, evitando altresì gli incerti esiti di un nuovo giudizio (Agenzia del territorio, circolare n. 8 del 20 giugno 2007)

 

14 maggio 2011

Antonio Terlizzi

 

DOMANDA DI RIASSUNZIONE IN RINVIO DALLA CASSAZIONE

(articolo 63 del D.Lgs. 546/92)

proposta da………. nato il………. residente a………. via………. cf………. (oppure dalla società………. con sede in………. via………. cf……….

nella persona del proprio legale rappresentante pro tempore……….) rappresentato e difeso da………. e domiciliato nel suo studio sito in………. via………. come da procura a margine o a calce al presente atto

AVVERSO

(indicare ente o il concessionario che ha emesso l’atto impugnato, l’esposizione sommaria dei fatti, le altre parti che hanno partecipato al processo ed i motivi specifici di riassunzione)

PER LA RIASSUNZIONE

del processo tributario rinviato dinnanzi a cod. on. consesso dalla sentenza n……….. della corte di cassazione pubblicata il………. (specificare gli estremi della sentenza ed il principio di diritto statuito dalla s.c.)

CONCLUSIONI

tanto premesso voglia cod. on. consesso, contrariis reiectis, provvedere alla riassunzione con fissazione della trattazione della controversia.

Firma del difensore

Si allega: copia autentica della sentenza della Corte di Cassazione