Il potere di impugnazione del contribuente

Come impugnare correttamente l’atto impositivo: il potere in più riprese di impugnazione di un atto impositivo; ricorso interruttivo; motivi aggiunti; divieto di ius novorum in appello; formulari del processo tributario. A cura di Antonio Terlizzi.

Potere in più riprese di impugnazione di un atto impositivo

Nel processo tributario, il contribuente che ha proposto valido ricorso non consuma il potere di impugnazione dell’atto dell’amministrazione e perciò non perde la possibilità di proporre, purché non sia scaduto il termine per impugnare, nuovi motivi con un ulteriore atto che abbia i requisiti previsti dall’art. 16 D.lgs. 546/92 (sent. n. 8234 del 10 gennaio 2008 dep. il 31 marzo 2008 della Corte Cass. sez. tributaria).

L’esercizio del diritto alla difesa e allo svolgimento delle attività processuali è costituzionalmente garantito; pertanto, in virtù della lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 24 del D.lgs. 546/92 è possibile affermare che il potere di impugnazione di un atto impositivo si consuma solo con lo spirare del termine concesso e non prima dello spirare di tale termine. Il diritto inviolabile alla difesa per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sancito dall’articolo 24 della Costituzione richiede che il contribuente (ricorrente in primo grado) possa frazionare l’impugnazione dell’atto impositivo in più ricorsi prima dello spirare del termine perentorio concesso.

Il potere di impugnazione di un atto impositivo si consuma solo con lo spirare del termine concesso e non prima dello spirare di tale termine; perciò, sempre nell’ambito del termine predetto, il potere de quo può essere esercitato in più riprese. In relazione al ricorso tributario, in assenza di un’espressa previsione normativa o di particolari caratteristiche dell’atto non è corretto argomentare , quindi, l’irripetibilità o l’infrazionabilità dello stesso, così indirettamente incidendo sull’ampiezza del termine (60 giorni) concesso dal legislatore al contribuente per esercitare il diritto di impugnare l’atto dell’autorità finanziaria, e perciò sull’esercizio di un diritto costituzionalmente presidiato quale quello di azione.

Il disposto del D.lg. n. 546 del 1992, art. 24 prevede la possibilità di integrazione dei motivi di ricorso in ipotesi di produzione di documenti non conosciuti (e perciò, indirettamente, il divieto di tale integrazione all’infuori dell’ipotesi considerata). Esso si riferisce alla possibilità di integrazione dei motivi, a fronte della produzione di documenti non conosciuti, oltre lo spirare del termine per ricorrere (e quindi alla impossibilità di integrazione, in assenza della suddetta produzione documentale, oltre tale termine).

Per i motivi proposti prima dei 60 giorni si prescinde dal fatto che siano contenuti in un unico o in più atti successivi. Il diritto inviolabile alla difesa per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sancito dall’articolo 24 della Costituzione richiede che il contribuente (ricorrente in primo grado) possa frazionare l’impugnazione dell’atto impositivo in più ricorsi prima dello spirare del termine perentorio concesso.

 

Ricorso interruttivo

Il giudizio tributario, anche in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, c. 2, art. 19 e art. 24, c. 2, è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, e ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti.

In ordine ai motivi occorre ribadire l’inammissibilità del ricorso che ne risulti privo (cd. ricorso interruttivo).

Si è ritenuto inammissibile il ricorso nel caso in cui il ricorrente si sia limitato ad affermare la illegittimità dell’atto o del comportamento tenuto dall’ufficio senza esplicitarne le ragioni, o quando si sia limitato a formulare delle motivazioni assolutamente generiche o non abbia motivato le ragioni della domanda (cosiddetto ricorso meramente interruttivo), ovvero quando si sia richiamato al contenuto di altro ricorso pendente davanti allo stesso giudice (cosiddetta motivazione per relationem) Deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente attraverso il quale siano proposte censure generiche rivolte ad atto differente da quello concretamente impugnato.

 

Motivi aggiunti

Il meccanismo di instaurazione del processo tributario è imperniato sull’impugnazione del provvedimento impositivo, tesa ad ottenere il sindacato giurisdizionale sulla legittimità formale e sostanziale del medesimo; pertanto, l’indagine sul rapporto tributario è rigorosamente circoscritta ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione finanziaria, che il contribuente abbia specificamente dedotto nel ricorso introduttivo di primo grado .

Con l’unico temperamento, costituito dalla facoltà, prevista dall’art. 24 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di integrare i motivi di ricorso con la prospettazione di doglianza configurabile solo a causa del deposito, ad opera delle altri parti o su ordine del giudice di documenti non conosciuti (Cassazione sentenza n 24326 del 1° dicembre 2010).

Ai fini di un’adeguata tutela in giudizio si rammenta che il ricorrente che non abbia sviluppato tutti i motivi di impugnazione nel ricorso introduttivo, essendosi limitato ad eccepite soltanto alcuni vizi dell’atto impositiva con riserva di ulteriori eccezioni, non avrà più, una volta scaduto il termine per impugnare, di riaprire successivamente, con memorie aggiuntive, l’ambito della controversia, a meno che non ricorra l’ipotesi prevista dall’articolo 24 del D.lgs. 546/92.

L’articolo 24 del D.Lgs. 546/1992 permette, in via eccezionale, i cd. motivi aggiunti, da intendere come integrazione delle ragioni, in fatto e in diritto, delle censure già contenute nel ricorso introduttivo. Il ricorrente, per essere legittimato a produrre motivi aggiunti, deve venire a conoscenza dei documenti depositati (requisito oggettivo) a seguito della visione diretta del fascicolo di causa (requisito soggettivo); tramite i cd. motivi aggiunti si ammettono, al vaglio giurisdizionale, nuove doglianze dedotte, al di là dei termini ordinari d’impugnativa, scaturite dall’esame di documenti effettuato durante l’iter processuale.

La ratio è quella di tutelare il diritto alla difesa, nell’ipotesi in cui risulti la produzione in giudizio di documenti non conosciuti dal ricorrente, nel loro intero contenuto, al momento della proposizione del ricorso ma rilevanti nuovi vizi originari dell’atto impugnato (si pensi ad una perizia di stima dell’agenzia del territorio). È configurabile l’ammissibilità dei motivi aggiunti basati sulla sopravvenuta invalidità (si pensi alla norma sopravvenuta retroattiva, alla sentenza ex tunc della Consulta, alla pronuncia definitiva della CT caducante l’atto presupposto) dell’atto impugnato; viceversa, non rilevano fatti conosciuti (i.e. successiva conoscenza di norme) o circostanze sopravvenute (i.e. nuovo indirizzo giurisprudenziale) dopo la proposizione del ricorso.

La disciplina procedimentale, dei motivi aggiunti, s’ispira a quell’analoga vigente per la proposizione del ricorso introduttivo; la proposizione deve avvenire mediante un atto, che contenga gli elementi essenziali previsti dall’articolo 18 del D.Lgs. 546/1992. Il termine di 60 giorni, per la proposizione dei motivi aggiunti, decorre dalla notizia effettiva (i.e. visione del fascicolo) o legale del deposito.

Dalla scadenza del termine statuito dalla CT, per il deposito di un documento, decorre il termine legale perentorio per la proposizione dei motivi aggiunti (cd. presunzione assoluta di conoscenza).

La memoria integrativa va notificata, nelle identiche forme previste per la notificazione del ricorso, alla parte resistente anche non costituita, affinché questa ultima sia in grado di valutare l’opportunità di costituirsi in relazione all’ampliamento del thema decidendum.

A seguito della notificazione, a tutte la parti in causa, la memoria integrativa va depositata, entro il termine perentorio di 30 giorni, in segreteria della CT Provinciale, la quale è obbligata ad annotarla nel registro generale ex articolo 25 del D.Lgs. 546/1992. La memoria integrativa non pone in essere un nuovo rapporto processuale ma s’inserisce, ampliando le doglianze introduttive, in un rapporto processuale già esistente; pertanto, la CT deve statuire, dall’inammissibilità di tutte le censure del ricorso introduttivo, la consequenziale inammissibilità della memoria integrativa.

La memoria integrativa può avere per oggetto solo ed esclusivamente l’atto impugnato; è inammissibile la sostituzione o integrazione dell’oggetto del petitum originario; la CT non può ammettere censure prospettate con la memoria integrativa, che si riferiscano ad atti dotati di autonoma lesività.

Con la memoria integrativa non si possono impugnare atti diversi da quello impugnato con il ricorso introduttivo; l’atto contenente i motivi aggiunti deve limitarsi a reiterare o a ribadire il petitum del ricorso introduttivo. Il motivo aggiunto non equivale ad un ricorso autonomo; pertanto il petitum deve essere definito e precisato nell’atto introduttivo e non può essere ampliato mediante la proposizione dei motivi aggiunti la cui funzione è limitata ad arricchire la causa petendi.

Non è configurabile la mutatio libelli consistente nell’ampliamento sostanziale del petitum (i.e. conversione della domanda d’annullamento totale in annullamento totale; conversione della richiesta di annullamento dell’atto in richiesta di nullità).

La decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, non rilevabile d’ufficio in quanto rimessa alla disponibilità della parte, non può essere eccepita dal contribuente mediante la presentazione di motivi aggiunti, in quanto l’integrazione dei motivi di ricorso è consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, c. 2, soltanto in relazione alla contestazione di documenti depositati dalla controparte e fino ad allora non conosciuti (e comunque entro sessanta giorni dalla data in cui si è avuta notizia di tali documenti) (Cass. civ., Sez. V, 25 novembre 2005, n. 24970 ; conf. 18802/2006 ; sentenza Cassazione civile, sez. Tributaria, 10 settembre 2007, n. 19000).

Nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in forza della preclusione processuale posta dall’art. 24, comma 2, è inammissibile l’eccezione di mancanza di legittimazione passiva – intesa come titolarità passiva del rapporto fiscale e responsabilità per il pagamento dell’imposta, il cui eventuale difetto non è rilevabile d’ufficio – sollevata in una memoria successiva al ricorso introduttivo della lite, e quindi tardivamente (nella specie, dal liquidatore di una società di persone cancellata dal registro delle imprese) (Sentenza Cassazione civile, sez. Tributaria, 22 gennaio 2007, n. 1327).

 

Divieto di ius novorum in appello

Viola il divieto di ius novorum in appello la sentenza di gravame che si fonda su di un motivo di censura dell’atto impositivo non contemplato nel ricorso introduttivo, ma prospettato per la prima volta il appelloCostituisce domanda nuova, e non mera specificazione dell’istanza originaria di annullamento dell’avviso di accertamento, la proposizione in appello di domanda subordinata di riduzione del reddito accertato, in base all’applicazione dello strumento – più attendibile – dello studio di settore.

Non costituisce mera specificazione dell’istanza originaria di annullamento dell’avviso di accertamento, la proposizione in appello di domanda subordinata di riduzione del reddito accertato, in base all’applicazione dello strumento – più attendibile – dello studio di settore, Invero, ai sensi dell’art. 57, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si ha domanda nuova, quando il contribuente nell’atto di gravame introduce una causa petendi nuova e fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine (Ord. n. 24197 del 27 ottobre 2010 (dep. il 30 novembre 2010).

E’ inammissibile in appello, l’eccezione del contribuente , assunta poi a base della decisione del giudice del gravame, della classificabilità degli immobili in categoria “E” e, pertanto, della loro esenzione dall’Ici ai sensi dell’art. 7, c. 1, lett. b), del D.Lgs. n. 504/1992.

Nel giudizio di appello non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio (art. 57, c. 2, del D.Lgs. n. 546/1992). Pertanto, è inammissibile l’eccezione di decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo formulata per la prima volta in appello (cassazione sent. n. 16225 del 9 luglio 2010).

La non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di decadenza dell’Amministrazione (sia essa statale o locale) dal potere impositivo comporta che tale eccezione debba essere sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio, e che, se formulata per la prima volta in appello, debba essere dichiarata improponibile, stante il divieto di eccezioni nuove, non rilevabili d’ufficio, sancito dall’art. 57, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 (Cass. nn. 18019/2007, 26361/2006, 24970/2005, 22015/2004, 2552/2003).

Incorre nella violazione del divieto di ius novorum (ex art. 57, D.Lgs. n. 546/1992) il contribuente che deduca in sede di gravame una domanda nuova in relazione alla non debenza dell’IRAP per difetto del presupposto dell’autonoma organizzazione in luogo dell’eccezione di illegittimità costituzionale formulata nel ricorso introduttivo in prime cure (Cass. civ. Sez. V, 09-09-2008, n. 23305).

Il principio generale dell’esclusione dello “iusnovorum” nel giudizio di appello comporta la preclusione del mutamento in secondo grado degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa anche se non impedisce al giudice di qualificare diversamente il rapporto dedotto in giudizio in relazione a quelli già acquisiti al processo (Cass. 31 marzo 2006 n. 7620; Cass. 21 giugno 2004 n. 11470; Cass., Sez. lavoro, 23 maggio 2008, n.13377), purchè non si muti la causa petendi, altrimenti sulla questione dedotta in secondo grado il giudice di appello, anziché esercitare la funzione di controllo che la legge gli attribuisce, compirebbe un riesame completo ed automatico di tutto il materiale processuale.

La nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta per la prima volta nelle successive fasi del giudizio (Cassazione sent. n. 10802 del 5 maggio 2010)La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10802 del 5 maggio 2010, ha escluso che la nullità dell’accertamento possa essere dichiarata dal giudice tributario in assenza di specifica eccezione di parte in primo grado.

 

8 gennaio 2010

Antonio Terlizzi

 

 

FACSIMILI DI RICORSO ALLA COMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

 

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

DI …..

 

RICORSO

 

Per: la Soc. …

nel giudizio

contro: Agenzia delle Entrate – Ufficio di … nella persona del Direttore rappresentante pro-tempore

 

La Soc. …, con sede in … (Cod. fisc. …), nella persona del proprio rappresentante legale sig. …, difesa per delega a margine del presente atto dall’Avv./Dott./Rag. … ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in …, C.A.P. …, via … n. …,

 

RICORRE

 

avverso l’atto .. n. … emesso dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di …, notificato il …, per i seguenti motivi, salvo altri ai sensi del comma 2 dell’art. 24, D.Lgs. n. 546/1992.

 

IN FATTO

 

Con provvedimento n. …, notificato il … l’Ufficio … richiedeva …, affermando che … (illustrare i fatti salienti della controversia, utili ad introdurre e fondare le successive doglianze in diritto)

 

IN DIRITTO

 

Il provvedimento ……….. . è illegittimo per i seguenti motivi (illustrare progressivamente i motivi di impugnazione):

1) …

2) …

Per i sopra indicati motivi la società, tramite il sottoscritto difensore,

 

CHIEDE

 

che codesta On.le Commissione tributaria provinciale di …, in accoglimento del presente ricorso, dichiari la illegittimità del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese di giudizio.

 

Si deposita:

1) originale del ricorso (ovvero copia del ricorso consegnato all’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate, con ricevuta di deposito, ovvero copia del ricorso spedito a mezzo servizio postale con fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata con avviso di ricevimento);

2) copia dell’atto impugnato;

  1. 3) procura speciale per atto notar …, del …, Rep. n. … (se la delega non è a margine o in calce al ricorso);

4) altri eventuali documenti.

 

Luogo e data

 

Attestazione di conformità della copia del ricorso(da apporre sulla copia del ricorso prima del depositopresso la Segreteria della Commissione tributaria provinciale)

 

Firma del difensore

(Avv./Dott./Rag. …)

Integrazione dei motivi di ricorso

 

Commissione Tributaria Provinciale di …….

Sezione…..…

Per il sig.………………..

contro l’ufficio …………….

Il signor………………………………. per il tramite del sottoscritto difensore, Avv./Dott…………… , presso lo studio del quale in………., via….n……….. elegge domicilio,

Premesso

– che è stato presentato ricorso avverso l’atto n. …………….., notificato il…………….emesso da …………….;

– che tale ricorso è stato assegnato alla sezione n……… per la trattazione ed è stato iscritto al n. ………. del ruolo generale;

– che dalla visione del fascicolo avvenuto in data ……………., unitamente alle memorie prodotte, la controparte ha allegato documenti di cui non si aveva conoscenza;

– che tale documentazione rende necessario indicare motivi di doglianza ulteriori rispetto a quelli già indicati in ricorso,

Integra

ai sensi dell’art. 24 d.lgs. n. 546/1992 i motivi di ricorso.

In fatto

(riassumere in modo succinto i termini della vicenda così come esposti nel ricorso al quale ci si riferisce)

In diritto

La documentazione prodotta dall’ufficio ……..….., fa emergere con chiarezza che l’atto impugnato risulta illegittimo anche per un ulteriore motivo, ovvero……………………………….

Per quanto esposto e nel ricorso introduttivo e per i motivi sopra illustrati, si

Chiede

che codesta On.le Commissione Tributaria dichiari la illegittimità dell’atto impugnato, con il favore di spese ed onorari

 

Firma del difensore

(Avv./Dott./Rag. …)