IAS/IFRS: uno sguardo d’insieme

la “globalizzazione contabile” è una realtà che sta portando ad una graduale sostituzione dei principi contabili nazionali da una serie di principi e norme riconosciute a livello internazionale. La transizione dai principi contabili nazionali a quelli internazionali, rappresenterà un momento delicato di una modernizzazione necessariamente inevitabile per cui diverse fonti del diritto societario dovranno subire rilevanti modifiche

La “globalizzazione contabile” è una realtà che sta portando ad una graduale sostituzione dei principi contabili nazionali da una serie di principi e norme riconosciute a livello internazionale.

 

Tale innovazione andrà a definire novità tecniche e di tipo gerarchico, infatti i principi contabili, nati come documenti interpretativi della legge, sono destinati ad assumere il carattere di norme con forza di legge, attraverso l’elencazione degli IAS nel regolamento comunitario 1725/2003, è già stato conferito ai principi contabili internazionali, forza di legge: così la transizione dai principi contabili nazionali a quelli internazionali, rappresenterà un momento delicato di una modernizzazione necessariamente inevitabile per cui diverse fonti del diritto societario dovranno subire rilevanti modifiche.

 

Attualmente gli imminenti e continui interventi legislativi necessari per il passaggio agli IAS/IFRS, rendono impossibile ricreare un quadro realistico e certo, ma la necessità di comprendere quale sia l’orientamento generale assunto, ci spinge a delineare una panoramica riassuntiva di quello che sarà il futuro dei principi contabili.

 

Le ragioni alla base della necessità di applicazione a livello internazionale di un corpo univoco di principi contabili, sono da ricercarsi nello strumento stesso che il documento di bilancio rappresenta:

 

  • Il bilancio è un insieme di informazioni, raccolte ed elaborate, al fine di rappresentare in maniera veritiera e corretta, la situazione patrimoniale-economica e finanziaria della società.

Tale documento dovrebbe, in via primaria, esprimere non soltanto lo status attuale dell’azienda, ma anche rispecchiare ciò che è stato l’andamento passato, oltre ad indicare l’orientamento futuro dei flussi finanziari e dei cicli economici che caratterizzano l’attività stessa ed esporre i risultati ottenuti dall’amministrazione.

Per comprendere le finalità del documento in esame, occorre tener presente i soggetti a cui si rivolge, ma soprattutto le necessità dei suoi utilizzatori: il bilancio è allora uno strumento interpretativo non sostituibile nel processo decisionale di tipo economico.

 

E’ evidente che le informazioni ricercate nel bilancio, in genere, variano ampiamente dato che diversi sono gli interessi dei soggetti legati alle imprese (investitori, dipendenti, finanziatori, clienti, azionisti), ma il documento cui fanno riferimento è unico, ossia il bilancio.

 

L’applicazione di principi diretti ad assicurare la completa comprensione del bilancio da parte dei suoi destinatari è quindi funzionale all’essenza stessa del bilancio.

 

  • la crescente globalizzazione ed evoluzione dei mercati finanziari ha evidenziato le problematiche legate alla non confrontabilità dei bilanci redatti in base a principi molto diversi; basti pensare alle difficoltà legate al consolidamento in presenza di gruppi con società sparse in diversi Paesi.

L’applicazione a livello internazionale di una serie di principi contabili per la redazione dei bilanci rappresenta un passo importante ed inevitabile sebbene comporti varie difficoltà a livello pratico e non solo.

 

Riassumendo possono essere individuate tre principali obiettivi alla base dell’applicazione di principi contabili internazionali:

 

  • garantire il sano funzionamento dei mercati dei capitali: “metodologie contabili” comuni evitano distorsioni causate da informazioni “falsate”;
  • assicurare ai destinatari del bilancio le informazioni necessarie per intraprendere decisioni economiche;
  • tutelare gli investitori attraverso un’effettiva comparabilità dei dati forniti dalle aziende.

In Italia, nonostante vari tentativi da parte del legislatore per introdurre l’applicazione di principi contabili internazionali, non si era mai intrapreso alcun passo verso tale direzione; già l’articolo 117 del D.Lgs. 58/98 invitava il Ministro di Grazia e Giustizia ed il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica a raccogliere in un regolamento i principi contabili riconosciuti a livello internazionale che risultassero compatibili con quelli indicati dall’Unione Europea; la L. 366/2001 (L. delega per la riforma del diritto societario) comprendeva, fra le linee guida del nuovo diritto societario, l’individuazione delle “condizioni in presenza delle quali le società, in considerazione della loro vocazione internazionale e del carattere finanziario, possono utilizzare per il bilancio consolidato principi contabili riconosciuti internazionalmente”.

 

Il cambiamento in atto è stato generato dal regolamento comunitario 1606/2002, secondo cui “i bilanci consolidati delle società quotate sui mercati regolamentati europei, dovranno essere redatti secondo i nuovi principi contabili internazionali dal 1 gennaio 2005”.

 

Con la legge comunitaria 306/2003 è inoltre stata introdotta una delega al governo per estendere la facoltà di applicazione degli IAS/IFRS anche a società diverse da quelle indicate dall’Unione Europea mediante un decreto legislativo.

 

Il Governo italiano aveva quindi la possibilità di attuare una scelta: prevedere l’adozione degli IAS soltanto per i bilanci consolidati di società quotate oppure, attraverso l’esercizio della delega entro il 30 novembre 2004, ampliare il numero dei soggetti interessati dalla nuova normativa.

 

Le attese in merito al possibile esercizio della delega da parte del governo non erano molto positive per vari motivi, primo tra tutti l’assenza di un coordinamento tra i principi internazionali e l’attuale normativa tributaria, fiscale e fallimentare.

 

La delega è invece stata varata, quindi dal 2005 gli IAS/IFRS rappresenteranno i principi base per la redazione dei bilanci delle maggiori aziende italiane.

 

I soggetti interessati al passaggio agli IAS/IFRS sono i seguenti:

 

  • Società quotate;
  • Società con strumenti finanziari diffusi;
  • Banche;
  • Società assicurative quotate e non;
  • Enti finanziari soggetti a vigilanza.

La normativa ha introdotto l’obbligo di applicazione dei principi contabili internazionali a partire dal 2005 in caso di bilancio consolidato, dal 2006 per i bilanci individuali; alle società obbligate con bilancio individuale è concessa la facoltà di anticipare al 2005 l’utilizzo degli IAS.

 

La Direttiva Europea 2003/51/CEE, del 18 giugno 2003, volta a ridurre i problemi di incompatibilità esistenti tra le direttive contabili europee e i principi contabili internazionali, la legge comunitaria 2004, contenente la delega al governo per introdurre tale direttiva, è infatti stata approvata dalla Camera il 2 dicembre 2004.

 

I principi contenuti nella direttiva sono fondamentalmente quattro:

 

  1. garantire la compatibilità tra gli IAS/IFRS e la normativa Europea;
  2. assicurare, come assunto per la redazione dei bilanci, la preminenza della sostanza sulla forma;
  3. introdurre per determinate voci la valutazione secondo il fair value;
  4. prevedere, in materia di bilanci, prospetti basati su principi diversi da quelli finora consentiti.

 

L’importanza della Direttiva non è da sottovalutare soprattutto in virtù della flessibilità che il legislatore vuole garantire: grazie alle nuove possibilità previste dalla normativa, l’applicazione degli IAS/IFRS dovrebbe risultare semplificata e le eventuali future modifiche ai principi, non dovrebbero creare difficoltà vista l’elasticità mantenuta dalla nuova disciplina.

 

L’adeguamento ai principi contabili internazionali delle direttive europee rappresenta un certificato di equità per il pubblico poiché evita il sorgere di discrasie tra imprese obbligate e non al passaggio agli IAS: tutte le società saranno perciò obbligate a seguire un orientamento comune, principi contabili internazionali obbligatori o meno.

 

IAS/IFRS, ossia International Accounting Standards, ora rinominati IFRS, International Financial Reporting Standards, meglio noti come i nuovi principi contabili internazionali: ci si chiede il motivo per cui vengano utilizzate indistintamente due sigle per indicare un corpo unico di principi, infatti International Accounting Standards, acronimo originariamente dato ai principi, evidenziava il taglio prettamente contabile su cui gli esperti avevano elaborato i principi stessi.

 

Col tempo tale orientamento è stato parzialmente ridimensionato attraverso l’introduzione degli attuali International Financial Reporting Standards, ossia principi atti a garantire il trasferimento di informazioni di importante livello qualitativo, a carattere sia contabile che finanziario, attraverso la redazione di documenti (bilanci) comprensibili anche ai non “addetti ai lavori”.

 

I principi contabili internazionali possono essere suddivisi in due casistiche:

 

1.    la prima, è formata da 5 documenti volti a chiarire gli aspetti tecnici più difficoltosi da affrontare in fase di transizione dai principi contabili nazionali e per questo vengono indicati come IFRS;

2.    gli altri principi individuano il corretto trattamento di singole partite contabili o situazioni particolari e derivano direttamente dagli originari IAS.

 

A questo punto pare obbligo fornire un elenco che servirà non soltanto per una conoscenza generica dell’argomento trattato, ma soprattutto per evidenziare l’attenzione che è stata riservata al documento di bilancio attraverso la previsione di singoli e puntuali principi riguardanti la trattazione contabile di specifici elementi di bilancio.

 

Allo scopo di fornire una guida per la comprensione e l’applicazione dei principi contabili internazionali, è stato predisposto il Framework, ossia una raccolta di regole generali per la corretta interpretazione dei principi.

 

Il Framework riprende come assunti, posti alle fondamenta della redazione del bilancio, la competenza economica delle poste rilevate e la prospettiva di funzionamento dell’azienda (continuità aziendale); inoltre specifica le caratteristiche qualitative che l’informazione resa in bilancio dovrebbe presentare ossia:

 

  • significatività (relevance);
  • comprensibilità;
  • attendibilità (reliability);
  • comparabilità;
  • prudenza;
  • neutralità.

Per quanto attiene ai principi, diviene necessaria un’attenta analisi dei singoli dettati che esula dal presente lavoro; merita però esporre almeno due previsioni generali.

 

In base allo IAS 1 vige l’obbligo, per le imprese che pubblicano un bilancio IFRS, di dichiarare in modo esplicito e senza riserve la “piena conformità a tutti i principi contabili internazionali” (con riferimento a quelli in vigore al momento di approvazione del bilancio).

 

Tale previsione determina la massima attenzione da parte del management soprattuto nel caso in cui si sia ricorso a una deroga.

 

Infatti, qualora l’applicazione dei principi internazionali generasse un’informazione non coerente con le finalità del bilancio, così come espresse nel framework, è data la possibilità di derogare a quel principio salvo il caso in cui si dimostri la non conflittualità della disposizione rispetto agli obiettivi del bilancio.

 

In generale quindi si ha una possibilità di deroga limitata a casi rari, specifici per settore o evento particolare, che richiede un’ampia informativa nelle note di bilancio.

 

Altro aspetto particolare legato alla dichiarazione di conformità, attiene alla prima applicazione dei principi contabili internazionali: poiché i bilanci IAS/IFRS devono presentare a fini comparativi i dati di due esercizi, anche nel primo esercizio di applicazione si richiede che siano presentati i dati relativi agli esercizi precedenti come risultanti secondo i nuovi principi; si verifica perciò un’applicazione retrospettiva degli IAS/IFRS. Attraverso tale previsione ogni attività e passività presente al momento in cui si avrà il passaggio dai principi nazionali agli IAS/IFRS, verrà rappresentata in bilancio a valori conformi con i nuovi principi contabili.

 

Il principio IAS 1, identifica come data di passaggio quella di apertura del primo esercizio in cui l’impresa presenta un bilancio comparato conforme ai nuovi principi, quindi il 31/12/20056 o il 31/03/20057 a seconda dei casi.

  1. Nel 2008 

Le modifiche apportate al TUIR dalla legge finanziaria del 2008, rese necessarie per regolamentare sotto il profilo tributario l’applicazione dei principi contabili internazionali da parte dei soggetti che hanno adottato tali regole nella redazione del bilancio d’esercizio, hanno comportato varie incertezze interpretative.

 

Tali incertezze si riconducono:

 

  • Alle regole di misurazione e di valutazione degli elementi dell’attivo e del passivo patrimoniale imposti dagli IAS\IFRS;
  • Al diverso profilo di imputazione temporale degli elementi di reddito rispetto gli IAS\IFRS;
  • Alle diverse regole contabili di applicazione di elementi reddituali direttamente nelle voci del patrimonio netto;
  • Ai diversi criteri di classificazione di alcune poste finanziarie.

Queste differenze, sia nell’architettura contabile dei principi IAS\IFRS rispetto alle regole contabili italiane, sia nelle metodologie di valutazione degli elementi dell’attivo e del passivo patrimoniali, comportano disallineamenti tra valori civilistici e valori fiscali.

 

Inoltre, nell’eliminazione della deducibilità extracontabile del Quadro EC nell’ottica di avvicinare il reddito economico a quello fiscale ha comportato una maggiore centralità del bilancio con la conseguenza che la deducibilità fiscale dei costi presuppone la loro rilevazione nel conto economico.

 

Nei principi contabili internazionali, gli elementi dell’attivo e del passivo possono essere misurati ed esposti in bilancio in base a differenti criteri di valutazione rispetto alle regole italiane:

 

  • Criterio del fair value;
  • Criterio del fair value al netto dell’ammortamento “costo rivalutato”;
  • Criterio del fair value al netto dei costi di dimissione;
  • Criterio dell’amortized cost;
  • Criterio del costo corrente.

Sub 1) il fair value è il corrispettivo al quale un’attività può essere cambiata, o un’attività estinta, in libera transazione tra parti consapevoli e disponibili.

 

Il fair value di un’attività per le quali non esistono transazione comparabili è qualificabile quando:

 

  • La variabilità nella fascia dei valori del fair value ragionevoli non è significativa;
  • La probabilità delle diverse stime entro un campo di valori può essere attendibilmente valutata per effettuare la quantificazione dell’importo.

Il fair value differisce dal valore in uso perché riflette la conoscenza e le stime dei soggetti economici presenti sul mercato; il valore d’uso invece riflette la conoscenza e le stime d’impresa.

 

Sub 2) le attività sono iscritte all’importo di denaro che dovrebbe essere pagato se la stessa attività o una equivalente fosse acquisita al momento attuale.

 

Le passività sono iscritte all’importo di denaro o suo equivalente non attualizzato che si prevede sarebbe necessario per estinguere l’obbligazione al livello attuale.

 

Sub 3) le attività sono iscritte al valore del denaro o suo equivalente che potrebbe essere ottenuto al momento attuale, vendendo un’attività in una dismissione non forzosa; le passività sono iscritte al loro valore di regolamento cioè al valore non attualizzato di denaro che si suppone debba essere pagato per estinguere le passività nel normale svolgimento dell’attività.

 

Sub 4) le attività sono iscritte al valore attuale attualizzato dei futuri flussi finanziari netti in uscita che si prevede sia necessari per estinguere le passività del normale svolgimento dell’attività.

 

Sub 5) il costo ammortizzato di una attività o di una passività è l’ammontare al quale l’attività o le passività è valutata al momento rilevazione iniziale, meno i rimborsi di capitale, più o meno l’ammortamento accumulato, utilizzando il metodo dell’interesse effettivo, di tutte le differenze tra il valore iniziale ed il valore alla scadenza e meno le riduzioni per perdita di valore o non incassabilità.

 

Per calcolare il costo ammortizzato di una attività o passività finanziaria e per imputare all’esercizio di competenza gli interessi attivi o passivi, si utilizza il metodo del tasso di interesse effettivo, che è quel tasso di interesse che raccorda esattamente il valore contabile agli incassi o pagamenti futuri lungo la via dello strumento finanziario o lungo un periodo più breve.

  

2.1      Dal costo al fair value

 

I principi contabili internazionali non consentono di valutare tutte le attività o passività dello stato patrimoniale al fair value, né impongono valutazioni di mercato per i beni aziendali: solo alcune aeree di bilancio devono e possono essere valutate al valore equo, a condizione che la valutazione possa essere quantificata e verificabile.

 

Il principio del costo storico è un caposaldo nella storia della contabilità ed è il criterio di valutazione adottato in ambito italiano ed internazionale: si basa sulla misurazione del costo, alla data di acquisizione o di sottoscrizione, sulla base delle risorse finanziarie entrate\uscite per tali attività\passività, quindi il criterio del costo storico consente di iscrivere un’attività al momento della sua acquisizione in base all’importo monetario pagato o al fair value del corrispettivo versato per acquisire l’attività stessa, e di iscrivere una passività all’importo del corrispettivo ricevuto in cambio di tale obbligazione.

 

Il costo storico si disinteressa delle modificazioni che possono intervenire durante la vita dell’attività o della passività sottostante, tranne in caso di perdite di lavoro.

 

Nel caso delle attività immobilizzate il criterio del costo storico subisce l’ammortamento per far partecipare le attività utilizzate per più periodi amministrativi ai risultati aziendali c.d. costo storico ammortizzato: tale criterio si basa sul presupposto della rilevazione iniziale del costo di acquisizione dell’attività immobilizzata in base al costo, suddiviso nei periodi successivi di utilizzo del bene tramite l’imputazione dell’ammortamento al conto economico.

 

I valori iscritti al bilancio in base al valore del costo storico sono valori attendibili, certi, documentabili, anche se passati in quanto non si tiene conto dei plusvalori maturati nel tempo.

 

Il principio del fair value è un principio che si basa sul presupposto che i valori espressi in bilancio riflettano il loro valore di scambio.

 

Alla data di acquisizione il costo storico ed il fair value coincidono, nei momenti successivi il valore delle attività e delle passività espresse in bilancio è adeguato al valore equivalente al corrispettivo al quale l’attività può essere scambiata o la passività estinta.

 

La valutazione del fair value è basata sul presupposto che un’impresa in situazione di continuità aziendale non ha intenzione di liquidare: il fair value, pertanto, non è l’ammontare che un’impresa potrebbe incassare o pagare in un’operazione forzata, riflettendo comunque la qualità di credito dello strumento.

Il fair value è il metodo preferito per la valutazione delle attività e di alcune passività finanziarie ed anche per la valutazione degli strumenti finanziari derivati.

 

I dati esposti con il metodo del costo, al netto dell’ammortamento, sono dati attendibili e certi ma obsoleti che non consentono di valutare l’effettivo patrimonio dell’azienda.

 

Si tratta di dati prevedibili che non si modificano nel tempo; si tratta di dati volatili che si modificano ad ogni data di bilancio tenendo conto delle quotazioni esterne.

 

Le valutazioni del fair value di tutte le attività e le passività di stato patrimoniali sono impossibili, soprattutto quando la quantificazione del fair value non è effettuabile in modo diretto: se non c’è un mercato attivo, per uno strumento finanziario, si devono utilizzare tecniche di valutazione che comprendono l’uso di valutazioni recenti tra parti indipendenti ed informate.

 

L’obiettivo delle tecniche di valutazioni è quello di determinare il prezzo al quale un’operazione determinata da normali motivazioni di business sarebbe potuta avvenire tra mezzi informati alla data di bilancio.

 

Le tecniche di valutazione devono basarsi sull’uso di input di mercato per la maggiore, di meno su input specifici d’impresa.

 

Una tecnica di valutazione comporta una stima realistica del fair value se:

 

  • riflette sulla valutazione del mercato sullo strumento;
  • gli input di valutazione rappresentano le aspettative del mercato. 

 

A cura di Sonia Cascarano