Il Fisco ha facoltà di desumere dalle notizie, dati ed elementi acquisiti tramite le indagini effettuate su conti correnti, rapporti e depositi intrattenuti presso istituti di credito, i fatti sui quali fondare la ricostruzione del reddito imponibile. Tale presunzione trae origine dalla probabilità che le rimesse ed i movimenti che interessano i conti e rapporti siano riferibili al titolare senza necessità di analizzare le singole operazioni e ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrarne l’estraneità in rapporto al reddito dichiarato o l’irrilevanza fiscale.
Con sentenza n. 2752 del 5 febbraio 2009 (ud. del 28 ottobre 2008) la Corte di Cassazione, ha affermato che in presenza dei requisiti prescritti dall’art. 32, D.P.R. n. 600/1973 l’Amministrazione finanziaria è facoltizzata a desumere dalle notizie, dati ed elementi acquisiti tramite le indagini effettuate su conti correnti, rapporti e depositi intrattenuti presso istituti di credito i fatti sui quali fondare – giusta la presunzione iuris tantum legale – la ricostruzione del reddito imponibile.
Tale presunzione trae origine dalla rilevante probabilità che le rimesse ed i movimenti che interessano i conti e rapporti siano riferibili al titolare senza necessità di analizzare le singole operazioni e ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrarne l’estraneità in rapporto al reddito dichiarato o l’irrilevanza fiscale.
Inoltre, costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale, ferma restando la verifica circa la sussistenza dei presupposti di applicazione della disposizione ex art. 32, del D.P.R. n. 600/1973, l’Amministrazione finanziaria non è onerata di attivare l’instaurazione di una fase pre-contenziosa di contradditorio con il contribuente al fine di utilizzare i dati ed elementi desumibili dalle indagini bancarie e finanziarie.
Indagini finanziarie: la sentenza di Cassazione n. 2752 del 5 febbraio 2009
Sul merito del ricorso, la Cassazione evidenzia che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, n. 7, art. 32, ed il corrispondente numero del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, consentivano agli (allora operanti) uffici delle imposte sui redditi ovvero del valore aggiunto (IVA) di “richiedere“, “per l’adempimento dei loro compiti“, alle imprese ivi indicate
“dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonchè alle garanzie prestate da terzi“.
I
“dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati … a norma del n. 7) … sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dall’artt. 38, 39, 40 e 41, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine“,
e
“alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e semprechè non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni“.
Il potere, riconosciuto da tali disposizioni all’Ufficio, di porre a fondamento di “rettifiche ed accertamenti” i “dati” e gli “elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati … a norma del n. 7“, invero, si fonda sulla presunzione (di fonte legale, ma relativa) di “riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili“, presunzione che
“si correla ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità (id quod plerumque accidit) che il contribuente si avvalga di tutti i conti di cui possa disporre per le rimesse ed i prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività“: tale presunzione, peraltro, opera (Cass., trib., 21 marzo 2008 n. 7766)
“con forza tale da vincolare l’ufficio tributario ad assumere per certo che la movimentazione bancaria dei conti correnti intestati… sia … imputabile” a colui che dispone del conto, senza necessità di “procedere all’analisi delle singole operazioni, che, dato il connesso effetto dell’inversione dell’onere della prova, spetta invece al contribuente di effettuare (Corte di cassazione: 24 agosto 2007, n. 18013; 27 luglio 2007, n. 16720; 13 giugno 2007, n. 13819)“.
“In presenza di accertamenti bancari“, quindi (Cass., trib., 28 marzo 2008 n. 8041), incombe
“al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancali che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 9573/2007, 1739/07, 28324/07)“.
Nel caso specifico, il contribuente non indica, neppure nelle memorie depositate, nessun concreto, specifico elemento fattuale comunque probatorio della sua tesi difensiva.
Inoltre, la Commissione Tributaria Regionale non ha esplicitato quali siano i concreti elementi (che afferma emersi “delle indagini svolte, in ottemperanza dell’ordinanza emessa in tal senso, dalla Guardia di Finanza”) dai quali ha desunto il suo convincimento che “le somme, depositate, dal contribuente sui conti bancari e sui libretti di risparmio, hanno la loro origine in vincite conseguenti a giocate effettuate presso ricevitorie di Genova” e, di conseguenza, che “si tratta di somme in ordine alle quali l’amministrazione tributaria non ha possibilità di esercitare diritti”, ma si è limitata a “richiamare” (senza nessuna migliore specificazione dei fatti che sarebbero stati accertati) “la documentazione depositata dalla Guardia di Finanza”.
Detto richiamo, poichè operato ad un contenuto (“indagini svolte”) che non risulta esposto in nessun punto della decisione impugnata, si palesa del tutto inidoneo a far comprendere quale sia, prima che il ragionamento seguito, il fatto stesso (ritenuto certo) considerato idoneo a vincere la presunzione legale, sia pure iuris tantum, di non imponibilità fiscale delle somme in contestazione.
La peculiarità della giustificazione (vincite al lotto) addotta dal contribuente, peraltro, tenuto conto della natura per così dire al portatore dello “scontrino” di giocata,
“richiede, in via logica, la considerazione e, in via motivazionale, la conseguente esplicitazione delle conferenti ragioni, di un accertamento puntuale e specifico circa la identificazione, per ognuna delle concrete giocate indicate dall’A., di questi con il presentatore dell’afferente scontrino e, di poi, (solo) all’esito favorevole di tale riscontro, la effettiva riconducibilità di ogni incasso delle vincite proprie del contribuente ai versamenti bancari contestati”.
La stessa Commissione Tributaria Regionale, inoltre ed infine, come lamentato dall’Agenzia, non spiega mai se e perchè le vincite dedotte dal contribuente siano idonee a infirmare la presunzione legale anche per la differenza tra l’ammontare delle movimentazioni bancarie considerate dall’Ufficio ed il minore delle vincite stesse addotte dal contribuente.
Le evidenziate carenze, quindi, hanno imposto alla Corte di cassare la sentenza impugnata perchè l’”origine” delle “somme depositate dal contribuente sui conti correnti e sui libretti di risparmio … in vincite conseguenti a giocate effettuate presso ricevitorie di Genova”, dalla stessa affermata,
“si rivela del tutto apodittica in quanto non risultano neppure enunciati i concreti elementi fattuali considerati e che hanno determinato il convincimento del superamento della presunzione (iuris tantum) detta circa la natura reddituale delle somme in questione, e perchè, comunque, non spiega le ragioni per le quali le eventuali vincite accertate dell’A. (nella misura da questi effettivamente trasfuse nei conti esaminati) siano idonee a giustificare tutta la movimentazione bancaria posta dall’Ufficio a fondamento dell’avviso di accertamento si da determinare il totale annullamento di quest’atto”.
In ordine alla mancata instaurazione di un contraddittorio precontenzioso, invero, osservano i Massimi giudici che
“questa Corte ha già avuto modo di ripetutamente affermare (Cass., trib.: 7 febbraio 2008 n. 2821; 7 settembre 2007 n. 18868; 23 giugno 2006 n. 14675, cit.; 27 giugno 2005 n. 13808; 17 maggio 2002 n. 7267; 29 marzo 2002 n. 4601; 26 febbraio 2002 n. 2814; 18 gennaio 2002 n. 518, tra le recenti) il principio – che va confermato in quanto nelle esposte argomentazioni (confluenti soprattutto nella contestazione del valore presuntivo dei dati desunti dalle movimentazioni bancarie) del contribuente non si ravvisano convincenti argomentazioni per discostarsi dallo stesso – per il quale la legittimità della utilizzazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, dei movimenti dei conti correnti bancari non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, prevedono il contraddittorio come oggetto di una mera facoltà dell’amministrazione tributaria e non già di un obbligo per la stessa”.
L’attività di accertamento degli uffici finanziari, infatti (Cass., trib.: 21 dicembre 2005 n. 28316; 10 dicembre 2003 n. 18851; 23 maggio 2003 n. 8143; 16 maggio 2003 n. 7666; 18 aprile 2003 n. 6232; 13 giugno 2002 n. 8422; 23 marzo 2001 n. 4273; 3 marzo 2001 n. 3128; 28 luglio 2000 n. 9946), avendo natura amministrativa, deve svolgersi nel rispetto delle previste cautele per evitare arbitrii e la violazione di fondamentali diritti del contribuente ma
“non è retta dal principio del contraddittorio per cui la previsione, nelle norme invocate, della convocazione del contribuente con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, ha solo il fine di consentire all’Amministrazione di acquisire elementi istruttori e non impongono alla stessa un obbligo per cui le risultanze emerse dall’attività di verifica, prodromica all’emissione dell’avviso di rettifica, ben possono costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva a tale avviso sottesa anche in mancanza di immediata contestazione al contribuente in sede di verifica”.
Sull’infondatezza dell’altro profilo (necessità di “ulteriore e differente prova, a carico dell’Amministrazione, della sottrazione all’imposizione delle operazioni presunte”) la Corte rinvia alle osservazioni svolte in ordine alla natura presuntiva attribuita dal legislatore alle movimentazioni bancarie ingiustificate: siffatta natura, di per sè, esclude la necessità di qualsiasi ulteriore prova da parte dell’ufficio impositore.
La necessità di una congrua ricognizione ed indicazione degli specifici concreti elementi fattuali acquisiti e, di poi, della esplicazione delle ragioni della loro eventuale utilizzabilità (quand’anche parziale, se ritenuta) in favore del contribuente nonchè della idoneità degli stessi a vincere la presunzione legale detta costituiscono tipici accertamenti di fatto istituzionalmente demandati al Giudice del merito che obbligano a rinviare la causa ad altra sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale affinchè accerti, dando congrua motivazione dell’iter logico seguito, quali e quante delle specifiche vincite al lotto indicate dal contribuente siano state dallo stesso effettivamente incassate, quali e quanti degli incassi di tali vincite siano stati effettivamente versati dall’A. sui propri conti correnti in contestazione, nonchè se ed in quale misura gli eventuali versamenti delle vincite giustifichino i movimenti bancari contestati.
Analisi e commento
La normativa sulle indagini finanziarie opera in modo automatico, non richiedendo ulteriori elementi di riscontro per conferire validità al controllo.
Il dettato normativo consente, però, al contribuente – anche attraverso il contraddittorio, anche successivo – di dimostrare l’irrilevanza fiscale delle movimentazioni riscontrate.
Sono due, sostanzialmente, gli aspetti che emergono dalla lettura della sentenza che brilla per completezza e chiarezza:
- la necessità della prova, a carico del contribuente;
- la non necessità del contraddittorio anticipato.
La prova
La prova liberatoria, che consente di superare la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui le movimentazioni dei conti correnti bancari legittimano l’accertamento del redditi, non può essere meramente generica (ho vinto la lotteria) ma deve essere specifica, individuando il passaggio del denaro (in questo caso dal Lotto al proprio conto corrente, attesto che lo scontrino della vincita è al portatore.
Perciò, non è sufficiente che il contribuente adduca la vincita al loto, sperando così di traslare sull’ufficio l’onere della prova.
Infatti, la movimentazione, in assenza di dimostrazione giustificativa, è configurabile quale corrispettivo non dichiarato.
La non necessità del contraddittorio anticipato
Su questo punto, ormai c’è ben poco da dire. Il principio si è ormai consolidato. Il contraddittorio, pur se opportuno e auspicabile non è necessario, anche perché spesso non è conducente, né fa degradare la presunzione legale posta dalla norma in esame in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro.
Francesco Buetto
14 maggio 2009