I costi per la certificazione della qualità: profili operativi e aspetti contabili

I costi per la certificazione della qualità del sistema azienda, sono quelli che le imprese sostengono per impiantare un sistema di qualità dei processi aziendali che sia conforme ad una delle seguenti norme: ISO 9001, ISO 9002, ISO 9004, ISO 14000 e così via…

I costi per la certificazione della qualità del sistema azienda, sono quelli che le imprese sostengono per impiantare un sistema di qualità dei processi aziendali che sia conforme ad una delle seguenti norme: ISO 9001, ISO 9002, ISO 9004, ISO 14000 e così via.

Per raggiungere quest’obiettivo l’impresa interessata deve sviluppare al proprio interno le risorse e le conoscenze necessarie per prepararsi adeguatamente ovvero rivolgersi a organismi consulenziali esterni specializzati nella valutazione dei sistemi di gestione della qualità.

Il tema della certificazione della qualità gestionale, nel corso degli ultimi dieci anni, ha assunto connotati di stringente attualità.

La diffusione della certificazione della qualità, in tutta Europa, ha raggiunto notevoli dimensioni, pur con notevoli limiti concettuali che ne hanno impedito una corretta ed efficace applicazione estensiva, che superasse la connotazione tipicamente tecnico-industriale legata alla sola disciplina dei rapporti contrattuali tra cliente e fornitore e che le conferisse la più utile funzione di autentico sistema per la regolamentazione generale del mercato.

Infatti, lo spirito autentico della certificazione di qualità, dovrebbe essere quello di fornire alle aziende un modello organizzativo generale capace di integrare in modo omogeneo ed efficace la gestione dei diversi processi operativi: non solo quelli connessi alla progettazione e alla produzione, agli approvvigionamenti e alla logistica, al controllo di qualità e alla soddisfazione del committente, ma anche quelli relativi al personale, al marketing, all’amministrazione, all’ambiente, alla sicurezza, all’informatica, alla soddisfazione degli azionisti.

Questa riteniamo sia la reale valenza della certificazione della qualità ISO 9001 per le aziende: non solo un elemento di richiamo esclusivamente commerciale, ma un vero fattore strategico di successo che determina razionalizzazione, valore aggiunto, competitività, affidabilità.

Già nel 2004, con un articolo dal titolo: I Costi per la certificazione di qualità il Dr. Danilo Sciuto, sulle pagine del Commercialista Telematico, analizzò i principali aspetti operativi e contabili della certificazione della qualità, delineando sia la posizione della dottrina civilistico-aziendalista, sia la posizione delle Finanze sul tema.

In sostanza, le spese sostenute per la certificazione di qualità, hanno lo scopo di migliorare il sistema organizzativo aziendale, nella direzione del mantenimento di uno standard qualitativo nei processi industriali, commerciali ed amministrativi, che massimizzi la relazione impresa – ambiente esterno, con la conseguenza che laddove a seguito di verifica successiva, emergano elementi di lesione dello standard, l’impresa verrà esclusa dall’Albo delle imprese certificate.

 

I costi relativi alla certificazione di qualità possono essere distinti in:

1) costi di natura pluriennale: sono quei costi che in virtù della loro utilità possono essere capitalizzati ed ammortizzati in ragione del periodo di permanenza del- la certificazione. Ad esempio, rientreranno in questa classe:

  1. i costi del progetto iniziale comprendente: la progettazione dell’organigramma aziendale, la definizione del regolamento di funzio- namento dei varie unità operative costituenti l’organigramma;
  2. i costi relativi al piano di fattibilità1 del sistema azienda da certificare;
  3. i costi relativi alla formazione del personale, nell’ottica della rimodula- zione dei compiti secondo le specifiche del sistema da certificare, relati- vamente alla sola fase di start-up del nuovo sistema.

2) costi accesi alle variazioni negative d’esercizio: sono quei costi necessari per il mantenimento della certificazione, legati ad adempimenti periodici. In questa classe rientrano ad esempio:

  1. i costi per le visite ispettive periodiche;
  2. i costi per l’adeguamento delle procedure.

Come è stato puntualmente osservato2, il Fisco ritiene che i costi in rassegna non siano capitalizzabili perché:

  1. non hanno una propria individualità;
  2. non sono identificabili come diritti meritevoli di protezione giuridica;
  3. sono suscettibili di produrre benefici economici futuri3.

 

E’ escluso dunque, secondo l’Amministrazione Finanziaria, che questi costi siano capitalizzabili ed ammortizzabili. In ogni caso, secondo tale interpretazione, questi costi saranno unicamente spesabili nell’esercizio, con appostazione nella voce B 7) del Conto Economico.

E’ evidente che quest’ impostazione appare assolutamente apodittica e slegata dal contesto e dagli effetti che l’impianto di un sistema di qualità aziendale produce, specie in rapporto ai costi di start-up del sistema qualità, includenti le consulenze progettuali, i costi della formazione del personale, la fornitura dei modelli organizzativi, il più delle volte tradotti in software gestionali ad hoc. Sulla possibile patrimonializzazione di questi costi non crediamo possano esservi dubbi di sorta, fermo restando la necessità di costruire stime documentabili dell’esistenza di benefici futuri.

Ricordiamo inoltre che secondo gli standards contabili internazionali – e una certa inter- pretazione4 dello IAS 38 – tali costi non costituiscono attività immateriali, con la conse- guenza che per tali costi non è ipotizzabile un processo di patrimonializzazione.

La dottrina aziendalista di stampo nazionale, in disaccordo con tale impostazione, giunge ad ipotizzare la capitalizzabilità di tali costi, in ossequio al principio contabile nazionale OIC 24, paragrafi A. II e A. III. con classificazione degli stessi tra le immobilizzazioni immateriali alla voce B.I.7) – Altre immobilizzazioni immateriali, allorquando tali spese:

  • si riferiscono a costi effettivamente sostenuti;
  • non esauriscono la propria utilità nell’esercizio di sostenimento e manifestano una capacità di produrre benefici economici futuri;
  • si tratta di costi esattamente identificabili e attendibilmente quantificati.

 

Riteniamo tale impostazione, non solo più possibilista della facoltà a determinate condizioni, non escludibili a priori, della patrimonializzabilità di tali costi, ma soprattutto più rispettosa delle prerogative dell’Organo amministrativo.

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l’attendibilità delle stime relative ai benefici futuri dei costi per la certificazione di qualità, in definitiva, è demandata agli amministratori e, laddove presente, richiede il consenso del Collegio Sindacale, per evitare fenomeni di annacquamento del capitale.

 

 

Gestione delle problematiche contabili relative ai costi della certificazione di qualità

Le rilevazioni a P.D. relative ai costi del sistema qualità cambiano a seconda che:

  1. occorre rilevare costi del sistema qualità di natura pluriennale;
  2. occorre rilevare costi del sistema qualità che rappresentano variazioni d’esercizio.

 

Rilevazione di costi capitalizzati relativi alla certificazione di qualità

Caso: Rilevazione della fattura della società di consulenza direzionale ed organizzativa, che ha redatto il piano del sistema qualità, l’organigramma ed il mansionario, per 5.000 Euro, più IVA ordinaria:

Sottoconti
BilCEE
Dare
Avere
Costi di certificazione qualità capitalizzati A – B I 7) 5.000,00  
IVA ns/credito A – C II 4 – bis 1.000,00  
Debiti verso Fornitori P – D 7)   6.000,00

 

 

Rilevazione dei costi d’esercizio relativi alla certificazione di qualità

Caso: Rilevazione della fattura degli ispettori del SINCERT, che ha effettuato la verifica ispetti- va periodica finalizzata al mantenimento della certificazione, per 1.500 Euro, più IVA ordinaria:

 

Sottoconti
BilCEE
Dare
Avere
Costi per prestazioni di servizi CE – B 7) 1.500,00  
IVA ns/credito A – C II 4 – bis   300,00  
Debiti verso Fornitori P – D 7)   1.800,00

 

 

A cura di Enrico Larocca

 

NOTE

1 In tal senso si vedano Antonelli – D’Alessio in SUMMA CONTABILE, ed. IL SOLE 24 ORE, 2008, pag. 519.

2 Danilo Sciuto in “I costi sostenuti per la certificazione di qualità”, Luglio 2004, www.commercialistatelematico.com .

3 La tesi ministeriale potrebbe trovare parziale conforto, nel principio contabile internazionale IAS 38 che enuncia come criteri direttivi per le attività immateriali proprio la: identificabilità, il controllo dell’attività immateriale, la misurabilità di benefici futuri, F. e L. Dezzani, in Il Fisco n. 24/2007, pag. 8522, dal titolo: Attività Immateriali, Indagine della Consob sui Bilanci 2006 redatti con i principi IAS/IFRS.

4 Franco Roscini Vitali, in Guida alla Contabilità e al Bilancio n. 3/ 2005, pag. 55, dal titolo “Guida opera- tiva per la transizione agli IAS/IFRS, che segnala che secondo lo IAS 38 non costituiscono “Attività Immate- riali” e in quanto tali vanno espunte dallo Stato Patrimoniale, in sede di transizione agli standard contabili internazionali, con contropartita “Patrimonio Netto”, i costi d’impianto, i costi di ricerca e pubblicità, i costi per trasferimento e riposizionamento dei cespiti, i costi per la creazione di siti web.

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