Automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio in proporzione alla quota di partecipazione agli utili

La unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica  delle dichiarazioni dei redditi delle società  ed associazioni di cui all’art, 5 del T.U. n. 917/86 e dei soci delle stesse (art. 40  D.P.R. 600/1973) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione  agli  utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi,  costituisce l’argomento di cui si è occupata la Corte di Cassazione a SS.UU. nella sentenza n. 14815 del 19 febbraio 2008, dep. il 4 giugno 2008. 

   Per le SS.UU. della Cassazione, il  ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non può essere  decisa  limitatamente  ad alcuni soltanto di essi (art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 546/1992), perché non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei  ricorrenti,  bensì  la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione.

         Esaminialo l’importante pronunciamento che fissa principi che gli operatori aspettavano ormai da anni e che pone fine ad una lunga querelle giurisprudenziale (1).

 

LA SENTENZA IN PILLOLE

         L’ordinanza n. 0327 del 7 maggio 2007 aveva rimesso, ex  art.  374, comma 2, del c.p.c.,  al  Primo  Presidente,  perché  ne valutasse l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se nelle cause originate dall’impugnazione avverso gli avvisi di accertamento di un maggior reddito a carico di  società  di  persone  e  dell’attribuzione  del medesimo reddito, secondo le relative quote, ai singoli soci, in  base alla presunzione legale posta dall’ex art. 5 del D.P.R. n. 597/1973 (ora art. 5 del  T.U. n. 917/86),  sia  necessaria  la partecipazione di tutti i soci al contraddittorio relativo all’accertamento del maggior reddito a carico della  società  (ipotesi di litisconsorzio necessario) oppure operi la sospensione ex art. 295 del codice di procedura civile del contenzioso relativo ai singoli soci fino al passaggio in giudicato della sentenza che abbia deciso la controversia relativa al reddito attribuito alla società.

 

         Oggi le Sezioni Unite della Cassazione hanno emesso una articolata e corposa sentenza, fissando dei principi di diritto di rilievo, che qui di seguito evidenziamo, partendo dal presupposto che trattasi di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, poichè i fatti in contestazione sono sostanzialmente gli stessi in  entrambi i processi:

 

IN PILLOLE

1

Il ricorso proposto anche da uno soltanto dei  soggetti  interessati, destinatario  di  un  avviso di accertamento,   apre   la   strada   al   giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve  ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che  non  si  possa  disporre  la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi  dell’art. 29 del D.Lgs. n. 546/1992);

2

Il  giudizio  celebrato  senza  la   partecipazione   di   tutti   i litisconsorti  necessari  è  nullo  per   violazione   del   principio   del contraddittorio di cui agli artt. 101 c.p.c. e 111, secondo comma,  della Cost.. Trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio.  Quando  il  socio  di  una  società  di  persone  impugni  l’avviso   di accertamento dei redditi della società contestando la qualità di socio o  la quota lui spettante, gli altri soci (e non la  società)  sono  litisconsorzi necessari perché il venir meno di un socio (o una riduzione della sua quota) comporta un incremento del loro debito tributario;

3

Quando ricorra un’ipotesi di litisconsorzio necessario  originario,  il giudice tributario deve attenersi alle seguenti regole:

a) se tutte le parti hanno proposto autonomamente ricorso, il giudice deve disporne la riunione ai sensi dell’art. 29  del D.Lgs. n. 546/1992, se  sono tutti pendenti dinanzi allo stessa commissione (la facoltà  di disporre la riunione si trasforma in obbligo in considerazione del vincolo del litisconsorzio necessario). Altrimenti, la riunione va disposta dinanzi al giudice preventivamente adito, in forza del criterio stabilito dall’art. 39, c.p.c., anche perché con la proposizione del primo ricorso sorge la necessità di integrare il contraddittorio e quindi si radica la  competenza territoriale, senza che possa opporsi la inderogabilità della stessa, sancita dall’art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 546/1992.

b) Se, invece, una o più parti non abbiano ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento, o avendola ricevuta, non l’abbiano impugnato, il giudice adito per primo deve disporre l’integrazione del contraddittorio, mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a  pena  di decadenza (art. 14, comma 2, Del D.lgs. 546/1992).

4

Ove un litisconsorte necessario, cui non sia stato notificato l’atto impositivo, venga chiamato in giudizio, l’eventuale giudicato favorevole all’Amministrazione sarà a lui opponibile  in  ordine  all’accertamento  dei fatti, ma l’Amministrazione non può però procedere all’immediata riscossione del dovuto (salvo che per la qualità di obbligati solidali ai  fini  ILOR) dovendo previamente  notificare (se ancora in termini) un  avviso di accertamento.

5

Il litisoconsorte necessario che  non  abbia  tempestivamente  impugnato l’avviso di accertamento a lui notificato e che venga chiamato  in  giudizio può opporre all’ufficio la sentenza favorevole in sede di impugnazione della cartella esattoriale o di opposizione  agli  atti  esecutivi,  con  il  solo limite dell’irripetibilità di quanto già versato.

6

Ove, in  violazione  dei  principi  del  litisconsorzio  necessario,  si formino giudicati “parziali” relativi a singole posizioni, i rapporti fra  il giudicato parziale e le posizioni dei soggetti nei cui confronti non si sia formato il  giudicato  debbono essere  risolti  in  base  ai  principi  del contraddittorio e del  diritto di difesa per cui  il terzo  può  trarre beneficio dal giudicato “inter alios”, ma non esserne pregiudicato. Perciò, il giudicato di  annullamento (totale) dell’avviso relativo al reddito sociale impugnato dalla società di persone fa stato nel processo relativo ai soci, ove non sia stato pronunciato per vizi sussistenti solo nei confronti della società (e l’Ufficio non subisce alcuna lesione dei suoi diritti essendo stato parte nel giudizio promosso dalla società); il giudicato di annullamento parziale dell’avviso relativo al reddito  sociale  notificato alla società di persone fa stato nel processo relativo ai soci nei limiti in cui loro giovi. A meno che nei confronti dei soci non si sia già formato un giudicato. Ed analoghi  principi risultano applicabili  ove  il  giudicato favorevole si formi in favore di uno o più soci e l’annullamento non sia pronunciato per motivi specifici e relativi al singolo socio.

7

La sentenza passata in giudicato che decida su una sola delle posizioni coinvolte in un litisconsorzio necessario, può essere prodotta  in  altri giudizi aventi il medesimo oggetto e ove non produca gli effetti del giudicato dovrà formare oggetto di prudente accertamento da parte del giudice.

 

 

IL PRINCIPIO DI  DIRITTO

“La  unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere)  alla  base  della  rettifica  delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di  cui  all’art.  5 cit. TUIR e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973,  art. 40)  e  la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da  uno  dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso  di  rettifica,  riguarda inscindibilmente  la  società  ed  i  soci  (salvo  che  questi  prospettino questioni personali),  i  quali  tutti  devono  essere  parte  nello  stesso processo, e la controversia non può essere decisa  limitatamente  ad  alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), perché  non  ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o  dei  ricorrenti,  bensì  la posizione   inscindibilmente   comune   a   tutti   i   debitori    rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni  della  fattispecie  costitutiva  dell’obbligazione   (Cass.   SS.UU. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie  di  litisconsorzio  necessario originario, con la conseguenza che: il ricorso proposto anche da uno soltanto  dei  soggetti  interessati, destinatario  di  un  atto  impositivo,   apre   la   strada   al   giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve  ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che  non  si  possa  disporre  la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546  del 1992, art. 29); il giudizio celebrato senza la  partecipazione  di  tutti  i litisconsorti  necessari  è  nullo  per   violazione   del   principio   del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111  Cost.,  comma  2,  e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”.

 

Concetta Pagano

27 Giugno 2008

 

 


NOTE

 

(1) Cfr. Cass. sentenza n. 14498 dell’11 ottobre 2002, secondo cui “ l’accertamento compiuto nei confronti della società di persone è destinato a riverberare i suoi effetti sui soci, i quali, tuttavia, ove non abbiano preso parte (come nella specie) al giudizio relativo alla determinazione del reddito sociale, promosso dalla sola società, possono impugnare – sono tenuti a farlo, qualora intendano contestarlo – l’accertamento del loro reddito personale, facendo valere i propri diritti a prescindere dalle sorti dell’accertamento indirizzato alla società, e ancorché esso sia divenuto definitivo, esercitando il diritto di difesa a ciascuno di essi garantito dall’art.24 della Costituzione. L’atto di accertamento individuale emesso nei confronti del socio è, infatti, atto distinto, per cui su di esso non spiega effetti l’impugnazione dell’accertamento nei confronti della società, ove non sia effettuata anche dal socio”.

La Corte Suprema ha accolto le doglianze dell’Amministrazione finanziaria in quanto “l’atto di accertamento individuale emesso nei confronti dei soci è un atto autonomo che, per non diventare definitivo (in tutta la sua portata), deve essere impugnato nelle forme di legge, non essendo previsto da nessuna norma che la voce di reddito di partecipazione in esso contenuta resta sospesa solo perché la società ha impugnato l’accertamento effettuato nei suoi confronti”.

Pertanto, “ i due atti di accertamento (quello emesso nei confronti della società e quello emesso nei confronti di un singolo socio, a titolo individuale e personale) sono distinti e separati, per cui l’impugnazione del primo, ove non effettuata anche dal socio, è ininfluente nel caso di mancata impugnazione dell’altro ( da parte del socio)”; Cass.  sentenza n. 5932 del 27 novembre 2006, depositata il 14 marzo 2007, secondo cui la comunanza dei presupposti di fatto esistenti fra il contenzioso attinente all’accertamento dei redditi di una società e quello riguardante l’accertamento dei relativi redditi di partecipazione da imputarsi ai soci, discende un nesso di consequenzialità, in virtù del quale, nel caso di distinta e autonoma instaurazione delle relative vertenze dinanzi al giudice tributario, si rende inevitabile che la decisione intervenuta nel primo dei suddetti contenziosi si rifletta sulla pronuncia afferente il secondo. Tuttavia, qualora sia gravata di appello la pronuncia riguardante il socio, il gravame non può essere deciso sulla base decisione intervenuta nel contenzioso riguardante la società, senza previamente accertare se questa sia passata in giudicato ovvero sia stata a sua volta impugnata; Cass. sentenza n. 10792 del 22 marzo 2007, depositata l’11 maggio 2007, secondo cui i ricorsi dei soci e della società di persone relativi ai redditi societari debbono essere riuniti (anche davanti alla Corte di Cassazione) poiché si tratta di cause inscindibili connesse da un vincolo di consequenzialità-pregiudizialità che vanno decise unitariamente in ossequio ai principi relativi al litisconsorzio necessario in materia tributaria.