Attività intramuraria: le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate

Per ALPI ( Attività libero professionale intramuraria) – si intende l’attività che il personale sanitario esercita fuori dall’orario di lavoro, presso la sede di lavoro (ASL e aziende ospedaliere di appartenenza), in regime ambulatoriale in favore e su libera scelta dell’assistito

In un nostro precedente intervento ci siamo già occupati della problematica legata all’attività intramuraria delle Asl e Aziende ospedaliere del Servizio sanitario nazionale, a seguito delle modifiche apportate 42 dell’art. 1 della legge n.296/06 – cd. Finanziaria 2007.

Ritorniamo sull’argomento dopo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 13/E del 15 marzo 2007, tese a fornire le istruzioni per il nuovo regime in vigore dal 1° marzo 2007.

L’attività professionale intramuraria

attività professionale intramoenia Per attività professionale intramuraria medica – cd. ALPI ( Attività libero professionale intramuraria) – si intende l’attività che il personale sanitario esercita fuori dall’orario di lavoro, presso la sede di lavoro (ASL e aziende ospedaliere di appartenenza), in regime ambulatoriale in favore e su libera scelta dell’assistito, con oneri a carico dello stesso, sia nella forma ordinaria che in quella allargata.

L’appeal dell’ALPI è connesso ai numerosi vantaggi che conseguono al cosiddetto rapporto esclusivo.

Il comma 2 dell’art. 15-quinquies del D.lgs. 30.12.1992 n. 502 prevede che il rapporto di lavoro esclusivo comporta l’esercizio dell’attività professionale nelle seguenti tipologie:

  • il diritto all’esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio, nell’ambito di strutture aziendali individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di direzione;
  • la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, all’interno delle strutture aziendali;

Ai sensi dell’art. 72, comma 11 della Legge 23.12.1998, n. 448, il direttore generale, fino alla realizzazione di appositi spazi per l’esercizio dell’ALPI, è tenuto non solo ad assumere iniziative per reperire spazi in strutture non accreditate, ma anche ad autorizzare l’utilizzazione di studi professionali privati (cd. intramuraria allargata).

In pratica, l’obiettivo di garantire alti livelli di assistenza sanitaria unitamente alla mancanza di strutture disponibili ha indotto il legislatore a prevedere la possibilità di svolgere l’attività professionale anche fuori dalle mura dell’azienda, ma con le medesime regole e con la stessa disciplina cui è assoggettata l’ALPI esercitata all’interno dell’azienda.

Il mancato rispetto delle regole stabilite dalla legge e dai regolamenti adottati da ciascuna azienda sanitaria ed ospedaliera sull’attività libero professionale intramuraria comporta l’applicazione di specifiche sanzioni, fino alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Le linee guida per l’espletamento dell’attività libero professionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria sono state fissate dal DPCM del 27/3/20002.

Analisi fiscale dell’attività profesisonale intramuraria

 Analizziamo gli aspetti fiscali, distinguendo a secondo se l’attività è svolta all’interno o all’esterno della struttura sanitaria pubblica, premettendo comunque che per il dirigente medico si tratta di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

Intramuraria ordinaria

L’art. 7, lettera f) del D.P.C.M. 27 marzo 2000 prevede che le ricevute o fatture devono essere emesse su bollettario dell’azienda; gli importi corrisposti dagli utenti vengono riscossi dal dirigente che, detratta a titolo d’acconto, la quota di sua spettanza nel limite massimo del 50%, li versa, entro i successivi trenta giorni, nelle casse dell’azienda che provvederà alle trattenute di legge e ai relativi conguagli.

Questo fa sì che i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale ricevano nella busta paga della Asl o dell’Azienda ospedaliera dalla quale dipendono l’importo della tariffa della prestazione resa in libera professione intramuraria (esempio: 100) decurtata di una certa percentuale trattenuta dall’Amministrazione a titolo di copertura dei costi sostenuti per consentire l’esercizio dell’attività (esempio: 15).

Sull’importo   così ottenuto (esempio: 100 – 15 = 85) l’Ufficio personale calcola la trattenuta fiscale Irpef in busta paga (esempio: 10) di conseguenza il medico riceve l’importo netto (esempio: 85 – 10 = 75).

L’applicazione dell’aliquota Irpef avviene sull’intero importo che spetta al medico detratta la percentuale trattenuta dall’azienda, a titolo di copertura dei costi sostenuti (nel nostro esempio: 85) quando l’attività è esercitata all’interno degli stessi locali della Asl e dell’Azienda ospedaliera3”.

Intramuraria allargata

fiscalità dell'attività professionale intramurariaLa Circolare n. 69/99 dell’allora Ministero delle Finanze classifica i redditi conseguiti dai dirigenti sanitari per l’attività intramuraria esercitata presso studi professionali privati, a condizione che la stessa sia prestata in conformità alla normativa sanitaria e ai regolamenti aziendali, tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente così come previsto dall’art. 50, comma 1, lettera e), del  TUIR.

In particolare, per la determinazione della base imponibile dei medici che operano in regime di intramuraria presso studi privati, l’art. 52 del TUIR prevede un abbattimento forfetario del 25% dei compensi percepiti( del 10% per l’anno d’imposta 2000), al fine di prendere in considerazione e compensare le spese sostenute dal medico per svolgere l’attività esternamente ( costi di gestione vari – segreteria, segretaria, telefono, luce, acqua, gas, riscaldamento, affitto locali, attrezzature, etc), che diversamente non sarebbero rimaste a carico del medico e non deducibili.

Resta fermo, tuttavia, che l’espletamento di altre attività non rientranti tra quelle svolte secondo i limiti previsti dalla normativa sanitaria e dai regolamenti aziendali, comporta, per i relativi compensi, l’inquadramento tra i redditi di lavoro autonomo di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 190/E del 22 novembre 2001 ha affermato che la disposizione secondo cui

“ i compensi percepiti dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale   per l’intramuraria esercitata presso studi professionali privati a seguito di autorizzazione del direttore generale costituiscono reddito nella misura del 75 per cento, deve essere interpretata nel suo senso letterale e non anche nei casi in cui l’attività sia svolta, sempre in forza di apposita autorizzazione, presso strutture private non accreditate oppure sia svolta presso strutture convenzionate”.

L’assoggettamento ad Iva

Per quanto concerne l’assoggettamento all’IVA, la risoluzione n. 86/E del 13 Marzo 2002 ha precisato che le attività professionali in argomento, affiancano l’attività istituzionale dell’Azienda sanitaria o ospedaliera, ma non si identificano con essa.

Si tratta, infatti, di prestazioni di servizio rese dalle Aziende sanitarie e ospedaliere a terze persone per il tramite di propri professionisti, per le quali viene corrisposto uno specifico corrispettivo, e in questo senso assumono rilevanza ai fini IVA , sebbene, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 18 del D.P.R. 633/72, rientranti tra quelle per le quali è prevista l’esenzione.

I medici interessati, se da un lato non hanno più l’obbligo di richiedere l’attribuzione del numero di partita Iva per effetto dell’assimilazione, ai soli fini fiscali, dei proventi in esame ai redditi di lavoro dipendente, dall’altro rimangono obbligati alla emissione della fattura, con l’intestazione dell’azienda sanitaria di appartenenza, sia pure esente da Iva.

La risoluzione n.86/2002 pone quindi fine ai diversi comportamenti tenuti dalle varie Aziende ospedaliere, per la certificazione della prestazione: fattura, ricevuta fiscale, bollettari, etc.

Si rileva, comunque, che il Ministero della sanità con il D.M. 31 luglio 1997, aveva previsto la possibilità per i medici di dotarsi di bollettari a ricalco a madre e figlia.

Infatti, prima dei decreti del Ministro della sanità del 28 febbraio 1997 e del 31 luglio 1997, che hanno introdotto e disciplinato l’attività intramuraria, i proventi erano incassati direttamente dai medici – titolari di una propria partita iva – che rilasciavano regolare fattura, esente da Iva poichè prestazioni mediche di cura e prevenzione rese alla persona ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633/772, e tali compensi costituivano reddito di lavoro autonomo.

Il comportamento fiscale per le aziende sanitarie

In ordine al comportamento fiscale che devono tenere le aziende sanitarie, si rileva che con circolare n.83/E del 28 settembre 2001, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’attività intramuraria non è produttiva di reddito d’impresa da assoggettare ad Irpeg/Ires perché non è commerciale.

Infatti,

le aziende sanitarie locali assicurano l’obiettivo primario, che è quello di garantire, attraverso risorse pubbliche, i livelli essenziali ed uniformi di assistenza alla collettività, tramite l’espletamento dell’attività … istituzionale ed affiancano ad essa, per completarla e migliorarla, l’attività libero-professionale intramuraria. Quest’ultima, quindi, pur essendo svolta ……..con una specifica organizzazione … è, pur sempre, un’attività sanitaria esercitata dall’azienda per garantire alla collettività il diritto   alla salute, e quindi, per realizzare le finalità istituzionali indicate dalla legge“.

In definitiva l’attività intramuraria non è commerciale e di conseguenza non è produttiva di reddito d’impresa ai fini Irpeg perché è pur sempre un’attività sanitaria esercitata per garantire alla collettività il diritto alla salute e, quindi, per realizzare le finalità istituzionali indicate dalla legge…..4”.

L’Irap

Come è noto l’Irap di cui al D.Lgs. n.446/1997 assoggetta a tassazione il valore della produzione netta dei soggetti che producono o scambiano beni o prestano servizi, e in forza di quanto previsto dall’art.2 tra i “soggetti   passivi” tenuti ad assolvere l’Irap   rientrano anche le Asl e Aziende ospedaliere pubbliche del Servizio sanitario nazionale in quanto amministrazioni pubbliche, indipendentemente dall’attività esercitata.

Si rileva che, con circolare n.1/E del 2 gennaio 2002, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto non commerciale ai fini Irap l’attività intramuraria.

Il dettato normativo della Finanziaria 2007

L’esercizio della professione all’esterno dell’azienda, e magari nel proprio “vecchio” studio professionale, o nello studio in cui si appoggiava anche prima, con il conseguente effetto trascinamento della vecchia clientela a pagamento, costituisce un indice di pericolosità fiscale che l’amministrazione finanziaria ha attentamente valutato: omessa fatturazione, agevolata dall’assenza di Partita IVA e ipotesi di truffa ai danni dello Stato.

Per evitare ciò, il legislatore della Finanziaria 2007 è intervenuto, stabilendo che la riscossione dei compensi dovuti per attività di lavoro autonomo mediche e paramediche  svolte nell’ambito delle strutture sanitarie private è effettuata in modo unitario dalle stesse strutture sanitarie,  le quali provvedono a:

  1. incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al medesimo;
  2. registrare nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro, il compenso incassato per ciascuna prestazione di lavoro autonomo resa nell’ambito della struttura.

Resta a carico delle strutture sanitarie l’obbligo di comunicare telematicamente all’Agenzia delle entrate l’ammontare dei compensi complessivamente riscossi per ciascun percipiente.

Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definiti i termini e le modalità per la comunicazione dei compensi percepiti nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell’attuazione del nuovo sistema.

Le nuove regole si applicano a decorrere dal 1° marzo 2007.

Ai fini sanzionatori, per le violazioni delle disposizioni previste, si applicano gli artt. 95 e 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Restano fermi  in capo ai singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell’attività.

Soggetti interessati

Le strutture sanitarie hanno l’obbligo, per ciascuna prestazione resa, di “incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al  medesimo”.

L’obbligo è posto in capo alle “strutture sanitarie private” che – come indicato nella circolare n.13/2007 –

ospitano, mettono a disposizione dei professionisti ovvero concedono loro in affitto i locali della struttura aziendale per l’esercizio di attività di lavoro autonomo mediche o paramediche. Per strutture sanitarie private si intendono le società, gli istituti, le associazioni, i centri medici e diagnostici e ogni altro ente o soggetto privato, in qualsiasi forma organizzati, che operano nel settore dei servizi sanitari e veterinari”.

Ambito oggettivo di applicazione della norma

La riscossione accentrata ha per oggetto i compensi spettanti agli esercenti “attività di lavoro autonomo medica e paramedica” ossia   agli esercenti arti e professioni, la cui attività dia luogo a reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del T.U.n.917/86, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. In particolare, la norma in esame   si riferisce ai compensi correlati alle prestazioni di natura sanitaria rese dal professionista in esecuzione di un rapporto intrattenuto direttamente con il paziente.

Gli estensori della circolare citata – la n.13/2007 – ritengono, di conseguenza,

che esulano dall’ambito applicativo delle disposizioni in commento le prestazioni rese direttamente al paziente, per   il   tramite del professionista, dalla struttura sanitaria privata, nell’ambito di un rapporto che vede la struttura sanitaria stessa   impegnata   nella organizzazione dei servizi medici e paramedici, nella qualità di parte del rapporto contrattuale instaurato con il cliente”.

In tal caso, non sussistono, infatti, le esigenze di monitoraggio dei compensi derivanti dall’esercizio di professioni sanitarie, posto che la struttura sanitaria, quale soggetto esercente l’attività medica o paramedica, è tenuta agli adempimenti ( presentazione – tra l’altro – della dichiarazione dei sostituti d’imposta di cui all’art.4 del D.P.R. 22 luglio 1998, 322; obbligo di ritenuta d’acconto di cui all’art. 25 del D.P.R.n.600/73).

Parimenti, “ non rientrano nell’ambito applicativo della   norma   in argomento le prestazioni rese dal sanitario in regime di   intra   moenia. In tale ipotesi, il medico opera,

infatti, nel quadro di un rapporto assimilato a quello di lavoro dipendente e la prestazione sanitaria è formalmente resa al paziente dall’ente di cui il medico è dipendente (cfr. circolare n.4/E del 28 gennaio 2005)”.

Per attività medica e paramedica si intende quella di diagnosi, cura e riabilitazione resa nell’esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art.99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della salute.

Riscossione accentrata in nome e per conto del professionista

Dalle istruzioni diramate ne deriva che le somme riscosse dalla struttura sanitaria rilevano, ai fini impositivi, nei confronti del prestatore di lavoro autonomo, mentre la struttura sanitaria che ne cura la riscossione funge da tramite tra il prestatore di lavoro autonomo ed il paziente.

Di conseguenza, il professionista che ha eseguito la prestazione sanitaria è tenuto ad emettere fattura nei confronti del  paziente.

Il pagamento della prestazione professionale, sia esso in contanti, tramite assegno o altro mezzo di pagamento, deve essere eseguito “nelle mani” della struttura sanitaria che agisce in nome e per conto del professionista, per il quale riscuoterà il contante, ovvero, per i pagamenti alternativi al contante, ne curerà la riscossione provvedendo, a seconda dei casi, al rilascio o al ritiro del documento comprovante il pagamento (scontrino della carta di credito o bancomat, ricevuta di bonifico bancario, assegno di conto corrente, eccetera).

Gli importi riscossi (in contanti) ovvero i documenti ritirati o emessi (per pagamenti alternativi al contante) devono essere rispettivamente riversati o consegnati, da parte della struttura,  al professionista interessato.

Si ritiene che, previo consenso del professionista, la riscossione accentrata in argomento possa effettuarsi anche mediante i servizi di carte di credito e bancomat appoggiati sul conto bancario della struttura sanitaria che, successivamente, avrà cura di accreditare il relativo importo sul conto bancario del professionista.

All’atto del pagamento del compenso, la stessa struttura sanitaria rilascia al paziente, garantendo il rispetto della riservatezza dei dati trattati, apposita quietanza attestante l’avvenuto pagamento del compenso incassato o gestito in nome e per conto del professionista, mediante annotazione in calce alla fattura emessa dal professionista, che specifichi le modalità e, per i pagamenti diversi dal contante, gli estremi identificativi del mezzo di pagamento; per quietanze di importo superiore a 77,47 euro va assolta l’imposta di bollo, pari ad euro 1,81.

L’obbligo di riscossione da parte della struttura sanitaria non interferisce e quindi non altera la portata delle disposizioni recate dall’art.35, commi 12 e 12-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n.248, che limitano l’uso del denaro contante nel pagamento dei compensi, e pertanto anche la struttura sanitaria sottosta ai medesimi obblighi:

  • riscuotere il compenso in contanti solo per importi non superiori a 1.000 euro fino al 30 giugno 2008;
  • ovvero non superiori a 500 euro fino al 30 giugno 2009;
  • a decorrere dal 1° luglio 2009, il compenso in contanti potrà essere riscosso solo per importi non superiori a 100 euro.
Obbligo di registrazione

La struttura sanitaria deve provvedere alla registrazione “nelle scritture contabili obbligatorie o in apposito registro” del compenso incassato o gestito.

L’obbligo di registrazione può essere assolto mediante annotazione separata nelle scritture contabili che il soggetto gestore della struttura è obbligato a tenere in relazione alla propria attività oppure mediante annotazione in un registro appositamente istituito.

Nei registri appena richiamati, la struttura sanitaria avrà cura di annotare, distintamente per ciascuna operazione di riscossione:

  • data del pagamento ed estremi della fattura emessa dal professionista;
  • generalità e codice fiscale del professionista destinatario del compenso;
  • ammontare del corrispettivo riscosso;
  • modalità di pagamento (contante; tipo ed estremi del documento emesso/ricevuto per pagamenti alternativi al contante).

Precisano le Entrate che

l’obbligo di registrazione dei compensi incassati da parte delle strutture sanitarie private non fa venir meno l’obbligo del professionista di registrare nelle proprie scritture contabili il compenso percepito, giacché l’art.1, comma 42, della menzionata legge Finanziaria stabilisce espressamente che restano fermi in capo ai singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo svolgimento dell’attività“.

Obbligo di comunicazione telematica

 Fino all’approvazione del provvedimento per la comunicazione telematica dei compensi riscossi, la struttura sanitaria privata non è tenuta ad effettuare la comunicazione suddetta.

Gianfranco Antico

Marzo 2007

NOTE

1 Antico,   Finanziaria   2007.   Le   regole   per   l’attività   intramuraria   dal   1°   marzo   2007,   in   “commercialistatelematico.com”, dicembre 2006

2 Nel medesimo Decreto vengono, inoltre, fissati gli indirizzi generali relativi alla realizzazione di apposite strutture destinate all’espletamento dell’attività intramoenia e alle modalità con cui i singoli Direttori Generali possono autorizzare, in mancanza delle predette strutture, il dirigente sanitario ad utilizzare, senza alcun aggravio di costi per la struttura sanitaria, studi professionali privati, ivi compresi quelli per i quali è richiesta l’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Sulla base del predetto atto di indirizzo i Direttori Generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere adottano uno specifico regolamento sulle modalità organizzative dell’attività libero professionale intramuraria(A.L.P.I.). Nella richiesta dovrà essere indicata l’ubicazione dello studio professionale privato, le prestazioni che il professionista intende effettuare,(visite e/o prestazioni diagnostiche) le tariffe definite dall’azienda d’intesa con i dirigenti interessati, nonché gli orari ed i giorni di ricevimento; solo nei casi in cui non sarà possibile reperire all’interno dell’azienda, di norma nell’ambito del distretto di competenza, idonee strutture e spazi per lo svolgimento dell’A.L.P.I. in regime ambulatoriale, i dirigenti richiedenti potranno essere autorizzati all’utilizzo di studi professionali privati, prioritariamente nell’ambito del distretto e in subordine nell’ambito aziendale, senza oneri aggiuntivi per l’azienda, nel rispetto delle norme che regolano l’attività professionale intramuraria. Gli studi dovranno comunque essere in regola con le autorizzazioni sanitarie previste dalle normative in materia. Ciascuna azienda sanitaria dovrà predisporre un elenco di facile consultazione da parte degli utenti con l’indicazione di tutti i dirigenti sanitari che prestano attività libero – professionale intramuraria presso studi professionali privati. Sarà cura dell’azienda, per il tramite dello proprio ufficio competente alla gestione e organizzazione dell’A.L.P.I, aggiornare periodicamente il suddetto elenco.

3 Balzamo, La libera professione intramuraria dei medici pubblici. Dedalo fiscale   e contraddizioni in “il fisco”, n. 13/ 2004, pag. 1-1967

4 Balzamo, La libera professione intramuraria dei medici pubblici. Dedalo fiscale   e contraddizioni in “il fisco”, n. 13/ 2004, pag. 1-1967. L’autore, nel pregevole studio, afferma che “ ancora altri elementi che riconducevano l’intra moenia nell’ambito dell’attività istituzionale svolta dalle aziende del Servizio sanitario nazionale era la considerazione che il compenso che spetta al medico rimane comunque un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente [ai sensi dell’art.47, comma 1, lettera e), del Tuir] e non un reddito di lavoro autonomo e, infine, che la quota trattenuta dall’Amministrazione viene  poi destinata a fini istituzionali”.

5 Violazione degli obblighi relativi alla contabilità. 1. Chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire quindici milioni. 2. La sanzione prevista nel comma 1 si applica a chi, nel corso degli accessi eseguiti ai fini dell’accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, rifiuta di esibire o dichiara di non possedere o comunque sottrae all’ispezione e alla verifica i documenti, i registri e le scritture indicati nel medesimo comma ovvero altri registri, documenti e scritture, ancorché non obbligatori, dei quali risulti con certezza l’esistenza. 3. La sanzione può essere ridotta fino alla metà del minimo qualora le irregolarità rilevate nei libri e nei registri o i documenti mancanti siano di scarsa rilevanza, sempreché non ne sia derivato ostacolo all’accertamento delle imposte dovute. Essa è irrogata in misura doppia se vengono accertate evasioni dei tributi diretti e dell’imposta sul valore aggiunto complessivamente superiori, nell’esercizio, a lire cento milioni. 4. Quando, in esito ad accertamento, gli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette risultano non rispettati in dipendenza del superamento, fino al cinquanta per cento, dei limiti previsti per l’applicazione del regime semplificato per i contribuenti minori di cui agli artt. 32 e 33   del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del regime speciale per l’agricoltura di cui all’articolo 34 dello stesso decreto n. 633 del 1972, ovvero dei regimi semplificati per l’adempimento degli obblighi documentali e contabili da parte di esercenti imprese, arti e professioni di cui all’art. 3, commi 165 e 171, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire cinque milioni. 5. I componenti degli organi di controllo delle società e degli enti soggetti all’imposta sui redditi delle persone giuridiche che sottoscrivono la dichiarazione dei redditi o la dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto senza denunciare la mancanza delle scritture contabili sono puniti con la sanzione amministrativa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Gli stessi soggetti, se non sottoscrivono tali dichiarazioni senza giustificato motivo, sono puniti con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.

6 Altre violazioni in materia di imposte dirette ed Iva.

1. Sono punite con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni le seguenti violazioni: a) omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell’esercizio dei poteri di verifica ed accertamento in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri; b) mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi nell’esercizio dei poteri di cui alla precedente lettera a) o   loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere; c) inottemperanza all’invito a comparire e a qualsiasi   altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza nell’esercizio dei poteri loro conferiti.
2. La sanzione prevista nel comma 1 si applica, salvo che il fatto non costituisca infrazione più gravemente punita, per il compenso di partite effettuato in violazione alle previsioni del codice civile ovvero in caso di mancata evidenziazione nell’apposito prospetto indicato negli artt. 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. [3    ]
4. L’omessa presentazione degli elenchi di cui all’art. 50, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ovvero la loro incompleta, inesatta o irregolare compilazione sono punite con la sanzione da lire un milione a lire due milioni per ciascuno di essi, ridotta alla metà in caso di presentazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a riceverla o incaricati del loro controllo. La sanzione non si applica se i dati mancanti o inesatti vengono integrati o corretti anche a seguito di richiesta.
5. L’omessa installazione degli apparecchi per l’emissione dello scontrino fiscale previsti dall’art. 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire otto milioni. (6 …). 7. In caso di violazione delle prescrizioni di cui all’art. 53, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si applica la sanzione da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.

Scarica il documento