L’impianto normativo relativo ai controlli bancari/finanziari che esce fuori dopo le modifiche apportate dai commi 402, 403 e 404, dell’art. 1, dalla legge n. 311/2004 – cd. Finanziaria 2005 -, unite alle norme introdotte dall’art. 37, commi 4 e 5, del D.L. n.223/06, conv. con modif. in Legge n. 248/2006, consegna ai verificatori fiscali uno strumento istruttorio più snello e agevole di quello precedentemente a disposizione.
Come è noto, le norme in rassegna sono state oggetto di un approfondito studio da parte dell’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 32 del 19 ottobre 2006, con il dichiarato intento non solo di aggiornare operativamente la precedente prassi in materia e, in particolare, il contenuto della circolare n. 116/E del 1996, ma anche quello di dare soluzione a problematiche venutesi a determinare alla luce della esperienza successivamente maturata.
In questo nostro intervento vogliamo prestare la nostra attenzione su uno degli aspetti più rilevanti dal punto di vista soggettivo ( destinatari delle richieste), proprio perché oggi – come dice la circolare n. 32/2006 – “ tutti fanno banca “: le società fiduciarie regolamentate dalla legge del 23 novembre 1939, n.1996, richiamata dall’art.199 del Tuf, società che si propongono di assumere l’amministrazione e la gestione di beni mobili, immobili e partecipazioni per conto terzi, l’organizzazione di aziende e la rappresentanza dei portatori di titoli e quote societarie.
Aspetti normativi
Per effetto di quanto disposto dal vigente comma 1, n. 7, dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, gli uffici finanziari, civili e militari, possono richiedere – previa autorizzazione del Direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del Direttore regionale della stessa, ovvero, per il corpo della Guardia di finanza, del comandante regionale -, alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.
La stessa norma prevede, inoltre, che alle società fiduciarie di cui alla L. 23 novembre 1939, n.1966, e a quelle iscritte nella sezione speciale dell’albo di cui all’art.20 del Tuf, può essere richiesto, fra l’altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocabilmente individuati.
In pratica, oggi il dettato normativo ha omogeneizzato ed allineato i poteri istruttori esercitabili nei confronti delle società fiduciarie a quelli contemplati per le banche e per gli altri intermediari finanziari, con l’aggiunta per le sole società fiduciarie, di avanzare richieste mirate, finalizzate alla individuazione dei titolari di beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese. In particolare, evidenzia il documento di prassi pubblicato in questi giorni, l’inclusione delle società fiduciarie nell’ambito del n.7 le esclude “ dal metodo di indagine a campione (per categorie) di cui al n. 5)”.
Il nuovo dettato normativo supera, quindi, la querelle sorta a seguito del parere del Consiglio di Stato n.2345 del 1° luglio 2003, in ordine all’esercitabilità o meno, nei confronti delle società fiduciarie di amministrazione, dei i poteri di indagine di cui al medesimo n. 5) dell’art. 32.
Infatti, sotto la previgente disciplina l’art. 32, comma 1, n. 5), del D.P.R. n. 600 del 1973 stabiliva che, per l’adempimento dei loro compiti, gli uffici delle imposte potessero, senza preventivo provvedimento aurorizzatorio, richiedere alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, ovvero attività di gestione e intermediazione finanziaria, anche in forma fiduciaria, la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statuarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie.
L’esercizio di tale potere nei confronti delle società fiduciarie è sempre stato problematico, soprattutto in considerazione del fatto che la richiamata formulazione normativa non operava nessun distinguo tra società fiduciarie cosiddette “statiche” e “ dinamiche” ( la distinzione tra fiduciarie di “amministrazione” o “statiche” e fiduciarie di “gestione” o “dinamiche” trova radice nel disposto di cui all’art.17 della L. 2 gennaio 1991, n. 1, che ha introdotto la possibilità per le fiduciarie di esercitare l’attività di gestione dei patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari, previa iscrizione nell’albo Consob di cui all’art.3 della medesima legge. Una parte delle società fiduciarie costituite e operanti in conformità alla L. 23 novembre 1939, n.1966, avvalendosi del dettato normativo testé richiamato, ha chiesto e ottenuto l’iscrizione al summenzionato albo, mentre la parte restante ha continuato a operare in via ordinaria, precludendosi, a norma di quanto disposto dal comma 5 del citato art. 17, la possibilità di effettuare operazioni di gestione sui valori mobiliari a esse fiduciariamente intestati. Ne è sorta la summa divisio tra fiduciarie “dinamiche” – iscritte nell’albo di cui all’art. 3 della L. n. 1 del 1991 – e fiduciarie “statiche” – che, non essendo iscritte nell’albo di cui al citato art. 3, si sono limitate a proseguire l’attività di mera custodia e amministrazione dei titoli), con ciò inducendo parte della dottrina e della giurisprudenza a ritenere che il legislatore tributario del 1991 ha inteso riferirsi esclusivamente alle fiduciarie cosiddette “dinamiche” e non anche a quelle “statiche”.
Inoltre, ulteriori elementi hanno contribuito a rendere critica, se non impossibile, l’attivazione del potere in narrazione. Tra questi, in particolare, l’opinione secondo la quale “ la norma non avrebbe contemplato la possibilità di chiedere, partendo dall’identificazione di un bene, le gene