L’operatività in Italia dei soggetti non residenti: profili fiscali

se un soggetto estero opera in Italia, titolare di partita IVA o con analoga posizione economica, a quali obblighi fiscali è soggetto? Quando si stabilisce una stabile organizzazione in base ai criteri OCSE? Analizziamo il caso dell’agente estero che procaccia vendite in Italia: qual è il trattamento di tali provvigioni ai fini reddituali ed IVA

Voluntary DisclosureAspetti generali

I soggetti non residenti in Italia possono operare nel nostro Paese in vari modi, e sono tenuti in linea generale a svolgere adempimenti ai fini fiscali e ad assolvere le imposte per quanto attiene alle operazioni poste in essere all’interno dei confini nazionali, in accordo con le norme italiane e con quanto stabilito dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Le questioni relative all’operatività in Italia di soggetti esteri imprenditori deve essere esaminata in relazione ai profili IVA e a quelli che interessano le imposte sui redditi, anche verificando i presupposti affinché possa dirsi costituita in Italia una stabile organizzazione (SO), anche informale.

In particolare, si prenderà in considerazione la situazione di un agente di commercio fiscalmente residente in uno Stato estero, che rende le prestazioni di intermediazione per conto di un’impresa residente in Italia, in prevalenza nei confronti di clienti pure residenti in Italia.

Agente e impresa

L’agente di commercio è, nella prospettiva del diritto interno italiano, un imprenditore individuale, ma evidentemente, non risiedendo nello Stato, è normalmente tenuto a dichiarare i propri redditi nello Stato estero, salvo che per i redditi prodotti in Italia (art. 23 TUIR).

Per le imprese in generale, il collegamento con lo Stato italiano, idoneo a far scaturire il presupposto di tassazione ai fini delle imposte sui redditi (nel caso dell’agente di commercio, dell’IRPEF), è ravvisabile solamente se esiste una stabile organizzazione.

Quindi, sempre in linea generale:

  • i redditi dell’impresa non residente con SO in Italia vengono qui tassati;

  • i redditi dell’impresa non residente senza SO in Italia, ancorché prodotti nel nostro Paese, vengono tassati nello Stato estero di residenza.

Per stabilire se nel caso specifico possa dirsi esistente una SO, bisogna verificare quali siano i presupposti per poter riconoscere una “base fissa”: in tale prospettiva, sembra necessario poter dimostrare che esiste una connessione appunto “stabile” tra l’attività dell’agente e lo Stato italiano.

Chiarimenti

I soggetti non residenti possono naturalmente essere “semplici” persone fisiche, ovvero avere veste di impresa o di ente commerciale e non. Inoltre, come accade anche ai soggetti residenti, possono essere titolari di redditi di varie tipologie (impresa, capitale, lavoro autonomo e dipendente…). L’incrocio di tutte le varie ipotesi possibili genera situazioni di una certa complessità.

Nel caso che viene qui esaminato, in particolare, il soggetto non residente è un agente di commercio, che rende le proprie prestazioni nei confronti di soggetti nazionali italiani. Si rammenta al riguardo che l’agente di commercio è la figura che assume l’incarico di promuovere contratti commerciali di vendita tra l’azienda committente e clienti potenziali, in base a un contratto di agenzia, che lo vincola su una precisa area geografica con determinati limiti e obiettivi (ciò secondo la definizione civilistica italiana dell’art. 1742 c.c.).

La tassazione delle provvigioni

Ai fini delle imposte sui redditi, per gli agenti di commercio non residenti occorre stabilire se gli stessi costituiscano oppure no una stabile organizzazione del soggetto estero. Solo in tale ultimo caso, il sostituto d’imposta deve applicare la disciplina prevista anche per gli agenti residenti, secondo l’art. 25-bis, c. 8, del D.P.R. n. 600/1973 (“Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche alle provvigioni corrisposte a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti”).

Infatti, secondo l’indirizzo OCSE e le norme interne, i redditi riferibili alle provvigioni degli agenti non residenti risultano imponibili in Italia solamente se è configurabile in Italia una stabile organizzazione (art. 162 TUIR) del soggetto estero.

Agente dipendente e indipendente

L’art. 5 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni (ripreso in generale in tutte le Convenzioni bilaterali stipulate dagli Stati) individua due figure distinte:

  • l’agente dipendente;

  • l’agente indipendente.

Se l’agente è dipendente, esso è considerato stabile organizzazione di un soggetto non residente.

Secondo l’OCSE, è agente dipendente un intermediario:

  • operante per conto di una controparte non residente;

  • dotato del potere di concludere contratti in nome del committente non residente.

Proprio questa facoltà (concretamente esercitata in via abituale e continuativa) di concludere contratti, vincolando l’impresa non residente, può essere sufficiente affinché si configuri la stabile organizzazione.

Non è invece considerato stabile organizzazione un mediatore, un commissionario generale, né ogni altro intermediario, a condizione che:

  • sia dotato del requisito dell’indipendenza;

  • agisca nell’ambito della propria attività istituzionale.

L’indipendenza è una nozione che in sostanza circoscrive la non soggezione agli ordini di un’impresa non residente committente.

Agenti e stabile organizzazione

La nozione di stabile organizzazione (SO) è adottata dalla gran parte degli Stati quale presupposto per sottoporre a imposizione nel proprio territorio i redditi prodotti da soggetti non residenti.

Si tratta in sostanza di un centro di affari, cioè di una struttura che secondo determinati parametri di tipo formale e sostanziale viene considerata idonea a operare (acquistare, vendere, negoziare…) all’interno di un determinato Paese, ma che rimane un’articolazione di un soggetto ubicato in un Paese terzo.

L’OCSE ha codificato tale nozione, definendola in via generale nell’art. 5 del Modello di Convenzione, e prevedendo (all’art. 7) che gli utili di un’impresa domiciliata in uno Stato contraente siano imponibili solamente in tale Stato, a meno che l’impresa non svolga la propria attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata (ipotesi nella quale gli utili dell’impresa divengono imponibili, se e in quanto attribuiti alla stabile organizzazione).

Questo schema è accolto con alcune peculiarità anche in campo IVA, al fine di imputare correttamente le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) compiute dagli stessi soggetti esteri.

Si rileva tuttavia che:

  • sotto il profilo IVA, la giurisprudenza comunitaria ritiene non sufficiente il potere dell’agente di concludere contratti relativi all’attività propria della controparte;

  • tale aspetto (il potere di concludere contratti) costituisce invece presupposto per affermare l’esistenza della SO ai fini dell’imposizione reddituale.

Quindi, mentre ai fini delle imposte sui redditi l’agente di commercio non residente che concluda stabilmente contratti in Italia è “di per sé” Stabile Organizzazione, per esserlo anche ai fini IVA deve compiere attività ulteriori.

La ritenuta a titolo di imposta

Nel caso in cui l’agente di commercio non residente sia tassabile in Italia, cioè nell’ipotesi in cui esso si qualifichi come Stabile Organizzazione, la tassazione applicabile è quella mediante ritenuta alla fonte a titolo di imposta ex art. 25-bis del D.P.R. n. 600/1973.

I primi tre commi di tale articolo affermano quanto segue:

  • i soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 23 (sostituti di imposta), che corrispondono provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto del 23% (= aliquota IRPEF più bassa);

  • la ritenuta è commisurata al 50% dell’ammontare delle provvigioni; se i percipienti dichiarano ai loro committenti, preponenti o mandanti che nell’esercizio della loro attività si avvalgano in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, è commisurata al 20% dell’ammontare delle provvigioni;

  • la ritenuta viene scomputata dall’imposta relativa al periodo di imposta di competenza, purché già operata al momento della presentazione della dichiarazione annuale, o, alternativamente, dall’imposta relativa al periodo di imposta nel quale è stata operata; se operata successivamente, viene scomputata dall’imposta relativa al periodo in cui è stata effettuata.

Se l’intermediario / agente non costituisce una stabile organizzazione in Italia secondo i menzionati criteri dell’OCSE accolti anche nella normativa e nella prassi interne del nostro Paese, non si applicano prelievi alla fonte e il reddito dell’agente rimane tassabile solo nel Paese estero di residenza.

Non applicazione della ritenuta

Il sostituto di imposta italiano che deve provvedere al pagamento della provvigione e, sotto la propria responsabilità, non ritenga di applicare la ritenuta (ipotizzando l’assenza di stabile organizzazione), al fine di evitare contestazioni da parte del fisco, potrà tutelarsi richiedendo all’agente la seguente documentazione:

  • autocertificazione da parte dell’agente di essere fiscalmente residente all’estero e di non avere una stabile organizzazione in Italia;

  • certificato di residenza fiscale rilasciato dalla competente autorità estera (indicando eventualmente anche l’assoggettamento a imposte nel Paese estero).

Al fine della non applicazione della ritenuta alla fonte, l’agente non residente può richiedere l’applicazione della normativa Convenzionale presentando all’impresa italiana il Modello D di cui al Provvedimento del 10.7.2013. Il modello è relativo ai redditi diversi da dividendi, interessi e canoni e deve essere utilizzato dai soggetti non residenti in Italia anche per chiedere l’esonero dall’imposta italiana in base alla normativa Convenzionale. Nella compilazione del va indicato che non si dispone in Italia di una stabile organizzazione, allegando anche il certificato di residenza fiscale rilasciato dalla competente autorità estera.

Agente straniero che opera per società italiana

Rispetto alla casistica più generale dell’agente di commercio (intermediario) non residente che opera in Italia, la fattispecie sulla quale occorre soffermarsi prevede un agente di commercio non residente, appunto, che opera a beneficio di un committente residente in Italia.

È del tutto evidente che in tale ipotesi non può affermarsi che l’agente operi quale SO di un soggetto non residente (se e in quanto lo stesso possa infatti essere ritenuto un agente dipendente, sarebbe tale nei confronti eventualmente del committente italiano e non di un inesistente soggetto estero).

Infatti l’agente potrebbe essere ritenuto costituire una SO personale se e in quanto, pur in assenza di una base fissa in Italia, lo stesso operasse concludendo contratti in nome di un’impresa non residente.

In mancanza di questo presupposto della SO, l’agente è semplicemente un intermediario che risiede nello Stato estero, dove (in base alle Convenzioni internazionali, cfr. art. 7 del modello OCSE) sarà soggetto alle imposte sui redditi.

Profili IVA

Le provvigioni corrisposte ad agenti e rappresentanti rientrano nelle prestazioni di servizi ed ai fini Iva e sono sottoposte alle regole della territorialità contenute negli artt. 7 e ss. del decreto IVA.

Ai sensi dell’art. 7, c. 1, lett. d, del D.P.R. n. 633/1972, la presenza di una SO fa acquisire al soggetto non residente lo status di soggetto passivo IVA stabilito in Italia limitatamente alle operazioni rese o ricevute dalla stabile organizzazione.

Stabilisce invece l’art. 7-ter, c. 1, lett. a – b, che le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato:

  1. quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;

  2. quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

Nel caso poi in cui le prestazioni di intermediazione siano rese a committenti non soggetti passivi, l’art. 7-sexies, c. 1, lett. a, dispone che (in deroga all’art. 7-ter, c. 1, lett. b) si considerano effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni di intermediazione in nome e per conto del cliente, quando le operazioni oggetto dell’intermediazione si considerano effettuate nel territorio dello Stato.

Le prestazioni rese dall’agente non residente in Italia, a soggetti qui residenti, operando per conto di un’impresa italiana, sono quindi imponibili ai fini IVA sicuramente nel nostro Paese.

Nel caso qui ipotizzato, di un agente residente al di fuori dei confini nazionali che opera per contro di soggetti committenti italiani, opera la regola della soggezione a IVA tramite autofattura da parte del committente (art. 17, c. 2, D.P.R. n. 633/1972).

Se l’agente estero è un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’UE, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli artt. 46 e 47 del D.L. 331/1993.

In conclusione …

Nel presente contributo si è presa in considerazione l’ipotesi dell’agente di commercio residente in altro Stato generico, che potrebbe essere oppure no appartenente all’UE. Il quale svolge la propria attività (intermediazione, conclusione di contratti), percependo provvigioni da un’impresa italiana per un’attività effettuata verso clienti qui residenti.

Come si è visto, in base alla ricostruzione effettuata il trattamento della fattispecie si biforca guardando ai distinti settori impositivi delle imposte sui redditi e dell’IVA. Il primo settore è infatti guidato dalle Convenzioni internazionali, che fanno primario riferimento alla residenza del soggetto; il secondo settore adotta invece un criterio che “lega” l’operazione (la prestazione) allo Stato in cui viene resa o al suo committente.

In definitiva:

  • l’agente non ha Stabile Organizzazione in Italia e pertanto non è qui tassabile ai fini delle imposte sui redditi;

  • le provvigioni sono tuttavia rilevanti ai fini IVA in base alle regole generali sulle prestazioni di servizi, in quanto rivolte a committente italiano.

Pertanto non si applica ritenuta da parte del committente (sostituto d’imposta), ma quest’ultimo deve assolvere gli adempimenti IVA in luogo del prestatore–agente.

7 settembre 2017

Fabio Carrirolo