Corruzione fra privati: le novità legislative in arrivo

esaminiamo le novità in arrivo riguardo alla lotta alla corruzione: è previsto un decreto delegato che prevede norme specifiche che contrastino la corruzione fra privati

diario-quotidiano-articoli-11

  1. Premessa.

La legge di delegazione europea è, insieme alla legge europea, uno dei due strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione europea, introdotti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea.

La legge di delegazione europea, ai sensi dell’articolo 30 della citata legge n. 234 del 2012, contiene le disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea.

Il disegno di legge di delegazione europea, con l’indicazione dell’anno di riferimento, deve essere presentato dal Governo entro il 28 febbraio di ogni anno.

Il provvedimento si compone di 21 articoli e reca disposizioni di delega aventi ad oggetto il recepimento di: 15 direttive europee, di cui due da attuare in via regolamentare, una raccomandazione CERS e una decisione quadro. Inoltre, esso reca norme di delega per l’adeguamento della normativa nazionale a 12 regolamenti europei.

Negli allegati A e B del disegno di legge sono inserite, rispettivamente, 2 e 9 direttive.

L’articolo 19, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, delega il Governo a dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI in tema di lotta alla corruzione nel settore privato, nel rispetto delle procedure e dei princìpi e criteri direttivi generali per il recepimento delle fonti comunitarie.

  1. Il pacchetto anticorruzione della Commissione europea.

La Commissione Europea, nel giugno del 2011, nell’ambito del più ampio programma a tutela dell’economia legale, ha adottato il c.d. “pacchetto anticorruzione” che comprende i seguenti documenti:

  • comunicazione sulla lotta alla corruzione nell’Unione, pubblicata con cadenza biennale a partire dal 2013, basata sui meccanismi di monitoraggio esistenti nonché sul parere di esperti indipendenti, delle parti interessate e della società civile;

  • relazione sulla lotta alla corruzione, febbraio 2014, da parte della Commissione europea, che esamina il fenomeno nei 28 Stati membri, illustrandone le misure anticorruzione esistenti, la loro efficacia ed alcune principali tendenze.

  • decisione della Commissione, che stabilisce il meccanismo di relazione anticorruzione dell’Unione europea ed istituisce un gruppo di esperti in materia;

  • relazione sull’attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato;

  • relazione sulle modalità di partecipazione dell’Unione Europea in seno al Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO).

  1. La decisione quadro 2003/568/GAI della Commissione europea.

La decisione quadro 2003/568/GAI stabilisce il principio generale in ragione al quale costituiscono illeciti penali all’interno dell’Unione europea, da sanzionare con pene effettive, proporzionate e dissuasive, i comportamenti di corruzione attiva e passiva tenuti nel settore privato.

La previsione riguarda anche le persone giuridiche private quando gli illeciti sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, basata sul potere di: rappresentanza di detta persona giuridica; prendere decisioni per conto della persona giuridica ovvero sull’esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica, da una persona soggetta all’autorità della persona giuridica che abbia commesso una delle suddette condotte a favore della persona giuridica stessa, a causa della carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto che occupi una posizione direttiva, come definita al punto precedente.

La decisione impone, quindi, agli Stati membri di procedere alla introduzione, nei propri ordinamenti, di adeguati apparati sanzionatori che colpiscano i seguenti comportamenti illeciti, in quanto condotte intenzionali poste in essere nello svolgimento di attività professionali svolte nell’ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro:

  • corruzione attiva tra privati (Paragrafo 1, lettera a), consistente nel promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta di compiere un atto in violazione di un dovere;

  • corruzione passiva tra privati (Paragrafo 1, lettera b), consistente nel sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere;

  • l’istigazione ed il favoreggiamento (articolo 3) delle fattispecie di cui ai punti precedenti.

La decisione stabilisce che gli Stati membri adottino le misure necessarie per definire la competenza sugli illeciti in questione commessi sul proprio territorio (anche solo in parte), commessi da un suo cittadino in altro Stato membro, commessi a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è nel territorio dello Stato membro.

Nell’ordinamento nazionale, la corruzione tra privati non è disciplinata dal codice penale ma da disposizioni di diritto penale contenute nel codice civile, ci si riferisce all’articolo 2635 del codice civile, norma introdotta dalla legge 61 del 2002, poi riformata dalla c.d. legge Severino, la legge n. 190 del 20121.

Purtuttavia, l’intervento legislativo del 2012, non è stato ritenuto soddisfacente a livello europeo, sicché la Commissione Europea, nella citata prima relazione sulla lotta alla Corruzione del 2014 ha ritenuto che la nuova disciplina: “non affronta tutte le carenze connesse alla portata del reato di corruzione nel settore privato e al regime sanzionatorio”.

In verità, la questione era stata evidenziata anche nelle Raccomandazioni contenute nei rapporti del GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione) del Consiglio d’Europa del 2 luglio 2009 e del 23 marzo 2012.

In effetti le previsioni di cui all’articolo 2635 differiscono di molto da quelle della decisione quadro, avuto riguardo sia alla corruzione passiva che a quella attiva tra privati, in ordine alla configurabilità della fattispecie, all’evento costitutivo, alla natura propria.

Inoltre, diversamente da quanto previsto dall’articolo 3 della decisione, l’ordinamento nazionale non prevede una fattispecie specifica di istigazione alla corruzione tra privati.

  1. La legge di delegazione europea 2015

L’articolo 19, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, con l’emendamento 14.034 del Relatore2, delega il Governo, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge di delegazione, a dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI in tema di lotta alla corruzione nel settore privato, nel rispetto delle procedure e dei princìpi e criteri direttivi generali per il recepimento delle fonti comunitarie3.

Analoga delega era già stata prevista dall’articolo 28 della legge comunitaria 20074, il termine di attuazione è scaduto il 21 marzo 2009.

Il comma 1 dell’articolo in esame, adottando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, individua i seguenti principi e criteri direttivi:

  • lettera a), prevedere, tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti, che sia punito chiunque promette, offre o dà, per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti a un soggetto che svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati, affinché esso compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;

  • lettera b), prevedere che sia altresì punito chiunque, nell’esercizio di funzioni dirigenziali o di controllo, ovvero nello svolgimento di un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, presso società o enti privati, sollecita o riceve, per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, ovvero ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;

  • lettera c), prevedere la punibilità dell’istigazione alle condotte di cui alle lettere a) e b);

  • un criterio direttivo, questo della lettera c, conforme a quanto previsto dall’articolo 3 della decisione, laddove si stabilisce che dovranno essere sanzionate anche le condotte di istigazione alla corruzione (attiva e passiva) tra privati;

  • lettera d), prevedere che per il reato di corruzione tra privati siano applicate la pena della reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a tre anni nonché la pena accessoria dell’interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività nei confronti di colui che esercita funzioni direttive o di controllo presso società o enti privati, ove già condannato per le condotte di cui alle lettere b) e c);

  • lettera e), prevedere la responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati, punita con una sanzione pecuniaria non inferiore a duecento quote e non superiore a seicento quote nonché con l’applicazione delle sanzioni amministrative interdittive di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

Questo criterio è finalizzato all’attuazione degli artt. 5 e 6 della decisione quadro, ai sensi dei quali ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui sopra commessi a loro beneficio.

Il comma 2 dell’articolo 19 in esame, prevede che sullo schema del decreto legislativo di recepimento della decisione quadro venga acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari5.

Infine, il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria della nuova disciplina, non dovendo derivare, dall’attuazione della delega, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Le amministrazioni interessate dovranno, quindi, provvedere alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Nel merito, si osserva l’assenza nel testo di due criteri fondamentali che rischiano di non consentire il pieno recepimento della decisione quadro, in ordine alla:

  • natura del reato, che qualifichi il nocumento, oggi previsto dal primo comma dell’articolo 2635 c.c., alla società privata ai fini della consumazione;

  • procedibilità, oggi a querela ad esclusione dell’ultimo comma del citato articolo 2635 c.c..

Il testo parrebbe, poi, rimanere difforme avuto riguardo all’applicazione della fattispecie in relazione allo svolgimento di funzioni lavorative di “qualsiasi tipo”, quindi anche non dirigenziali-direttive, per conto del privato.

8 agosto 2016

Fabrizio Stella e Vincenzo Mirra

1 Per un approfondimento sulla vigente normativa, si rinvia, di M. Giordano, M. Giua, F. Stella, V. Mirra e D. Corradini, a “L’anticorruzione. Normativa, strumenti operativi e socialità”, Filodiritto Editore, novembre 2015.

2 Con riferimento al testo esaminato dall’Assemblea della Camera dei Deputati (AS 3540-A), ci si riferisce all’articolo 14-quinquies.

3 Per un approfondimento, si possono consultare le schede di lettura al provvedimento nel sito del Senato della Repubblica al seguente indirizzo: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00972620.pdf.

4 Legge 25 febbraio 2008, n. 34 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. (Legge comunitaria 2007), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 6 marzo 2008.

5 Secondo le modalità ed i termini di cui all’articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.