il potenziamento dello strumento delle cd. “indagini finanziarie” comporta sanzioni più severe per gli intermediari che non comunicano a norma di legge i dati all’anagrafe tributaria
Con le previsioni recate dai commi da 24 a 27, dell’art. 23 del D.L. n.98/2011, convertito, con modificazioni, in Legge n. 111/2011, è stata ampliata la platea dei soggetti destinatari delle indagini finanziarie di cui all’art. 31 del DPR n. 600 del 1973 e all’art. 51 del DPR n. 633 del 1972, facendovi rientrare anche le società e gli enti di assicurazione, così da acquisire – come precisa la circolare n.41/2011 – “anche le informazioni relative a tutti quei contratti di assicurazione sulla vita attuati attraverso piani finanziari pluriennali di investimento e forme pensionistiche complementari individuali. Nello specifico potranno essere ottenute informazioni relative alle polizze vita index-linked – prestazioni ancorate a indici di riferimento con garanzia di un capitale a rendimento minimo, anche rivalutabili, prestazioni collegate a una gestione separata di valori mobiliari con garanzia di restituzione del capitale assicurato e di rivalutazione – e alle polizze unit-linked – prestazioni collegate al valore di fondi di investimento, con la previsione della garanzia di un capitale o rendimento minimo”.
Le nuove disposizioni prevedono, altresì, la possibilità di acquisizione delle garanzie prestate dagli intermediari finanziari nell’interesse dei clienti, consentendo così di pervenire all’identificazione dei soggetti che, dalla documentazione acquisita durante un ordinario controllo fiscale, risultino aver effettuato un’operazione di natura finanziaria o essere titolari di rapporti, ai sensi degli artt. 32, c. 1, n. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, c. 2 n. 7, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Sono state, altresì, riformulate le disposizioni contenute nell’art. 33, cc. 2 e 6, del citato D.P.R. n. 600 del 1973 e nell’art. 52, c. 6, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevedendo espressamente l’accesso:
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sotto il profilo soggettivo, non solo nei confronti delle banche e delle Poste Italiane S.p.A. ma anche nei confronti di tutti gli altri soggetti elencati nei citati numeri 7 dell’articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, assoggettati alla disciplina delle indagini finanziarie;
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sotto il profilo oggettivo, per l’acquisizione dei dati e delle notizie relativi non solo alla copia dei conti del contribuente, ma anche a tutte le altre informazioni divenute accessibili.
Precisa l’Amministrazione finanziaria nel recente documento di prassi che “l’intervento normativo in parola consente ora all’Amministrazione Finanziaria di accedere presso tutti gli operatori finanziari per l’acquisizione diretta dei dati e delle notizie relativi a tutti i rapporti e le operazioni di natura finanziaria oggetto della richiesta a norma del primo comma, punto 7) dell’art. 32. Trattandosi, per gli accessi in parola, di una procedura autorizzata, la norma rende simmetrica la disposizione di cui al sesto comma dell’articolo 33 del d.p.r. n. 600 del 1973 con quella contenuta nel numero 7) dell’art. 32 dello stesso decreto, per cui i soggetti legittimati al rilascio dell’autorizzazione sono individuati, per l’Agenzia delle entrate, nel Direttore centrale dell’accertamento o nel Direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, nel Comandante regionale”.
Preso atto delle modifiche introdotte, soffermiamo la nostra attenzione, in questo nostro intervento, sulle sanzioni irrogabili nei confronti degli operatori finanziari, nel caso in cui non ottemperano alle richieste degli uffici, cui la circolare n. 32 del 19 ottobre 2006 aveva dedica un intero capitolo, il sesto, fornendo delle interessanti indicazioni e spunti di riflessione.
La normativa di riferimento
La riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, attuata attraverso i decreti legislativi del 18 dicembre 1997, nn. 471, 472, e 473 ha integralmente rivisto anche le sanzioni per le violazioni degli obblighi previsti, in sede istruttoria, dagli artt. 32, c. 1, n. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, c. 2, n. 7 del D.P.R. n. 633 del 1972.
In effetti, dal 1° aprile 1998 risultano, tra gli altri, abrogati dall’art. 16, c. 1, del citato D.Lgs. n. 471, gli artt. 52, 53, 54, 55 del D.P.R. n. 600 del 1973 nonché, oltre all’art. 49 del D.P.R. n. 633 del 1972, le altre disposizioni sanzionatorie di quest’ultimo decreto presidenziale riguardanti tale materia, le quali peraltro operavano per effetto dei rinvii ai citati articoli del D.P.R. n. 600.
In particolare, l’art. 10 del D.Lgs. n. 471/1997, come modificato dall’art. 37, c. 6, del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, in legge n.248/2006, disciplina, al comma 1 e 2, le violazioni commesse dalle banche, dalle poste e dagli altri intermediari finanziari con riguardo alle richieste effettuate nell’esercizio dei poteri istruttori e, al comma 1-bis, le violazioni degli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 7, c. 6, del D.P.R. n. 605 del 1973, in materia di anagrafe tributaria.
Sul punto la circolare n. 28/E/2006, paragrafo 48, aveva già fornito delle prime indicazioni, che la circolare n. 32/E del 2006 richiama e fa proprie.
Dal punto di vista sanzionatorio, l’art. 10, c. 1, D.Lgs. 471 del 1997 dispone attualmente che “Se viene omessa la trasmissione dei dati delle notizie e dei documenti richiesti ai sensi dell’art. 32, comma 1, numero 7, del D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600, e dell’art. 51, comma 2, numero 7, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 nell’esercizio dei poteri inerenti all’accertamento delle imposte dirette o dell’imposta sul valore aggiunto ovvero i documenti trasmessi non rispondono al vero o sono incompleti, si applica la sanzione amministrativa da lire quattro milioni (euro 2.066, n.d.r.) a lire quaranta milioni (euro 20.658, n.d.r.). Si considera omessa la trasmissione non eseguita nel termine prescritto. La sanzione è ridotta alla metà se il ritardo non eccede i quindici giorni.“
Tale sanzione – art. 10, c. 1-bis – si applica nel caso di violazione degli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 7, comma 6, del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
Risultano quindi ampliate le condotte punibili ai sensi del citato art. 10 del D.Lgs. n. 471 del 1997.
La disposizione del nuovo comma 1-bis estende l’applicabilità della sanzione amministrativa alle ipotesi di violazioni dei nuovi obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria previsti a carico degli operatori finanziari dall’art. 7, c. 6, del D.P.R. n. 605 del 1973, secondo cui “… l’esistenza dei rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicati all’anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale.”
La circolare n. 32/E del 19 ottobre 2006, nel riprendere le precedenti indicazioni, precisa che la modifica apportata al comma 1, oltre a delimitare meglio l’ambito soggettivo della fattispecie attraverso il puntuale riferimento ai numeri 7 dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, c. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, ha ampliato l’ambito oggettivo della condotta, aggiungendo all’omessa trasmissione dei documenti anche quella dei dati e delle notizie.
Di conseguenza, afferma l’Agenzia delle Entrate, la corrispondente fattispecie commissiva della non rispondenza al vero o incompletezza dei “documenti trasmessi“, tenuto conto del nuovo assetto dei poteri istruttori e della ratio delle modifiche apportate alle relative sanzioni, non può non riferirsi anche all’incompletezza e alla non veridicità dei dati e delle notizie trasmesse, oltre che dei documenti strettamente intesi. Ciò in quanto la locuzione “documenti trasmessi“, pur non modificata dal D.L. n. 233/2006, va intesa sistematicamente nel senso di ricomprendere anche la condotte consistenti nella formalizzazione di risposte telematiche (anch’esse “documenti”) che riportano dati e notizie non veritieri o incompleti.
Il relativo procedimento di applicazione si incardina nell’ambito dell’art. 16 del D.Lgs n. 472 del 1997: notifica dell’atto di contestazione all’autore della violazione, individuato, in via presuntiva, nella persona che ha sottoscritto la risposta e, in mancanza di quest’ultima, nel legale rappresentante della banca, delle poste o degli altri enti.
Possibili destinatari delle richieste, oltre che i tradizionali responsabili delle strutture locali o delle rispettive direzioni generali, sono anche i responsabili della struttura accentrata, al quale possono essere ora indirizzate le richieste di informazioni, ancorché depositario, solo in maniera derivata delle stesse. Pertanto, anche tale ultimo soggetto potrà risultare in concreto quale sottoscrittore delle risposte e, quindi, come tale, presuntivamente qualificabile, sempre salva prova contraria, come autore della prevista violazione, ai sensi dell’art. 10, c. 3, del D.Lgs. n. 471 del 1997, per tutte le fattispecie di mancata risposta.
Il documento di prassi del 2006 fornisce delle precise indicazioni in ordine alla portata della disposizione di cui all’art. 16 c. 2 del D.Lgs. n. 472/797, alla luce delle modifiche apportate in tema di responsabilità per sanzioni amministrative tributarie dall’art. 7, c. 1, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, il quale prevede che le “sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica“, modificando il criterio della responsabilità della persona fisica autrice della violazione anche se agente nell’interesse di enti collettivi.
La norma citata, infatti, introduce un nuovo principio per l’individuazione della responsabilità per la sanzione amministrativa tributaria relativamente alle società ed enti con personalità giuridica.
Al contrario – afferma l’A.F. – “un’interpretazione troppo letterale del concetto di rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, che volesse limitarne l’applicazione ai soli rapporti strettamente tributari con i soggetti passivi di imposta, determinerebbe un’ulteriore frammentazione in ordine ai criteri che sovrintendono alla responsabilità per sanzioni amministrative tributarie, escludendo tutti quei rapporti che, pur non essendo strettamente tributari, comunque rientrano nella fattispecie più ampia di rapporto fiscale proprio” (i.e. agli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 7, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, e alle relative sanzioni previste dall’art. 20, c. 1, lett. c, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473).
Il ragionamento seguito dalle Entrate trae conferma nella circolare n. 28 del 28 giugno 2004, dove, in particolare, è stato precisato che “la nuova disciplina opera in relazione a tutte le sanzioni amministrative aventi carattere tributario“.
Di conseguenza, venuto meno il principio di personalità per le sanzioni applicabili alle società ed enti forniti di personalità giuridica, tale principio resta impregiudicato per i soggetti non dotati di personalità giuridica.
Titolare del potere di irrogazione delle sanzioni è la Direzione provinciale competente in base al domicilio fiscale del contribuente soggetto all’azione istruttoria.
Richiamando i chiarimenti forniti con la circolare n. 23/E del 25 gennaio 1999 e con la precedente circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, si sottolinea “che la nuova sanzione amministrativa prevista dal ripetuto art. 10, comma 1, sia più gravosa delle previgenti pene pecuniarie; queste ultime pertanto continueranno ad essere applicate per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998”.
11 ottobre 2011
Francesco Buetto