La collazione ereditaria torna protagonista grazie a una recente riforma che ne ridefinisce il rilievo anche fiscale. Un istituto complesso, spesso trascurato, ma oggi decisivo per garantire equità nella divisione e chiarezza nei conteggi. Tra vecchie regole, novità operative e casi intricati, si riapre il confronto tra diritto, prassi e giustizia tributaria.
La collazione ereditaria tra diritto civile e fisco: regole, riforme e criticità operative
Cenni alla tassazione delle divisioni ereditarie: i conguagli impliciti
Il restyling delle imposte relative ai passaggi successori attuato da Dlgs 139/2024, tocca anche la divisione del patrimonio ereditario e incide quindi sull’imposta di registro, che per gli atti dichiarativi è pari all’1% (art. 1. Tar. I, TUR – DPR n. 131/1986) della massa da dividere, purché a ciascun condividente siano assegnati beni pari alla quota di diritto; la differenza, il conguaglio, se supera il 5 %, viene tassata come vendita (art. 34 comma 1, TUR).
Se quindi due eredi in parti uguali dividono il patrimonio, e a uno si assegna l’immobile di 600.000 (o 600 k, che piace tanto) e l’altro di 400k, la differenza, 100k per la sola parte che supera il 5%, (95k) viene tassata al 9% (imposta 4.250 oltre all’1% sull’intera massa, 10.000; totale: 14.500) o con le altre aliquote previste per gli atti di trasferimento a titolo oneroso (art. 1, tar. I, DPR 1986/131 – TUR).
Per fare i conti, e determinare quindi la massa da dividere e le quote di diritto spettanti, occorre riferirsi al valore del netto del patrimonio ereditario alla data della divisione, calcolato con le modalità previste per l’imposta di successione (art. 34 c. 1, TUR).
Non è semplicissimo.
Un buon riferimento è costituito dalla dichiarazione di successione, ma non è sufficiente, perché la divisione può essere effettuata molto tempo dopo il decesso, i valori dei beni cambiano, alcuni possono essere stati alienati o distrutti.
Restano solo da rispettare i criteri previsti per determinare l’asse ereditario netto “a norma dell’imposta di successione” (art. 34 c. 1 TUS). Ma nemmeno tutti.
Si pensi ai beni culturali (art. 13 TUS) o a quelli situati all’estero se il defunto vi risiedeva (art. 2 TUS): sono esenti da imposta di successione, ma se si dividono l’imposta di registro si paga.
Varrà, anche in tal caso, il criterio di valorizzazione previsto per l’imposta di successione, che per gli immobili è quello catastale (art. 54 TUS e 52 TUR). Quando risulta che il valore (catastale, ex art. 52 TUR) assegnato a un condividente è superiore a quello dichiarato la differenza si considera conguaglio.
E quindi, se gli eredi considerano i cespiti assegnati di valore pari alla loro quota, sono spesso indotti ad allinearne i valori, anche aumentando quelli catastali di