L’impresa familiare, diffusa in vari settori produttivi, nasconde una rete di regole che toccano lavoro, fisco, previdenza e sicurezza. Ecco una guida per comprendere diritti, obblighi e cautele nella gestione dei rapporti familiari in azienda, tra collaborazione occasionale e prestazioni continuative.
L’impresa familiare è una particolare forma di impresa individuale in cui il titolare si avvale in modo continuativo del contributo lavorativo di familiari quali il coniuge, i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo. Nell’impresa familiare possono prestare la propria attività anche gli adolescenti ossia i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni che abbiano assolto agli obblighi scolastici.
Si tratta di una realtà molto diffusa, soprattutto nei settori dell’artigianato, del commercio, del turismo e dell’agricoltura, ma che può assumere anche dimensioni più strutturate. Essa è esclusa per attività coperte da riserva di legge come le libere professioni ordinistiche.
Per la costituzione dell’impresa familiare normalmente non è prevista la forma scritta che però diventa necessaria ai fini fiscali per la eventuale ripartizione degli utili. Difatti il T.U.I.R. all’art. 5, comma 4, lettera a, prevede che:
“i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti”.
Gli aspetti giuslavoristici dell’Impresa familiare
Nonostante la sua apparente semplicità, essa coinvolge una complessa rete di norme che si estendono dagli aspetti giuslavoristici a quelli fiscali, previdenziali e assicurativi.
Introdotta formalmente nell’ordinamento con la legge di riforma del diritto di famiglia (Legge 19 maggio 1975, n. 151) e tipizzata nell’art. 230-bis c.c., l’impresa familiare è stata oggetto di successivi interventi legislativi e interpretazioni giurisprudenziali che ne hanno ampliato l’ambito applicativo, ridefinendone progressivamente i confini soggettivi e i contenuti sostanziali.
L’impresa familiare non si configura come un autonomo tipo societario, ma come una variante dell’impresa individuale che si avvale del contributo lavorativo dei familiari. Essa si caratterizza per due presupposti essenziali: la collaborazione continuativa (e non occasionale) dei familiari e l’assenza di un diverso rapporto contrattuale tipico (subordinato, associativo, ecc.). Il legislatore ha inteso tutelare il familiare che apporta un contributo stabile all’impresa mediante il riconoscimento di specifici diritti patrimoniali (mantenimento, utili, incremento aziendale) e gestionali (partecipazione alle decisioni straordinarie).
Il diritto alla ripartizione degli utili è subordinata alla condizione che l’apporto del familiare abbia carattere di prevalenza rispetto alle altre attività che eventualmente svolge[1].
Il diritto alla partecipazione patrimoniale è riconosciuto in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, mentre quello gestionale si esplica ne